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Giovedì, 27 Giugno 2019 10:02

Indennità NASpI e pensione "Quota 100"

L'INPS ha finalmente chiarito i rapporti tra la prestazione di disoccupazione Naspi e il diritto alla pensione "Quota 100".

Con circolare n. 88/2019, condiviso il parere del Ministero del Lavoro, l'Istituto previdenziale illustra i rapporti tra alcuni trattamenti pensionistici anticipati (pensione Quota 100, pensione anticipata, opzione donna e lavoratori precoci) e la prestazione di disoccupazione NASpI.

Ricordiamo che il decreto-legge n. 4/2019 ha introdotto, in via sperimentale e per il triennio 2019-2021, per i soggetti che perfezionano un'età anagrafica non inferiore a 62 anni e un'anzianità contributiva non inferiore a 38 anni, la facoltà di conseguire il diritto alla pensione "Quota 100".

Altresì, il decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 prevede tra le ipotesi di decadenza dalla fruizione dell'indennità NASpI, il "raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato".

L'INPS è intervenuto, nel coordinare queste due disposizioni di legge, chiarendo che la maturazione del diritto a pensione "Quota 100" non determina la revoca della NASpI e che, per i soggetti ammessi al trattamento di pensione "Quota 100", la decadenza della NASpI opera dalla prima decorrenza utile successiva alla domanda di accesso al trattamento pensionistico.

A seguito di questo importante chiarimento, è facoltà dei lavoratori scegliere di non accedere alla pensione "Quota 100" per continuare a fruire dell'indennità di disoccupazione. Per coloro che, invece, hanno già presentato domanda di pensione "Quota 100", la decadenza della NASpI avviene dalla prima decorrenza utile.

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Mercoledì, 30 Gennaio 2019 11:40

Quota 100: presentazione delle domande di pensione

È stato pubblicato il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, che disciplina l'accesso al trattamento di pensione cosiddetta "Quota 100", alla pensione anticipata, ordinaria e cosiddetta "Opzione donna".

In attesa della pubblicazione della circolare illustrativa delle nuove disposizioni, con il messaggio 29 gennaio 2019, n. 395 si comunicano le modalità operative di presentazione delle relative domande di pensione, tramite l'accesso ai servizi online.

La domanda di pensione può essere presentata anche tramite i patronati e gli altri soggetti abilitati alla intermediazione delle istanze di servizio all'INPS ovvero, in alternativa, può essere presentata utilizzando i servizi del Contact center.

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Dichiarazione di Domenico Proietti - Segretario Confederale UIL


Con il blocco della perequazione delle pensioni, stabilito nella Legge di Bilancio, continua la persecuzione nei confronti dei pensionati italiani in atto dal 2011.
A seguito di questi provvedimenti, considerato il periodo dal 2011 al 2019 e, dunque, calcolando anche le conseguenze di questo ultimo provvedimento, risulterà che un pensionato avrà perso almeno una mensilità netta ogni anno.


Bisognerà porre fine a questo prelievo forzoso a discapito di milioni di pensionati.


A tal proposito, la UIL si batterà con ogni iniziativa per ripristinare la piena indicizzazione delle pensioni, chiedendo un recupero del montante perso in questi anni.


STUDIO UIL SUL BLOCCO INDICIZAZZIONE DELLE PENSIONI 2011 – 2019


Dal 2011 ad oggi, l'indicizzazione delle pensioni è stata bloccata con due differenti interventi e una proroga, che hanno modificato, in via temporanea, la normativa con la quale annualmente si rivalutano le pensioni, in relazione all'aumento dell'inflazione. Inoltre, attraverso il DdL bilancio 2019 in esame alla Camera, il Governo Conte prevede di attuare un ulteriore blocco triennale fino al 2021.
Di seguito, abbiamo calcolato l'entità della perdita sull'importo della pensione finora accumulata e, inoltre, a quanto ammonterà questa riduzione anche a seguito del blocco previsto nel DdL bilancio 2019.


Perdita per mancata rivalutazione 2011 - 2018
Per una pensione che nel 2011 era pari a 1.500 euro lorde mensili, tra le 3 e le 4 volte il trattamento minimo, la perdita è ad oggi pari a 79 euro al mese, oltre 1.000 euro annui. Perdita del 5,32%, che agirà per sempre sul trattamento del pensionato.
Un pensionato che percepiva un trattamento lordo pari a 1.900 euro nel 2011, tra le 4 e le 5 volte il minimo, ha subito una perdita del 6,12%, 1.511 euro lordi, pari a 1 intera mensilità netta in meno ogni anno per sempre.

