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Giovedì, 26 Ottobre 2017 10:03

INPS: gestione separata e prestazioni di malattia

L'INPS, con la circolare n. 139 del 12 settembre 2017, ricorda che tutti i lavoratori iscritti nella Gestione separata, tenuti a versare un'aliquota contributiva piena (non iscritti presso altre forme pensionistiche obbligatorie e non titolari di pensioni), godono di un'apposita tutela previdenziale in caso di malattia che prevede due distinte prestazioni: indennità di degenza ospedaliera e indennità di malattia.

In particolare, nella circolare si evidenzia che a seguito della legge sul lavoro autonomo (articolo 8, comma 10, della legge n. 81/2017) i periodi di malattia, certificata come conseguente a trattamenti terapeutici di malattie oncologiche, o di gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti o che comunque comportino una inabilità lavorativa temporanea del 100 per cento, sono equiparati alla degenza ospedaliera.

Tale equiparazione dell'evento malattia a un evento di degenza ospedaliera comporta una disciplina diversa riguardo la certificazione sanitaria, la maggiore durata della tutela riconosciuta (da 61 giorni annui a 180 giorni annui) e l'ammontare più favorevole del trattamento economico rispetto alla semplice indennità di malattia.

Ad avviso dell'INPS, il legislatore con questa disposizione ha voluto riconoscere una particolare tutela ai lavoratori iscritti alla Gestione separata in tutti i casi in cui l'indispensabile percorso clinico-assistenziale della malattia possa venire assimilato, per la gravità delle cure somministrate e della patologia in corso, ad una sorta di "degenza domiciliata".

In allegato alla circolare viene fornito un elenco di patologie che rientrano nella specifica tutela stabilita dalla recente normativa (ad es. insufficienza respiratoria o renale, trapianti di organi vitali, Aids, intossicazioni, le malattie psichiatriche).

Per il riconoscimento del diritto alla prestazione, il lavoratore è tenuto a presentare, oltre al certificato di malattia, anche ulteriore documentazione medica (cartelle cliniche, relazioni mediche, accertamenti diagnostici) comprovante l'effettuazione della terapia antineoplastica ovvero la sussistenza di grave patologia cronica.

Qualora non sia possibile accogliere la domanda di malattia ai sensi della nuova disciplina (come degenza ospedaliera), l'INPS procederà, comunque, ove sussistano i requisiti previsti, d'ufficio – senza obbligo di ulteriore istanza – all'erogazione del trattamento economico previsto in caso di malattia.

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Il lavoratore, il cui rapporto di lavoro si trasformi in part time verticale, ha diritto a fruire integralmente dei tre giorni di permesso mensile di cui alla legge n. 104/92, solo quando l'orario settimanale comporti una prestazione per un numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con sentenza n. 22925 del 29 settembre 2017, riguardo il caso di un dipendente al quale l'azienda, dopo la trasformazione del rapporto di lavoro in part-time verticale (con una prestazione lavorativa articolata su quattro giorni a settimana in luogo di sei) aveva illegittimamente riproporzionato i tre giorni di permesso ex art. 33 della legge n. 104 goduti in precedenza, nella misura di due mensili.

La Suprema Corte rigetta il ricorso della società datrice di lavoro, confermando la sentenza della Corte di Appello che l'aveva condannata al risarcimento del danno non patrimoniale.

Si legge nella sentenza che, come rilevato dalla Corte Costituzionale, i permessi di cui alla L. 104/1992 e il congedo straordinario di cui al D.Lgs. n. 151/2001 sono strumenti di politica socio-assistenziale basati sul riconoscimento della cura alle persone con handicap in situazione di gravità prestata dai congiunti e sulla valorizzazione delle relazioni di solidarietà interpersonale ed intergenerazionale. La tutela della salute psico-fisica del disabile, costituente la finalità perseguita dalla legge n. 104 del 1992, richiede anche l'adozione di interventi economici integrativi di sostegno alle famiglie "il cui ruolo resta fondamentale nella cura e nell'assistenza dei soggetti portatori di handicap".

Riguardo la necessità, ben evidenziata dall'azienda ricorrente, di evitare che le particolari modalità di articolazione della prestazione lavorativa nel caso di part time verticale si traducano, quanto alla fruizione dei permessi, in un irragionevole sacrificio per il datore di lavoro, la Cassazione ritiene che tale questione possa essere risolta tenendo conto della necessità di una valutazione comparativa delle esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori, anche alla luce del principio di flessibilità concorrente con quello di non discriminazione (tra lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale), e della esigenza di promozione, su base volontaria, del lavoro a tempo parziale.

