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Nella riunione di venerdì scorso 9 febbraio 2024 tra le parti sindacali, la Regione Piemonte, l’Amministrazione Comunale e il Sindaco di Novi Ligure, con la presenza di politici del territorio alessandrino, si è discussa e analizzata la situazione del gruppo Acciaierie d’Italia, ex Ilva.

Le organizzazioni sindacali di FIM, FIOM e UILM territoriali in tale occasione, nel ribadire la centralità della vertenza unitaria a livello nazionale, hanno confermato che la salita del capitale pubblico era ed è la soluzione che garantirebbe la continuità aziendale, produttiva e occupazionale, ritenendo inoltre insufficiente a garantire il mantenimento della produzione di acciaio il limite massimo di investimento di 320 milioni per il 2024 fissato nel decreto. 

E’ necessario un ammortizzatore in deroga unico che possa garantire copertura salariale con l’integrazione per tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori.

FIM, FIOM e UILM hanno chiesto alla Regione Piemonte di interessarsi ed intervenire fattivamente in merito a questo tema, contestualmente ad un impegno ad agire nei confronti del Governo per arrivare ad una convocazione in tempi brevi dei due incontri richiesti dalle Organizzazioni Sindacali a livello nazionale con i Commissari di Ilva Amministrazione straordinaria e con il Governo stesso.    

 

        

FIM FIOM UILM ALESSANDRIA

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Nella giornata odierna si è tenuta una riunione in Prefettura ad Alessandria con la presenza del Prefetto, il Sindaco di Novi Ligure e le Organizzazioni Sindacali di CGIL/FIOM, CISL/FIM e UIL/UILM, per denunciare i gravi problemi di prospettiva industriale, di salute e di sicurezza presenti nel sito di Acciaierie d’Italia di Novi Ligure.

Tale iniziativa si colloca all’interno di un contesto di gruppo ex Ilva che ha visto nella stessa giornata iniziative analoghe presso le Prefetture di tutte le province interessate dai siti del gruppo siderurgico Acciaierie d’Italia, e ha come finalità quella di sollecitare il Governo ad assumere le necessarie decisioni per porre rimedio a questa preoccupante ed insostenibile situazione.

La reale condizione e lo stato di declino del gruppo ex Ilva è ormai evidente, la maggior parte degli impianti sono fermi o a marcia ridotta e i luoghi di lavoro sono insicuri, la cassa integrazione viene usata per la riduzione dei costi e la situazione debitoria è ormai insostenibile.

Le Organizzazioni Sindacali ribadiscono che se si vuole dare futuro al gruppo Acciaierie d’Italia la scelta obbligata è quella di un immediato cambio di Governance e di gestione dell’intero gruppo con un piano industriale chiaro e concreto.

Per dare continuità all’azione sindacale, il 18 ottobre si svolgeranno le assemblee delle lavoratrici e dei lavoratori sul piazzale antistante al sito di Novi Ligure, inoltre sono previste 24 ore di sciopero in tutti i siti per il giorno 20 ottobre con una manifestazione nazionale presso Palazzo Chigi sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri a Roma.    

                                                                                                                                 FIM-CISL   FIOM-CGIL   UILM UIL

                                                                                                                                                ALESSANDRIA

ALESSANDRIA, 16 OTTOBRE 2023

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ACCIAIERIE D’ITALIA
LA UILM NON HA ACCETTATO LA CERTIFICAZIONE DEGLI ESUBERI

L’ AZIENDA HA PROPOSTO IL SUO ACCORDO E GLI ALTRI HANNO ACCETTATO

LA UILM CONTINUERÀ A DIFENDERE TUTTI I POSTI DI LAVORO 
DI ACCIAIERIE D’I TALIA, ILVA IN AS E I NDOTTO

Nella giornata di ieri 29 marzo, si è tenuto, in remoto con il ministero del Lavoro, l’ultimo incontro dell’esame congiunto per la proroga di cigs richiesta da Acciaierie d’Italia per ulteriori 12 mesi. L’azienda, fin dal primo incontro si è resa disponibile ad offrire esclusivamente la maturazione dei ratei di tredicesima escludendo la possibile riduzione degli esuberi pari a
3000 unità.

