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Con la circolare n. 44 del 21 novembre 2016 l'Inail chiarisce le regole riguardo il sistema assicurativo e la trattazione dei casi di infortunio occorsi agli studenti impegnati in attività di alternanza scuola lavoro, nonché gli aspetti contributivi.

Per alternanza scuola lavoro (legge n. 107/2015), si intende una metodologia didattica che consente agli studenti, di età compresa tra i 15 e i 18 anni, che frequentano gli istituti di istruzione superiore, di svolgere una parte del proprio percorso formativo presso un'impresa o un ente, per periodi di apprendimento in situazione lavorativa, che non costituiscono comunque rapporto di lavoro.

La copertura antinfortunistica, chiarisce l'Inail, viene attuata secondo due diversi criteri: per gli studenti delle scuole statali mediante la gestione per conto dello Stato, come già previsto in linea generale, mentre per quelli delle altre scuole non statali mediante il versamento di un premio speciale unitario che, nei casi di alternanza è ancora da determinare anche in relazione all'andamento infortunistico.

L'Inail ribadisce che gli eventi verificatisi nell'ambito scolastico sono indennizzabili solo in occasione delle attività previste dall'art. 4, n.5 del T.U. 1124/1965, per le quali vige l'obbligo assicurativo (ad es. esperienze tecnico – scientifiche, esercitazioni pratiche e di lavoro, ecc.), con l'esclusione dell'infortunio in itinere occorso nel normale tragitto di andata e ritorno dall'abitazione alla scuola.

Sono invece indennizzabili gli infortuni occorsi durante i periodi di apprendimento in "ambiente di lavoro" (in un'azienda, in un cantiere all'aperto o in un luogo pubblico), in quanto gli studenti sono esposti ai medesimi rischi dei lavoratori dipendenti, purché l'attività svolta – precisa ulteriormente l'Inail - presenti le caratteristiche oggettive previste dal T.U. 1124/1965). Sono tutelati anche gli infortuni occorsi durante il tragitto tra la scuola e il luogo in cui si svolge l'esperienza di lavoro, in quanto tale percorso è da intendere come "prolungamento dell'esercitazione pratica, scientifica o di lavoro", mentre non è tutelabile l'infortunio in itinere che accada dal luogo di abitazione a quello in cui si svolge l'esperienza di lavoro e viceversa.

Gli studenti devono essere sottoposti alla formazione prevista in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (T.U. 81/2008).

L'obbligo di effettuare le denunce di infortunio sul lavoro e di malattia professionale degli studenti impegnati in questi progetti ricade sul dirigente scolastico, secondo i criteri illustrati nella circolare n. 44, salvo che sia diversamente stabilito in ambito convenzionale.

Le prestazioni erogate dall'Inail sono quelle previste per legge: prestazioni economiche (ad es. indennizzo del danno biologico, rendita, altre); prestazioni sanitarie; prestazioni protesiche; prestazioni riabilitative; con esclusione dell'indennità per inabilità temporanea assoluta, a meno che non siano studenti lavoratori.

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L'Inail, con la circolare n. 37 del 21 ottobre 2016, comunica che a decorrere dal 1° luglio 2016 sono confermati gli importi vigenti al 1° luglio 2015 delle prestazioni economiche per infortunio sul lavoro e malattia professionale: nel settore industriale, compreso il settore marittimo, agricolo, medici radiologi e tecnici sanitari di radiologia autonomi.

Tale conferma era già stata annunciata nei quattro Decreti del Ministero del lavoro pubblicati il 12 settembre scorso, in merito alla rivalutazione dal 1° luglio 2016, tenuto conto che la variazione dell'indice Istat dell'anno 2015, rispetto al 2014, risulta negativa.

Con la circolare n. 37 l'Inail illustra i riferimenti retributivi per procedere alla prima liquidazione delle prestazioni.

Ricordiamo pertanto alcuni degli importi vigenti al 1° luglio 2015.