Pertanto, appare ragionevole – continua la Suprema Corte - distinguere l'ipotesi in cui la prestazione di lavoro part time sia articolata sulla base di un orario settimanale che comporti una prestazione per un numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario, da quello in cui comporti una prestazione per un numero di giornate di lavoro inferiori, o addirittura limitata solo ad alcuni periodi nell'anno e riconoscere, solo nel primo caso, stante la pregnanza degli interessi coinvolti e l'esigenza di effettività di tutela del disabile, il diritto alla integrale fruizione dei permessi in oggetto.

In applicazione di tale criterio, rilevato che la prestazione del lavoratore è stata articolata sulla base di un orario lavorativo settimanale pari a quattro giorni su sei, corrispondente a un part time verticale al 67%, la sentenza impugnata deve essere confermata.

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Forniamo ulteriori informazioni riguardo i benefici lavorativi concessi ai lavoratori che prestano assistenza ai parenti con accertata grave disabilità.

Ci occupiamo del congedo retribuito biennale previsto dall'art. 42, comma 5 e ss. del T.U. 151/01 (Tutela della maternità e paternità) per l'assistenza ai figli o ai parenti con handicap grave, della durata massima di due anni per ogni persona disabile e durante l'arco della vita lavorativa di colui che lo richiede, frazionabile in mesi, settimane o giorni.

Hanno diritto a fruire del congedo, entro sessanta giorni dalla richiesta:

il coniuge convivente della persona disabile in situazione di gravità, nonché la parte dell'unione civile (equiparata al coniuge) convivente che presti assistenza all'altra parte dell'unione, disabile grave;

il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente;

uno dei figli conviventi della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il coniuge convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;

uno dei fratelli o sorelle conviventi della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori ed i figli conviventi del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;

un parente o affine entro il terzo grado convivente della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori, i figli conviventi e i fratelli o sorelle conviventi siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti (Corte Costituzionale sent. n. 203/2013).

Tale ordine di priorità è derogabile solo in presenza di determinate situazioni (mancanza, decesso, patologie invalidanti).

Il congedo straordinario e i permessi (art. 33 legge 104/92) non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l'assistenza alla stessa persona disabile grave, ad esclusione dei genitori.

Il congedo raddoppia quando i figli disabili sono due. La Corte di Cassazione con la sentenza n. 11031/2017, prevede che in presenza di due figli disabili gravi, il genitore lavoratore potrà fruire del congedo straordinario nel limite di due anni per ciascun figlio e nell'arco della propria vita lavorativa. Il periodo di congedo per il genitore in tali casi raddoppia.

Durante il periodo di congedo il richiedente ha diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione, ma con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, (sono prese in considerazione solo le voci retributive che non sono legate alla presenza), nonché all'accredito della contribuzione figurativa. L'indennità e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo annuo rivalutato annualmente secondo gli indici Istat che, per il 2017, è pari a € 47.445,82.

Il periodo di congedo non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto.

Il congedo può essere richiesto anche nel caso in cui l'assistenza sia rivolta ad un familiare disabile che svolga, nel periodo di godimento del congedo, attività lavorativa, pur premettendo che la necessità o meno dell'assistenza è da valutarsi caso per caso.

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Fondo vittime amianto. Misura dell'acconto della prestazione aggiuntiva per l'anno 2016

L'INAIL, con determina del presidente n. 372 del 18 settembre 2017, ha stabilito la misura complessiva dell'acconto della prestazione aggiuntiva del Fondo per le vittime dell'amianto per l'anno 2016 pari a 10,1%.

Tenuto conto che la percentuale del primo acconto già erogato è stata del 9%, la misura del secondo acconto per l'anno 2016 risulta pari a 1,1%.

Ricordiamo che il Fondo vittime amianto è stato istituito con la legge finanziaria 2008.

Hanno diritto alla "prestazione aggiuntiva" del Fondo i titolari di rendita, anche unificata, che hanno contratto patologie asbesto-correlate per esposizione all'amianto e alla fibra "fiberfrax", riconosciute dall'INAIL e dal soppresso IPSEMA, e gli eredi di cui all'art. 85 T.U.1124/1965.

