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In base ai dati dell'istituto di statistica tra i motivi per cui ci resta a casa prevalgono "ragioni varie". Le donne senza figli piccoli che non cercano un'occupazione sono il 32%, poco meno del dato relativo alle madri

In Italia l'anno scorso quasi una donna su due (45,9%) tra quelle in età da lavoro era fuori dal mercato. Il tasso di inattività si attesta a 20 punti, superiore a quello degli uomini (25,9%), al top nella Ue dopo Malta (27 punti). Il dato è contenuto in uno studio di Eurostat sulle persone al di fuori del mercato del lavoro, che sottolinea come il tasso di inattività dipenda strettamente da sesso, età e livello di educazione. Ma il rapporto si concentra anche sulla fascia di età tra i 25 e i 54 anni, il periodo in cui si dovrebbe essere più "attivi" sul mercato come occupati o in cerca di impiego.

E' in quella fascia che si rafforzano le differenze di genere, con appena l'8,6% di uomini inattivi in media Ue a fronte del 20,6% delle donne. In Italia la percentuale delle donne inattive tra i 25 e i 54 anni è del 34,1% (a poca distanza da Malta con il 34,2%) a fronte dell'11,4% in Slovenia e dell'11,6% in Svezia. Se poi si guarda al dato regionale si vede che le donne in età da lavoro inattive al Sud nel 2015 erano il 60,7% a fronte del 37,3% al Nord.

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Aspettativa non retribuita per altra esperienza lavorativa o per superare un periodo di prova (art. 18/3 del CCNL comparto Scuola)

RIFERIMENTI DI LEGGE E NORMATIVI

L'aspettativa per motivi di lavoro o per superare un periodo di prova è espressamente prevista dal CCNL comparto Scuola che all'art. 18/3 recita:

"Il dipendente è collocato in aspettativa, a domanda, per un anno scolastico senza assegni per realizzare, l'esperienza di una diversa attività lavorativa o per superare un periodo di prova".

DESTINATARI

Ai sensi dell'art. 18/3 del CCNL comparto Scuola l'aspettativa per realizzare l'esperienza di una diversa attività lavorativa o per superare un periodo di prova è attribuita a domanda dal dirigente scolastico al personale docente, educativo ed ATA assunto a tempo indeterminato (non è necessario aver superato il periodo di prova).

Sono equiparati ai dipendenti di ruolo e hanno diritto a richiedere l'aspettativa per realizzare l'esperienza di una diversa attività lavorativa o per superare un periodo di prova di cui all'art. 18/3 gli insegnanti di religione cattolica (IRC) incaricati stabilizzati, cioè coloro che, oltre ad essere in possesso del titolo di studio, hanno il posto orario completo (anche con l'unione di più spezzoni) e almeno quattro anni di insegnamento.

Rientrano altresì in questa categoria gli insegnanti di religione cattolica (IRC) della scuola di infanzia e primaria con una nomina di almeno 12 ore e che abbiano maturato il quadriennio di insegnamento (C.M. n. 77/1990).

È escluso dai beneficiari tutto il personale docente, educativo ed ATA assunto a tempo determinato (non importa la scadenza del contratto).

COSA DEVE FARE IL DIPENDENTE

Il dipendente è tenuto a presentare con un ragionevole anticipo (a meno di motivi urgenti e imprevedibili) richiesta di congedo redatta per iscritto, in carta semplice, indirizzata al proprio dirigente scolastico contenente la ragione per cui è richiesta l'aspettativa e la data di decorrenza dalla quale intende fruire della stessa.

La richiesta non è subordinata al superamento dell'anno di prova.

Nell'istanza il dipendente dovrà precisare ed attestare l'esperienza lavorativa per la quale chiede di essere collocato in aspettativa:

se l'esperienza lavorativa è presso un Ente pubblico, basterà un'autocertificazione a supporto della richiesta; se l'esperienza lavorativa è presso un soggetto privato, è bene che il dipendente esibisca una certificazione che attesti la nuova esperienza lavorativa.

PER QUALI MOTIVI È POSSIBILE RICHIEDERE L'ASPETTATIVA

L'attuale norma ha modificato in parte l'art. 18/3 rispetto al precedente CCNL (2003), omettendo le parole "nell'ambito di altro comparto della P.A.".

Pertanto, la nuova norma offre al dipendente la possibilità di stipulare un altro contratto di lavoro presso altra amministrazione pubblica o ente pubblico o presso soggetti privati.

Per quanto riguarda l'"altra amministrazione pubblica o ente pubblico" si precisa che questi devono essere al di fuori dal comparto Scuola.

Per quanto riguarda invece l'"altro lavoro" presso soggetti privati, non vi è nessun particolare vincolo (in questo caso, per esempio, l'aspettativa può essere utilizzata anche per insegnare nelle scuole non statali).