Per il settore industria la retribuzione media giornaliera risulta pari a euro 77,12, la retribuzione annua minima di euro 16.195,20 e la retribuzione annua massima di euro 30.076,80. Si precisa che le rendite ai superstiti di lavoratori dell'industria deceduti dal 1° gennaio 2014 sono calcolate sul massimale di euro 30.076,80 (Legge di stabilità 2014).

Per il settore agricoltura la retribuzione annua convenzionale è di euro 24.440,95.

L'importo dell'"assegno per l'assistenza personale continuativa" è di euro 533,22, quello dell'assegno "una tantum" ai superstiti è di euro 2.136,50, per entrambi i settori industriale e agricolo.

Inoltre, Inail comunica i massimali retributivi per i marittimi, le retribuzioni annue per i medici radiologi e per i tecnici sanitari di radiologia autonomi, nonché gli importi degli assegni continuativi mensili per il settore industria e agricoltura e altro.
Precisiamo che questi dati riguardano solo la parte patrimoniale delle rendite.

Rivalutazione indennizzo danno biologico

Per quanto riguarda l'indennizzo per danno biologico, il Ministero del lavoro ha pubblicato il 4 novembre 2016 il decreto del 23 settembre 2016  che (con decorrenza 1° luglio 2016) conferma gli importi delle prestazioni economiche per danno biologico vigenti nell'anno 2015, come da proposta dell'Inail (DETPRES n. 228/2016), dato che la variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai ed impiegati dell'anno 2015 rispetto al 2014 è risultata negativa.

Si ricorda che la Legge di stabilità 2016 ha introdotto un sistema di rivalutazione automatica degli importi di questi indennizzi, non solo in via straordinaria come previsto negli anni precedenti. Tuttavia per quest'anno anche tali importi rimangono invariati.

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Facciamo seguito agli impegni assunti durante la Consulta dei legali convenzionati con l'ITAL e con la UIL tenutasi a Bologna nei giorni 4 e 5 febbraio 2016, per comunicarvi le iniziative scaturite nel corso dei lavori e fornire le relative indicazioni operative.

Come sapete la Uil Pensionati, in accordo e con il sostegno di tutta la Uil, ha già presentato un ricorso collettivo alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo per contestare la mancata attuazione integrale della sentenza della Corte Costituzionale n. 70/2015 che ha dichiarato incostituzionale il blocco totale della perequazione automatica delle pensioni di importo superiore a tre volte il minimo.

Questa prima e tempestiva iniziativa era finalizzata ad una pronuncia di condanna dello Stato italiano per l'operato del Governo al fine di ottenere un risarcimento del danno nei confronti dei pensionati.

Al contenzioso in ambito europeo dovevano affiancarsi anche la presentazione di cause pilota a livello regionale finalizzate ad ottenere la riliquidazione del trattamento pensionistico per applicazione della corretta indicizzazione.

Le iniziative partivano dall'assunto che le misure adottate dal Governo Renzi con il D.L. 65/2015 convertito in Legge 109/2015, rimodulando 'ora per allora' il blocco della rivalutazione, vanificano gli effetti del pronunciamento della Corte Costituzionale, restituendo solo una piccola parte di quanto non percepito nel periodo 2012-2015, oltretutto escludendo una parte dei pensionati dal diritto a percepire qualsiasi restituzione.

La bontà di tale interpretazione è stata recentemente confortata da nuovi rinvii alla Corte Costituzionale a partire dal Tribunale di Palermo con Ordinanza del 22 gennaio 2016 sul presupposto che il suddetto D.L. 65/2015 presenta evidenti profili di incostituzionalità in quanto emanato in palese contrasto con la sentenza 70/2015 e con i principi di diritto già fissati dalla giurisprudenza del Giudice delle Leggi.