Questo beneficio è aggiuntivo alla rendita percepita ed è corrisposto d'ufficio dall'INAIL, attraverso due acconti e un conguaglio.

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Il lavoratore che, durante il periodo di malattia svolge attività lavorativa, non compie un illecito disciplinare da giustificare il licenziamento, a meno che tale attività non pregiudichi o ritardi la guarigione e il suo rientro in servizio.

Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21667 del 19 settembre 2017, dichiarando illegittimo il licenziamento di un lavoratore il quale, durante un periodo di assenza dal lavoro per malattia (a seguito di un infortunio sul lavoro), aveva lavorato presso l'esercizio commerciale del figlio, dove si recava con la propria autovettura, spostando qualche piccola pianta e movimentando la saracinesca con un dispositivo elettronico, in apertura e chiusura del negozio.

Ad avviso della Corte tali comportamenti non potevano ritenersi espressione di simulazione di malattia, né erano incompatibili con la infermità dichiarata dall'INAIL (contusione a spalla e polso sinistro), non costituendo una condotta idonea a giustificare il recesso del datore di lavoro per violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli obblighi di diligenza e fedeltà, non risultando l'attività lavorativa svolta idonea a pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore.

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È stato infatti pubblicato sulla G.U. dello scorso 12 settembre il decreto attuativo che disciplina il "Fondo di sostegno alla natalità", istituito dalla legge di bilancio 2017, per favorire l'accesso al credito in favore delle famiglie con uno o più figli nati o adottati dal 1° gennaio 2017, fino al compimento del terzo anno di età del bambino o entro tre anni dall'adozione, mediante il rilascio di garanzie dirette, anche fideiussorie, alle banche e agli intermediari finanziari.

Possono accedere a questa agevolazione i genitori o gli esercenti la responsabilità genitoriale che abbiano presentato la certificazione attestante la nascita o l'adozione del proprio figlio, nei termini e secondo le modalità che verranno stabilite dal Protocollo d'intesa tra il Dipartimento per le politiche della famiglia e l'Associazione Bancaria Italiana (ABI).

Devono essere, inoltre, in possesso dei seguenti requisiti: cittadinanza italiana, oppure di uno Stato membro della UE oppure, in caso di cittadino extracomunitario, permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo; residenza in Italia.

I finanziamenti ammissibili alla garanzia del Fondo hanno una durata non superiore a sette anni e sono di ammontare non superiore a diecimila euro e a tasso fisso.

La dotazione del Fondo è pari a 14 milioni di euro per l'anno 2017, 24 milioni di euro per l'anno 2018, 23 milioni di euro per l'anno 2019, 13 milioni di euro per l'anno 2020 e 6 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021.

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Legge 104. Si possono cumulare i permessi per assistere più persone?

Si, ma a determinate condizioni.

Il lavoratore dipendente ha diritto di prestare assistenza a più persone in situazione di handicap grave a condizione che il familiare da assistere sia il coniuge o un parente/affine entro il primo grado (ad es. genitori, figli).

Qualora l'ulteriore familiare da assistere rientri tra quelli di secondo grado (ad es. nonni, fratelli, sorelle) occorre che i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità, abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Solo al sussistere di questi requisiti si potranno cumulare più permessi.

Esempio: se un lavoratore dipendente assiste il figlio disabile potrà assistere anche una sorella disabile (familiare entro il secondo grado) a condizione che i genitori o il coniuge della sorella abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Il lavoratore non potrà mai chiedere il secondo permesso per un parente di terzo grado.

Secondo le indicazioni dell'INPS rivolte ai dipendenti dell'Istituto, il lavoratore che fruisce dei benefici per assistere un familiare di terzo grado, nei casi previsti dalla legge, non può chiedere ulteriori permessi per assistere altri soggetti, salvo rinuncia all'utilizzo dei benefici già concessi.

Quando il familiare disabile risiede in altra località. Documentazione

Quando il lavoratore usufruisce dei permessi per assistere un disabile grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 Km rispetto a quello di propria residenza, deve fornire la prova dei viaggi sostenuti al datore di lavoro (es. ricevuta del pedaggio autostradale, dichiarazione del medico o della struttura sanitaria presso cui la persona disabile è stata accompagnata, biglietto del mezzo pubblico utilizzato per lo spostamento) o altra documentazione idonea.