Non bisogna confondere l'art. 18/3 con gli artt. 36 e 59 del CCNL comparto Scuola

Gli artt. 36 e 59 del CCNL comparto Scuola affermano che il personale docente e ATA può accettare, nell'ambito del comparto scuola, contratti a tempo determinato di durata non inferiore ad un anno, mantenendo senza assegni, complessivamente per tre anni, la titolarità della sede. E che l'accettazione dell'incarico comporta l'applicazione della relativa disciplina prevista dallo stesso CCNL per il personale assunto a tempo determinato, fatti salvi i diritti sindacali.

Come si evince dall'art. citato, la possibilità di accettare una supplenza è espressamente prevista dal Contratto Scuola per cui l'unico riferimento possibile è lo stesso art. 36 (personale docente) o 59 (personale ATA).

Non è possibile emettere dei decreti in riferimento all'art. 18, comma 3.

Tale ultimo articolo afferma, come finora specificato, che il dipendente è collocato in aspettativa, a domanda, per un anno scolastico senza assegni per realizzare, l'esperienza di una diversa attività lavorativa o per superare un periodo di prova.

Pertanto, il personale docente o ATA che vuole accettare, nell'ambito del comparto scuola, contratti a tempo determinato di durata non inferiore ad un anno, mantenendo senza assegni, complessivamente per tre anni, la titolarità della sede, lo potrà fare solo in virtù degli artt. 36 o 59 citati.

Nota della Ragioneria Provinciale del Tesoro di Reggio Emilia (6/12/2012)

"Pervengono alla scrivente Ragioneria parecchi decreti di collaboratori scolastici di ruolo che chiedono aspettativa ai sensi art. 18 c. 3 C.C.N.L. 29.11.2007 per accettare incarichi con contratti art. 40 su posti disponibili di assistente amministrativo.

Premesso che per tale specifica fattispecie esiste l'art. 59 del medesimo CCNL che permette all'interno dello stesso comparto di accettare incarichi per la stessa motivazione, si ritiene quanto meno inopportuno il ricorso all'aspettativa per famiglia prevista dal comma 3 dell'art.18 in quanto la medesima è preordinata alla realizzazione di una diversa attività lavorativa (privata o pubblica in diverso comparto).

Si fa pertanto presente che la scrivente Ragioneria non potrà far altro che formalizzare nei casi in esame osservazione impeditiva alla registrazione, supportata e suffragata anche dall'interpretazione fornita dall'ARAN con orientamento applicativo del 14 dicembre 2011."

Orientamento applicativo ARAN

Cosa significano le locuzioni "per un anno scolastico" e "diversa attività lavorativa" espresse all'art. 18, comma 3, del CCNL del 29.11.2007 ?

E' possibile reiterare il periodo di aspettativa di cui al terzo comma dell'art. 18 così come prevedono gli artt. 36 e 59 dello stesso contratto?

"L'art. 18, comma 3 del CCNL del 29.11.2007 del comparto scuola prevede la concessione di un periodo di aspettativa per un tempo corrispondente ad un anno scolastico al dipendente della scuola a tempo indeterminato che volesse realizzare l'esperienza di una diversa attività lavorativa o  superare un periodo di prova Tale esperienza può essere effettuata in qualsiasi ambito lavorativo, pubblico o privato.

Gli artt. 36 e 59 del su citato contratto, invece, disciplinano la possibilità per il personale docente ed ATA di accettare, sempre nell'ambito del comparto scuola, rapporti di lavoro a tempo determinato di durata non inferiore ad un anno scolastico, mantenendo, senza assegni la titolarità di sede per un periodo complessivo di anni tre.

Ne consegue che diversa è la species del genus aspettativa di riferimento dei due articoli, e che solo per l'art. 18, comma 3, il periodo è circoscritto ad un anno scolastico."

CASI PARTICOLARI

L'art. 45 commi 9 e 10 del CCNL comparto Scuola prevede per il solo personale ATA:

9. Il dipendente proveniente dalla stessa o da altra Amministrazione del comparto, durante il periodo di prova, ha diritto alla conservazione del posto senza retribuzione, e in caso di mancato superamento della prova, o per recesso dello stesso dipendente rientra, a domanda, nella qualifica e profilo di provenienza.

10. Al dipendente già in servizio a tempo indeterminato presso un'Amministrazione del comparto, vincitore di concorso presso Amministrazione o ente di altro comparto, è concesso un periodo di aspettativa senza retribuzione e decorrenza dell'anzianità, per la durata del periodo di prova.

Tali commi sono specifici per il personale ATA e non sono previsti per quello docente.

Il personale ATA, quindi, in base ai comma 9 e 10 sopra citati dispone di un'aspettativa senza retribuzione che non ha un periodo di tempo predefinito.

Ai sensi del comma 9 il dipendente può fruire di un'aspettativa durante il periodo di prova nella scuola statale e nello stesso tempo "conservare", senza retribuzione, il posto di cui era titolare nella stessa o altra Amministrazione. Al termine del periodo di prova nella scuola, il dipendente potrà decidere, sia in caso di esito favorevole che sfavorevole della prova, di rimanere in servizio oppure di ritornare nell'Amministrazione di provenienza.

