Nel 2018, si stimano oltre 1,8 milioni di famiglie in povertà assoluta (con un'incidenza pari al 7,0%), per un totale di 5 milioni di individui (incidenza pari all'8,4%). Non si rilevano variazioni significative rispetto al 2017 nonostante il quadro di diminuzione della spesa complessiva delle famiglie in termini reali. In gran parte questo si deve al fatto che soltanto le famiglie con minore capacità di spesa (a maggiore rischio di povertà) mostrano una tenuta dei propri livelli di spesa, con un conseguente miglioramento in termini relativi rispetto alle altre. Al netto dell'inflazione registrata nel 2018 (in media nazionale pari a +1,2%), utilizzando, quindi, gli indici 2017 di prezzo nel calcolo delle soglie, l'incidenza complessiva in termini di famiglie sarebbe stata pari a 6,8%. L'intensità della povertà, cioè quanto la spesa mensile delle famiglie povere è mediamente sotto la linea di povertà in termini percentuali, ovvero "quanto poveri sono i poveri", si attesta nel 2018 al 19,4% (era il 20,4% nel 2017), da un minimo del 18,0% nel Centro a un massimo del 20,8% al Sud.
L'incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma notevolmente superiore nel Mezzogiorno (9,6% nel Sud e 10,8% nelle Isole) rispetto alle altre ripartizioni (6,1% nel Nord-Ovest e 5,3% nel Nord-est e del Centro). Analogamente agli anni passati, questo fa sì che, sebbene la quota di famiglie che risiede nel Nord sia maggiore di quella del Mezzogiorno (47,7% rispetto a 31,7%), anche nel 2018 il maggior numero di famiglie povere è presente in quest'ultima ripartizione (45,1% contro 39,3% del Nord). Nel Centro si trova il restante 15,6% di famiglie povere.
Le famiglie in condizioni di povertà relativa nel 2018 sono stimate pari a poco più di 3 milioni (11,8%), per un totale di individui di quasi 9 milioni (15,0%). Rispetto al 2017, il fenomeno si aggrava nel Nord (da 5,9% al 6,6%), in particolare nel Nord-est dove l'incidenza passa da 5,5% a 6,6%. Il Mezzogiorno, invece, presenta una dinamica opposta (24,7% nel 2017, 22,1% nel 2018), con una riduzione dell'incidenza sia nel Sud (da 24,1% a 22,3%) sia nelle Isole (da 25,9% a 21,6%).
A livello individuale, il lieve calo in media nazionale (da 15,6% a 15,0%) è sintesi di dinamiche contrastanti nelle ripartizioni (da 7,4% a 8,6% nel Nord-est; da 30,8% a 25,7% nelle Isole). Su scala territoriale, Calabria (30,6%), Campania (24,9%) e Sicilia (22,5%) si confermano le regioni con la maggiore incidenza.
Dai provvedimenti di sfratti relativi all'anno 2017 (dati forniti dal Ministero dell'Interno – Ufficio Centrale di Statistica) risulta una flessione del 6,7% dei provvedimenti di sfratto emessi (59.609) rispetto all'anno precedente (61.718).
Il dato allarmante, però, è che il 90% degli sfratti è dovuto a morosità. In Italia un numero sempre crescente di famiglie ha difficoltà nel pagare l'affitto per l'abitazione, soprattutto nelle grandi città, dove i canoni di locazione hanno raggiunto dei costi elevatissimi.
Considerando gli sfratti emessi nel 2017, il dato regionale mostra una quasi generalizzata flessione dei provvedimenti di sfratto, con le maggiori diminuzioni in Piemonte (-28,2%), seguita dall'Emilia Romagna (-25%) e dalla Liguria (-19,7%).
In controtendenza, troviamo l'Abruzzo con un aumento delle sentenze dell'80,2%, il Friuli V.G. con un incremento del 76,9%, il Molise (+ 49,5%).
