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Le ipotesi fatte circolare dal Governo di far pagare ai lavoratori la reintroduzione della flessibilità di accesso alla pensione è inaccettabile.Se è vero che la Legge Fornero ha provocato iniquità e ingiustizie sociali, come ripetutamente affermato da esponenti dell'esecutivo, allora bisogna porvi rimedio senza unire al danno la beffa. Questo, infatti, significherebbe prevedere una flessibilità a costo zero o conteggiata con il metodo contributivo.

Bisogna invece prevedere un range tra 62 e 70 anni dentro il quale i lavoratori possono scegliere quando andare in pensione anche in base alle diverse tipologie di lavoro. Eliminare le iniquità e le ingiustizie sociali prodotte dalla Fornero significa non prevede ulteriori penalizzazioni per i lavoratori futuri pensionati.

Le Commissioni Lavoro di Camera e Senato, di cui la UIL apprezza l'attività svolta in questi mesi, possono dare un contributo determinante alla positiva soluzione di questo problema.

Roma, 1 settembre 2015

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COMUNICATO STAMPA: 6° rapporto 2015 sulla cassa integrazione in Piemonte

(confronto tra primi sette mesi 2015 e primi sette mesi 2014)

 

PRIMI SETTE MESI DELL'ANNO:  IN PIEMONTE, RISPETTO AL 2014,  LA CIG SCENDE DEL 14,7%. A LIVELLO NAZIONALE IL CALO E' DEL 29,9%.

In Italia, nei primi sette mesi del 2015, sono state autorizzate  417.882.381 ore di cassa integrazione con un calo del 29,9%  rispetto allo stesso periodo del 2014.

Nella nostra regione, nello stesso arco di tempo, la richiesta è stata di 55.083.453 ore, in diminuzione del 14,7% rispetto all'analogo periodo del 2014 (-6,7 ordinaria, -17,7 straordinaria, -29,8 deroga).

Ancora una volta il Piemonte si conferma seconda regione in Italia per numero complessivo di ore richieste.

DATI PROVINCIALI  (PRIMI SETTE MESI)

L'andamento delle ore nelle province piemontesi, nel confronto dei primi sette mesi  con il 2014, è stato il seguente: Asti +17,5%, Torino -8,4%, Alessandria -16,0%, Novara -22,9, Verbania -24,1%, Cuneo -26,5%, Vercelli -29,8%, Biella -40,7%.

Con 32.932.792 ore richieste nei primi sette mesi, Torino è ancora la provincia più cassaintegrata d'Italia, seguita da Roma (26.063.502), Milano (25.194.937), Brescia (18.420.151), Varese (16.126.193) e Taranto (13.826.782).

DATI MENSILI REGIONALI

A luglio, in Piemonte, sono state richieste  4.516.782 ore di cassa integrazione  in calo del 34,4% rispetto a giugno (-33,9 ordinaria, -4,6 straordinaria, -80,5 deroga).

Rispetto ai settori produttivi si evidenziano queste variazioni: -26,5% industria, -39,9% edilizia, -69,6% artigianato, -57% commercio, -94,7% settori vari (tot -34,4%).

A luglio, i lavoratori interessati all'ammortizzatore sociale sono stati 26.569 in calo di 13.914 unità rispetto al mese precedente.

DICHIARA IL SEGRETARIO GENERALE UIL PIEMONTE GIANNI CORTESE:

"I dati relativi alle richieste di cassa integrazione nei primi sette mesi del 2015 evidenziano un calo significativo a livello nazionale (-29,9%), molto più contenuto in Piemonte (-14,7%). I ritmi modesti di crescita del Pil nazionale, la stagnazione degli investimenti e dei consumi, le turbolenze internazionali collegate alla situazione economica in Cina, non inducono, purtroppo, ad ottimismo per quanto concerne l'avvio di un percorso robusto di ripresa, necessario per combattere efficacemente la disoccupazione. La crisi internazionale, esplosa nel 2008, sta per varcare l'ottavo anno e lascia presagire che non ha nessuna intenzione di abbandonarci".

