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Con 2.500.584 avviamenti al lavoro il terzo trimestre del 2015 (luglio, agosto e  settembre)  segnala che, rispetto allo stesso periodo del 2014, non vi è stata alcuna sostanziale crescita (solo 593 contratti in più). Cambia invece – fa notare Guglielmo Loy, Segretario Confederale UIL - la composizione di "come" le aziende assumono: cresce il tempo indeterminato con 493.927 (+ 21,2 %) contratti attivati, che assorbe in parte l'apprendistato (-14.969) e crollano  del 45,2 %  le collaborazioni ( solo 85.925 avviamenti) mentre "tiene", ancora, il contratto a termine (+4.778) che con 1.750.106 avviamenti, sempre nel trimestre, rimane – sottolinea Guglielmo Loy-  naturalmente la tipologia più utilizzata  (70%) e che non sembra ridimensionarsi quantitativamente.Preoccupa, in linea generale, la continua erosione del lavoro "femminile" che cala di 36.833 contratti (-3,1%) anche in quadro di sostanziale stagnazione. Una "tenuta" certificata anche dal numero delle cessazioni che con 2.394.264 contratti terminati segnala un modesto -3,4 % sullo stesso periodo del 2014.

Dati non confortanti ed in linea con la bassa crescita della ricchezza prodotta. Ancora più preoccupante – conclude Guglielmo Loy - è il confronto con il 2014 in quanto questo è l'anno dei generosi (e generalizzati) incentivi previsti dalla legge di stabilità del 2015.

Infatti se si incrociano questi  dati del Ministero (comunicazioni obbligatorie ) dei tre mesi in esame  con quelli dell'Inps emerge che, sempre nello stesso terzo trimestre, sono stati 261.655 i contratti incentivati ( circa il  50% di tutti gli avviamenti a tempo interminato) di cui 62.677 per le trasformazioni (da tempo determinato e/o collaborazioni).

Se si considera quanto siano costati alla collettività questi incentivi (quasi 2 miliardi nel 2015,oltre 3 negli anni successivi) non si può non sottolineare come solo con vere e durature politiche di crescita si potra' favorire maggiore e buona occupazione.

Roma 26 Dicembre 2015

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Sabato, 01 Agosto 2015 02:00

Inps circolare Naspi

Si invia in allegato alla presente la circolare Inps n° 142/2015 che interviene ulteriormente e a poco più di due mesi dalla precedente, sulla disciplina della Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego.

Con questa circolare l'Istituto intende fornire nuovi chiarimenti di carattere "operativo-amministrativo" su questioni  precedentemente non trattate ed al contempo elementi utili alla interpretazione di uno degli aspetti più rilevanti, relativo al calcolo della durata della prestazione e delle modalità di scomputo delle settimane di contribuzione già utilizzate per precedenti prestazioni di disoccupazione.

A tale proposito si ritiene comunque necessario approfondire tali procedure in una fase successiva che per la loro complessità saranno meglio illustrate dallo stesso istituto in una apposita sezione di una pagina internet.

Ci limiteremo quindi a tratteggiare le novità più rilevanti, alcune delle quali sono il risultato del confronto avuto in questi mesi sia con il Ministero del Lavoro che con l'Inps sia dallo scrivente servizio che dal nostro istituto di patronato.

Naspi stagionali a 6 mesi

Innanzi tutto viene chiarita la modalità di calcolo che permetterà ai lavoratori stagionali che operano su sei mesi per anno di avere anche quest'anno una indennità pari a 6 mensilità, in particolare all'art. 6, all'interno del quale viene illustrata tutta la procedura di calcolo, al punto 5 si specifica: "Si precisa pertanto che per tutte le prestazioni di disoccupazione ordinaria con requisiti normali (DSO) o di ASpI le cui ultime 52 settimane di contribuzione che vi hanno dato luogo siano a cavallo dell'inizio del quadriennio, la valutazione della contribuzione utilizzata – calcolata così come indicato al punto 1) dello stesso paragrafo 2.5 - deve essere ricondotta prioritariamente ai periodi contributivi più risalenti delle ultime 52 settimane di contribuzione che hanno dato luogo a prestazioni di DSO o ASpI, anche se detta contribuzione si colloca al di fuori del quadriennio di riferimento."