Se, invece, consideriamo anche l'ulteriore recentissimo blocco stabilito per il 2019 una pensione che nel 2011 era pari a 1.500 euro lorde mensili, subirà una perdita complessiva pari a 94,62 euro al mese , 1.230 euro annui, equivalente a una mensilità netta in meno ogni anno, che per effetto dei blocchi previsti, anche per i successivi 2 anni, fino al 2021, sarà destinata a crescere.


Un pensionato con un assegno pari a 4.000 euro lorde mensili, il prossimo anno subirà un mancato incremento, per effetto di una riduzione dell'importo pensionistico rispetto a quanto avrebbe percepito sulla base della Legge ordinaria, pari a circa 6.500 euro lordi annui, -12,88%. Ciò si traduce in circa 2,5 mensilità nette in meno ogni anno per sempre. Anche in questo caso, per effetto dei blocchi previsti fino al 2021, la perdita è destinata ad aumentare. 

La norma principale di cui all' articolo 69 della legge 388 del 2000, attualmente derogata, prevede che le pensioni siano rivalutate annualmente per fasce:
I. Indicizzazione al 100% del costo vita sulla quota di pensione fino a 3 volte il trattamento minimo INPS.
II. 90% sulla quota di pensione compresa tra 3 e 5 volte il trattamento minimo INPS.
III. 75% sulla quota di pensione superiore a 5 volte il trattamento minimo INPS.


Nel 2011, il Governo Monti, con la legge Fornero ha introdotto una norma fortemente discriminante che bloccava la rivalutazione di tutte le pensioni 3 volte superiori alla pensione minima. Questa norma è stata poi giudicata incostituzionale dall'Alta Corte nel 2015. L'allora Governo Renzi però, procedette ad un rimborso una tantum della quota di pensione indebitamente non versata ai pensionati, ed ad una perequazione solo parziale delle pensioni superiori a 3 volte il trattamento minimo.
Nel 2014, il Governa Letta anziché ripristinare la piena indicizzazione, è intervenuto nuovamente sulla perequazione delle pensioni con legge 147 del 2013, introducendo un nuovo meccanismo per il triennio 2014 – 2016 che prevedeva una rivalutazione articolata su 5 differenti livelli e che agiva non più per fasce, ma sull'intero importo della pensione:


a) nella misura del 100% per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a tre volte il trattamento minimo INPS.
b) nella misura del 95% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi.
c) nella misura del 75% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi.
d) nella misura del 50% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi;
e) nella misura del 45% per ciascuno degli anni 2015 e 2016 per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi; per il solo anno 2014, è riconosciuta con riferimento alle fasce di importo superiori a sei volte il trattamento minimo INPS un importo fisso pari a 13,08 euro annui.


Con la Legge di Stabilità 2016, legge 208 del 2015, anche il Governo Renzi è intervenuto sulla norma, prorogando fino a tutto il 2018 il blocco Letta e confermandone la struttura.
Nel disegno di Legge di bilancio 2019 il Governo Conte introduce un nuovo meccanismo per bloccare l'indicizzazione delle pensioni, per il triennio 2019-2021, prevendo come l'intervento "Letta" che la rivalutazione agisca per l'intero importo e rimodulando i criteri di indicizzazione:


a) nella misura del 100% per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a tre volte il trattamento minimo INPS;
b) nella misura del 97% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi;
c) nella misura del 77% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi;
d) nella misura del 52% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi;
e) nella misura del 47% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a otto volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi;
f) nella misura del 45% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a otto volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a nove volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi;
g) nella misura del 40% per l'anno 2014 per i trattamenti oltre a nove volte il minimo.

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C'è tempo fino al 31 dicembre per segnalate all'INPS eventuale contribuzione mancante o anomalie nella propria posizione previdenziale.

rivolgersi ai nostri patronati ITAL UIL

Lo indica la circolare INPS n. 94 del 31 maggio 2017 .

"A proposito della circolare INPS sulla prescrizione dei contributi omessi dal datore di lavoro.

