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Il lavoratore in malattia che, in caso di guarigione anticipata, riprenda il lavoro prima della prognosi formulata dal medico curante, potrà rientrare in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica della prognosi stessa. In caso contrario andrà incontro alle sanzioni previste per assenza ingiustificata a visita medica di controllo (mancato indennizzo di periodi di malattia).

Lo comunica l'INPS con la circolare n. 79 del 2 maggio 2017, rilevando che è prassi scorretta e abbastanza diffusa che il dipendente rientri prima in azienda, con il consenso ovviamente del datore di lavoro, senza aver richiesto una rettifica del certificato medico. Vengono pertanto fornite alcune indicazioni sulla base della normativa vigente, anche riguardo gli obblighi del lavoratore e del datore di lavoro.

La rettifica della data di fine prognosi è un adempimento obbligatorio per il lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro, che non può consentire la ripresa anticipata dell'attività lavorativa in presenza di un certificato di malattia ancora in corso, sia nei confronti dell'INPS che potrebbe erogare, in caso di pagamento diretto, prestazioni non dovute o inviare inopportuni controlli domiciliari.

Precisa l'Istituto che affinché la rettifica sia considerata tempestiva, non è sufficiente che sia effettuata prima del termine della prognosi originariamente certificata, ma è necessario che intervenga prima della ripresa anticipata dell'attività lavorativa, e va richiesta allo stesso medico che ha redatto il certificato riportante una prognosi più lunga.

In conclusione, nei casi in cui emerga, a seguito di assenza a visita di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, la mancata o tardiva comunicazione della ripresa anticipata dell'attività lavorativa, verranno applicate, nei confronti del lavoratore, le sanzioni per assenza ingiustificata a visita di controllo.

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Mercoledì, 29 Marzo 2017 11:19

2° Rapporto UIL 2017 su CIG e Sintesi

2° Rapporto UIL 2017 su CIG e Sintesi in allegato. A seguire la sintesi, completa in allegato con tanto di tabelle INPS:

SINTESI 2° RAPPORTO UIL SULLA CASSA INTEGRAZIONE

Le oltre 35 milioni di ore di cassa integrazione registrate a febbraio, che indicativamente sono rappresentative di oltre 208 mila posti di lavoro salvaguardati nel mese dall'ammortizzatore sociale, mostrano un aumento congiunturale del 15,8%, a fronte di una flessione tendenziale del 41% e del 43,6% nel bimestre.

Ciò che accomuna tali variazioni, commenta Guglielmo Loy – Segretario Confederale Uil, è la preoccupante crescita delle ore di cassa integrazione ordinaria: +3,2% sullo stesso mese del 2016; +29% su gennaio; +41,9% nel I bimestre 2017 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Sono segnali di sofferenza, questi, che indicano l'ingresso di nuove aziende nel vortice della crisi.

Nel I bimestre 2017 complessivamente le ore autorizzate sono state oltre 66 milioni che, al netto del forte aumento delle ore richieste per la gestione ordinaria, mostrano una flessione sia della cassa integrazione straordinaria che della deroga (rispettivamente del 55,2% e 46,3%). Qui la riduzione è essenzialmente derivante dagli effetti della riforma e dal venir meno dell'istituto della deroga.

In 7 Regioni e nella Provincia Autonoma di Bolzano cresce nel I bimestre di quest'anno il ricorso alla cassa integrazione, un aumento che in valori percentuali è maggiormente evidente in Basilicata (+387,6%). Nel Lazio, viceversa, la più alta flessione di ore (-68,7%).

Nei primi due mesi dell'anno, l'industria assorbe, con le sue 49,8 milioni di ore, il 75,5% delle ore di cassa integrazione del bimestre, seguita dal commercio (circa 7,9 milioni di ore), dall'edilizia (oltre 5,5 milioni di ore) e dall'artigianato (circa 2,8 milioni di ore). Le variazioni rispetto allo stesso periodo del 2016, mostrano un decremento di ore in tutti i settori, a partire dall'artigianato (-55,5%), a cui segue l'industria (-47,3%), il commercio (-20,9%) e l'edilizia (-14,1%).

L'entrata a regime del FIS, a seguito del venir meno dell'istituto della cassa in deroga (che compare nei dati dei primi due mesi di quest'anno come effetto trascinamento del 2016), avrebbe richiesto, da parte dell'Inps, sostiene Loy, un osservatorio ad hoc per comprendere quante ore di questo ammortizzatore sociale sono state richieste dalle aziende e quanti lavoratori ne sono interessati.