Ai sensi del comma 10, invece, il dipendente già in servizio a tempo indeterminato presso un'Amministrazione del comparto, ha la possibilità, senza limitazioni di tempo (l'art. 18/3 ricordiamo invece che stabilisce la limitazione di "un anno scolastico") e senza retribuzione, di assumere servizio presso l'Amministrazione o ente di altro comparto a seguito di superamento di concorso per la durata del periodo di prova.

COSA DEVE FARE IL DIRIGENTE

L'aspettativa di cui all'art. 18/3 per realizzare l'esperienza di una diversa attività lavorativa o per superare un periodo di prova spetta di diritto al personale docente, educativo ed ATA assunto a tempo indeterminato e non è subordinata alla discrezionalità del dirigente scolastico o alle "esigenze dell'amministrazione".

La norma, infatti, prevede testualmente che il dipendente, a domanda, è collocato in aspettativa, non lasciando, pertanto, alla scuola alcun margine di discrezionalità legato a esigenze di servizio.

Pertanto, il dirigente si deve limitare ad un controllo sulla correttezza formale della domanda, non avendo alcuna discrezionalità, ma dovendosi limitare soltanto alla mera verifica della sussistenza dei requisiti e delle condizioni prescritti dalla norma (autocertificazione o certificazione a giustificazione della richiesta).

Nel momento in cui il dirigente concede l'aspettativa tale provvedimento assume la veste di decreto e deve essere trasmesso, unitamente all'istanza in carta semplice prodotta dal dipendente e alla documentazione eventualmente presentata, alla Ragioneria provinciale dello Stato per il visto. L'aspettativa infatti non è retribuita e di conseguenza incide sul trattamento economico.

Il decreto sarà numerato progressivamente ed annotato nell'apposito registro dei decreti.

Per il personale in regime di part time (verticale/orizzontale) il periodo di aspettativa non va in alcun modo ridotto, ma può essere concesso con le medesime modalità e regole con cui si concede per il personale a tempo pieno.

Pertanto l'aspettativa, una volta concessa, copre l'intero periodo richiesto.

MODALITÀ E CRITERI DI FRUIZIONE

L'art. 18/3 del CCNL comparto Scuola offre al dipendente la possibilità di stipulare un altro contratto di lavoro con un'altra amministrazione pubblica o ente pubblico diverse dalle Istituzioni Scolastiche (non è infatti possibile svolgere un'attività che sia in "conflitto di interessi" con quella prestata presso l'Amministrazione di appartenenza) o soggetto privato (su questo aspetto non ci sono vincoli).

L'aspettativa può avere anche durata inferiore all'anno scolastico tenendo presente che la norma fa riferimento esclusivo ad "un anno scolastico" da intendere ad un determinato anno scolastico e non ad un periodo massimo di durata comprensivo della sommatoria di più mesi fino alla concorrenza di un anno.

Pertanto, se un dipendente chiede l'aspettativa in questione per l'anno scolastico 2013/2014 limitata ad un numero di mesi (es. la richiesta è a novembre e non a partire dal 1° settembre), non potrà essere accolta una nuova richiesta di proroga per l'anno scolastico successivo.

Il periodo di aspettativa non potrà quindi essere prorogato, risultando l'anno scolastico il periodo massimo di durata.

In mancanza di una circolare o sentenza interpretativa sul punto, si ritiene inoltre che la dicitura "per un anno scolastico" è da intendere che il dipendente può fruire dell'aspettativa una volta sola nell'arco della vita lavorativa.

INTERRUZIONE DELL'ASPETTATIVA

L'aspettativa potrebbe essere interrotta prima della scadenza del periodo richiesto nel momento in cui vengono meno i motivi che l'hanno originata (termine dell'attività lavorativa o del periodo di prova).

Il dirigente nel momento in cui riceve la richiesta del dipendente contenente valide motivazioni e le ritenga tali, può accettarla, con la precisazione che non potrà però essere modificata la situazione del supplente a suo tempo nominato in sostituzione del titolare assente.

Giova infatti ricordare come la clausola del "rientro anticipato del titolare" ai fini di un'eventuale revoca della supplenza era espressamente prevista dal CCNL/1995, mentre analoga previsione non è stata riportata nei successivi CCNL del 2003 e del 2007 (quest'ultimo ancora in vigore).

Dello stesso parere è L'ARAN che alla domanda Il contratto stipulato con il supplente si risolve nel caso di rientro anticipato del titolare? risponde:

"Si fa presente che l'art. 18 comma 2 lett c) del CCNL 04/08/1995 prevedeva espressamente la risoluzione del contratto stipulato con il supplente a seguito del "rientro anticipato del titolare", questa norma non è stata più ripresa dai successivi CCNL per cui si deve considerare non più applicabile."

Oggi l'unico art. di riferimento è il 25 comma 4 del CCNL/2007 il quale prevede che nel contratto di lavoro individuale, per il quale è richiesta la forma scritta, siano, comunque, indicati:

a) tipologia del rapporto di lavoro;
b) data di inizio del rapporto di lavoro;
c) data di cessazione del rapporto di lavoro per il personale a tempo determinato;
d) qualifica di inquadramento professionale e livello retributivo iniziale;
e) compiti e mansioni corrispondenti alla qualifica di assunzione;
f) durata del periodo di prova, per il personale a tempo indeterminato;
g) sede di prima destinazione, ancorché provvisoria, dell'attività lavorativa.