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 È indispensabile, nel nostro Paese, una concreta e generale iniziativa nei confronti del dissesto idrogeologico che ogni anno registra ricorrenti fenomeni tragici con costi eccezionali, non solo dal punto di vista economico (3,5 mld all'anno), ma anche purtroppo in termini di sacrifici delle popolazioni e di vite umane (5.500 vittime dal 1950).Occorre, su questo piano, abbandonare la logica dell'emergenza e impostare un Piano straordinario che identifichi le priorità e coinvolga tutte le Regioni italiane attraverso specifici Accordi di Programma.

Positivo, quindi, che questa esigenza sia stata fatta propria dal Governo, ma vi è la necessità che il mondo del lavoro sia coinvolto in questa iniziativa per garantire la migliore e celere gestione di tutte le fasi di lavoro, da quelle procedurali amministrative a quelle direttamente esecutive per la realizzazione delle opere per la messa in sicurezza del territorio.

L'Accordo Quadro che viene oggi sottoscritto costituisce uno strumento importante che riconosce il ruolo del lavoro e dei lavoratori nella decisiva fase di prevenzione e di contrasto al dissesto idrogeologico.

L'informazione sulla programmazione delle opere, sul loro stato di realizzazione nelle diverse fasi, potrà consentire il coinvolgimento dei diversi territori e delle diverse categorie per rendere più concreta la difesa del territorio.

Si apre una fase positiva di collaborazione tra le realtà pubbliche, Stato e Regioni e il Sindacato per affrontare una delle criticità più rilevanti del nostro Paese.

Roma, 21 aprile 2015

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In allegato la sintesi del documento UIL presentata ieri in audizione alle Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato.

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Martedì, 31 Marzo 2015 02:00

Dati Istat su occupazione e disoccupazione

Dopo la crescita del mese di dicembre e la sostanziale stabilità di gennaio, a febbraio 2015 gli occupati diminuiscono dello 0,2% (-44 mila). Il tasso di occupazione, pari al 55,7%, cala nell'ultimo mese di 0,1 punti percentuali. Rispetto a febbraio 2014, l'occupazione è cresciuta dello 0,4% (+93 mila) e il tasso di occupazione di 0,2 punti.

I disoccupati aumentano su base mensile dello 0,7% (+23 mila). Dopo il forte calo registrato a dicembre, seguito da un'ulteriore diminuzione a gennaio, a febbraio il tasso di disoccupazione sale di 0,1 punti percentuali, tornando al 12,7%, lo stesso livello di dicembre e di 0,2 punti più elevato rispetto a febbraio 2014. Nei dodici mesi il numero di disoccupati è cresciuto del 2,1% (+67 mila).

Il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni mostra un lieve incremento nell'ultimo mese (+0,1%), rimanendo su valori prossimi a quelli dei due mesi precedenti. Il tasso di inattività si mantiene stabile al 36,0%, contro il 36,4% di febbraio 2014. Su base annua gli inattivi diminuiscono dell'1,4% (-204 mila).

Per offrire ai lettori andamenti che risentono in misura minore della variabilità che si osserva a breve termine, da questo mese l'Istat pubblica anche le medie mobili mensili a tre termini degli indicatori congiunturali sul mercato del lavoro. Rispetto ai tre mesi precedenti, nel periodo dicembre-febbraio l'occupazione è rimasta sostanzialmente stabile, mentre il tasso di disoccupazione è diminuito di 0,4 punti percentuali, in larga misura per la risalita del tasso di inattività (+0,3 punti).

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La UIL, attraverso l'elaborazione dei dati sulle comunicazioni obbligatorie, un atto che le aziende devono compiere a ogni attivazione o cessazione di un rapporto di lavoro, analizza come si muove "realmente" il lavoro. L'analisi mette a confronto i dati dal 2009 al2014 approfondendo sia come si assume (a tempo indeterminato, determinato, collaborazioni, altre tipologie), sia come si licenzia o si cessa un rapporto di lavoro.

Colpisce, in particolare, il dato del 2014 che fa emergere soprattutto 2 aspetti: l'aumento delle attivazioni è dovuto solo in minima parte ai contratti stabili (circa 20.000 in più) e come le stesse siano alimentate, in maniera preponderante, dal  lavoro a termine che arriva a pesare per il 68,7 % per le scelte del Governo che, attraverso il decreto Poletti, ha incentivato le imprese a scegliere la strada del lavoro temporaneo.

