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L'Istat rende disponibili on line - su I.Stat, all'interno dell'argomento "Lavoro" - le stime preliminari del tasso di posti vacanti nelle imprese dell'industria e dei servizi.

Nel secondo trimestre 2016, il tasso di posti vacanti destagionalizzato nel complesso delle attività economiche considerate è pari allo 0,5%, in calo di 0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Il tasso decresce di 0,1 punti percentuali sia nell'industria sia nei servizi, dove raggiunge rispettivamente lo 0,5% e lo 0,6%.

I posti vacanti misurano le ricerche di personale che alla data di riferimento (l'ultimo giorno del trimestre) sono già iniziate e non ancora concluse. Sono, infatti, quei posti di lavoro retribuiti che siano nuovi o già esistenti, purché liberi o in procinto di diventarlo, per i quali il datore di lavoro cerchi attivamente un candidato adatto al di fuori dell'impresa interessata e sia disposto a fare sforzi supplementari per trovarlo.

Il tasso di posti vacanti è il rapporto percentuale fra numero di posti vacanti e somma di posti vacanti e posizioni lavorative occupate.

I dati qui presentati si riferiscono ai posti vacanti per lavoratori dipendenti nelle imprese con almeno 10 dipendenti dell'industria e dei servizi. Sono stati prodotti sulla base di due rilevazioni: quella mensile sull'occupazione, gli orari di lavoro, le retribuzioni e il costo del lavoro nelle grandi imprese, per le imprese con almeno 500 dipendenti dell'industria e dei servizi; quella trimestrale sui posti vacanti e le ore lavorate, per le imprese con 10-499 dipendenti dell'industria e dei servizi.

A partire dal primo trimestre del 2016, i dati sul tasso di posti vacanti considerano tutti i dipendenti, inclusi i dirigenti. Le serie per gli anni che precedono il 2016, che consideravano solo i dipendenti non dirigenti, sono state revisionate per renderle comparabili con quelle dal 2016.

Usato assieme ad altri indicatori, il tasso di posti vacanti può fornire informazioni utili ad interpretare la congiuntura. I posti vacanti, infatti, possono dare segnali anticipatori sull'andamento del numero di posizioni lavorative occupate nel prossimo futuro.

Queste stime preliminari potranno essere riviste in occasione della pubblicazione il 12 settembre 2016 di un insieme più ampio di dati sui posti vacanti per il secondo trimestre 2016.

Le prossime stime preliminari del tasso di posti vacanti nell'industria e nei servizi, riferite al terzo trimestre 2016, saranno pubblicate l'11 novembre 2016, a 42 giorni dalla fine del trimestre di riferimento.

Maggiori informazioni sulle fonti e la metodologia di produzione degli indicatori sui posti vacanti, inclusa la politica di revisione, si trovano nella nota metodologica.

Dal sito Istat.

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Lunedì, 25 Luglio 2016 10:35

Fatturato e ordinativi dell'industria

A maggio, rispetto al mese precedente, nell'industria si rileva una flessione sia del fatturato (-1,1%), sia degli ordinativi (-2,8%).

La diminuzione del fatturato mostra andamenti simili sia sul mercato interno (-1,1%) sia su quello estero (-1,2%). Il calo degli ordinativi è dovuto soprattutto al mercato estero (-5,7%), mentre quello interno registra una flessione più contenuta (-0,6%).

Nella media degli ultimi tre mesi, l'indice complessivo del fatturato diminuisce dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti (-0,4% per il mercato interno e -0,1% per quello estero), mentre quello degli ordinativi mostra una flessione del 3,1%.

Corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 22 contro i 20 di maggio 2015), il fatturato totale registra un calo in termini tendenziali del 2,7%, con una riduzione del 2,5% sul mercato interno e del 3,0% su quello estero.

Gli indici destagionalizzati del fatturato segnano incrementi congiunturali per l'energia (+0,4%) e per i beni di consumo (+0,1%), mentre registrano una flessione i beni intermedi (-2,7%) e i beni strumentali (-0,9%).