Il comma 5 dello stesso articolo per il personale docente indica che "Il contratto individuale specifica le cause che ne costituiscono condizioni risolutive e specifica, altresì, che il rapporto di lavoro è regolato dalla disciplina del presente CCNL. È comunque causa di risoluzione del contratto l'annullamento della procedura di reclutamento che ne costituisce il presupposto".

Pertanto, l'unica ipotesi di risoluzione del rapporto è l'annullamento della procedura che ha dato titolo all'attribuzione del contratto.

Nel momento in cui il dirigente accetterà il rientro anticipato del titolare questi potrà essere a disposizione della scuola per il suo orario di servizio, mentre il dipendente supplente continuerà a svolgere normalmente la sua attività fino alla naturale scadenza del contratto.

EFFETTI GIURIDICI ED ECONOMICI

Durante l'aspettativa il dipendente non ha diritto alla retribuzione.

Il tempo trascorso in aspettativa interrompe l'anzianità di servizio, non si computa ai fini della progressione di carriera, dell'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio, del trattamento di quiescenza e previdenza nonché della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e delle festività soppresse.

Cessato dalla posizione di aspettativa il dipendente prende nel ruolo il posto di anzianità che gli spetta, detratto il tempo passato in tale posizione.

Tale periodo può essere valutato ai fini della pensione previa regolarizzazione contributiva da parte dell'interessato.

Il riscatto dei predetti periodi può essere richiesto nella misura massima di tre anni.

Si veda D.Lgs. 30/4/1997, n. 184 (artt. 5 e seguenti); circolare INPDAP n. 23/1998 e n. 6/2008; art. 5 D.Lgs. n. 564/1996 (i periodi sono riscattabili, nella misura massima di 3 anni, purché successivi al 31/12/1996).1

Nota bene

Dal momento che l'aspettativa, una volta concessa, comporta solo il diritto alla conservazione del posto, senza retribuzione e con l'interruzione dell'anzianità di servizio, si precisa che tale periodo non è utile ai fini del compimento del periodo di prova o dell'anno di formazione (docenti neo immessi in ruolo o che hanno ottenuto il passaggio di ruolo) nonché ai fini della continuità del servizio valutabile con punteggio specifico nelle procedure di mobilità e nella graduatoria interna per l'individuazione del personale soprannumerario. A tal proposito si ricorda che qualora il docente abbia usufruito di periodi di aspettativa di cui all'art. 18 del CCNL comparto Scuola, il punteggio per i servizi di ruolo e di pre ruolo sarà attribuito per intero, a condizione che nel relativo anno scolastico l'interessato abbia prestato un servizio non inferiore a 180 giorni.

CUMULABILITÀ CON ALTRI PERMESSI E/O ASPETTATIVE

Nessuna normativa prevede che il dipendente già collocato in altra aspettativa (motivi di famiglia, personali o di studio; per anno sabbatico ecc.) debba necessariamente rientrare in servizio per poter poi usufruire dell'aspettativa per motivi di lavoro o per superare un periodo di prova.

Pertanto, il dipendente già collocato in congedo per altra aspettativa (motivi di famiglia, personali o di studio; per anno sabbatico, dottorato di ricerca ecc), può richiedere l'aspettativa per motivi di lavoro o per superare un periodo di prova secondo le modalità e per la durata finora descritte senza obbligo di rientrare in servizio. Lo stesso discorso vale per il dipendente già collocato in aspettativa per motivi di lavoro o per superare un periodo di prova che vuole chiedere altra tipologia di aspettativa.

Inoltre l'aspettativa per motivi di lavoro o per superare un periodo di prova non si conteggia nei "due anni e mezzo in un quinquennio" dell'"aspettativa per motivi di famiglia, personali e di studio" e quindi, anche una volta terminato il periodo dell'aspettativa per motivi di famiglia di cui all'art. 18/1 del CCNL comparto Scuola, il dipendente può fruire dell'aspettativa per motivi di lavoro o per superare un periodo di prova (art. 18/3 dello stesso Contratto).

1Il D.Lgvo n. 184 del 30/04/1987 entrato in vigore il 12/07/1987, ha introdotto all'art. 5 anche per i dipendenti pubblici la possibilità di proseguire volontariamente il versamento dei contributi in caso di interruzione o cessazione del rapporto di lavoro. L'autorizzazione alla prosecuzione volontaria è concessa qualora l'interessato possa far valere: – 5 anni di contributi effettivi riferiti a qualsiasi epoca ovvero 3 anni di contributi effettivi nel quinquennio precedente la domanda; – 1 anno di contributi nel quinquennio precedente la domanda per coloro che svolgono dal 31/12/1996 in poi un lavoro a tempo parziale;- 1 anno di contributi nel quinquennio precedente la domanda per coloro che svolgono una attività di lavoro dipendente in forma stagionale, temporanea e discontinua, per i periodi successivi al 31/12/1996 e non coperti da contribuzione obbligatoria o figurativa. La circolare n. 11 del 17/05/2008 dell'Inps gestione Ex Inpdap, precisa al punto 1: "con la presente, si chiarisce che la facoltà di proseguire volontariamente il versamento contributivo è ammessa non solo per raggiungere il diritto alla pensione ma anche per incrementarne la misura." Pertanto l'anno di aspettativa così valutato è valido sia al raggiungimento del requisito pensionistico che alla misura della pensione. Si ricorda, che come previsto dalla Circolare Inps n. 12 del 25/01/2013, dal 4/04/2013 la modalità di trasmissione dell'istanza di prosecuzione volontaria (e non solo) avviene via: – Web – servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell'Istituto; – Contact Center Integrato – n. 803164; – Patronati.