Ricordiamo, infatti, che il FIS nasce per sopperire alle difficoltà di aziende, precedentemente non coperte dalla cassa integrazione ordinaria, che presentino più di 6 dipendenti.

E' chiaro che, continua Loy, i monitoraggi ed i dati sulla cassa integrazione, in assenza di informazioni su "come" e "se" questo nuovo strumento sta funzionando, e quante ore di cassa integrazione sta muovendo, non riescono appieno a fotografare in quale situazione versi il nostro tessuto produttivo ed i lavoratori in esso occupati.

Detto ciò, vi è un altro aspetto preoccupante: l'aumento, mese dopo mese, dei percettori di indennità di disoccupazione. Infatti i beneficiari della Naspi continuano a crescere ed allo stesso tempo si accumulano ritardi nella implementazione delle misure di politiche attive per l'occupazione Solo in questi  giorni è partita la sperimentazione dell'Assegno di Ricollocazione per un campione molto limitato (circa 30.000) di percettori di Naspi.

Le politiche di crescita sono, naturalmente, il primo passo necessario per un'inversione di tendenza ma, conclude Loy, l'investimento ed il rafforzamento delle politiche attive deve costituire un altrettanto importante tassello per costruire un mercato del lavoro inclusivo, insieme ad una ragionevole revisione delle regole di accesso alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria, a  partire dalla durata e dal costo eccessivo per le imprese.

 

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A seguito della pubblicazione del decreto 18 novembre 2015 che ha definito le modalità di erogazione del contributo in caso di inidoneità alla donazione di sangue (in attuazione della legge n. 219/2005) l'INPS (circolare n. 29 del 7 febbraio 2017) fornisce le istruzioni operative per l'erogazione di questo contributo ai fini del diritto alla retribuzione in favore dei lavoratori dipendenti del settore privato.

Si ricorda che i lavoratori dipendenti donatori di sangue hanno diritto ad astenersi dal lavoro per l'intera giornata in cui effettuano la donazione, percependo la normale retribuzione.

Inoltre, l'art. 8, comma 2, della legge n. 219/2005 recante "nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale", ha garantito la retribuzione anche ai lavoratori giudicati inidonei alla donazione di sangue e di emocomponenti, "limitatamente al tempo necessario all'accertamento della predetta inidoneità e alle relative procedure".

L'Istituto previdenziale precisa che è tenuto a rimborsare il datore di lavoro per le retribuzioni corrisposte ai dipendenti del settore privato.

In particolare coloro che risultino inidonei alla donazione hanno diritto alla retribuzione che sarebbe stata corrisposta per le ore non lavorate, limitatamente al tempo necessario all'accertamento della inidoneità, nei seguenti casi previsti:

a) sospensione o esclusione del donatore per motivi sanitari, secondo i criteri di esclusione o sospensione dalla donazione, previsti dalla normativa vigente;
b) mancata decorrenza dei tempi di sospensione, previsti dalla normativa vigente, tra una donazione e la successiva;
c) rilevata esigenza di non procedere al prelievo per specifico emocomponente e/o gruppo sanguigno, in base alla programmazione dei bisogni trasfusionali.

Le ore non lavorate devono essere calcolate con riferimento sia al tempo di permanenza presso il centro trasfusionale sia a quello di spostamento dallo stesso alla sede di servizio.

Ai fini del diritto alla retribuzione il lavoratore sarà tenuto ad inoltrare al datore di lavoro, unitamente alla domanda, il certificato del medico del servizio trasfusionale per la non idoneità, attestante: - i dati anagrafici del lavoratore e gli estremi del documento di riconoscimento dal quale sono stati rilevati; - la mancata donazione, la motivazione, il giorno e l'ora di entrata e di uscita dal centro trasfusionale.

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Sono diversi gli interventi introdotti legge di Bilancio 2017 nel "pacchetto famiglia", volti a incentivare la natalità e fornire aiuto alle famiglie. Alcuni sono del tutto nuovi e si aggiungono a quelli già previsti, che ora sono rifinanziati e ulteriormente prorogati. Per la loro effettiva applicazione dobbiamo comunque attendere i decreti attuativi laddove previsti.

Costituisce una novità l'istituzione del fondo di sostegno alla natalità per favorire l'accesso al credito in favore delle famiglie con figli nati o adottati dal 1° gennaio 2017. Con decreto ministeriale saranno definiti i criteri e le modalità di funzionamento di questo Fondo.