L'indice grezzo del fatturato cresce, in termini tendenziali, del 3,6%: il contributo più ampio a tale aumento viene dalla componente interna dei beni strumentali.

Per il fatturato l'incremento tendenziale più rilevante si registra nelle altre industrie manifatturiere (+10,1%), mentre la maggiore diminuzione del comparto manifatturiero riguarda la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-22,7%).

Nel confronto con il mese di maggio 2015, l'indice grezzo degli ordinativi segna un calo del 4,2%. La flessione maggiore si osserva nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-29,9%), mentre l'incremento più rilevante si registra nella fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica (+13,0%).

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Martedì, 12 Luglio 2016 09:58

Istat: dati sulla produzione industriale

A maggio 2016 l'indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito dello 0,6% rispetto ad aprile. Nella media del trimestre marzo-maggio 2016 la produzione è aumentata dello 0,1% rispetto al trimestre precedente.

Corretto per gli effetti di calendario, l'indice è diminuito in termini tendenziali dello 0,6% (i giorni lavorativi sono stati 22 contro i 20 di maggio 2015). Nella media dei primi cinque mesi dell'anno la produzione è aumentata dell'1,3% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

L'indice destagionalizzato mensile presenta variazioni congiunturali negative in tutti i comparti; diminuiscono i beni strumentali (-1,8%), i beni intermedi (-0,9%), l'energia (-0,6%) e i beni di consumo (-0,3%).

In termini tendenziali gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano, a maggio 2016, un solo aumento nel comparto dei beni intermedi (+1,8%); diminuiscono invece l'energia (-5,9%) e, in misura più lieve, i raggruppamenti dei beni strumentali (-1,5%) e dei beni di consumo (-0,7%).

Per quanto riguarda i settori di attività economica, i comparti che registrano la maggiore crescita tendenziale sono quelli della fabbricazione di mezzi di trasporto (+5,6%), della fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+4,3%) e della produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+2,5%).Le diminuzioni maggiori si registrano nei settori dell'attività estrattiva (-13,5%), della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-9,7%) e delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-6,5%).

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Mercoledì, 06 Luglio 2016 11:39

Occupati e disoccupati: ultimidati Istat

Dopo l'aumento registrato nei due mesi precedenti (+0,3% a marzo e ad aprile) la stima degli occupati a maggio sale ancora, seppure in modo lieve (+0,1%, pari a +21 mila persone occupate). La crescita dell'occupazione è attribuibile alla componente femminile e riguarda i dipendenti (+11 mila i permanenti, +37 mila quelli a termine) mentre calano gli indipendenti (-28 mila). Il tasso di occupazione, pari al 57,1%, aumenta di 0,1 punti percentuali sul mese precedente.

I movimenti mensili dell'occupazione determinano, nel periodo marzo-maggio, un aumento dello 0,4% degli occupati (+101 mila) rispetto ai tre mesi precedenti, con segnali di crescita diffusi su tutte le principali componenti.

Dopo l'aumento di aprile (+1,5%) la stima dei disoccupati a maggio cala dello 0,8% (-24 mila). Il calo interessa sia gli uomini (-1,0%) sia le donne (-0,6%). Il tasso di disoccupazione è pari all'11,5%, in calo di 0,1 punti percentuali su aprile.

Dopo il calo di marzo (-0,3%) e aprile (-0,8%) la stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni cala anche a maggio (-0,2%, pari a -27 mila). La diminuzione riguarda esclusivamente le donne mentre si registra una stabilità tra gli uomini. Il tasso di inattività scende al 35,3% (-0,1 punti percentuali).

Nel trimestre marzo-maggio l'aumento degli occupati (+0,4%, pari a +101 mila) è associato ad un calo dei disoccupati (-1,1%, pari a -32 mila) e degli inattivi (-0,9%, pari a -121 mila).

Su base annua si conferma la tendenza all'aumento del numero di occupati (+1,3%, pari a +299 mila). La crescita tendenziale è interamente attribuibile ai dipendenti, sia permanenti (+1,7%, pari a +248 mila) sia a termine (+3,5%, pari a +81 mila), mentre sono in calo gli indipendenti. Nello stesso periodo calano i disoccupati (-5,6%, pari a -175 mila) e gli inattivi (-2,2%, pari a -305 mila).