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"Come dimostrano i dati presentati quest'oggi dall'Istat – esordisce il coordinatore dell'Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo  – con la crisi economica l'economia sommersa ha subito un forte incremento. In questi ultimi anni molti pensionati al minimo e chi ha perso il lavoro non hanno avuto alternative: per mandare avanti la famiglia hanno dovuto ricorrere a piccoli lavoretti per far quadrare i magri bilanci familiari".

L'esercito dei lavoratori in nero presenti nel Paese è stimato attorno ai 3,5  milioni di unità di lavoro.

"Un vero e proprio esercito di invisibili – prosegue Zabeo – che non paga né tasse né contributi. E' evidente che chi pratica queste attività irregolari fa concorrenza sleale nei confronti degli operatori economici che operano alla luce del sole  e  non possono o non vogliono evadere".

Tuttavia, esistono forti differenze tra Nord e Sud del paese.

"Nel Mezzogiorno, ad esempio, possiamo affermare che il sommerso costituisce un vero e proprio ammortizzatore sociale. Sia chiaro – conclude Zabeo – nessuno di noi vuole giustificare il lavoro nero spesso legato a doppio filo con forme inaccettabili di sfruttamento, precarietà e mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro. Tuttavia, quando queste forme di irregolarità occupazionale non sono legate  ad attività riconducibili alle organizzazioni criminali o alle fattispecie appena elencate costituiscono, in questi momenti così difficili, un paracadute per molti disoccupati o pensionati che non riescono ad arrivare alla fine del mese."

Mestre 13 settembre 2016

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Mercoledì, 14 Settembre 2016 10:23

PIL: Loy, occorre un piano pluriennale per la crescita

Non è certo una doccia gelata la revisione al ribasso della crescita del PIL per l'anno in corso e, purtroppo, forse pure per il prossimo anno. Si prevede, infatti, un proseguimento della fase di debolezza della nostra economia anche per i prossimi mesi.

E, purtroppo, quando si parla di PIL, anche i decimali sono importanti dal momento che un decimale dello stesso  PIL vale 1,6 miliardi di euro che potrebbe essere sottratto a politiche di crescita.

Ecco perché nella prossima Legge di Bilancio servono scelte coraggiose e selettive in grado di rilanciare l'economia. In sostanza, occorrono politiche non di breve respiro, ma un ampio piano per la crescita e l'occupazione. Un piano inevitabilmente pluriennale dando priorità a nuove politiche industriali con investimenti in ricerca e innovazione; più investimenti in opere pubbliche;  più protezione sociale con finanziamenti aggiuntivi per gli ammortizzatori sociali;  rinnovo dei contratti di lavoro a iniziare da quelli pubblici con specifici finanziamenti nella Legge di Bilancio; più potere di acquisto ai salari e alle pensioni con la riduzione delle imposte.

Se il Governo condivide questa impostazione troverà nella UIL un forte sostenitore a Bruxelles per chiedere nuova e maggiore flessibilità.

 

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Lunedì, 12 Settembre 2016 10:36

Dati Istat: il mercato del lavoro

Nel secondo trimestre del 2016, in un contesto di generale rallentamento della crescita economica a livello internazionale, l'economia italiana ha registrato una battuta d'arresto. Il Pil è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente e ha segnato un aumento dello 0,8% in termini tendenziali. In tale quadro l'assorbimento di lavoro da parte del sistema produttivo continua ad aumentare: le ore complessivamente lavorate crescono dello 0,5% sul trimestre precedente e del 2,1% su base annua.

L'aumento congiunturale ha riguardato sia l'industria in senso stretto (+0,4%), sia i servizi (+0,6%). Dal lato delle misure dell'offerta di lavoro, nel secondo trimestre del 2016 l'occupazione complessiva cresce in modo sostenuto rispetto al trimestre precedente (+0,8%, 189 mila), con una dinamica positiva che, con diversa intensità, riguarda tutte le tipologie: i dipendenti a tempo indeterminato (+0,3%), quelli a termine (+3,2%) e gli indipendenti (+1,2%).