In buona sostanza nei casi in cui i periodi che hanno dato luogo a prestazione di disoccupazione siano a cavallo del quadriennio di riferimento per il calcolo della Naspi, come appunto nel caso degli stagionali a 6 mesi, le settimane di contribuzione che andranno scomputate saranno quelle fuori dal quadriennio di riferimento, lasciando utili per il calcolo della durata della Naspi 26 settimane che si potranno aggiungere a quelle versate nel periodo immediatamente precedente la domanda di Naspi (6 mesi = 26 settimane).

Inoltre, sulla penalizzazione patita dai lavoratori stagionali con il nuovo criterio di calcolo della durata della prestazione, occorrerà attendere la emanazione del decreto di riforma degli ammortizzatori sociali che contiene alcuni correttivi in materia di scomputo della contribuzione che ha dato diritto a prestazioni di Mini Aspi e requisiti ridotti. Sulla questione, più volte sollevata dalla nostra Organizzazione, sarà comunque necessario richiedere delle modifiche alla norma che tengano conto delle specificità del mondo del lavoro degli stagionali.

Neutralizzazione

La circolare illustra la procedura per l'ampliamento del quadriennio di riferimento in presenza di uno o più periodi considerati "neutri" e allo stesso tempo arricchisce e specifica nel dettaglio alcune casistiche di neutralizzazione ulteriori rispetto a quelle indicate dalla circolare precedente (n. 94/2015), in particolare saranno considerati neutri:

·         I periodi di aspettativa sindacale ex art. 31 della Legge 300/70, sia per il quadriennio di riferimento che per i 12 mesi all'interno dei quali trovare le 30 giornate di lavoro effettivo;

·         I periodi di cassa integrazione in deroga a zero ore, in analogia con le altre prestazioni di cig (su tale questione abbiamo presentato un interpello al quale la circolare, indirettamente, risponde in maniera positiva);

·         I periodi di lavoro prestati  all'estero in Paesi non convenzionati (questione sollevata e validamente sostenuta dall'Ital).

Indennità di mobilità e Naspi

Tra le questioni sollevate va ricordata inoltre quella relativa alla possibilità di optare in caso di trattamento di miglio favore tra l'indennità di mobilità e la Naspi: a tale riguardo l'Inps esclude tassativamente tale possibilità e, con una lunga argomentazione, ribadisce la diversità dei due istituti e che, nel caso in cui la disoccupazione sia conseguenza di un licenziamento ex art 4 e 24 della legge 223/91, il lavoratore non avrà facoltà di optare tra l'indennità di mobilità e la Naspi.

Solo nel caso di reiezione della domanda di mobilità, in caso di carenza dei requisiti necessari, il lavoratore avrà 30 giorni di tempo dalla data di ricezione della comunicazione di reiezione, per presentare una domanda di Naspi, fermo restando che la decorrenza sarà quella relativa alla prima istanza di richiesta di mobilità.

Infine la circolare dà ulteriori indicazioni sugli effetti del lavoro accessorio e di quello intermittente sulla Naspi, in particolare si ribadisce la piena cumulabilità del lavoro accessorio (voucher) con la Naspi nel limite complessivo di 3000 euro. Per compensi che superano detto limite e fino alla soglia dei 7000 euro, la cumulabilità sarà parziale e prevede la riduzione dell'indennità di Naspi nella misura dell'80% dei compensi derivanti da lavoro accessorio.

Per il lavoro intermittente, che costituisce a tutti gli effetti un contratto di lavoro dipendente, viene invece prevista la possibilità di cumulo parziale solo nel caso in cui venga instaurato durante un periodo indennizzato con la Naspi e quindi compatibile solo nel limite di reddito esente da imposizione fiscale (8000 euro). Per quanto riguarda invece il lavoro intermittente senza obbligo di risposta alla chiamata (disponibilità) i periodi di non lavoro tra una chiamata e l'altra non sono considerati periodi di disoccupazione perché non possono essere equiparati ad una cessazione involontaria del rapporto e pertanto non danno diritto alla prestazione.