Tale è rimasta l’offerta che è stata integralmente accettata da chi ha sottoscritto l’accordo di cassa integrazione, anzi peggiorativa rispetto alle condizioni
offerte lo scorso anno che vedeva la riduzione a 2750 lavoratori massimi che unitariamente non accettammo.

Ci chiediamo, allora, perché non è stata condivisa, da parte di chi adesso ha sottoscritto, la
stessa intesa nel 2022? Cosa è cambiato?

La UILM, nonostante l’inconcludente esperienza della precedente trattativa, fino alla fine ha provato a trattare per chiedere che non si determinassero 3000 esuberi strutturali chiedendo tutte le condizioni di garanzia, a partire dalla salvaguardia dei 1600 lavoratori in Ilva AS e dell’indotto senza escludere una giusta integrazione salariale
all’ammortizzatore sociale con valori economici superiori a quelli già offerti dall’azienda.

La UILM, insieme alle altre organizzazioni sindacali, ha posto le richieste minime per poter sottoscrivere un accodo di cigs a partire dal tema della tutela complessiva dell’occupazione. - l’azienda non ha voluto riconoscere la validità dell’accordo del 6 settembre 2018 che rappresenta l’unico atto di salvaguardia ambientale, occupazionale ed industriale dell’ex Ilva. Nell’accordo del ministero è presente una semplice dichiarazione, senza alcun valore, da parte di chi ha sottoscritto l’intesa (“a tal proposito, le OO.SS. evidenziano che lo strumento della Cigs è rivolto ai lavoratori di Acciaierie d’Italia e sottolineano l’urgenza di avviare presso il MIMIT un confronto sul piano industriale e sull’efficacia dell’accordo sottoscritto dalle Parti in data 6 settembre 2018”) ma nessun impegno da parte aziendale che, anzi, nel corso della riunione ha dichiarato di ritenerlo superato
- l’azienda non ha voluto riconoscere la temporaneità e la transitorietà dello

strumento di cigs determinando la strutturalità degli esuberi dichiarati in
procedura.

- l’azienda si è sottratta a qualsiasi confronto sul piano industriale di rilancio e di

investimenti che assicurasse una reale prospettiva di lungo periodo.

- l’azienda non ha dato nessuna certezza sugli assetti produttivi di 
Taranto/Genova/Novi Ligure/Marghera e tutti gli altri siti, nessuna certezza sulla ripartenza AFO 5, sulla realizzazione di forni elettrici e dell’impianto DRI.
- l’azienda non ha assicurato che il limite dei 4 milioni di tonnellate anno sia limitato al
solo 2023 con piena incertezza per il 2024 prefigurando, di fatto, una cigs senza

fine in mancanza di un programma di risalita produttiva.

- l’azienda ha mantenuto inalterato a 3000 il numero dei lavoratori da mettere in
cigs, il medesimo del 2022.

- l’azienda non ha aggiunto nessun elemento economico alla maturazione dei ratei

di tredicesima, già dichiaratamente disponibili nella precedente procedura, mentre la

Uilm ha chiesto, invece, che si aggiungessero anche il riconoscimento del Premio e
la maturazione delle ferie anche per chi è in cigs.

- l’azienda non ha concesso nemmeno che ci possa essere un confronto preventivo

(l’azienda ha concesso solo il monitoraggio) con RSU e OOSS sulla gestione della
cassa integrazione ovvero uno strumento che quindi sarà lasciato

esclusivamente nelle mani del management di Acciaierie d’Italia (“le Parti

concordano che l’Azienda e le strutture territoriale/RSU dei siti interessati si
incontreranno in sede aziendale al fine di consentire il costante monitoraggio
sull’utilizzo dello strumento della Cigs”); la rotazione che applicherà l’azienda sarà
quella già prevista dalle normative vigenti, nulla di più.

Ci chiediamo, allora, come è stato possibile firmare, da parte degli altri, un accordo di
proroga di cassa integrazione a queste condizioni?