A livello territoriale, l'aumento è maggiore nel Mezzogiorno (+1,4%) in confronto al Centro (+0,8%) e al Nord (+0,6%). Il tasso di occupazione sale di 0,5 punti, soprattutto per i 15-34enni (+0,8 punti) e per i 50-64enni (+0,6 punti). Le tendenze più recenti, misurate dai dati mensili relativi a luglio 2016 mostrano, al netto della stagionalità, un'interruzione della tendenza positiva registrata nei quattro mesi precedenti, con un calo degli occupati concentrato nella componente indipendente, a fronte di una sostanziale stabilità dei dipendenti.

Le dinamiche tendenziali manifestatesi tra il secondo trimestre del 2016 e lo stesso periodo dell'anno precedente corrispondono a una crescita complessiva di 439 mila occupati su base annua; un aspetto rilevante dell'espansione occupazionale è dato dalla significativa crescita degli occupati giovani di 15-34 anni (+223 mila su basa annua) che si affianca al perdurante incremento degli over 50. La crescita è più accentuata per i dipendenti, sia a tempo indeterminato (+308 mila) sia a termine (+72 mila), ma torna ad interessare anche il lavoro indipendente, esclusivamente tra gli autonomi senza dipendenti.

L'incremento è consistente sia per il tempo pieno sia per il lavoro a tempo parziale, soprattutto quello di tipo volontario. La crescita è sensibile anche per la componente femminile (+180 mila) concentrata soprattutto nel Nord del Paese. Prosegue a ritmi più sostenuti il calo, sia congiunturale sia tendenziale, degli inattivi (in termini assoluti e di incidenza), soprattutto per la componente degli scoraggiati. Il tasso di disoccupazione, dopo la stabilità congiunturale dei due trimestri precedenti, diminuisce in lieve misura (-0,1 punti) rispetto al trimestre precedente e di 0,6 punti rispetto allo stesso trimestre del 2015 con un calo tendenziale di 109 mila disoccupati. La maggiore partecipazione dei giovani al mercato del lavoro è testimoniata anche dalla diminuzione tendenziale (-252 mila) della componente delle persone Not in Education, Employment or Training (Neet). Le variazioni degli stock di occupazione sottintendono significativi cambiamenti nella condizione delle persone nel mercato del lavoro, misurati dai dati di flusso a distanza di dodici mesi. Tra gli occupati aumentano le transizioni verso il lavoro a tempo indeterminato, in particolare per i dipendenti a termine e per i collaboratori.

Inoltre, cresce il flusso dalla disoccupazione verso l'occupazione, soprattutto verso i dipendenti. L'incremento dei passaggi dalla disoccupazione all'occupazione riguarda maggiormente gli uomini, i giovani 25-34enni, i residenti nel Nord e i diplomati. Dal lato delle imprese si confermano ma con minore intensità i segnali di crescita della domanda di lavoro, con un aumento meno marcato, rispetto al trimestre precedente, sia delle posizioni lavorative dipendenti sia delle ore lavorate per dipendente; continua inoltre a ridursi il ricorso alla Cassa integrazione. L'aumento delle posizioni lavorative è sintesi della stabilità dell'industria in senso stretto e dell'incremento dei servizi; il tasso dei posti vacanti diminuisce di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali mentre è stabile su base annua. Per quanto riguarda il costo del lavoro, si affievolisce la diminuzione degli oneri sociali (-0,1%), effetto della riduzione contributiva associata alle nuove assunzioni a tempo indeterminato.

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I primi 7 mesi del 2016 hanno visto una crescita della cassa integrazione straordinaria rispetto allo stesso periodo del 2015 tutelando 222 mila posti di lavoro. Complessivamente, le misure di integrazione salariale (CIGO, CIGS, DEROGA) hanno salvaguardato mediamente 328 mila posti di lavoro e hanno coinvolto, nel solo 2015, quasi 800.000 lavoratrici e lavoratori che hanno conosciuto l'amara esperienza della sospensione dal lavoro.Questi dati confermano la necessità di continuare a sostenere un apparato industriale ancora in forte sofferenza a causa della troppo bassa crescita della nostra economia che, molto probabilmente, si protrarrà anche nel 2017 generando processi di ristrutturazione produttiva e occupazionale.

La riduzione di tutele, introdotte in tema di ammortizzatori sociali dal Jobs Act, rischia di impattare negativamente con questi delicati processi, incidendo sulla ripresa del nostro sistema produttivo e sul reddito dei lavoratori.

È necessario, quindi, prevedere ulteriori risorse per accompagnare la lenta ripresa, rendendo più flessibile la durata degli interventi, attraverso l'estensione di 12 mesi della durata della Cassa Straordinaria per le aziende che operano all'interno delle aree di crisi complessa e non complessa e per tutte le imprese che hanno in corso delicati processi di ristrutturazione. Così come va prevista una misura per risolvere il problema del dimezzamento della Naspi  per tutti  i lavoratori stagionali.

Le risorse necessarie a questi provvedimenti, che stimiamo in 1,8 miliardi di euro, potrebbero essere reperite dalla minor spesa derivante dalla riduzione della durata di alcuni istituti (cassa integrazione straordinaria) e dalla soppressione di altri strumenti di protezione sociale (mobilità e deroga), per effetto delle recenti riforme sul lavoro.