Questi profili di costituzionalità sollevati dal Giudice siciliano con riferimento agli articoli 3, 36 comma 1 e 38, comma 2, riguardano la misura di perequazione attribuita in quanto: "La suddetta rivalutazione è di entità talmente modesta da indurre a ritenere che anche la nuova normativa mantenga un contrasto con i principi dettati dalla Costituzione e con l'interpretazione che degli stessi ha fornito la Corte Costituzionale nelle sentenze ut supra citate." (al riguardo vedi apposita nota legale predisposta per la Consulta dei Legali 2016).

Ricorsi alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo

Il ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo (CEDU) è stato già presentato da uno studio legale internazionale e le spese per la sua predisposizione e per l'espletamento dell'attività difensiva sono a carico della Uil Pensionati.

Nelle more di un pronunciamento della Corte europea riteniamo debba rafforzarsi la nostra pressione politica e giudiziaria finalizzata a ripristinare un diritto che è stato negato ai pensionati italiani.

Indicazioni operative

Al riguardo stiamo predisponendo il modulo dei ricorsi individuali che i pensionati aderenti alla nostra Organizzazione dovranno inviare alla CEDU.

Cause da presentare agli organi giurisdizionali

In merito ai contenziosi giudiziari da attivare presso i tribunali ordinari italiani ovvero presso la Corte dei Conti facciamo presente che Intendiamo raccogliere e tutelare una platea più ampia di interessati colpiti da questa misura parziale per ripristinare il concetto della "giusta pensione" attraverso lo strumento delle "cause pilota" nel limite concordato con la Segreteria Nazionale della UILP.

A tal fine abbiamo predisposto due fac-simile di ricorso amministrativo da utilizzare per tutti i pensionati aderenti alla nostra Organizzazione che vorranno azionare questo tipo di contenzioso differenziando la fattispecie di coloro che godono di un trattamento pensionistico tra 3 e 6 volte il trattamento minimo (vedi modello ricorso amministrativo infrasei) da quelli che sono percettori di una pensione di importo superiore a 6 volte il trattamento minimo (vedi modello ricorso amministrativo ultrasei).

I medesimi fac simile di ricorso sono stati predisposti anche per i casi di contenzioso amministrativo avanzato dagli eredi titolari di pensione ai superstiti con decorrenza dal 1° gennaio 2012 in poi (vedi rispettivamente il modello ricorso amministrativo eredi infrasei e modello ricorso amministrativo eredi ultrasei).

Per quanto riguarda la tutela legale riteniamo che la stessa debba essere prestata in forma del tutto gratuita dai legali convenzionati con l'Ital anche ai fini di una eventuale statisticazione dell'intervento.

Resta inteso che in ogni caso resta a carico del ricorrente il pagamento del contributo unificato, necessario per azionare le cause, mentre la UilPensionati si farà carico di una eventuale condanna alle spese disposta dal Giudice in caso di esito negativo del contenzioso relativo alle "cause pilota" previamente concordate con la Segreteria Nazionale.

Indicazioni operative

Al riguardo vi invitiamo a presentare i predetti ricorsi amministrativi anche al fine di interrompere la prescrizione quinquennale dei ratei.

Il ricorso andrà comunque inoltrato dall'ITAL - mediante l'apposita procedura telematica - a prescindere dall'avvenuta presentazione dell'istanza di ricostituzione della pensione o dall'avvenuta corresponsione degli arretrati effettuata dall'Inps in applicazione del D.L. 65/2015 convertito in Legge 109/2015.

Teniamo a precisare che l'azione legale riguarderà anche i pensionati della gestione pubblica ex Inpdap per i quali si allega un fac simile di ricorso pilota alla Corte dei Conti differenziato per le due diverse fattispecie (trattamento pensionistico tra 3 e 6 volte il trattamento minimo e pensione di importo superiore a 6 volte il trattamento minimo) che potranno essere presentati anche in forma cumulativa e sempre con l'assistenza gratuita di un legale convenzionato con l'ITAL UIL.

Considerazioni finali

Alleghiamo una locandina per pubblicizzare l'iniziativa e per fornire maggiori chiarimenti, invitando gli interessati a rivolgersi alle sedi territoriali della UILPensionati e agli uffici dell'ITAL UIL.