Noi, per il bene dei lavoratori, abbiamo ritenuto di non poterlo fare, così come
unitariamente non l’abbiamo fatto precedentemente in cui c’erano le medesime
condizioni di questa volta.

La Uilm non sarà mai complice di un disastro sociale ed industriale!

Chi l’ha fatto si è assunto una grave responsabilità e ne dovrà rispondere ai lavoratori
tutti.

La UILM, insieme a chi vorrà unirsi a noi, metterà in campo ogni iniziativa possibile per
invalidare gli effetti nefasti di quest’accordo e salvare tutti i posti di lavoro messi a
rischio.

UILM NAZIONALE

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ACCIAIERIE D’ITALIA; GAMBARDELLA-SPERTI (UILM): “I LAVORATORI CHIEDONO L’INTERVENTO DIRETTO DEL GOVERNO CHE ASSICURI LAVORO E UNA PROSPETTIVA INDUSTRIALE E AMBIENTALE DI LUNGO RESPIRO”


“Con il referendum tenutosi in questi giorni in fabbrica, i lavoratori dell’ex Ilva di Taranto hanno 
espresso la volontà che il governo intervenga per assicurare una prospettiva industriale, ambientalmente compatibile, che garantisca il lavoro. Dopo oltre 10 anni di sofferenze e incertezze diciamo basta alla cassa integrazione e agli interventi estemporanei con cui si sprecano denari
pubblici senza alcuna certezza di futuro”.

Lo dichiarano Guglielmo Gambardella e Davide Sperti, rispettivamente segretario nazionale Uilm per 
la siderurgia e segretario responsabile Uilm Taranto, a margine dell’iniziativa sindacale odierna di
Uilm, Fiom e Usb tenutasi a Montecitorio presso la Commissione Ambiente Territori e Lavori Pubblici.

“Il governo in carica – aggiungono – deve decidere adesso come dare discontinuità alla cattiva 
gestione di un asset strategico per il nostro sistema manufatturiero e per l’economia dell’intera provincia di Taranto assumendo la gestione del Gruppo. Non è più accettabile l’instabilità l’incertezza determinata dalla continua rinegoziazione di patti tra Stato ed ArcelorMittal sulla governance dell’ex Ilva, continuando a lasciare la gestione a Mittal; non sono accettabili i piani industriali disattesi, gli accordi sindacali non rispettati, i licenziamenti nelle ditte di appalto”.
“La gestione Mittal – sottolineano Gambardella e Sperti – ha prodotto debiti, più cassa integrazione 
per migliaia di lavoratori, ormai quasi 5mila in modo stabile oltre a quelli dell’indotto, e meno
produzione di acciaio, neanche 3 milioni di tonnellate rispetto ai potenziali 8 milioni, soprattutto nei 
periodi in cui il mercato ne richiedeva ancora di più e tutti gli altri produttori di acciaio hanno fatto profitti”.
“Ci auguriamo – spiegano – che la documentazione sull’ex Ilva consegnata oggi a Montecitorio a tutte 
le forze politiche possa essere presa in seria considerazione dal governo, in quanto espressione di
oltre 20mila lavoratori che al tempo stesso rappresentano cittadini e un tessuto sociale che 
contribuisce alla creazione di ricchezza per il nostro Paese in territori importanti come quelle di Taranto, Genova e Novi Ligure”.
“Nell’incontro del 19 gennaio – concludono i sindacalisti – in concomitanza con lo sciopero nelle 
fabbriche e nell’indotto, ribadiremo al ministro Urso le istanze dei lavoratori e chiederemo un
progetto industriale serio e definitivo, che assicuri l’ambiente e il lavoro. Un progetto che dia la 
possibilità ai sindacati di contribuire al rilancio dell’azienda, come già fatto con l’accordo del 6
settembre 2018, in armonia con le necessità dei cittadini di Taranto. I lavoratori hanno confermato 
ancora una volta di non volersi rassegnare a una gestione che inevitabilmente senza l'intervento
diretto dello Stato porterà alla chiusura delle fabbriche”.


