Come sapete, nonostante nel nostro Paese l’interruzione volontaria di gravidanza sia una procedura garantita e tutelata per legge dal 1978, questa stessa è, ancora oggi e sempre più spesso, oggetto di
tentativi di “smantellamento”, attraverso iniziative legislative o nella prassi quotidiana in ambito sanitario.
La Uil si è sempre schierata a difesa delle donne, del loro diritto all’autodeterminazione e alla salvaguardia della propria salute riproduttiva: lo abbiamo fatto, recentemente, attraverso il sostegno
alla campagna “MY VOICE MY CHOICE – per un aborto legale e sicuro in tutta Europa”. E, sempre sullo stesso tema, lo scorso novembre siamo entrati in contatto con l’Associazione Luca Coscioni
relativamente all’appropriatezza delle prestazioni sociosanitarie riferite all’interruzione volontaria di gravidanza.
Nella legge specifica, la L. 194/1978 (“Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza”), si fa già espresso richiamo alla necessità di valutare per l’interruzione la
migliore scelta possibile anche in base al minor costo a parità di effetto terapeutico, ma la piena applicazione della norma viene ostacolata: non sappiamo come e dove si possa abortire nelle singole
Regioni italiane, i metodi contraccettivi non sono conosciuti e accessibili, mancano dati aperti, utili e aggiornati – e siamo a 45 anni dall’approvazione della legge 194.
Nel 2020 il Ministero della Salute ha adottato, tramite circolare ministeriale, delle Linee di indirizzo sull’IVG con procedura farmacologica, prevedendo la sua esecuzione anche in regime ambulatoriale o
nei consultori e con la possibilità di assumere la seconda compressa a casa propria. È importante sottolineare che questa recente disposizione non incide positivamente solamente sui costi del sistema
sanitario ma, soprattutto, sulla salute complessiva della donna, alla quale viene data la possibilità di compiere la propria scelta senza appesantimenti procedurali e nella piena tutela della sua salute.
Purtroppo, al momento, solo due Regioni (Lazio ed Emilia-Romagna) applicano la circolare ministeriale.
Abbiamo, quindi, preso un impegno di collaborare per la campagna “Aborto senza ricovero”, a sostegno del diritto delle donne di poter interrompere una gravidanza con minori rischi per la salute ed anche
maggiori risparmi per le strutture sanitarie. Attualmente, i costi sono: € 1.099 con ricovero diurno o day hospital; € 418 in struttura sanitaria autorizzata, con ricovero diurno, un secondo accesso per la
somministrazione del secondo farmaco e un terzo accesso per la somministrazione e la valutazione della concentrazione ormonale; € 72,30 con la somministrazione esclusivamente ambulatoriale del
farmaco ormonale RU486, osservazione e consegna del secondo farmaco per l’autosomministrazione a domicilio.
Poiché la sanità è materia delegata alle regioni, a partire da settembre saremo coinvolte in una raccolta firme, che partirà intanto in alcune Regioni, per chiedere ai consigli regionali di “approvare procedure chiare, definite e uniformi per l’aborto farmacologico in regime ambulatoriale, per garantire a tutte le donne la possibilità di scegliere e di prendere il secondo farmaco a casa”.
Come UIL abbiamo preso l’impegno a sostenere questa campagna, con la forza e la determinazione che viene dal sapere di essere nel giusto, e ad essere presenti ai banchetti di raccolta che via via saranno organizzati nelle diverse Regioni, assieme all’Associazione Coscioni.
Sonia Ostrica Ivana Veronese
Coordinatrice Nazionale UIL Pari Opportunità Segretaria Confederale UIL