L'incidenza annuale dei contratti stabili (tempo indeterrminato e apprendistato) continua inesorabilmente a scendere toccando il minimo storico del 18,8 % (nel 2009 era del24,6%). Impressiona e preoccupa la variazione dei rapporti di lavoro stabili avviati che, in termini assoluti, passano dai 2,4 milioni del 2009 ai circa 1,9 milioni del 2014 (- 22,2 %).

Il lavoro debole e temporaneo, di contro, cresce in termini assoluti e per incidenza rispetto alle attivazioni annuali (81,2 % contro il 75,4 % del 2009) con una tenuta, preoccupante, delle collaborazioni a progetto che nel 2014 rimangono stabili rispetto al 2013.

Ma i dati che più  preoccupano sono quelli che si riferiscono alle cessazioni (9.973.246):  in aumento nel 2014, rispetto al 2013, di oltre 158.000;  oltre 900.000 riguardano licenziamenti decisi dall'azienda (anche con l'articolo 18) e le vittime principali sono coloro che sono stati chiamati con un lavoro a termine (7.788.077).

Emerge, analizzando questi dati, come ci sia una quasi automatica corrispondenza tra le innovazioni legislative e le  modalità con le quali le imprese assumono (come l' "effetto spinta" dell'introduzione dell'acausalità per il contratto a termine e la forte riduzione delle collaborazioni a progetto non del tutto genuine  e del lavoro intermittente  quale effetto di regole  dissuasive come quelle inserite nella legge 92, Fornero).  C'è, comunque, altrettanta corrispondenza tra la quantita di lavoro richiesto dalle aziende e l'andamento della economia: zero. In sostanza, continuare a ignorare che è la crescita che crea buona occupazione non permetterà di  far crescere quest'ultima, semmai si redistribuirà quella poca che c'è in mancanza, soprattutto, di vere e buone politiche attive del lavoro.

In allegato l'intero studio.

Guglielmo Loy – Segretario Confederale UIL

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Giovedì, 26 Febbraio 2015 10:20

RLS News: scarica il nuovo numero del periodico

E' disponibile il numero 37 di RLSNEWS per esservi a fianco - in ogni posto di lavoro - con notizie, soluzioni, accordi e quesiti che aiutino a riflettere su tutti gli aspetti di una corretta gestione della Salute e Sicurezza sui posti di lavoro.

Documento scaricabile in allegato.

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Mercoledì, 11 Febbraio 2015 09:52

Seminario Uil sui decreti attuativi del Jobs Act

Il 17 febbraio al Pacific Hotel Fortino di Torino, si terrà un seminario tenuto dalla UIL sui decreti attuativi del Jobs Act.

In allegato il programma della giornata.

 

 

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A seguire (e in allegato) trasmettiamo il testo, illustrato ieri, martedì 20 gennaio, dal Segretario Confederale UIL Guglielmo Loy all'Audizione della Commissione Lavoro del Senato, delle Osservazioni UIL ai decreti AG 134 e  AG 135 (JOBS ACT, su Contratto a tutele crescenti e Naspi).

La UIL ha seguito con attenzione il dibattito parlamentare che ha preceduto la approvazione, da parte del Governo, dei decreti legislativi sui quali si aspetta il parere delle Commissioni. Abbiamo espresso  giudizi critici sull'intera legge delega. In particolare colpisce, negativamente, come si sia scelto di partire dai provvedimenti sulla "uscita" dal lavoro (licenziamenti), anziché affrontare con coraggio la strada maestra delle politiche per la crescita e, per quanto riguarda il lavoro, dalla costruzione di forti impalcature che sostengano le  persone, espulse dal ciclo produttivo, attraverso vere e profonde politiche attive del lavoro. In sostanza si affida alla "flex", e non alla "security", il bisogno di innovazione.