Resta inteso che vogliamo monitorare l'iniziativa attivata e a tal fine verrà predisposto un apposito codice per la rilevazione statistica di questi casi.

Vi invitiamo infine a farci conoscere ogni eventuale risposta adottata dall'Inps ed eventuali pronunciamenti dei Tribunali.

 

Fraterni saluti.

Il Presidente ITAL UIL Il Segretario Generale UIL PENSIONATI Gilberto De Santis Romano Bellissima

Allegati:

o Locandina - Nota legale - Ordinanza Tribunale di Palermo.

o Modello ricorso amministrativo infrasei - Modello ricorso amministrativo ultrasei - Ricorso alla Corte dei Conti infrasei - Ricorso alla Corte dei Conti ultrasei –- Modello ricorso amministrativo eredi infrasei e Modello ricorso amministrativo eredi ultrasei (presenti nell'area Intranet dell'ITAL UIL. Percorso: Area Consulenti – Sezione Legali – Archivi – Documenti – Consulta Legali 2016).

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Cassazione. Non basta invalidità 100% per l'indennità di accompagnamento

14/10/2016

L'indennità di accompagnamento non spetta, anche in presenza di una invalidità totale, se non vi è necessità di assistenza continua.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19545/2016, ricorda che ai fini del riconoscimento dell'indennità di accompagnamento, l'art. 1 della legge n. 18/1980 richiede la contestuale presenza di una situazione di invalidità totale, rilevante per la pensione di inabilità civile e, alternativamente, dell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure dell'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con necessità di assistenza continua.

La semplice difficoltà di deambulazione o di compimento di atti della vita quotidiana con difficoltà (ma senza impossibilità), pur in presenza di invalidità al 100% non sono sufficienti per l'attribuzione della indennità.

La Corte rileva comunque – ribadendo una precedente ordinanza - che la capacità del malato di compiere gli elementari atti giornalieri va intesa non solo in senso fisico, ossia nell'eseguirli materialmente, ma anche come capacità di intenderne il significato, la portata e l'importanza, anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica.

Tale capacità deve essere valutata non sul numero degli elementari atti giornalieri, ma, soprattutto, sulle loro ricadute in termini di incidenza sulla salute del malato e sulla sua dignità come persona.

Pertanto anche l'incapacità di compiere un solo atto può attestare la necessità di una effettiva assistenza giornaliera.

In conclusione, come avvenuto nel caso di specie, il riconoscimento di una invalidità totale non comporta l'automatico diritto all'indennità di accompagnamento, ma occorre anche che vi sia un'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure l'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con necessità di assistenza continua in modo specifico.

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L'Inps, con il messaggio n. 3980 del 3 ottobre 2016, comunica che l'applicazione per l'invio telematico delle domande di maternità è stata integrata per acquisire quelle di congedo di paternità per il padre lavoratore autonomo, secondo le indicazioni fornite con la circolare n. 128/2016, esplicativa delle novità contenute nel D.Lgs. n. 80/2015.

Si ricorda che questo decreto ha introdotto per i padri lavoratori autonomi il congedo di paternità quando la madre sia lavoratrice dipendente o autonoma, in presenza delle casistiche previste dall'art. 28 del T.U. n. 151/01: morte o grave infermità della madre; abbandono del figlio da parte della madre; affidamento esclusivo del figlio al padre, come già previsto per i lavoratori dipendenti.

È lavoratore autonomo (padre o madre): l'artigiano; il commerciante; il coltivatore diretto, il colono,il mezzadro, l'imprenditore agricolo a titolo principale; il pescatore autonomo della piccola pesca marittima e delle acque interne.

Anche nei casi di adozione e affidamento, ora regolamentati per le madri lavoratrici autonome in analogia a quanto previsto per le lavoratrici dipendenti, i padri lavoratori autonomi possono beneficiare dell'indennità giornaliera per i periodi non fruiti dalla madre lavoratrice (dipendente o autonoma), nelle citate ipotesi di cui all'art. 28.