Nuova è anche l'attribuzione di un premio alla nascita o bonus mamme, di 800 euro una tantum, riconosciuto dal 1° gennaio 2017 per la nascita o l'adozione di minore, a tutte le mamme indipendentemente dal possesso di un determinato limite di reddito. Il premio è corrisposto dall'Inps in unica soluzione, su domanda della futura madre, già al compimento del settimo mese di gravidanza o all'atto dell'adozione e non concorre alla formazione del reddito.

Viene inoltre prorogato anche per gli anni 2017 e 2018 il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente, da fruire entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, per la durata di due giorni nel 2017 (come nel 2016) e aumentato a quattro giorni nel 2018. Nel 2018 il padre può astenersi per un ulteriore giorno previo accordo con la madre e in sua sostituzione, qualora questa scelga di non fruire di altrettanti giorni del proprio congedo obbligatorio.

Per i nati dal 1º gennaio 2016, viene introdotto dal 2017 un buono asili nido, di 1.000 euro su base annua e corrisposto per undici mensilità, per il pagamento di rette di asili nido pubblici e privati, ed anche per supporto presso la propria abitazione in favore dei bambini al di sotto dei tre anni, affetti da gravi patologie croniche. Con apposito decreto saranno stabilite le disposizioni attuative. Anche questo nuovo sostegno non è subordinato a limiti di reddito.
Si tratta della ulteriore novità contenuta nel "pacchetto famiglia" che, come espressamente previsto, non è fruibile contestualmente con il già vigente contributo per asili nido o baby sitting, di 600 euro mensili, ora rifinanziato e prorogato per il 2017 e 2018, concesso alle madri lavoratrici dipendenti e autonome che rinuncino totalmente o parzialmente ai mesi di congedo parentale loro spettanti.

Si ricorda infine il "bonus bebè" di 960 euro annui (80 euro al mese) per ogni figlio nato o adottato tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017, corrisposto fino al compimento del terzo anno di età del bambino o del terzo anno di ingresso in famiglia. Il reddito del nucleo familiare del genitore richiedente non deve essere superiore a 25mila euro annui (Isee). L'importo dell'assegno è raddoppiato quando il valore dell'Isee non sia superiore a 7.000 euro annui. L'assegno viene corrisposto a domanda dall'Inps.

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Giovedì, 26 Gennaio 2017 10:03

Bonus bebè: le nuove procedure INPS

L'INPS, con il messaggio n. 261 del 19 gennaio 2017, fornisce nuove istruzioni sull'assegno di natalità (c.d. bonus bebè), con riguardo agli aggiornamenti procedurali delle attestazioni ISEE.

Si ricorda che il bonus bebè di 960 euro annui (80 euro al mese) è corrisposto per ogni figlio nato o adottato tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017, fino al compimento del terzo anno di età del bambino o del terzo anno di ingresso in famiglia a seguito dell'adozione.

Il reddito del nucleo familiare del genitore richiedente non deve essere superiore a 25mila euro annui (ISEE).
L'importo dell'assegno è raddoppiato (160 euro al mese) quando il valore dell'Isee non sia superiore a 7.000 euro annui. L'assegno viene corrisposto a domanda dall'Inps.

L'Inps precisa che, benché la domanda di assegno si presenti una sola volta, in genere nell'anno di nascita o di adozione del figlio, è necessario che il richiedente rinnovi la Dichiarazione sostitutiva unica (DSU) per ciascun anno di spettanza del beneficio. Ai fini di riconoscimento del bonus l'evento tutelato è la nascita o l'adozione/affidamento preadottivo verificatisi nel triennio. Quindi, per i nati/adottati o in affido preadottivo fuori dal triennio (prima del 2015 e dopo il 2017) l'assegno non potrà essere concesso, benché l'affido temporaneo risulti disposto nel triennio 2015/2017.

In particolare l'Istituto si sofferma sull'aggiornamento della procedura delle domande che consente di intercettare le attestazioni ISEE riportanti omissioni o difformità, tra i dati autodichiarati dal cittadino e quelli acquisiti dagli archivi dell'Agenzia delle entrate. Pertanto – spiega l'Inps - dal 1° gennaio 2017, la nuova procedura intercetta queste attestazioni ISEE, sospendendo in automatico l'istruttoria della domanda (se si tratta di una domanda nuova), oppure il pagamento della prestazione (se questo è in corso) e invia automaticamente all'utente una comunicazione per l'avviso. Nel messaggio sono indicate le due alternative possibili per il richiedente la prestazione.

