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Si ricorda che l'Inps con messaggio n. 1643/2016 comunica di avere predisposto - per il datore di lavoro domestico - un nuovo servizio on line per la comunicazione della sospensione dell'obbligo contributivo per uno specifico rapporto di lavoro e per un intero trimestre, qualora la contribuzione non sia dovuta per una delle seguenti cause: congedo per maternità; aspettativa per motivi personali; malattia o infortunio di durata superiore a quella riconosciuta come retribuita.

Sottolinea l'Istituto che è possibile comunicare la sospensione per i trimestri dell'anno in corso non ancora scaduti o, se scaduti, entro la fine del mese di scadenza del pagamento, per i quali non è dovuto alcun contributo a qualsiasi titolo.

La sospensione che ricada all'interno di trimestri parzialmente coperti da contribuzione è insita nella causale di pagamento e corrisponde alle settimane non indicate come lavorate.

Per i periodi per i quali non è più possibile procedere alla comunicazione attraverso il canale Internet sarà necessario rivolgersi alla sede Inps presentando la documentazione attestante la sospensione.

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Venerdì, 04 Novembre 2016 10:48

Bonus bebè e DSU entro il 31 dicembre 2016

L'Inps (con messaggio n. 4255 del 21 ottobre 2016) raccomanda che ai fini della corresponsione dell'assegno di natalità (c.d. bonus bebè) coloro che hanno presentato le domande nel corso del 2015, ma non hanno ancora provveduto per l'anno in corso alla presentazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), utile al rilascio dell'ISEE per l'anno 2016, provvedano ora a presentarla entro e non oltre il prossimo 31 dicembre 2016.

Questo adempimento - necessario ai fini dell'ISEE 2016 - consentirà all'Istituto di riprendere il pagamento dell'assegno per le mensilità sospese dell'anno 2016.

Inoltre, l'Inps precisa che la mancata presentazione della DSU entro il prossimo 31 dicembre comporterà non solo la perdita delle mensilità per l'anno 2016 ma anche la decadenza della domanda di assegno presentata nell'anno 2015. In questo caso, per accedere al beneficio, si potrà presentare una nuova domanda di assegno nel 2017, ma le mensilità spetteranno a partire dal mese di presentazione della nuova domanda senza possibilità di recuperare le mensilità dell'anno 2016.

Si ricorda che l'importo del "bonus bebè" è di 960 euro annui (80 euro al mese) per ogni figlio nato o adottato tra il 1º gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017, e che è corrisposto dall'Inps mensilmente, fino al compimento del terzo anno di età del bambino o del terzo anno di ingresso in famiglia.

È concesso a condizione che il nucleo familiare del genitore richiedente, al momento di presentazione della domanda e per tutta la durata del beneficio, sia in possesso di un Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) in corso di validità non superiore a 25.000 euro.

Per un ISEE non superiore a 7.000 euro annui, l'importo annuo dell'assegno raddoppia ed è pari a 1.920 euro (160 euro al mese).

Come indicato nel messaggio, benché la domanda di assegno si presenti di regola una sola volta, nell'anno di nascita o di adozione del figlio, è necessario tuttavia che il beneficiario dell'assegno, per ciascun anno, rinnovi la DSU ai fini della verifica annuale dell'ISEE.

Gli Uffici del Patronato Ital sono a disposizione gratuitamente delle persone interessate per informazioni, consulenza e assistenza e per l'inoltro in via telematica delle domande nei tempi previsti.

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Gli uffici Caf e Ital UIL in tutte le sedi della provincia di Alessandria resteranno chiusi lunedì 31 ottobre e martedì 1 novembre per la ricorrenza di Ognisanti. Riapriranno regolarmente mercoledì 2 novembre con i consueti orari di sportello, consultabili nella sezione del sito Servizi, alla voce Caf ed Ital.

 

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Cassazione. Non basta invalidità 100% per l'indennità di accompagnamento

14/10/2016

L'indennità di accompagnamento non spetta, anche in presenza di una invalidità totale, se non vi è necessità di assistenza continua.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19545/2016, ricorda che ai fini del riconoscimento dell'indennità di accompagnamento, l'art. 1 della legge n. 18/1980 richiede la contestuale presenza di una situazione di invalidità totale, rilevante per la pensione di inabilità civile e, alternativamente, dell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure dell'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con necessità di assistenza continua.

La semplice difficoltà di deambulazione o di compimento di atti della vita quotidiana con difficoltà (ma senza impossibilità), pur in presenza di invalidità al 100% non sono sufficienti per l'attribuzione della indennità.