E' evidente - illustra Ivana Veronese Segretario confederale UIL – come l'offerta di immobili residenziali appare oggi del tutto inadeguata a far fronte a tale domanda quantitativamente e qualitativamente crescente, anche in considerazione del fatto che il numero di abitazioni in locazione, già da tempo di dimensioni limitate, ha subito un progressivo ridimensionamento. Si rende quindi oramai imprescindibile la ripresa di una strategia politica nazionale in assenza della quale è messo in pericolo il ruolo stesso delle città in termini di produzione di ricchezza e innovazione, offerta di lavoro e servizi avanzati. In sostanza il vero tema è come mettere sul mercato immobiliare un maggior numero di case ad un costo, soprattutto per l'affitto, compatibile con il reddito della maggioranza delle persone.
L'INPS ha pubblicato la circolare n. 172 del 22/11/2017 con la quale illustra le caratteristiche del reddito di inclusione (ReI), come nuova misura di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale, introdotto dal 1° gennaio 2018, allegando il modello di domanda da presentare ai Comuni, a partire dal prossimo 1° dicembre 2017.
Al momento di presentazione della domanda è necessario avere un valore dell'ISEE in corso di validità, nonché determinati requisiti di soggiorno ed essere residenti in Italia, in via continuativa, da almeno due anni.
Il ReI consiste in un beneficio economico che verrà erogato attraverso una carta prepagata emessa da Poste Italiane, per un importo massimo annuo pari per il 2017 a 5.824,80 euro.
Viene concesso ai nuclei familiari in condizione di povertà ed è subordinato alla valutazione della situazione economica di bisogno e all'adesione a un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa. È corrisposto per un periodo continuativo non superiore a 18 mesi. Superato tale limite, può essere rinnovato, per non più di dodici mesi, solo dopo che siano trascorsi almeno sei mesi dalla data di cessazione del godimento della prestazione.
In fase di prima applicazione sono prioritariamente ammessi al ReI i nuclei con figli minorenni o disabili, donne in stato di gravidanza o disoccupati con età maggiore di 55 anni. La legge di Bilancio 2018 potrebbe ampliare la platea dei beneficiari, indipendentemente dalla condizione familiare, tenendo conto solo del requisito economico.
Questo aiuto è compatibile con lo svolgimento di un'attività lavorativa, entro determinati limiti, mentre non è compatibile con la fruizione, da parte di qualsiasi componente il nucleo familiare, della NASpI o di altro ammortizzatore sociale per la disoccupazione involontaria.
Importo del Reddito di inclusione
Numero componenti Soglia di riferimento in sede di prima applicazione Beneficio massimo mensile
1 2.250,00 € 187,50 €
2 3.532,50 € 294,38 €
3 4.590,00 € 382,50 €
4 5.535,00 € 461,25 €
5 o più 5.824,80 € 485,40 €
Come già accennato vedremo quali modifiche verranno apportate al ReI dalla legge di bilancio 2018, quale anche l'incremento del massimale annuo.
Si ricorda che l'INPS, con il precedente messaggio n. 4636 del 21/11/2017, ha fornito le specifiche tecniche per la trasmissione telematica delle domande da parte degli Enti preposti.
La povertà è ancora un dramma che sottrae diritti e futuro ad una quota rilevante della popolazione del nostro Paese. I timidi segnali di ripresa economica non devono fare dimenticare un dato: in Italia vivono in povertà assoluta 4,75 milioni di persone, pari al 7,9% della popolazione complessiva.
L'introduzione del Reddito d'inclusione (Rei) è una innovazione strutturale che riprende numerosi aspetti della proposta dall'Alleanza contro la Povertà in Italia, vale a dire una misura che garantisce sostegno economico alle famiglie, costruendo contestualmente percorsi di inclusione sociale.
Va dato atto a Governo e Parlamento di avere conseguito un risultato importante. Ma la prossima Legge di Bilancio può rappresentare un altro decisivo passaggio della lotta alla povertà nel nostro Paese, in quanto lo stanziamento attuale rende possibile includere solo 1,8 milioni di individui, cioè il 38% del totale della popolazione in povertà assoluta: pertanto, il 62% dei poveri ne rimarrà escluso. In particolare il 41% dei minori in povertà assoluta non sarà raggiunto dalla misura.