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Mercoledì, 08 Giugno 2016 11:17

Occupati e disoccupati: dati Istat

Dopo l'aumento registrato a marzo (+0,3%) la stima degli occupati ad aprile sale dello 0,2% (+51 mila persone occupate). L'aumento riguarda sia i dipendenti (+35 mila i permanenti, stabili quelli a termine) sia gli indipendenti (+16 mila). La crescita dell'occupazione coinvolge uomini e donne e riguarda tutte le classi d'età ad eccezione dei 35-49enni. Il tasso di occupazione, pari al 56,9%, aumenta di 0,2 punti percentuali sul mese precedente.

I movimenti mensili dell'occupazione determinano, nel periodo febbraio-aprile, un aumento complessivo degli occupati (+0,2%, pari a +35 mila) rispetto ai tre mesi precedenti. L'unica componente che mostra un calo congiunturale è quella dei dipendenti a termine (-0,6%, pari a -14 mila).

Dopo il calo di marzo (-1,7%) la stima dei disoccupati ad aprile sale dell'1,7% (+50 mila), tornando al livello di febbraio. L'aumento è attribuibile alle donne (+4,2%), mentre si registra un lieve calo per gli uomini (-0,4%). Il tasso di disoccupazione è pari all'11,7%, in aumento di 0,1 punti percentuali su marzo.

Ad aprile si osserva una consistente crescita della partecipazione al mercato del lavoro determinata dall'aumento contemporaneo di occupati e disoccupati e un corrispondente forte calo degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,8%, pari a -113 mila). La diminuzione riguarda uomini e donne e si distribuisce tra tutte le classi d'età. Il tasso di inattività scende al 35,4% (-0,3 punti percentuali).

Nel trimestre febbraio-aprile l'aumento degli occupati (+0,2%, pari a +35 mila) è associato ad un calo dei disoccupati (-0,2%, pari a -5 mila) e degli inattivi
(-0,6%, pari a -78 mila).

Su base annua si conferma la tendenza all'aumento del numero di occupati (+1,0%, pari a +215 mila). La crescita è interamente attribuibile ai dipendenti permanenti (+1,9%, pari a +279 mila occupati a tempo indeterminato), mentre sono in calo sia i dipendenti a termine sia gli indipendenti. Nello stesso periodo calano i disoccupati (-3,0%, pari a -93 mila) e, soprattutto, gli inattivi (-2,1%, pari a -292 mila).

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Si tratta di una consolidata tradizione: il 31 maggio è il giorno delle Considerazioni finali del Governatore della Banca d'Italia. Un appuntamento fisso dell'agenda economica nazionale che rappresenta, nonostante il passare degli anni e il mutare degli scenari, l'occasione per tastare il polso al nostro Paese e verificarne il suo stato di salute. E, come di consueto, al termine della relazione istituzionale, si raccolgono i commenti degli invitati. "Quella scattata dal Governatore della Banca d'Italia – ha dichiarato il Segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, ai giornalisti assiepati all'uscita dalla sala - è una fotografia abbastanza veritiera della situazione economica del Paese, anche se emerge un po' di timidezza sulle soluzioni. Mi è sembrato positivo l'aver affermato che non si possono risolvere i problemi basandosi sull'annualità di bilancio.

Occorre un periodo temporale più lungo per risolvere i problemi del paese, non legato all'annualità in corso: serve un'impostazione triennale. Penso ai contratti dei pubblici dipendenti, all'adeguamento delle pensioni, alla flessibilità in uscita, alla possibilità di fare investimenti pubblici e privati. Se si guarda soltanto al bilancio annuale, non serve a niente". Barbagallo, poi, è intervenuto anche su alcuni aspetti relativi al sistema bancario: "Non sono stati ancora risolti i problemi delle banche fallite e su questo bisogna accelerare: i risparmiatori aspettano di essere ristorati. Non si accenna, invece, al management che talvolta mette le banche in una condizione di crisi. Si parla di riduzione degli sportelli e del personale, ma non si parla mai della necessità anche di risolvere problemi di un management inadeguato".