Nello specifico, per il 2017, è prevedibile un risparmio di 750 milioni di euro per i trattamenti di disoccupazione e mobilità e una minore spesa di 1.050 milioni di euro per la cassa integrazione, anche in deroga.

Il necessario provvedimento "tampone" di estensione degli ammortizzatori, ipotizzato dal Governo per le aree di crisi complessa, deve essere considerato solo un primo, anche se necessario, passo in avanti ma la strada maestra è quella di prendere atto dell'urgenza di rendere flessibili gli strumenti di protezione sociale come evidenziato dall'intesa tra Uil, Cisl, Cgil e Confindustria.

Roma 8 settembre 2016

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Vi presentiamo in allegato il testo del documento condiviso da Confindustria, Cgil, Cisl, Uil sulle politiche del lavoro e sul quale è stata raggiunta un'intesa nella serata di ieri.
A breve illustreremo delle schede di approfondimento, esplicative dei contenuti e del percorso che dovrà essere realizzato.
Il documento è già stato inviato al Governo, con il quale nei prossimi giorni si sarà un incontro proprio su questi temi, in quanto chiamato in causa per l'attuazione di quanto concordato tra le parti.

Il confronto tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, iniziato appena alla fine del mese di luglio, ha già prodotto un suo primo risultato: un accordo su un documento comune, da presentare al Governo, relativo a Proposte per le politiche del lavoro.Il senso di questa iniziativa congiunta è chiaro e semplice: entro la fine dell'anno verranno meno alcuni ammortizzatori, in particolare la mobilità e la cassa in deroga, ma per molte aziende e per i loro lavoratori la crisi non è ancora finita. Le parti sociali, dunque, propongono alcune soluzioni, chiedendo al Governo di sostenere l'attuazione del progetto per una risposta efficace alla crisi ancora incombente. Al centro dell'iniziativa, percorsi formativi per la riqualificazione o la ricollocazione dei lavoratori, da realizzare già durante il periodo di cassa integrazione, oltre ad alcuni correttivi alla stessa disciplina degli ammortizzatori sociali e un prolungamento del sostegno al reddito. Soddisfazione è stata espressa da tutti i firmatari di questa prima intesa.

"Abbiamo già inviato il documento al Governo - ha dichiarato il Segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo al termine dell'incontro -  perché dobbiamo fare tutti la nostra parte. Bisogna programmare più risorse per gli ammortizzatori sociali e gestire le aree di crisi complessa. Occorre evitare che i lavoratori restino in mezzo al guado, rischio che si corre con le attuali norme. Questa intesa e la ripresa del dialogo con Confindustria - ha sottolineato Barbagallo -  sono un fatto decisamente importante e sono, peraltro, propedeutici anche al prosieguo del confronto sugli altri capitoli, a cominciare dalla riforma delle regole della contrattazione e delle relazioni industriali".

 

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L'Istat rende disponibili on line - su I.Stat, all'interno dell'argomento "Lavoro" - le stime preliminari del tasso di posti vacanti nelle imprese dell'industria e dei servizi.

Nel secondo trimestre 2016, il tasso di posti vacanti destagionalizzato nel complesso delle attività economiche considerate è pari allo 0,5%, in calo di 0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Il tasso decresce di 0,1 punti percentuali sia nell'industria sia nei servizi, dove raggiunge rispettivamente lo 0,5% e lo 0,6%.

I posti vacanti misurano le ricerche di personale che alla data di riferimento (l'ultimo giorno del trimestre) sono già iniziate e non ancora concluse. Sono, infatti, quei posti di lavoro retribuiti che siano nuovi o già esistenti, purché liberi o in procinto di diventarlo, per i quali il datore di lavoro cerchi attivamente un candidato adatto al di fuori dell'impresa interessata e sia disposto a fare sforzi supplementari per trovarlo.

Il tasso di posti vacanti è il rapporto percentuale fra numero di posti vacanti e somma di posti vacanti e posizioni lavorative occupate.

I dati qui presentati si riferiscono ai posti vacanti per lavoratori dipendenti nelle imprese con almeno 10 dipendenti dell'industria e dei servizi. Sono stati prodotti sulla base di due rilevazioni: quella mensile sull'occupazione, gli orari di lavoro, le retribuzioni e il costo del lavoro nelle grandi imprese, per le imprese con almeno 500 dipendenti dell'industria e dei servizi; quella trimestrale sui posti vacanti e le ore lavorate, per le imprese con 10-499 dipendenti dell'industria e dei servizi.

A partire dal primo trimestre del 2016, i dati sul tasso di posti vacanti considerano tutti i dipendenti, inclusi i dirigenti. Le serie per gli anni che precedono il 2016, che consideravano solo i dipendenti non dirigenti, sono state revisionate per renderle comparabili con quelle dal 2016.

Usato assieme ad altri indicatori, il tasso di posti vacanti può fornire informazioni utili ad interpretare la congiuntura. I posti vacanti, infatti, possono dare segnali anticipatori sull'andamento del numero di posizioni lavorative occupate nel prossimo futuro.