Pure consapevoli della necessaria gradualità del completamento di una misura a vocazione universalistica, complessa e innovativa per il nostro paese, CGIL, CISL e UIL, chiedono al Governo e al Parlamento, un impegno ad incrementare, nel modo più ampio possibile, le risorse per il Fondo per la lotta alla povertà nella prossima Legge di Bilancio, insieme alla definizione di un Piano pluriennale di lotta alla povertà.
Tutto questo per:
includere una quota più rilevante di beneficiari, incrementare l'importo del beneficio e potenziare i servizi per l'inclusione;
avviare una politica redistributiva nel nostro Paese, a partire da chi sta peggio;
rafforzare la ripresa economica a partire da condizioni sociali e territori altrimenti esclusi;
creare le condizioni per un'inclusione lavorativa.
La lotta alla povertà deve essere considerata, insieme a incisive politiche per lo sviluppo e il lavoro, una delle priorità per uscire davvero e tutti dagli effetti della crisi economica.
È in gioco la piena cittadinanza sociale ed economica di tutti. Non perdiamo un'occasione per rendere più giusto, inclusivo, coeso e meno ineguale il nostro Paese.
Roma, 02 ottobre 2017
(dal sito UIl.it)
Le stime diffuse in questo report si riferiscono a due distinte misure della povertà: assoluta e relativa, elaborate con due diverse definizioni e metodologie, sulla base dei dati dell'indagine sulle spese per consumi delle famiglie.
Nel 2016 si stima siano 1 milione e 619mila le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta, nelle quali vivono 4 milioni e 742mila individui.
Rispetto al 2015 si rileva una sostanziale stabilità della povertà assoluta in termini sia di famiglie sia di individui.
L'incidenza di povertà assoluta per le famiglie è pari al 6,3%, in linea con i valori stimati negli ultimi quattro anni. Per gli individui, l'incidenza di povertà assoluta si porta al 7,9% con una variazione statisticamente non significativa rispetto al 2015 (quando era 7,6%).
Nel 2016 l'incidenza della povertà assoluta sale al 26,8% dal 18,3% del 2015 tra le famiglie con tre o più figli minori, coinvolgendo nell'ultimo anno 137mila 771 famiglie e 814mila 402 individui; aumenta anche fra i minori, da 10,9% a 12,5% (1 milione e 292mila nel 2016).
L'incidenza della povertà assoluta aumenta al Centro in termini sia di famiglie (5,9% da 4,2% del 2015) sia di individui (7,3% da 5,6%), a causa soprattutto del peggioramento registrato nei comuni fino a 50mila abitanti al di fuori delle aree metropolitane (6,4% da 3,3% dell'anno precedente).
Anche la povertà relativa risulta stabile rispetto al 2015. Nel 2016 riguarda il 10,6% delle famiglie residenti (10,4% nel 2015), per un totale di 2 milioni 734mila, e 8 milioni 465mila individui, il 14,0% dei residenti (13,7% l'anno precedente).
Analogamente a quanto registrato per la povertà assoluta, nel 2016 la povertà relativa è più diffusa tra le famiglie con 4 componenti (17,1%) o 5 componenti e più (30,9%)
La povertà relativa colpisce di più le famiglie giovani: raggiunge il 14,6% se la persona di riferimento è un under35 mentre scende al 7,9% nel caso di un ultra sessantaquattrenne
L'incidenza di povertà relativa si mantiene elevata per gli operai e assimilati (18,7%) e per le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (31,0%)
Non è la solita iperbole, è un dato di fatto: l'Accordo di Lampedusa è davvero un evento storico. Perché è la prima volta che un sindacato riesce a riunire, nell'isola simbolo del problema dell'immigrazione, tutti i sindacati dei paesi del Nord Africa, di Israele e della Palestina, insieme ai rappresentanti delle religioni cattolica, musulmana, ebrea e buddista. E i sette sindacati con la Uil hanno firmato questa intesa destinata a produrre effetti importanti, e non solo nel mondo sindacale."Le Organizzazioni sindacali firmatarie del presente Accordo di Lampedusa chiedono alla Confederazione europea dei Sindacati di proporre all'Unione europea l'istituzione di un Fondo in cui tutti i Paesi membri facciano confluire risorse derivanti da forme di "solidarietà fiscale", sul modello del cosiddetto "8 per mille" attuato in Italia, da destinare alla realizzazione di progetti idonei a creare lavoro in quelle zone prostrate dall'indigenza, dalla povertà e dalla guerra. L'Unione europea dovrà farsi carico del coordinamento e della gestione di tale attività di sostegno alla crescita". È questo il cuore dell'intesa siglata stamattina con la quale i sindacati coinvolti chiedono, dunque, "alle Istituzioni internazionali ed europee di affrontare con più coraggio e determinazione la questione immigrazione".