Infine, sollecitato dalle domande dei giornalisti, il leader della Uil ha commentato anche i dati Istat sulla disoccupazione: "La disoccupazione, in particolare quella giovanile, purtroppo aumenta. Sono dati contraddittori: non si è ancora fatto tutto ciò che occorre per dare prospettiva occupazionale al Paese e in particolare ai giovani. Forse, una parte dei 18 miliardi di incentivi è andata sprecata. Bisogna fare di più, utilizzando tutte le leve e realizzando investimenti pubblici e privati. Il Sindacato – ha concluso Barbagallo - è disponibile a fare la propria parte".

Roma, 31 maggio 2016

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Fondo povertà educativa

Alla povertà economica si aggiunge la povertà educativa: ad oggi, il 25% dei ragazzi di 15 anni non hanno competenze minime in matematica; il 20 % non ha acquisito le competenze minime di lettura e comprensione di un testo; il 48, 6% dei ragazzi tra i 6 e i 18 anni non ha mai letto un libro, oltre ai testi scolastici, il 55,2% non ha mai visitato un museo; il 45,5%  non ha mai svolto un'attività sportiva.

Questi dati rappresentano una situazione allarmante, che necessita di attenzione da parte del nostro Governo, perché, ricordiamo, che il futuro di ogni Paese è rappresentato dall'investimento fatto sui minori e sugli adolescenti; tutti, indistintamente, hanno diritto ad apprendere, a conoscere e ad istruirsi e lo Stato deve rimuovere tutti gli ostacoli che esistono alla libera determinazione di un individuo.

Attualmente la nuova normativa del Jobs Act prevede la creazione di un Fondo dedicato per contrastare la povertà educativa dei minori.

Il nuovo fondo per contrastare la povertà educativa, consiste, in via sperimentale per il triennio 2016/2018, nello stanziamento di 100 milioni di contributo per ciascun anno, alimentato dalle Fondazioni Bancarie.

Il contributo viene riconosciuto alle fondazioni bancarie  sotto forma di credito d'imposta pari al 75% dei versamenti effettuati al Fondo, su un apposito conto corrente postale, per finanziare e sostenere progetti a sostegno dei minori.

In data 5/3/2016 sono state presentate le proposte per la fase di attuazione del Fondo che vede il coinvolgimento di tre soggetti: Governo (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e  delle Finanze e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), Fondazioni Bancarie e Forum del terzo settore.

Successivamente, alla data di presentazione delle linee guida, è stato firmato il protocollo d'intesa tra questi soggetti che ha definito le modalità d'intervento di contrasto alla povertà educativa e ha individuato le caratteristiche dei progetti da finanziare, le modalità di valutazione e selezione e di monitoraggio, al fine di assicurare la trasparenza, il miglior utilizzo delle risorse e l'efficacia degli interventi.

A nostro avviso la misura risulta insufficiente, perché ancora una volta si parla di sperimentazione, e non di messa a sistema, e ancora una volta questo Governo conferma la  mancanza di attenzione a favore di vere politiche ridistributive dei redditi a favore di un investimento nelle nuove generazioni; si poteva pensare di creare un fondo per la lotta alla povertà educativa recuperando gli sprechi, prendendo risorse dalla lotta all'evasione fiscale invece di affidarsi esclusivamente alla benevolenza delle "grandi" fondazioni bancarie, che a questo punto hanno ricevuto la vera attenzione con  questa sostanziosa agevolazione.

Senza considerare la mancanza di coinvolgimento, nella determinazione delle strategie d'intervento del Fondo, del monitoraggio dei progetti, nonché della loro valutazione, del mondo delle rappresentanze sociali del lavoro.

La crescita, l'educazione e la valorizzazione dei nostri bambini e adolescenti è affidata ad una categoria di lavoratori che purtroppo oggi viene poco valorizzata e presa in considerazione.