Per i dipendenti pubblici c'è tempo sino al 31 dicembre per segnalare contribuzione mancante o anomalie nella propria posizione previdenziale.
Sta per scadere il tempo a disposizione dei dipendenti pubblici ai quali risultano contributi previdenziali mancanti o retribuzioni errate precedenti al 2012, nell'estratto conto Inps- Inpdap: secondo l'Istituto, difatti, non sarà più possibile effettuare modifiche e integrazioni sulle posizioni contributive dei dipendenti della PA dopo il 31 dicembre 2017. Pertanto, i versamenti effettuati ma non risultanti nell'estratto conto, se riferiti a periodi anteriori al 2012, rischiano di essere persi per sempre: conseguentemente, i lavoratori rischiano di pensionarsi più tardi o di percepire una pensione più bassa di quella a cui avrebbero diritto.

Come segnalare i contributi mancanti o errati

Se il dipendente, dopo aver controllato il proprio estratto conto, rileva contributi mancanti, retribuzioni errate o periodi assicurativi inesatti, deve attivare la richiesta di variazione e di integrazione della posizione assicurativa.
Per inoltrare la richiesta, è necessario utilizzare la funzionalità "Richieste di variazione alla posizione assicurativa –RVPA": il modulo online è accessibile dal sito web dell'Inps, servizi ex Inpdap, all'interno della pagina in cui si trova l'estratto conto contributivo.

Per compilare e inviare la domanda di variazione, è possibile:

§  utilizzare il sito web dell'Inps, se si possiede il codice Pin o l'Identità unica digitale Spid; il modulo di domanda è reperibile al seguente percorso: "Servizi online", "Servizi per il cittadino", "Servizi ex-Inpdap", "Estratto Conto Informativo", "Estratto Conto e Richieste di Variazione";

§  telefonare al numero 803.164, ossia al contact center multicanale Inps:è necessario, anche in questo caso, il possesso del Pin;

§  rivolgersi ai nostri patronati ITAL UIL.

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La UIL da tempo sostiene l´assoluta necessità di congelare ogni eventuale innalzamento dell'età pensionabile nel 2019, essendo l´Italia già maglia nera d'Europa nell'età di accesso alla pensione, perché non tutti i lavori hanno la stessa aspettativa di vita.

L´elaborazione dei parametri demografici che l´Istat deve produrre per la misurazione dell'eventuale incremento dell´aspettativa di vita per l´adeguamento dell´età pensionabile, previsto per il 2019, richiede il massimo dell'attenzione e della verifica in relazione alle informazioni e alle metodologie di rilevazione utilizzate.

L´andamento demografico degli ultimi anni, infatti, presenta dati contraddittori che non sempre hanno mostrato un aumento della vita media degli italiani. Nel 2015, ad esempio, la vita media si è ridotta a 82,3 anni dagli 82,6 dell'anno precedente.

L´Istat svolge un ruolo fondamentale e prezioso nel nostro Paese grazie alle elevate professionalità che esprime. Vogliamo ricordare una vicenda di qualche mese fa che consiglia, però, la massima prudenza nell'elaborare le previsioni.  Lo scorso 16 maggio, l'Istat presentò una stima di crescita del Pil nel primo trimestre del 2017 pari allo 0,2%, salvo poi, a distanza di 15 giorni, il 1° giugno, correggere il dato aumentandolo allo 0,4%. In quel caso si è verificato un errore del 100%. Ricordiamo questo episodio solamente per sottolineare la complessità e la delicatezza della valutazione dei dati su cui si costruiscono le stime che influenzano o costituiscono il presupposto di atti e scelte di governo a forte impatto sulla vita delle persone.

Roma, 11 settembre 2017

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Separare previdenza da assistenza, bloccare adeguamento automatico età pensionabile

"Siamo parzialmente soddisfatti". Il Segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, sintetizza così l'esito del confronto odierno svoltosi al Ministero del lavoro sul capitolo previdenza. Sul tavolo, in particolare, il tema delle future pensioni per i giovani che, a causa delle loro carriere sempre più discontinue, rischiano di andare in quiescenza in età molto tarda e con un assegno davvero esiguo. Il ministro Poletti, accogliendo anche alcune sollecitazioni dei Sindacati, ha presentato una proposta che punta a risolvere il problema.

"Abbiamo apprezzato lo sforzo del Governo - ha detto Barbagallo - e il meccanismo ipotizzato ci sembra interessante, ma saranno necessari approfondimenti tecnici per sciogliere alcuni dubbi e alcune questioni applicative. Resta da affrontare l'atavico problema della separazione tra previdenza e assistenza e quello dell'adeguamento automatico dell'età pensionabile all'aspettativa di vita che il Governo sembra dare per scontato e che, invece, secondo noi, deve essere bloccato. Io sono ottimista, però - ha chiosato il leader della Uil - perché ho fiducia nel Parlamento dove, su questo punto, c'è una larga maggioranza: peraltro, non vorrei che di aspettativa di vita ne soffrisse proprio il Governo! Entro la fine del mese di settembre - ha concluso Barbagallo - e, comunque, prima della presentazione della legge di bilancio bisogna arrivare a un risultato".