Nel rimandare ad ulteriori approfondimenti e ad una più attenta lettura della circolare si invia un saluto fraterno.

Il Segretario Confederale

Guglielmo Loy

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DICHIARAZIONE DI GUGLIELMO LOY SEGRETARIO CONFEDERALE UIL

La fattispecie del controllo a distanza dei lavoratori, derivante dall'uso che essi fanno dei nuovi strumenti tecnologici, è oggi efficacemente regolamentata dalla contrattazione aziendale o di settore.

Il Sindacato prende atto che la modernità e le nuove tecnologie possano determinare cambiamenti nelle relazioni tra i soggetti.

Non si capisce, però, perché, ancora una volta, questa deregolamentazione debba avvenire a vantaggio della sola impresa, lasciando il lavoratore privo di una tutela che solo la contrattazione gli può assicurare.

Agiremo nelle sedi opportune per chiedere il cambiamento di questo provvedimento.

Roma, 17 giugno 2015

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Possiamo iniziare a intravedere uno spiraglio di ripresa nei dati che fotografano la cassa integrazione nei primi 3 mesi del 2015, oppure no?Dalla lettura dei dati Inps, le ore richieste dalle imprese nel I trimestre 2015 (oltre 170 milioni), sembrano essere più vicine a quelle del primo anno di crisi (129 milioni) che a quelle di un Paese in cui la sofferenza economico-occupazionale è ancora molto forte sia dalle imprese che dai lavoratori.

Noi crediamo che sia opportuno leggere i dati sentendo e ascoltando le sofferenze che quotidianamente vivono territori e lavoratori, quando lamentano l'assenza di risorse per la cassa integrazione in deroga, strumento fondamentale per il mantenimento dei posti di lavoro e per il necessario, quanto fondamentale, vivere dignitoso delle famiglie di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori.

Non si possono che considerare, quindi,  in maniera sottostimata le ore di cassa integrazione in deroga , mancando all'appello il dato del "reale" fabbisogno di questo ammortizzatore sociale che, mai come quest'anno, a causa di carenza di risorse determinata anche dalla necessità di utilizzare quelle disponibili per il 2015 per sanare periodi relativi al 2014, si è tradotto in un secco e brusco "stop" di richieste (poco più di 12 milioni di ore nel I trimestre 2015, con un calo dell'82% rispetto allo stesso periodo del 2014).

Roma, 20 aprile 2015

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Martedì, 07 Aprile 2015 09:54

Loy: allarme ammortizzatori sociali

Occupazione.  Decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori, che lavorano stagionalmente in importanti settori produttivi ed economici, turismo e alimentare in primis, saranno le prime vittime delle innovazioni del governo in tema di lavoro e ammortizzatori sociali.

Queste persone, infatti, che operano da anni come "stagionali" riescono a integrare la loro retribuzione da lavoro con un sussidio (aspi e mini aspi, fino al 30 aprile) che consente loro di avere un decoroso reddito e, soprattutto, una decente pensione alla fine della loro carriera.

Ma dal 1° maggio, grazie alla nuova legge in vigore dal 7 marzo, il Jobs Act, la Naspi (nuova aspi) sarà calcolata in modo tale (la metà delle giornate lavorate) che ci sarà un danno grave sia per la parte economica che per i contributi utili alla pensione.

Nel 2014, sono state presentate oltre 1,5 milioni di domande di aspi e, quindi, il bacino di lavoratori potenzialmente colpito dalla "riforma" è molto ampio tenendo conto che la durata media dell'indennità è di circa 184 giornate.

Sono lavoratori, con fortissima presenza femminile, che svolgono attività funzionali a produrre una parte importante del PIL in aree all'avanguardia in termini di produzione della ricchezza nazionale.