Altro grande assente è l'Osservatorio Infanzia, sede istituzionale riconosciuta, che ha già elaborato il Piano di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, approvato il 28 luglio 2015, che tra i suoi obiettivi ha proprio il contrasto della povertà dei bambini e delle famiglie, e che ancora attendiamo venga reso ufficiale tramite pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Nel settembre del 2015 il nostro Paese ha sottoscritto gli obiettivi dell'Agenda di sviluppo sostenibile da  raggiungere entro il 2030; tra gli obiettivi, uno nello specifico, riguarda i minori e i ragazzi.

Infatti ci siamo impegnati a: eliminare la dispersione scolastica, ad oggi pari al 15%; assicurare a tutti i ragazzi di 15 anni un'educazione adeguata che raggiunga livelli minimi; entro il 2020 ridurre la presenza di NEET, in Italia pari a due milioni e mezzo; entro il 2030, assicurare a tutti i bambini della fascia 0/6 anni un'educazione prescolare di qualità.

Per il raggiungimento di questi obbiettivi è necessario un impegno di tutti gli attori che giornalmente si occupano dei bambini e degli adolescenti, in un'ottica sinergica in base alle proprie competenze.

Non possiamo pensare di sconfiggere la povertà, in questo caso educativa, senza riorganizzare, in base alle esigenze attuali, il mondo della scuola e dei lavoratori che se ne occupano, ancora troppo precari, valorizzandoli con formazione obbligatoria adeguata, titoli di studio certi e contratti collettivi nazionali validi su tutto il territorio nazionale, soprattutto per la fascia 0/3, che ad oggi vede la presenza di molteplici contratti, con tutto quello che comporta ai fini della qualità dei servizi, e alla eterogeneità dell'offerta su tutto il territorio nazionale.

E, ancora, ci preme sottolineare che questo Governo parla di investimento a favore del superamento della povertà educativa, con la creazione di questo nuovo Fondo, ma di contro le risorse stanziate  a favore del supporto della rete dei servizi per la prima infanzia è uguale a zero; infatti manca totalmente il rifinanziamento del Piano Nidi, che stanziava 100 milioni di euro proprio a favore dell'incremento dei servizi per la prima infanzia, ancora carenti in Italia .

Infatti, il nostro Paese, ad oggi, ha un deficit di asili nido pari a 1.700 unità, l'offerta è maggiore nel privato (58,1%), rispetto al pubblico (41,9%); a fronte poi di una carenza di personale educativo di 20.000 lavoratori.

Il tasso di accoglienza dei bambini nella fascia 0-2 anni è pari al 17,9% , il dato varia però dal 24,8% dell'Emilia Romagna al 2% della Campania; lontani ancora dall'obiettivo della Strategia di Lisbona, che impegnava tutti gli stati dell'Unione a raggiungere una copertura del 33%, entro il 2010, per i servizi integrativi  per la prima infanzia.

E a margine di quanto affermato dal Ministro Lorenzin, che ha ipotizzato un aumento dell'attuale bonus bebè come antidoto a favore della maternità e della conciliazione, nonché dell'aumento delle nascite, ribadiamo ancora una volta la necessità di una vera attenzione a favore delle politiche di welfare e famiglia con la messa a sistema di azioni efficaci ed efficienti, durevoli nel tempo e non sperimentali, che possano davvero imprimere  una spinta propulsiva al nostro Paese.

I bambini che vivono in condizioni di povertà, anche educativa, e i bambini che dovrebbero nascere per risollevare questo paese troppo "vecchio", meritano e hanno il sacrosanto diritto di essere tutelati e messi nelle condizioni di diventare cittadini liberi, e la libertà non può prescindere dal diritto all'educazione.

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Nel 2016 si prevede un aumento del prodotto interno lordo (Pil) italiano pari all'1,1% in termini reali, un tasso di crescita superiore a quello registrato nel 2015 (+0,8%).

La domanda interna al netto delle scorte contribuirebbe positivamente alla crescita del Pil per 1,3 punti percentuali, mentre la domanda estera netta e la variazione delle scorte fornirebbero un contributo negativo pari a un decimo di punto percentuale ciascuna.