Si spiega inoltre che, sulla base della normativa ISEE, dal 1° gennaio di ogni anno cambia l'anno di riferimento dei redditi e dei patrimoni; pertanto, la nuova DSU deve essere effettuata tempestivamente entro il 31 dicembre dello stesso anno di presentazione di quella "viziata", per consentire l'erogazione delle mensilità di assegno riferite all'anno medesimo. Diversamente, se presentata nell'anno successivo, le mensilità non potranno più essere recuperate.

Attenzione. quando viene richiesto il "bonus bebè" non può essere utilizzata la DSU che, sebbene ancora valida, sia stata presentata prima della nascita o dell'ingresso in famiglia del bambino. Le domande non precedute da DSU nella quale sia incluso il minore per il quale si richiede il beneficio sono respinte per ISEE non reperito e pertanto sarà necessario presentare una nuova domanda dopo aver presentato la DSU.
Vengono fornite anche precise istruzioni sulle nuove modalità di comunicazione del codice iban e delle richieste di variazione per il pagamento dell'assegno: modello SR163.

Infine, nel caso di parto gemellare e di adozioni plurime occorre presentare domanda di assegno per ciascun minore.

Gli uffici del Patronato Ital Uil sono a disposizione per consulenza e assistenza gratuite e per l'inoltro delle domande in via telematica.

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Lunedì, 23 Gennaio 2017 10:20

Bonus bebè: le nuove procedure INPS

L'INPS, con il messaggio n. 261 del 19 gennaio 2017, fornisce nuove istruzioni sull'assegno di natalità (c.d. bonus bebè), con riguardo agli aggiornamenti procedurali delle attestazioni ISEE.

Si ricorda che il bonus bebè di 960 euro annui (80 euro al mese) è corrisposto per ogni figlio nato o adottato tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017, fino al compimento del terzo anno di età del bambino o del terzo anno di ingresso in famiglia a seguito dell'adozione.

Il reddito del nucleo familiare del genitore richiedente non deve essere superiore a 25mila euro annui (ISEE).
L'importo dell'assegno è raddoppiato (160 euro al mese) quando il valore dell'Isee non sia superiore a 7.000 euro annui. L'assegno viene corrisposto a domanda dall'Inps.

L'Inps precisa che, benché la domanda di assegno si presenti una sola volta, in genere nell'anno di nascita o di adozione del figlio, è necessario che il richiedente rinnovi la Dichiarazione sostitutiva unica (DSU) per ciascun anno di spettanza del beneficio. Ai fini di riconoscimento del bonus l'evento tutelato è la nascita o l'adozione/affidamento preadottivo verificatisi nel triennio. Quindi, per i nati/adottati o in affido preadottivo fuori dal triennio (prima del 2015 e dopo il 2017) l'assegno non potrà essere concesso, benché l'affido temporaneo risulti disposto nel triennio 2015/2017.

In particolare l'Istituto si sofferma sull'aggiornamento della procedura delle domande che consente di intercettare le attestazioni ISEE riportanti omissioni o difformità, tra i dati autodichiarati dal cittadino e quelli acquisiti dagli archivi dell'Agenzia delle entrate. Pertanto – spiega l'Inps - dal 1° gennaio 2017, la nuova procedura intercetta queste attestazioni ISEE, sospendendo in automatico l'istruttoria della domanda (se si tratta di una domanda nuova), oppure il pagamento della prestazione (se questo è in corso) e invia automaticamente all'utente una comunicazione per l'avviso. Nel messaggio sono indicate le due alternative possibili per il richiedente la prestazione.

Si spiega inoltre che, sulla base della normativa ISEE, dal 1° gennaio di ogni anno cambia l'anno di riferimento dei redditi e dei patrimoni; pertanto, la nuova DSU deve essere effettuata tempestivamente entro il 31 dicembre dello stesso anno di presentazione di quella "viziata", per consentire l'erogazione delle mensilità di assegno riferite all'anno medesimo. Diversamente, se presentata nell'anno successivo, le mensilità non potranno più essere recuperate.