La collaborazione tra la Uil e gli altri sindacati firmatari si concretizzerà, inoltre, in un progetto di cooperazione: la prima si impegna a istituire o a rafforzare uffici o punti di Patronato; gli altri si impegnano a offrire, nelle forme possibili, il relativo supporto logistico. L'obiettivo è quello di limitare i casi di immigrazione clandestina offrendo assistenza e tutela alle persone coinvolte. Strumento principale sarebbe la realizzazione, in loco, di corsi di formazione finalizzati all'apprendimento di specifiche mansioni o di rudimenti e tecniche di autoimprenditorialità che i formati potrebbero, poi, mettere a frutto, quando le condizioni lo consentissero, nei Paesi di origine o, secondo indirizzi preventivamente individuati, in Paesi dell'Unione.
L'appuntamento odierno vuole essere solo l'inizio di un percorso. I Sindacati firmatari, infatti, daranno continuità al Meeting odierno istituendo un Comitato permanente di monitoraggio e analisi del fenomeno migratorio e delle sue implicazioni per lo sviluppo e il lavoro, coinvolgendo in questo progetto tutti gli altri sindacati dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, organizzando, a turno, una volta l'anno, eventi analoghi nei loro territori nazionali.
"Non c'è solidarietà senza accoglienza - ha dichiarato il Segretario generale, Carmelo Barbagallo - e la UIL ha ritrovato in Lampedusa gli stessi valori della solidarietà che ha nel proprio DNA. Partiamo da qui, con i sindacati del Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Palestina, Israele per un progetto di cooperazione con quegli stessi paesi da cui i migranti sono costretti a fuggire per i conflitti, la povertà e la fame. Il sindacato può e deve assumersi le proprie responsabilità, svolgendo il ruolo di pacificazione e di sviluppo economico. Non si possono sperperare risorse per la costruzione di muri e barriere - ha concluso il leader della Uil - ma bisogna puntare sulla cooperazione, la partecipazione e l'inclusione. Solo così cominceremo ad aprire una nuova strada per la pace, la coesione e il lavoro nel mondo"
Lampedusa, 2 febbraio 2017
Fondo povertà educativa
Alla povertà economica si aggiunge la povertà educativa: ad oggi, il 25% dei ragazzi di 15 anni non hanno competenze minime in matematica; il 20 % non ha acquisito le competenze minime di lettura e comprensione di un testo; il 48, 6% dei ragazzi tra i 6 e i 18 anni non ha mai letto un libro, oltre ai testi scolastici, il 55,2% non ha mai visitato un museo; il 45,5% non ha mai svolto un'attività sportiva.
Questi dati rappresentano una situazione allarmante, che necessita di attenzione da parte del nostro Governo, perché, ricordiamo, che il futuro di ogni Paese è rappresentato dall'investimento fatto sui minori e sugli adolescenti; tutti, indistintamente, hanno diritto ad apprendere, a conoscere e ad istruirsi e lo Stato deve rimuovere tutti gli ostacoli che esistono alla libera determinazione di un individuo.
Attualmente la nuova normativa del Jobs Act prevede la creazione di un Fondo dedicato per contrastare la povertà educativa dei minori.
Il nuovo fondo per contrastare la povertà educativa, consiste, in via sperimentale per il triennio 2016/2018, nello stanziamento di 100 milioni di contributo per ciascun anno, alimentato dalle Fondazioni Bancarie.