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Mercoledì, 13 Settembre 2017 10:34

Reddito di inclusione: approvato il decreto attuativo

Il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato definitivamente il decreto legislativo in attuazione della legge n. 33/2017 di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale.

Consiste in un assegno mensile, il cui importo, in base alla situazione familiare e reddituale, varierà fino ai 485 euro in caso di famiglie numerose per una durata massima di 18 mesi, che interesserà circa 1,8 milioni di persone.

Il nucleo familiare del richiedente dovrà avere un valore dell'Isee, in corso di validità, non superiore a 6.000 euro e un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 20.000 euro. In prima applicazione sono prioritariamente ammessi al ReI i nuclei con figli minorenni o disabili, donne in stato di gravidanza o disoccupati con età maggiore di 55 anni.

Questo aiuto è compatibile con lo svolgimento di un'attività lavorativa (fermo restando il limite reddituale), mentre non è compatibile con la fruizione, da parte di qualsiasi componente il nucleo familiare, della NASpI o di altro ammortizzatore sociale per la disoccupazione involontaria.

Il ReI prevede anche una serie di servizi alla persona che terrà conto della situazione lavorativa e di altri fattori per dar vita a un "progetto personalizzato" volto al superamento della condizione di povertà, fondato sul sostegno al reddito e sull'inclusione sociale.

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Si segnala la sentenza n. 20098 del 14 agosto 2017 con la quale la Corte di Cassazione si pronuncia sulla illegittimità del licenziamento di un lavoratore dipendente che, fruendo del congedo straordinario per assistere il padre disabile grave, non aveva fornito l'esatto domicilio in cui quest'ultimo dimorava stabilmente, bensì quello della propria casa vacanze (gestita dallo stesso lavoratore), situata in luogo diverso.

Nel caso di specie, la Cassazione rigetta il ricorso della Società datrice di lavoro avverso la sentenza della Corte di Appello che aveva annullato il licenziamento, con la reintegra del dipendente nel posto di lavoro e con la condanna al pagamento dell'indennità risarcitoria.

Dalla prova testimoniale era emerso che l'abituale residenza del padre era in altro luogo, dove abitava anche il figlio con la famiglia.

Ad avviso della Suprema Corte l'aver addebitato, da parte della Società, la mancata convivenza non comportava di per sé pure la contestazione della mancata assistenza, poiché in tal caso sarebbe stato necessario fornire maggiori precisazioni, tanto più che l'assistenza a un infermo non richiedeva in alcun modo la presenza costante e continuativa a fianco dello stesso (24 ore su 24), che la legge non prevedeva in alcun modo.

Pertanto, era fuori discussione che il comportamento effettivamente provato del lavoratore, ossia l'erronea formale indicazione del domicilio, potesse comportare una sanzione espulsiva, laddove tale condotta avrebbe potuto al più rientrare nella fattispecie di cui al contratto di riferimento che prevedeva la sanzione disciplinare della sospensione del servizio.

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Giovedì, 07 Settembre 2017 11:16

Reddito di inclusione: approvato il decreto attuativo

Il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato definitivamente il decreto legislativo in attuazione della legge n. 33/2017 di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale.

Consiste in un assegno mensile, il cui importo, in base alla situazione familiare e reddituale, varierà fino ai 485 euro in caso di famiglie numerose per una durata massima di 18 mesi, che interesserà circa 1,8 milioni di persone.

Il nucleo familiare del richiedente dovrà avere un valore dell'Isee, in corso di validità, non superiore a 6.000 euro e un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 20.000 euro. In prima applicazione sono prioritariamente ammessi al ReI i nuclei con figli minorenni o disabili, donne in stato di gravidanza o disoccupati con età maggiore di 55 anni.

Questo aiuto è compatibile con lo svolgimento di un'attività lavorativa (fermo restando il limite reddituale), mentre non è compatibile con la fruizione, da parte di qualsiasi componente il nucleo familiare, della NASpI o di altro ammortizzatore sociale per la disoccupazione involontaria.

Il ReI prevede anche una serie di servizi alla persona che terrà conto della situazione lavorativa e di altri fattori per dar vita a un "progetto personalizzato" volto al superamento della condizione di povertà, fondato sul sostegno al reddito e sull'inclusione sociale.

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