La Corte rileva comunque – ribadendo una precedente ordinanza - che la capacità del malato di compiere gli elementari atti giornalieri va intesa non solo in senso fisico, ossia nell'eseguirli materialmente, ma anche come capacità di intenderne il significato, la portata e l'importanza, anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica.

Tale capacità deve essere valutata non sul numero degli elementari atti giornalieri, ma, soprattutto, sulle loro ricadute in termini di incidenza sulla salute del malato e sulla sua dignità come persona.

Pertanto anche l'incapacità di compiere un solo atto può attestare la necessità di una effettiva assistenza giornaliera.

In conclusione, come avvenuto nel caso di specie, il riconoscimento di una invalidità totale non comporta l'automatico diritto all'indennità di accompagnamento, ma occorre anche che vi sia un'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure l'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con necessità di assistenza continua in modo specifico.

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L'Inps, con il messaggio n. 3980 del 3 ottobre 2016, comunica che l'applicazione per l'invio telematico delle domande di maternità è stata integrata per acquisire quelle di congedo di paternità per il padre lavoratore autonomo, secondo le indicazioni fornite con la circolare n. 128/2016, esplicativa delle novità contenute nel D.Lgs. n. 80/2015.

Si ricorda che questo decreto ha introdotto per i padri lavoratori autonomi il congedo di paternità quando la madre sia lavoratrice dipendente o autonoma, in presenza delle casistiche previste dall'art. 28 del T.U. n. 151/01: morte o grave infermità della madre; abbandono del figlio da parte della madre; affidamento esclusivo del figlio al padre, come già previsto per i lavoratori dipendenti.

È lavoratore autonomo (padre o madre): l'artigiano; il commerciante; il coltivatore diretto, il colono,il mezzadro, l'imprenditore agricolo a titolo principale; il pescatore autonomo della piccola pesca marittima e delle acque interne.

Anche nei casi di adozione e affidamento, ora regolamentati per le madri lavoratrici autonome in analogia a quanto previsto per le lavoratrici dipendenti, i padri lavoratori autonomi possono beneficiare dell'indennità giornaliera per i periodi non fruiti dalla madre lavoratrice (dipendente o autonoma), nelle citate ipotesi di cui all'art. 28.

Le lavoratrici e i lavoratori interessati possono rivolersi agli Uffici del Patronato Ital Uil per consulenza e assistenza gratuite e per l'inoltro in via telematica delle domande

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Con una nota del 5 ottobre 2016, il Ministero del Lavoro rende noto che la procedura di trasmissione on line delle domande di dimissioni volontarie e di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro è indisponibile a causa di un guasto tecnico.

Pertanto, al fine di adempiere agli obblighi di legge, il Ministero invita gli utenti a utilizzare e trasmettere il "Modulo Recesso Rapporto di Lavoro" attraverso nuove modalità operative che prevedono l'invio della comunicazione tramite posta elettronica.

A fronte della nuova situazione che si è venuta a determinare e che sta creando disagi, informiamo l'utenza che gli uffici del Patronato ITAL sono a disposizione degli interessati per compilare e trasmettere, tramite posta elettronica certificata, il "Modulo Recesso Rapporto di Lavoro".

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Mercoledì, 05 Ottobre 2016 10:27

Licenziamento per uso improprio dei permessi L.104

È legittimo il licenziamento di una lavoratrice (dipendente comunale) per avere utilizzato i permessi di cui alla legge n. 104/1992 per finalità del tutto diverse dall'assistenza alla madre disabile, e specificamente per recarsi a frequentare le lezioni universitarie di un corso di laurea. Fatti che sono risultati dimostrati a seguito dell'attività di osservazione e pedinamento compiuta in quelle giornate.

Lo afferma la Corte di Cassazione la con sentenza n. 17968 del 13 settembre 2016, ribadendo ancora una volta il proprio orientamento sull'uso improprio di questi benefici lavorativi, e confermando la sentenza della corte di appello avverso la quale la lavoratrice era ricorsa.

In conclusione la Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto:

"In tema di esercizio del diritto di cui all'art. 33, comma 3, L. 104/92, la fruizione del permesso da parte del dipendente deve porsi in nesso causale diretto con lo svolgimento di un'attività identificabile come prestazione di assistenza in favore del disabile per il quale il beneficio è riconosciuto, in quanto la tutela offerta dalla norma non ha funzione meramente compensativa o di ristoro delle energie impiegate dal dipendente per un'assistenza comunque prestata. L'uso improprio del permesso può integrare, secondo le circostanze del caso, una grave violazione intenzionale degli obblighi gravanti sul dipendente, idonea a giustificare anche la sanzione espulsiva.".