Anche in questo quadro, è però possibile evitare altri errori ed invitiamo le Commissioni a riflettere su come indicare al Governo possibili soluzioni. In particolare, riteniamo prematuro e non socialmente sostenibile, l'allargamento ai licenziamenti collettivi delle nuove norme sui licenziamenti illegittimi di natura economica. Un cambiamento così radicale nella gestione delle crisi aziendali, dovrebbe essere accompagnato da un significativo investimento non solo sulle politiche attive, ma anche sui sistemi di protezione sociale.

Come sapete ci si avvia verso una riduzione significativa della funzione di uno degli  strumenti  principali  che ha consentito a decine di migliaia di persone di non passare dal disagio di lavorare in un azienda in crisi, alla totale mancanza di reddito: la indennità di mobilità. In questo quadro, le novità introdotte dal legislatore sulla materia, affiderebbero sostanzialmente all'impresa le modalità di individuazione delle lavoratrici e dei lavoratori da licenziare, con una sanzione minima in caso di violazione, che determinerebbe una situazionedi grande disagio e timore tra i lavoratori. Il rischio è che si allarghino occasioni di licenziamenti immotivati e, nella sostanza, discriminatori.

Alla stessa stregua andrebbero considerati i licenziamenti nelle situazioni di cambi di appalto che, come per i licenziamenti collettivi, dovrebbero essere esclusi dall'applicazione della nuova normativa, onde evitare una ingiusta ed ingiustificata riduzione di tutele per coloro che, senza alcuna interruzione, continuano a prestare la propria opera nel medesimo posto di lavoro.

Ovviamente, anche sui licenziamenti individuali riteniamo si possano apportare miglioramenti: innanzitutto innalzare l'indennizzo per quelli economici per evitare il rischio, da noi denunciato, che le imprese non corrette "utilizzino" gli incentivi, molto generosi, previsti dalla Legge di Stabilità per garantirsi risorse da destinare all'indennizzo da pagare in presenza di sanzione stabilita dal giudice.

Ed inoltre, sui licenziamenti  disciplinari  è fondamentale rinviare alle tipizzazioni di condotte riconducibili alle sanzioni di tipo conservativo definite dalla contrattazione collettiva ovvero dai codici disciplinari.

Riteniamo giuridicamente e "socialmente" inaccettabile, che vi sia evidente  sproporzione tra il fatto materiale contestato (soprattutto se si riferisce ad una lieve inadempienza) e  la sanzione del licenziamento.

Per i lavoratori che, comunque, accetteranno di definire il contenzioso sul licenziamento tramite la nuova conciliazione facoltativa, è opportuno estendere  l'accesso alla Naspi (cosi come avviene in caso di accordo con la procedura di conciliazione obbligatoria prevista dalla legge 92).

Sul decreto legislativo riguardante la NASPI, riteniamo possibili alcune modifiche: rivedere, innanzitutto, il tetto previsto per la contribuzione figurativa e, soprattutto,  rimediare al grave errore  di fissare  a 18 mesi la durata massima, già a partire dal 2017, anno in cui verrà definitivamente cancellata l'indennità di mobilità.

Va modificata la previsione contenuta all'art.3, comma 1 lettera c, che introduce tra i requisiti necessari per accedere alla prestazione in NASPI, un periodo  pari a 30 giornate di "lavoro effettivo".

Tale previsione rischia di escludere i lavoratori  provenienti da un periodo di cassa Integrazione  e che al termine del quale sono destinatari di un provvedimento di licenziamento.

Molti aspetti critici sul tema degli ammortizzatori sono dovuti anche dalle scelte compiute con la Legge di Stabilità. Ed invitiamo la Commissione a farsi promotrice affinché vengano corretti, con particolare riguardo alla contraddittoria scelta di non stanziare risorse aggiuntive per le diverse tipologie di contratti di solidarietà, e alla eliminazione delle risorse destinate alla integrazione degli interventi di fondi ed enti bilaterali in presenza di una sospensione temporanea del lavoro.

Siamo certi che la Commissione, come già dimostrato nel corso del dibattito sulla legge delega, saprà cogliere queste proposte.