Queste stime preliminari potranno essere riviste in occasione della pubblicazione il 12 settembre 2016 di un insieme più ampio di dati sui posti vacanti per il secondo trimestre 2016.

Le prossime stime preliminari del tasso di posti vacanti nell'industria e nei servizi, riferite al terzo trimestre 2016, saranno pubblicate l'11 novembre 2016, a 42 giorni dalla fine del trimestre di riferimento.

Maggiori informazioni sulle fonti e la metodologia di produzione degli indicatori sui posti vacanti, inclusa la politica di revisione, si trovano nella nota metodologica.

Dal sito Istat.

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DICHIARAZIONE DI ANTONIO FOCCILLO, SEGRETARIO CONFEDERALE UIL,  DEI SEGRETARI GENERALI DI UILPA, NICOLA TURCO, UILSCUOLA, PINO TURI, UILRUA, SONIA OSTRICA, E DEL SEGRETARIO NAZIONALE UILFPL, MICHELANGELO LIBRANDI.

È stato un incontro interlocutorio quello che ha aperto questa mattina il confronto con il Governo sul pubblico impiego. Il Ministro della Funzione Pubblica, Madìa,  ha dato qualche disponibilità ad aprire un percorso comune sul Testo Unico, a incrementare le risorse per i rinnovi contrattuali nella prossima legge di stabilità, a prevedere una soluzione per i precari.

Infine, ha proposto di avviare un tavolo tecnico sui contenuti dei contratti e del Testo Unico da concludersi entro il 10 di settembre. La Uil ha sostenuto che l'attuale normativa legislativa non ci permette di avviare una vera contrattazione, pertanto va modificata. Per noi il contratto collettivo nazionale deve essere completo sia dal punto di vista normativo sia dal punto di vista  economico e per tutti.  La contrattazione di secondo livello dovrà  e potrà trattare materie come l'organizzazione del lavoro, la professionalità, la valutazione e il merito.

Siamo disponibili a continuare il confronto, ma va fatta una direttiva aperta all'Aran  e va cambiata immediatamente la normativa legislativa per realizzare concretamente la contrattazione.

Resteremo attenti alle risposte che il Governo ci darà, su queste tematiche, nei prossimi giorni e valuteremo le consequenziali iniziative.

Roma 26.7.2017

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Venerdì, 27 Maggio 2016 10:39

Precariato e ferie non godute

Precariato e ferie non godute, secondo la Corte costituzionale non devono essere retribuite di Avv. Marco Barone

Con ordinanza del 5 maggio 2015, il Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato una specifica questione di legittimità costituzionale riguardante l'art. 5, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, prospettando una serie di violazioni.

La norma incriminata era la seguente: «Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché delle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile».

Il Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, ravvisa in tali disposizioni la lesione del diritto irrinunciabile alle ferie, che impone, per un verso, di retribuire il lavoro prestato in misura superiore a quanto stabilito dal contratto (art. 36, primo comma, della Costituzione), considerando anche il diritto ai riposi feriali, e, per altro verso, di compensare il mancato godimento delle ferie per causa non imputabile al lavoratore (art. 36, terzo comma, Cost.).

La disciplina veniva censurata «nel suo complesso», «eventualmente» anche nella parte in cui si prefigura la responsabilità disciplinare e amministrativa dei dirigenti, e, in subordine, nella parte in cui vieta in maniera indiscriminata il pagamento di trattamenti economici sostitutivi delle ferie non godute. La  Corte ricorda che "Il diritto alle ferie, riconosciuto a ogni lavoratore, senza distinzioni di sorta (sentenza n. 189 del 1980), mira a reintegrare le energie psico-fisiche del lavoratore e a consentirgli lo svolgimento di attività ricreative e culturali, nell'ottica di un equilibrato «contemperamento delle esigenze dell'impresa e degli interessi del lavoratore» (sentenza n. 66 del 1963).

La giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea ha rafforzato i connotati di questo diritto fondamentale del lavoratore e ne ha ribadito la natura inderogabile, in quanto finalizzato a «una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute» (ex plurimis, Corte di giustizia, sentenza 26 giugno 2001, in causa C-173/99, BECTU, punti 43 e 44; Grande Sezione, sentenza 24 gennaio 2012, in causa C-282/10, Dominguez). La garanzia di un effettivo godimento delle ferie traspare, secondo prospettive convergenti, dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 297 del 1990 e n. 616 del 1987) e da quella europea (ex plurimis, Corte di giustizia, Grande Sezione, sentenza 20 gennaio 2009, in cause riunite C-350/106 e C-520/06, Schultz-Hoff e Stringer ed altri)."

Ma conclude, non riconoscendo l'incostituzionalità della norma di cui sopra affermando senza se e ma che "non si può ritenere, pertanto, che una normativa settoriale, introdotta al precipuo scopo di arginare un possibile uso distorto della "monetizzazione", si ponga in antitesi con princípi ormai radicati nell'esperienza giuridica italiana ed europea. Da qui, dunque, la non fondatezza della questione". E di questi principi se ne dovrà certamente tenere conto anche per il settore scuola.

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