Attenzione. quando viene richiesto il "bonus bebè" non può essere utilizzata la DSU che, sebbene ancora valida, sia stata presentata prima della nascita o dell'ingresso in famiglia del bambino. Le domande non precedute da DSU nella quale sia incluso il minore per il quale si richiede il beneficio sono respinte per ISEE non reperito e pertanto sarà necessario presentare una nuova domanda dopo aver presentato la DSU.
Vengono fornite anche precise istruzioni sulle nuove modalità di comunicazione del codice iban e delle richieste di variazione per il pagamento dell'assegno: modello SR163.

Infine, nel caso di parto gemellare e di adozioni plurime occorre presentare domanda di assegno per ciascun minore.

Gli uffici del Patronato Ital Uil sono a disposizione per consulenza e assistenza gratuite e per l'inoltro delle domande in via telematica.

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È nullo il licenziamento della lavoratrice madre durante il cosiddetto periodo protetto, in violazione dell'art. 54 del T.U. n. 151/2001.

Lo ribadisce la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 475 dell'11 gennaio 2017, ricordando che la giurisprudenza di legittimità è costante nell'affermare che il licenziamento intimato alla lavoratrice dall'inizio del periodo di gestazione sino al compimento di un anno di età del bambino è nullo e improduttivo di effetti ai sensi dell'art. 2 della legge 1204/71 (ora art. 54 del D.Lgs. 151/01).

"Per la qual cosa il rapporto deve ritenersi giuridicamente pendente ed il datore di lavoro inadempiente va condannato a riammettere la lavoratrice in servizio ed a pagarle tutti i danni derivanti dall'inadempimento in ragione del mancato guadagno.". La Cassazione accoglie così il ricorso di una lavoratrice, licenziata quando la figlia non aveva ancora compiuto un anno di età, ordinando all'azienda di riassumerla Il rapporto, nel caso in esame, va considerato come mai interrotto e la lavoratrice ha diritto alle retribuzioni dal giorno del licenziamento sino alla effettiva riammissione in servizio.

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La Corte di Cassazione, seconda sezione penale, con la recente sentenza n. 54712 del 23 dicembre 2016 torna ad occuparsi dei permessi lavorativi di cui alla legge n. 104/92, affermando nuove posizioni sulla modalità di fruizione ma censurandone l'abuso che resta comunque punibile.

In particolare questa sentenza, nel confermare la condanna per truffa di una lavoratrice che aveva utilizzato i permessi retribuiti non per assistere la madre disabile ma per recarsi in viaggio all'estero, offre nel contempo una interpretazione "estensiva" della norma, affermando che l'assistenza al disabile non debba essere prestata per tutta la giornata, ma è sufficiente che venga attuata con modalità costanti e con quella flessibilità che tenga conto anche dei bisogni e delle esigenze del lavoratore.

A tal fine richiama la precedente sentenza n. 4106/2016 con la quale aveva affermato, in contrasto con l'orientamento restrittivo, che nei giorni di permesso l'assistenza, sia pure continua, non necessariamente dovesse coincidere con gli orari lavorativi.

La Corte spiega l'evoluzione del quadro normativo, anche ad opera della Corte Costituzionale, e ricorda che la finalità dei permessi resta quella di prestare aiuto e assistenza alle persone disabili e, nello stesso tempo, di costituire un sostegno economico alle famiglie "il cui ruolo resta fondamentale nella cura e nell'assistenza dei soggetti portatori di handicap".

Nel caso di specie si discute se sia lecito per il lavoratore che chieda di usufruire dei permessi retribuiti, di non assistere la persona disabile e, quindi di utilizzare quei giorni come se fossero feriali, potendone disporre a suo piacimento, in quanto destinati al recupero delle energie psico-fisiche del fruitore.

La Cassazione non condivide tale tesi, sia perché, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, all'epoca dei fatti l'assistenza doveva essere prestata con continuità e in via esclusiva (condizioni poi abrogate), sia perché è evidente che l'assistenza non è ipotizzabile quando, come nel caso in esame, il fruitore dei permessi se ne disinteressi completamente, partendo per l'estero.

I permessi, infatti, pur essendo venuti meno i requisiti della "continuità ed esclusività", non devono essere considerati come giorni di ferie ma solo come un'agevolazione concessa a chi è si è fatto carico di un gravoso compito, di poter svolgere l'assistenza in modo meno pressante e, quindi, da potersi ritagliare in quei giorni, in cui non è obbligato a recarsi al lavoro, delle ore da dedicare esclusivamente alla propria persona. "Ma, è ovvio che l'assistenza dev'esserci.".