20 Gennaio 2015

 

Uil Servizio Politiche del Lavoro e della Formazione

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L'occupazione (dipendente e non) si assesta, secondo le stime Istat intorno ai 22 milioni di persone (22.398.000). Dato, come drammaticamente noto, in calo e che ha provocato la perdita di circa 1 milione di posti di lavoro. Dato in quasi perfetta corrispondenza con la bassa crescita economica del Paese. Ma occorre capire
come si arriva al macro numero: ci aiuta a comprendere il percorso che ha portato a questo risultato la lettura, dinamica, di quanto, come e dove le imprese italiane, nonostante la crisi, avviino al lavoro le persone. Infatti dal 2008 tutte le imprese devono comunicare, al momento dall'inizio di un rapporto di lavoro, chi
e come una persona sta iniziando un lavoro (stessa cosa per il termine del lavoro).

2 numeri innanzitutto: nel2008, anno ancora non completamente investito dalla più grande e lunga crisi economica che ha colpito il paese, per quasi  11 milioni
di volte le aziende hanno avviato al lavoro una persona; nel 2013 ciò è avvenuto in (solo) 9 milioni di occasioni. Non si tratta di singole persone, ma di comunicazioni, poiché uno stesso lavoratore può essere avviato più volte nello stesso anno (in specie con i lavori a termine). Quindi il crollo si misura anche attraverso questi dati.

C'è, ovviamente, anche la questione della qualità degli avviamenti e se il "meno lavoro" che viene richiesto, abbia una intrinseca qualità in termini di stabilita
e continuità (contratti a tempo indeterminato e apprendistato): purtroppo, al contrario, come prevedibile, nel calo generale degli avviamenti cresce, in termini percentuali, l'incidenza del lavoro temporaneo: si passa dal 72,7%del 2008all' 80,9%del 2013.

Il 2014, dato più recente e riguardante il I trimestre, si apre all'insegna della conferma che 4 attivazioni su 5 (tempo determinato, collaborazioni, lavoro
a chiamata)  sono temporanee. Rimane altissima la quota dei contratti a termine che sviluppano una quota 66.8%.

Aumenta costantemente negli anni di crisi  il numero delle attivazioni rigurdanti la stessa persona: si passa 1.64 (2009) attivazioni a persona a 1.78 (2013)
e ciò  indica l'aumento della temporaneità del lavoro che rischiera' di espandersi ulteriormente con l'ennesima innovazione normativa (Decreto Poletti) che "facilità" assunzioni a termine. In sostanza aumentano gli avviamenti atermine ma calano le persone interessate.

Nel 2013 è nel Lazio che si concentra il maggior numero di attivazioni (1,4 mln)e proprio in questo anno avviene il sorpasso sulla Lombardia che con oltre  1,3 mln. di rapporti scende al 2° posto, segue in questa classifica la Pugliacon circa 1 mln. di attivazioni. Ma anche a livello regionale si può sottolineare la "fragilità" di questi rapporti di lavoro; infatti sono ilLazio e la Puglia le Regioni più flessibili  e ciò si evince dal numero medio di attivazioni per singolo lavoratore (oltre 2
attivazioni/anno per lavoratore).

Ma una analisi di come si sta manifestando l'effetto della crisi sull'occupazione sarebbe incompleta senza il comprendere il come e quanto cessano i rapporti di lavoro.  Nel2013 si sono chiusi 9,8 mln. di rapporti di lavoro con un saldo negativo rispetto alle attivazioni di  oltre157.000.
Oltre la metà delle cessazioni ha rigurdato i lavoratori sotto i 44 anni e la cessazione del "termine" è stato il motivo principale della chiousura dei rapporti di lavoro (65%) e  1/3dei rapporti cessati è durato al massimo 1 mese. Le Regioni con il più alto tasso di "fine lavoro" restanoLazio, Lombardia e Puglia a conferma della forte quota di lavoro fragile in queste realtà.

Colpiscono su questo tema 2 dati: il primo che alla faccia di chi sostiene che in Italia è difficile licenziare, il numero di rapporti di lavoro cessati per volontà  dalle aziende:927.175. Il secondo è il calo vertiginoso delle dimissioni  (- 400.000 in 2 anni) dovuto principalmente al blocco sostanziale dei pensionamenti (legge Fornero) e ad una stretta normativa sulle dimissioni in bianco.

Guglielmo Loy

Segretario Confederale UIL

 

 

Scarica l'intero documento in allegato

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