Il contributo viene riconosciuto alle fondazioni bancarie sotto forma di credito d'imposta pari al 75% dei versamenti effettuati al Fondo, su un apposito conto corrente postale, per finanziare e sostenere progetti a sostegno dei minori.
In data 5/3/2016 sono state presentate le proposte per la fase di attuazione del Fondo che vede il coinvolgimento di tre soggetti: Governo (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), Fondazioni Bancarie e Forum del terzo settore.
Successivamente, alla data di presentazione delle linee guida, è stato firmato il protocollo d'intesa tra questi soggetti che ha definito le modalità d'intervento di contrasto alla povertà educativa e ha individuato le caratteristiche dei progetti da finanziare, le modalità di valutazione e selezione e di monitoraggio, al fine di assicurare la trasparenza, il miglior utilizzo delle risorse e l'efficacia degli interventi.
A nostro avviso la misura risulta insufficiente, perché ancora una volta si parla di sperimentazione, e non di messa a sistema, e ancora una volta questo Governo conferma la mancanza di attenzione a favore di vere politiche ridistributive dei redditi a favore di un investimento nelle nuove generazioni; si poteva pensare di creare un fondo per la lotta alla povertà educativa recuperando gli sprechi, prendendo risorse dalla lotta all'evasione fiscale invece di affidarsi esclusivamente alla benevolenza delle "grandi" fondazioni bancarie, che a questo punto hanno ricevuto la vera attenzione con questa sostanziosa agevolazione.
Senza considerare la mancanza di coinvolgimento, nella determinazione delle strategie d'intervento del Fondo, del monitoraggio dei progetti, nonché della loro valutazione, del mondo delle rappresentanze sociali del lavoro.
La crescita, l'educazione e la valorizzazione dei nostri bambini e adolescenti è affidata ad una categoria di lavoratori che purtroppo oggi viene poco valorizzata e presa in considerazione.
Altro grande assente è l'Osservatorio Infanzia, sede istituzionale riconosciuta, che ha già elaborato il Piano di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, approvato il 28 luglio 2015, che tra i suoi obiettivi ha proprio il contrasto della povertà dei bambini e delle famiglie, e che ancora attendiamo venga reso ufficiale tramite pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Nel settembre del 2015 il nostro Paese ha sottoscritto gli obiettivi dell'Agenda di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030; tra gli obiettivi, uno nello specifico, riguarda i minori e i ragazzi.
Infatti ci siamo impegnati a: eliminare la dispersione scolastica, ad oggi pari al 15%; assicurare a tutti i ragazzi di 15 anni un'educazione adeguata che raggiunga livelli minimi; entro il 2020 ridurre la presenza di NEET, in Italia pari a due milioni e mezzo; entro il 2030, assicurare a tutti i bambini della fascia 0/6 anni un'educazione prescolare di qualità.
Per il raggiungimento di questi obbiettivi è necessario un impegno di tutti gli attori che giornalmente si occupano dei bambini e degli adolescenti, in un'ottica sinergica in base alle proprie competenze.
Non possiamo pensare di sconfiggere la povertà, in questo caso educativa, senza riorganizzare, in base alle esigenze attuali, il mondo della scuola e dei lavoratori che se ne occupano, ancora troppo precari, valorizzandoli con formazione obbligatoria adeguata, titoli di studio certi e contratti collettivi nazionali validi su tutto il territorio nazionale, soprattutto per la fascia 0/3, che ad oggi vede la presenza di molteplici contratti, con tutto quello che comporta ai fini della qualità dei servizi, e alla eterogeneità dell'offerta su tutto il territorio nazionale.
E, ancora, ci preme sottolineare che questo Governo parla di investimento a favore del superamento della povertà educativa, con la creazione di questo nuovo Fondo, ma di contro le risorse stanziate a favore del supporto della rete dei servizi per la prima infanzia è uguale a zero; infatti manca totalmente il rifinanziamento del Piano Nidi, che stanziava 100 milioni di euro proprio a favore dell'incremento dei servizi per la prima infanzia, ancora carenti in Italia .