Le lavoratrici e i lavoratori interessati possono rivolersi agli Uffici del Patronato Ital Uil per consulenza e assistenza gratuite e per l'inoltro in via telematica delle domande

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Con una nota del 5 ottobre 2016, il Ministero del Lavoro rende noto che la procedura di trasmissione on line delle domande di dimissioni volontarie e di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro è indisponibile a causa di un guasto tecnico.

Pertanto, al fine di adempiere agli obblighi di legge, il Ministero invita gli utenti a utilizzare e trasmettere il "Modulo Recesso Rapporto di Lavoro" attraverso nuove modalità operative che prevedono l'invio della comunicazione tramite posta elettronica.

A fronte della nuova situazione che si è venuta a determinare e che sta creando disagi, informiamo l'utenza che gli uffici del Patronato ITAL sono a disposizione degli interessati per compilare e trasmettere, tramite posta elettronica certificata, il "Modulo Recesso Rapporto di Lavoro".

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Mercoledì, 05 Ottobre 2016 10:27

Licenziamento per uso improprio dei permessi L.104

È legittimo il licenziamento di una lavoratrice (dipendente comunale) per avere utilizzato i permessi di cui alla legge n. 104/1992 per finalità del tutto diverse dall'assistenza alla madre disabile, e specificamente per recarsi a frequentare le lezioni universitarie di un corso di laurea. Fatti che sono risultati dimostrati a seguito dell'attività di osservazione e pedinamento compiuta in quelle giornate.

Lo afferma la Corte di Cassazione la con sentenza n. 17968 del 13 settembre 2016, ribadendo ancora una volta il proprio orientamento sull'uso improprio di questi benefici lavorativi, e confermando la sentenza della corte di appello avverso la quale la lavoratrice era ricorsa.

In conclusione la Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto:

"In tema di esercizio del diritto di cui all'art. 33, comma 3, L. 104/92, la fruizione del permesso da parte del dipendente deve porsi in nesso causale diretto con lo svolgimento di un'attività identificabile come prestazione di assistenza in favore del disabile per il quale il beneficio è riconosciuto, in quanto la tutela offerta dalla norma non ha funzione meramente compensativa o di ristoro delle energie impiegate dal dipendente per un'assistenza comunque prestata. L'uso improprio del permesso può integrare, secondo le circostanze del caso, una grave violazione intenzionale degli obblighi gravanti sul dipendente, idonea a giustificare anche la sanzione espulsiva.".

Ricordiamo che possono fruire dei tre giorni di permesso mensile retribuito, coperto da contribuzione figurativa, i lavoratori dipendenti pubblici e privati, genitori di figli disabili gravi, nonché il coniuge, i parenti e gli affini di persone con grave disabilità entro il 2° grado e gli stessi lavoratori disabili.
I parenti o gli affini di terzo grado hanno diritto ai permessi lavorativi solo al sussistere di determinate condizioni.
I tre giorni di permesso mensile possono essere fruiti anche frazionabili in ore.

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 17303 del 24 agosto 2016, afferma che il trattamento di disoccupazione non spetta al lavoratore che sia unilateralmente receduto dal rapporto o vi abbia comunque posto negozialmente (e dunque volontariamente) fine, in assenza di una giusta causa di dimissioni.

La Suprema Corte rigetta così il ricorso di un lavoratore avverso la pronuncia della Corte di Appello che gli aveva negato l'indennità di disoccupazione.

Nel caso specifico la Cassazione precisa che la giusta causa, contrariamente a quanto sostenuto dal lavoratore ricorrente, non è certamente ravvisabile nell'asserita impossibilità per lo stesso di progredire in carriera e di crescere professionalmente.

La nozione di giusta causa, infatti, è da ricollegare o ad un gravissimo inadempimento ovvero ad un'altra causa oggettivamente idonea a ledere il vincolo fiduciario, e tanto non può dirsi per la lesione delle pur legittime aspettative di progressione in carriera e di crescita professionale, trattandosi di aspettative di mero fatto, almeno fintanto che la condotta del datore di lavoro non sconfini in una violazione dell'art. 2103 c.c..