"In conclusione,- si legge nella sentenza - la censura dev'essere disattesa alla stregua del seguente principio di diritto: "colui che usufruisce dei permessi retribuiti ex art. 33/3 L. 104/1992, pur non essendo obbligato a prestare assistenza alla persona handicappata nelle ore in cui avrebbe dovuto svolgere attività lavorativa, non può, tuttavia, utilizzare quei giorni come se fossero giorni feriali senza, quindi, prestare alcuna assistenza alla persona handicappata. Di conseguenza, risponde del delitto di truffa il lavoratore che, avendo chiesto ed ottenuto di poter usufruire dei giorni di permesso retribuiti, li utilizzi per recarsi all'estero in viaggio di piacere, non prestando, quindi, alcuna assistenza". La condotta dell'imputata è grave e, quindi, non può essere ritenuta di particolare tenuità, sia perché grava sulla collettività, sia perché è "espressione di un illegittimo malcostume, conseguenza di una mal riposta fiducia nella lealtà del dipendente".

Una sentenza, questa della Cassazione Penale, che necessiterebbe di un'analisi approfondita per i possibili effetti sul rapporto di lavoro, tenuto conto della sua interpretazione estensiva.

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Mercoledì, 04 Gennaio 2017 11:32

INPS: Congedo parentale su base oraria

Ad integrazione delle precedenti indicazioni, fornite con la circolare n. 152/2015 in materia di congedo parentale ad ore, l'Inps con la recente circolare n. 230 del 29 dicembre 2016 interviene per ulteriori chiarimenti. Come noto, questa modalità di fruizione si aggiunge a quella su base giornaliera e mensile.

Si ricorda che il congedo parentale a ore è stato introdotto dalla legge di Stabilità 2013 che ha demandato alla contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, la relativa regolamentazione. Successivamente il D.Lgs. n. 80/2015 ha previsto, in assenza di contrattazione, un criterio generale di fruizione. Queste modalità sono tra loro alternative e pertanto l'utilizzo dell'una esclude l'altra.

In particolare l'Inps precisa che nel caso di contratto collettivo, anche di natura aziendale, che disciplini il congedo su base oraria, la fruizione dello stesso potrà avvenire nei limiti del monte ore a cui è equiparata la singola giornata lavorativa (corrispondente ad una giornata di congedo parentale), così come identificato nella specifica disciplina contrattuale del congedo parentale. Nell'ipotesi di lavoro a tempo parziale, il monte ore giornaliero e l'importo dell'indennità giornaliera dovranno essere riproporzionati in ragione della percentuale di part time;

in assenza di contrattazione collettiva che disciplini questo congedo, la fruizione potrà avvenire su base oraria in misura pari alla metà dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. La fruizione deve essere "pari alla metà" dell'orario medio e non "fino alla metà" dell'orario medio giornaliero.

Il calcolo dell'indennità continua ad essere costituita dalla retribuzione media globale giornaliera. Nel caso di contratto collettivo si dovrà dividere il numero di ore fruite nel mese solare per il monte ore indicato dal datore di lavoro, per assicurare che, a prescindere dalla modalità utilizzata (oraria, giornaliera o mensile), l'indennità giornaliera, definita secondo i parametri di legge (art. 23 T.U.), abbia il medesimo importo. Lo stesso metodo di calcolo dovrà applicarsi anche nel caso di assenza di contrattazione collettiva che disciplini il congedo parentale in modalità oraria.

Infine l'Istituto definisce i nuovi elementi del flusso UniEmens.

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INPS ha reso noto il calendario dei pagamenti delle pensioni per l'anno 2017.

A rettifica di quanto precedentemente annunciato (News Ital del 22/12/2016), per i pensionati residenti in Italia e all'estero il pagamento delle pensioni non sarà più effettuato il secondo giorno "utile" bancabile di ciascun mese ma seguirà il seguente calendario:

MESE GIORNO PAGAMENTI  POSTE   BANCA

Gennaio                               3              3
Febbraio                              1              1
Marzo                                  1              1
Aprile                                  1              3
Maggio                                2              2
Giugno                                1              1
Luglio                                  1              3
Agosto                                 1              1
Settembre                            1              1
Ottobre                                2              2
Novembre                            2               2
Dicembre                             1               1

(Inps.it- 02/01/2017)

Si ricorda che sono interessati i trattamenti pensionistici, gli assegni, le pensioni e le indennità di accompagnamento erogate agli invalidi civili, nonché le rendite vitalizie dell'INAIL.

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