La spesa delle famiglie in termini reali è stimata in aumento dell'1,4%, alimentata dall'incremento del reddito disponibile e dal miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro.

Si prevede una ripresa degli investimenti (+2,7%) che beneficeranno del rafforzamento delle attese sulla crescita dell'economia e del miglioramento delle condizioni del mercato del credito.

Il consolidamento dei progressi sul fronte occupazionale (+0,8% in termini di unità di lavoro) è previsto accompagnarsi ad una riduzione del tasso di disoccupazione, che è stimato attestarsi all'11,3%.

Un rallentamento più deciso del commercio internazionale e l'eventuale riaccendersi di tensioni sui mercati finanziari costituiscono dei rischi al ribasso per l'attuale quadro previsivo. All'opposto, una ripresa più accentuata del processo di accumulazione del capitale, legata allo sviluppo delle politiche nazionali ed europee, costituirebbe un ulteriore stimolo alla crescita economica (si veda l'approfondimento). Le previsioni incorporano le misure descritte nel Documento di economia e finanza diffuso ad aprile 2016.

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Il drastico crollo dei contratti a tempo indeterminato, certificato dall'Inps, è davvero molto preoccupante, ma non ci sorprende affatto. Purtroppo, siamo stati facili profeti: il mercato del lavoro era drogato da un eccesso di decontribuzioni.

Si potrebbe dire che sono stati quasi buttati al vento 18 miliardi. Senza contare, inoltre, che alcuni imprenditori hanno approfittato in modo persino truffaldino o irregolare di questi incentivi. Come se non bastasse, prosegue anche il boom sconcertante dei voucher, divenuti ormai la vera frontiera della precarietà e, in alcune circostanze, lo strumento per coprire il lavoro nero o, addirittura, le morti bianche.

E non basterà di certo la tracciabilità a regolarizzarne l'uso: occorrerà limitarne in modo significativo l'ambito di utilizzo.Come si fa, allora, a far crescere strutturalmente l'occupazione? La soluzione emerge da una dichiarazione rilasciata, proprio ieri, dallo stesso Presidente del Consiglio, ed è ciò che la Uil sta dicendo da oltre un anno: è stato il taglio degli investimenti, conseguente al fiscal compact, a far crollare la nostra economia.

Dunque, non c'è altra strada: servono investimenti pubblici e privati. E, inoltre, occorre restituire potere d'acquisto ai lavoratori e ai pensionati e dare lavoro ai giovani. Abbiamo un grave problema sociale a cui trovare soluzione e non possiamo perderci dietro palliativi o diversivi. Noi siamo pronti a offrire il nostro contributo e a fare la nostra parte.

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A marzo 2016 l'indice destagionalizzato della produzione industriale segna una variazione nulla rispetto a febbraio. Nella media del trimestre gennaio -marzo 2016 la produzione è aumentata dello 0,7% rispetto al trimestre precedente.

Corretto per gli effetti di calendario, a marzo 2016 l'indice è aumentato in termini tendenziali dello 0,5% (i giorni lavorativi sono stati 22 come a marzo 2015). Nella media dei primi tre mesi dell'anno la produzione è aumentata dell'1,6% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

L'indice destagionalizzato mensile presenta una sola variazione congiunturale positiva nel comparto dell'energia (+1,2%); diminuiscono invece i beni strumentali (-1,6%), i beni intermedi (-1,2%) e i beni di consumo (-0,7%).

In termini tendenziali gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano, a marzo 2016, un solo aumento nel raggruppamento dei beni strumentali (+4,3%); segnano invece variazioni negative l'energia (-2,8%), i beni di consumo (-2,2%) e, in misura più lieve, i beni intermedi (-0,3%).

Per quanto riguarda i settori di attività economica, a marzo 2016 i comparti che registrano la maggiore crescita tendenziale sono quelli della fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a (+7,3%), della fabbricazione di mezzi di trasporto (+1,9%) e delle altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine ed apparecchiature (+1,6%).

Le diminuzioni maggiori si registrano nei settori della produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (-6,5%), delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-6,0%) e della fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-2,4%).

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