In sostanza tale indennità non spetta a chi, avendo la possibilità di proseguire il proprio rapporto di lavoro, rinunzia al posto, ponendosi in tal caso spontaneamente nella posizione di disoccupato.

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Il "contrassegno di parcheggio per disabili" non solo agli invalidi e ai disabili con "capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta" ma anche a coloro che sono affetti da una patologia agli arti superiori o da disabilità psichica, che precluda loro una autonoma e completa mobilità.

Tale precisazione viene dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, con parere n. 1567/2016, offre una interpretazione più estensiva dell'art. 381 del DPR n. 495/92 e s.m.i. (Regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada).

A parere del Ministero, la norma nel condizionare il rilascio del contrassegno per la circolazione e la sosta dei veicoli a servizio delle persone invalide, alla "capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta", non fa esplicito riferimento agli arti inferiori né alla patologia che l'ha determinata.

Pertanto, l'articolo in questione non dovrebbe essere interpretato in senso eccessivamente restrittivo, tanto più che sono previsti anche "i non vedenti", ma potrebbe riguardare anche persone con patologie agli arti superiori o affetti da disabilità psichica che, pur non presentando problemi di deambulazione, a causa della loro specifica patologia non possono essere considerate autonome necessitando comunque della mediazione di terze persone per gestirne gli spostamenti.

Tuttavia – continua il Ministero – sarà solo l'Ufficio medico legale della Asl di appartenenza che potrà certificare il diritto all'autorizzazione.

Con precedente parere n. 2242/2015 il Ministero si era già espresso sulla concessione del contrassegno anche ai disabili intellettivi e psichici affetti da autismo.

Si ricorda infine che la domanda va presentata al Comune di residenza (agli uffici appositamente preposti), previa presentazione della relativa certificazione medico legale rilasciata dalla propria Asl.

Il contrassegno è strettamente personale, non è vincolato a uno specifico veicolo, viene rilasciato indipendentemente dal possesso della patente di guida del disabile ed è valido su tutto il territorio nazionale e negli altri paesi della Ue.

Può essere concesso, con le stesse modalità, anche alle persone temporaneamente invalide, a causa di infortunio o per altre cause patologiche, per un periodo di tempo determinato, ma la relativa certificazione medica deve specificare il presumibile periodo di durata della invalidità.

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Mercoledì, 03 Agosto 2016 10:16

Corte Ue: le ferie non godute vanno pagate

Le ferie non godute devono essere pagate al lavoratore anche quando cessa il rapporto di lavoro per scelta volontaria e la fruizione delle ferie non sia più possibile.

Lo ha stabilito la Corte europea di giustizia, chiamata a pronunciarsi sul caso di un dipendente austriaco che, avendo fatto domanda di pensionamento, non aveva potuto godere dei giorni di ferie arretrate che gli spettavano a causa di una malattia subita nel periodo precedente all'accoglimento della sua domanda di pensione.

La Corte accoglie il suo ricorso sancendo il diritto a un rimborso in denaro, ritenendo irrilevante il fatto che fosse stato lui a licenziarsi.

Nella sentenza si ricorda che la direttiva europea 2003/88 prevede che ogni lavoratore debba beneficiare di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane e che tale diritto costituisce un principio particolarmente importante del diritto sociale dell'Unione, garanzia conferita al lavoratore indipendentemente dallo stato di salute", per evitare che "non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria".

Pertanto la legislazione austriaca che consente di non pagare il dipendente in questi casi, è in contrasto con la direttiva comunitaria, a cui tutti gli stati devono sottostare.
I giudici europei ricordano che è possibile invece stabilire a livello nazionale delle condizioni migliorative per i lavoratori, come l'aumento del periodo minimo delle quattro settimane di ferie retribuite annuali.

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