Ricordiamo che possono fruire dei tre giorni di permesso mensile retribuito, coperto da contribuzione figurativa, i lavoratori dipendenti pubblici e privati, genitori di figli disabili gravi, nonché il coniuge, i parenti e gli affini di persone con grave disabilità entro il 2° grado e gli stessi lavoratori disabili.
I parenti o gli affini di terzo grado hanno diritto ai permessi lavorativi solo al sussistere di determinate condizioni.
I tre giorni di permesso mensile possono essere fruiti anche frazionabili in ore.

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 17303 del 24 agosto 2016, afferma che il trattamento di disoccupazione non spetta al lavoratore che sia unilateralmente receduto dal rapporto o vi abbia comunque posto negozialmente (e dunque volontariamente) fine, in assenza di una giusta causa di dimissioni.

La Suprema Corte rigetta così il ricorso di un lavoratore avverso la pronuncia della Corte di Appello che gli aveva negato l'indennità di disoccupazione.

Nel caso specifico la Cassazione precisa che la giusta causa, contrariamente a quanto sostenuto dal lavoratore ricorrente, non è certamente ravvisabile nell'asserita impossibilità per lo stesso di progredire in carriera e di crescere professionalmente.

La nozione di giusta causa, infatti, è da ricollegare o ad un gravissimo inadempimento ovvero ad un'altra causa oggettivamente idonea a ledere il vincolo fiduciario, e tanto non può dirsi per la lesione delle pur legittime aspettative di progressione in carriera e di crescita professionale, trattandosi di aspettative di mero fatto, almeno fintanto che la condotta del datore di lavoro non sconfini in una violazione dell'art. 2103 c.c..

In sostanza tale indennità non spetta a chi, avendo la possibilità di proseguire il proprio rapporto di lavoro, rinunzia al posto, ponendosi in tal caso spontaneamente nella posizione di disoccupato.

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COSA E'

È un assegno che viene concesso in occasione di un congedo straordinario della durata di otto giorni in occasione del matrimonio, civile o concordatario, da usufruire entro i 30 giorni successivi alla data dell'evento. L'assegno per congedo matrimoniale spetta ad entrambi i coniugi quando l'uno e l'altra vi abbiano diritto.

A CHI SPETTA

L'assegno per congedo matrimoniale spetta agli operai, agli apprendisti, ai lavoratori a domicilio, ai marittimi di bassa forza dipendenti da aziende industriali, artigiane, cooperative, che:

contraggono matrimonio civile o concordatario;possono far valere un rapporto di lavoro da almeno una settimana;o fruiscono effettivamente del congedo (assenza dal lavoro) entro 30 giorni dalla celebrazione del matrimonio.

Spetta anche:

ai lavoratori disoccupati che siano in grado di dimostrare che nei novanta giorni precedenti il matrimonio hanno prestato, per almeno 15 giorni, la propria opera alle dipendenze delle aziende sopra dette;ai lavoratori, che ferma restando l'esistenza del rapporto di lavoro, per un qualunque giustificato motivo non siano comunque in servizio (malattia, sospensione dal lavoro, richiamo alle armi ecc.).

Non si ha diritto all'assegno quando si contrae il solo matrimonio religioso. Si può aver diritto a successivi assegni solo se vedovi o divorziati.

A CHI NON SPETTA

L'assegno per congedo matrimoniale non spetta ai dipendenti di:

aziende industriali, artigiane, cooperative e della lavorazione del tabacco con qualifica di: impiegati, apprendisti impiegati, dirigenti;aziende agricole;commercio;credito;assicurazioni;enti locali;enti statali;aziende che non versano il relativo contributo alla CUAF (Cassa Unica Assegni Familiari).

QUANTO SPETTA

Operai e apprendisti:
7 giorni di retribuzione. Dalla retribuzione giornaliera si detrae la percentuale a carico del lavoratore pari al 5,54%.

Lavoratori a domicilio:
7 giornate di guadagno medio giornaliero. Dalla retribuzione giornaliera si detrae la percentuale a carico del lavoratore pari al 5,54%.

Marittimi:
8 giornate di salario medio giornaliero. Dalla retribuzione giornaliera si detrae la percentuale a carico del lavoratore pari al 5,54%.

Part- time verticale:
spetta solo per i giorni di retribuzione che coincidono con quelli previsti dal contratto per lo svolgimento dell'attività lavorativa, si detrae sempre la percentuale a carico del lavoratore.