Altro tema al centro dell'incontro, infine, quello relativo alla previdenza integrativa. Di pensioni si tornerà a parlare nelle prossime riunioni già fissate per il 7 e per il 13 settembre.

Roma, 30 agosto 2017

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La UIL si aspetta dal Governo risposte chiare sui temi al centro del confronto della fase II sulla Previdenza. Occorre innanzitutto congelare l'innalzamento dell'età di accesso alla pensione previsto per il 2019.

Bisogna eliminare le disparità di genere che penalizzano pesantemente le donne, definire interventi per le future pensioni dei giovani, rilanciare la previdenza complementare estendendo la fiscalità incentivante anche ai lavoratori pubblici, ripristinare la perequazione dei trattamenti pensionistici, varare la riforma della governance Inps e separare la spesa previdenziale da quella assistenziale per dimostrare alla UE che la spesa per pensioni in Italia è sotto la media europea.

La UIL ha sempre portato avanti contemporaneamente le problematiche dei giovani, dei lavoratori e dei pensionati. La presunta contrapposizione che periodicamente viene avanzata strumentalmente tra giovani e i pensionati non riguarda l'azione e la proposta del Sindacato italiano.

Sull'insieme di questi temi è possibile continuare, come si è cominciato a fare con l'ultima legge di bilancio, a reintrodurre elementi di equità e flessibilità nel nostro sistema previdenziale con chiari vantaggi per i giovani che potranno beneficiare di una ripresa del turn over del mercato del lavoro.

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"Non si può andare in pensione tutti alla stessa età". È quanto ha sostenuto il Segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, intervenendo al dibattito organizzato dal PD sul tema della previdenza, ribadendo la sua contrarietà all'innalzamento automatico dell'età pensionistica e rilanciando il principio della flessibilità introdotto con l'accordo dello scorso mese di settembre.

"Inoltre - ha proseguito Barbagallo - dobbiamo preoccuparci dei giovani e del loro futuro previdenziale: bisogna fare investimenti, dunque, per creare lavoro e definire regole che diano un minimo di garanzie per la loro futura pensione. E poiché - ha sottolineato il leader della Uil - da questo punto di vista la precarietà non aiuta, occorre introdurre una contribuzione integrativa per i giovani - oltreché per le donne che si occupano della cura della famiglia - che, altrimenti, rischiano di non avere una pensione decente. Questo è l'obiettivo - ha concluso Barbagallo - che ci prefiggiamo di raggiungere nel confronto in atto con il Governo".

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Tra le novità previdenziali introdotte dalla Legge di Bilancio 2017 troviamo l'APE Sociale: "L'indennità di natura assistenziale a carico dello Stato erogata dall'INPS a soggetti in stato di bisogno che abbiano compiuto almeno 63 anni di età e che non siano titolari di pensione diretta.

È una misura sperimentale – in vigore dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018 – intesa ad agevolare la transizione verso il pensionamento per soggetti svantaggiati".

L'INPS ha riassunto in una scheda informativa tutte le caratteristiche dell'APE Sociale: cos'è, a chi si rivolge, quali sono i requisiti per ottenerla, durata e importo della prestazione.

Per continuare a leggere la scheda INPS "APE Sociale - Anticipo pensionistico" vai sul portale – www.inps.it

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INPS ha reso noto il calendario dei pagamenti delle pensioni per l'anno 2017.

A rettifica di quanto precedentemente annunciato (News Ital del 22/12/2016), per i pensionati residenti in Italia e all'estero il pagamento delle pensioni non sarà più effettuato il secondo giorno "utile" bancabile di ciascun mese ma seguirà il seguente calendario:

MESE GIORNO PAGAMENTI  POSTE   BANCA

Gennaio                               3              3
Febbraio                              1              1
Marzo                                  1              1
Aprile                                  1              3
Maggio                                2              2
Giugno                                1              1
Luglio                                  1              3
Agosto                                 1              1
Settembre                            1              1
Ottobre                                2              2
Novembre                            2               2
Dicembre                             1               1

(Inps.it- 02/01/2017)

Si ricorda che sono interessati i trattamenti pensionistici, gli assegni, le pensioni e le indennità di accompagnamento erogate agli invalidi civili, nonché le rendite vitalizie dell'INAIL.

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