Infatti, il nostro Paese, ad oggi, ha un deficit di asili nido pari a 1.700 unità, l'offerta è maggiore nel privato (58,1%), rispetto al pubblico (41,9%); a fronte poi di una carenza di personale educativo di 20.000 lavoratori.
Il tasso di accoglienza dei bambini nella fascia 0-2 anni è pari al 17,9% , il dato varia però dal 24,8% dell'Emilia Romagna al 2% della Campania; lontani ancora dall'obiettivo della Strategia di Lisbona, che impegnava tutti gli stati dell'Unione a raggiungere una copertura del 33%, entro il 2010, per i servizi integrativi per la prima infanzia.
E a margine di quanto affermato dal Ministro Lorenzin, che ha ipotizzato un aumento dell'attuale bonus bebè come antidoto a favore della maternità e della conciliazione, nonché dell'aumento delle nascite, ribadiamo ancora una volta la necessità di una vera attenzione a favore delle politiche di welfare e famiglia con la messa a sistema di azioni efficaci ed efficienti, durevoli nel tempo e non sperimentali, che possano davvero imprimere una spinta propulsiva al nostro Paese.
I bambini che vivono in condizioni di povertà, anche educativa, e i bambini che dovrebbero nascere per risollevare questo paese troppo "vecchio", meritano e hanno il sacrosanto diritto di essere tutelati e messi nelle condizioni di diventare cittadini liberi, e la libertà non può prescindere dal diritto all'educazione.
Secondo una ricerca condotta da Eurostat, nel 2015, il tasso di povertà in Europa è stato dell'8,2%, per un totale di circa 41 milioni di persone che vivono in condizioni di "gravi privazioni materiali".
In Italia erano circa 7 milioni, pari all'11,5% della popolazione. Si tratta della cifra più alta tra i 28 Paesi dell'Unione Europea.
Lo studio chiarisce che si considerano povere le persone che non possono affrontare una spesa inaspettata, permettersi un pasto a base di carne ogni due giorni o mantenere una casa.
Un cittadino ogni quattro in povertà relativa, uno ogni dieci indigente. In Europa solo Italia e Grecia sprovvisti di misura contrasto povertà
"E' molto grave che in un Paese civile e avanzato come il nostro non vi sia ancora una forma strutturale di incoraggiamento all'inclusione sociale e di contrasto alle sacche di indigenza come invece è previsto nel resto d'Europa e non da oggi."
E' il commento della Segretaria Confederale UIL, Silvana Roseto in relazione ai recenti dati diffusi dall'Ocse e dall'Istat imperniati sull'impoverimento della popolazione italiana.
Secondo le due indagini gli italiani risultano essere più poveri del 30% rispetto ai cittadini degli altri Stati europei sviluppati. Inoltre, nei nostri confini nazionali il 26% della popolazione versa in una condizione di povertà relativa ed oltre il 10% è in povertà assoluta.
"E' indubbiamente un quadro a tinte fosche - continua Silvana Roseto - che deve suggerire un coraggioso scatto di reni nella direzione della lotta senza quartiere alle disuguaglianze sociali.
E se la classe politica dimostra poca attenzione in questo perimetro, non essendoci traccia nell'agenda di Governo di un piano nazionale di contrasto alla povertà, confidiamo che il Presidente della Repubblica si faccia carico di questo fardello in maniera decisiva.
Serve con urgenza un provvedimento che si ascriva al welfare universalistico.
In tal senso – conclude la Segretaria Confederale – la UIL continuerà ad insistere con la solita pervicacia, nell'alveo de 'L'alleanza contro la povertà in Italia', nata già da oltre un anno, per fornire ai legislatori un testo di intervento percorribile e sostenibile."
Roma, 10 febbraio 2015
In allegato l'iniziativa promossa dall'Assessorato alle Politiche Sociali della Famiglia e della Casa che si svolgerà venerdì 30 gennaio alle 14 all'ITIS Volta di Alessandria. Al tavolo di lavoro parteciperà alnche la UIL di Alessandria.
File in allegato.
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