CUMULABILITÀ/INCUMULABILITÀ

L'assegno è cumulabile con l'indennità Inail per infortunio sul lavoro fino a concorrenza dell'importo che sarebbe spettato a titolo di retribuzione. Di conseguenza, sarà corrisposta la differenza tra la retribuzione spettante e l'importo corrisposto dall'Inail a titolo di inabilità temporanea. È incumulabile, invece, con le prestazioni di malattia, maternità, cassa integrazione ordinaria e straordinaria, trattamenti di disoccupazione (ASpI), perché queste indennità sostituiscono la retribuzione non percepita. Per tutto ciò, sarà corrisposto l'assegno per il congedo matrimoniale in quanto più favorevole.

Durante il congedo matrimoniale il lavoratore conserva il diritto all'assegno per il nucleo familiare.

LA DOMANDA

I lavoratori occupati devono presentare la domanda al datore di lavoro alla fine del congedo e non oltre 60 giorni dal matrimonio, allegando il certificato di matrimonio o stato di famiglia con i dati del matrimonio rilasciato dall'Autorità comunale o dichiarazione sostitutiva di certificazione ex art. 46 D.P.R. 445/00 comprovante lo stato di coniugato e contenente gli estremi del matrimonio. Se non è possibile produrre la certificazione nei termini citati, si può presentare un certificato rilasciato dall'Autorità religiosa ovvero una dichiarazione sostitutiva autenticata, purché successivamente si provveda a consegnare la documentazione prescritta;

I lavoratori disoccupati o richiamati alle armi devono presentare domanda all'Inps entro un anno dalla data del matrimonio, utilizzando uno dei seguenti canali:

WEB – servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino munito di PIN attraverso il portale dell'Istituto - servizio di "Invio OnLine di Domande di prestazioni a Sostegno del reddito", funzione assegno per congedo matrimoniale.Patronati – attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi.Contact Center - attraverso il numero 803164 gratuito da rete fissa o il numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico

allegando la documentazione che segue:

Lavoratori disoccupati

Dichiarazione sostitutiva di certificazione ex art. 46 D.P.R. 445/00 comprovante lo stato di disoccupato alla data del matrimonio ovvero relativa documentazione;dichiarazione sostitutiva di certificazione ex art. 46 D.P.R. 445/00 comprovante lo stato di coniugato e contenente gli estremi del matrimonio;dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà ex art. 47 D.P.R. 445/00 relativa ad un rapporto di lavoro (come lavoratore non aventi titolo alla qualifica impiegatizia) di almeno quindici giorni nei novanta precedenti la data del matrimonio, alle dipendenze di aziende industriali, artigiane e cooperative;copia dell'ultima busta paga.

Lavoratori richiamati alle armi

Dichiarazione sostitutiva di certificazione ex art. 46 D.P.R. 445/00 comprovante lo stato di militare alla data del matrimonio ovvero relativa documentazione;dichiarazione sostitutiva di certificazione ex art. 46 D.P.R. 445/00 comprovante lo stato di coniugato e contenente gli estremi del matrimonio;dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà ex art. 47 D.P.R. 445/00 relativa ad un rapporto di lavoro (come lavoratore non avente titolo alla qualifica impiegatizia) che dura alla data del matrimonio da almeno una settimana;copia dell'ultima busta paga.

IL PAGAMENTO

Per i lavoratori occupati l'assegno viene pagato per conto dell'Inps da datore di lavoro, per i lavoratori disoccupati o richiamati alle armi l'assegno viene corrisposto direttamente dall'Inps.

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Mercoledì, 03 Agosto 2016 10:16

Corte Ue: le ferie non godute vanno pagate

Le ferie non godute devono essere pagate al lavoratore anche quando cessa il rapporto di lavoro per scelta volontaria e la fruizione delle ferie non sia più possibile.

Lo ha stabilito la Corte europea di giustizia, chiamata a pronunciarsi sul caso di un dipendente austriaco che, avendo fatto domanda di pensionamento, non aveva potuto godere dei giorni di ferie arretrate che gli spettavano a causa di una malattia subita nel periodo precedente all'accoglimento della sua domanda di pensione.

La Corte accoglie il suo ricorso sancendo il diritto a un rimborso in denaro, ritenendo irrilevante il fatto che fosse stato lui a licenziarsi.

Nella sentenza si ricorda che la direttiva europea 2003/88 prevede che ogni lavoratore debba beneficiare di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane e che tale diritto costituisce un principio particolarmente importante del diritto sociale dell'Unione, garanzia conferita al lavoratore indipendentemente dallo stato di salute", per evitare che "non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria".

Pertanto la legislazione austriaca che consente di non pagare il dipendente in questi casi, è in contrasto con la direttiva comunitaria, a cui tutti gli stati devono sottostare.
I giudici europei ricordano che è possibile invece stabilire a livello nazionale delle condizioni migliorative per i lavoratori, come l'aumento del periodo minimo delle quattro settimane di ferie retribuite annuali.

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