Ufficio stampa nazionale Uilm

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Le Segreterie Provinciali di FIM CISL, FIOM CGIL e UILM UIL, congiuntamente alla R.S.U. dello stabilimento Acciaierie d’Italia (ex Ilva) di Novi Ligure, in conformità alla dichiarazione delle Segreterie Nazionali di sciopero generale di tutto il gruppo, dichiarano per la giornata di lunedì 21 novembre 4 ore di sciopero per ogni turno di lavoro.

La situazione è drammatica già da troppo tempo, per questa ragione con l’incontro dell’altro giorno al Ministero si vuole fare un passo determinante verso il futuro di una realtà tanto importante per il nostro Paese. Dopo l’assenza dell’azienda ArcelorMittal all’incontro dello scorso 17 novembre con il Ministro delle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso, e la Ministra del Lavoro, Marina Calderone per la vertenza ex Ilva e la notizia che riporta il fermo per 145 aziende dell’indotto non può che crescere ancora, cosa che già tempo denunciamo, il timore per i circa 2000 dipendenti coinvolti in tutti gli stabilimenti. E’ tempo di una svolta decisiva.

Dichiarazione dei Segretari generali Salvatore Pafundi, FIM, Maurizio Cantello, FIOM, Alberto Pastorello, UILM Alessandria: “Ricordiamo che lo stabilimento ex Ilva di Novi Ligure occupa circa620 lavoratori e di questi, già sottorganico rispetto ai 700 previsti dall’accorso 2018, la metà è da stata messa da mesi in cassintegrazione. La produzione, come si può ben capire, va a rilento e anche gli investimenti che erano stati promessi sono fermi.

Ovviamente ricordiamo che lo stabilimento Acciaierie d’Italia è legato alle sorti dello stabilimento di Taranto che attualmente lavora con 2 altiforni e quasi tutti gli impianti di finitura fermi. A fronte di questo scenario preoccupante anche lo stabilimento di Novi Ligure aderisce alla proclamazione nazionale dello sciopero previsto in tutta Italia, della durata di 4 ore a fine di ciascun turno, per il prossimo lunedì 21 novembre”.

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“La mia organizzazione non può sottoscrivere un avvio di cassa integrazione straordinaria che di fatto prefigura il licenziamento dei 1.700 lavoratori in Ilva AS a cui si aggiungerebbero altri 3mila lavoratori. Per quanto ci riguarda l’accordo del 6 settembre 2018 è l’unico sottoscritto dalle organizzazioni sindacali e approvato dai lavoratori per mezzo del referendum”. Così Rocco Palombella, Segretario generale Uilm, all’incontro in Confindustria con l’ad di Accierie d’Italia, Lucia Morselli.

“Nel 2018 – aggiunge Palombella – si arrivò a quel piano industriale dopo la realizzazione di un piano ambientale a cui diede l’ok la Commissione europea, dopo sei mesi di attenta valutazione, e dopo diversi addendum atti a soddisfare le richieste della Regione Puglia e del Comune di Taranto. Sempre nel 2018 siamo partiti da 14.200 persone per arrivare a 10.700 stabilendo un parametro: su 6 milioni di tonnellate di produzione dovevano lavorare a Taranto 8.200 lavoratori. Inoltre, i circa 2mila in Ilva AS sarebbero dovuti rientrare a lavoro con la risalita produttiva e comunque entro la fine di realizzazione del piano”.

“Quell’accordo – dice il leader Uilm – è ancora oggi in essere, pertanto restano validi il piano ambientale e tutte le garanzie occupazionali. Dovete quindi sapere che un accordo di cassa straordinaria di un anno che ‘presumibilmente’, così come avete scritto, traguarda il 2025 noi non siamo nelle condizioni di poterlo firmare”.

“A credere ancora nello stabilimento di Taranto sono in pochi. Per recuperare un consenso in quella realtà occorre che i lavoratori stessi difendano lo stabilimento, ma se voi li trattate in questo modo l’ex Ilva non avrà alcun futuro”, conclude Palombella.

Ufficio stampa Uilm

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