Se a questo danno si aggiunge la progressiva diminuzione di altri strumenti di protezione sociale (come la cassa integrazione in deroga) emerge con chiarezza che siamo lontani dall'annunciata volontà del governo di allargare le tutele ai lavoratori e alle lavoratrici più deboli del paese. Anche per questo il governo deve riflettere sugli errori fatti e modificare in fretta una norma ingiusta e sbagliata.

Roma, 3 aprile 2015

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DICHIARAZIONE DI GUGLIELMO LOY- SEGRETARIO CONFEDERALE UIL

Dal 2008 al 2014 persi 811 mila posti di lavoro, di cui 355 mila con rapporti di natura subordinata.

Un gap molto difficile da recupare vista l'assenza di reali politiche di crescita e sviluppo, in particolare nelle aree più fragili del Paese.

La temperatura febbricitante del nostro sistema produttivo è misurata dal forte calo dell'occupazione che continua a investire, in particolare,  il settore delle costruzioni anche tra il 2013 e 2014 (-4,4%), oltre alla continua crescita del tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile.

Lo scoraggiamento nella ricerca di un lavoro vede un picco di aumento vertiginoso soprattutto tra coloro, in specie ragazze e ragazzi, che ritengono di non riuscire a trovare un'occupazione ai quali  il programma "garanzia giovani" non ha sostanzialmente risposto.

Il timido segnale di una ripresina occupazionale (più 88 mila occupati tra il 2013 e 2014) va letto con cautela, poiché ciò che aumenta è un'occupazione temporanea, in cui la flessibilità oraria è essenzialemnte involontaria. Elementi, questi, che sono sintomatici di una perdurante situazione di debolezza del nostro mercato del lavoro e dei lavoratori.

Il cambio di rotta è fondamentale, ma non può avvenire con misure e incentivi indiscriminati e non selettivi che, favorendo contratti a "tempo determinato incentivati", indeboliscano il sistema di tutele oltretutto con una rete di protezione debole e non innovata.

Roma, 2 marzo 2015

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A seguire (e in allegato) trasmettiamo il testo, illustrato ieri, martedì 20 gennaio, dal Segretario Confederale UIL Guglielmo Loy all'Audizione della Commissione Lavoro del Senato, delle Osservazioni UIL ai decreti AG 134 e  AG 135 (JOBS ACT, su Contratto a tutele crescenti e Naspi).

La UIL ha seguito con attenzione il dibattito parlamentare che ha preceduto la approvazione, da parte del Governo, dei decreti legislativi sui quali si aspetta il parere delle Commissioni. Abbiamo espresso  giudizi critici sull'intera legge delega. In particolare colpisce, negativamente, come si sia scelto di partire dai provvedimenti sulla "uscita" dal lavoro (licenziamenti), anziché affrontare con coraggio la strada maestra delle politiche per la crescita e, per quanto riguarda il lavoro, dalla costruzione di forti impalcature che sostengano le  persone, espulse dal ciclo produttivo, attraverso vere e profonde politiche attive del lavoro. In sostanza si affida alla "flex", e non alla "security", il bisogno di innovazione.

Anche in questo quadro, è però possibile evitare altri errori ed invitiamo le Commissioni a riflettere su come indicare al Governo possibili soluzioni. In particolare, riteniamo prematuro e non socialmente sostenibile, l'allargamento ai licenziamenti collettivi delle nuove norme sui licenziamenti illegittimi di natura economica. Un cambiamento così radicale nella gestione delle crisi aziendali, dovrebbe essere accompagnato da un significativo investimento non solo sulle politiche attive, ma anche sui sistemi di protezione sociale.

Come sapete ci si avvia verso una riduzione significativa della funzione di uno degli  strumenti  principali  che ha consentito a decine di migliaia di persone di non passare dal disagio di lavorare in un azienda in crisi, alla totale mancanza di reddito: la indennità di mobilità. In questo quadro, le novità introdotte dal legislatore sulla materia, affiderebbero sostanzialmente all'impresa le modalità di individuazione delle lavoratrici e dei lavoratori da licenziare, con una sanzione minima in caso di violazione, che determinerebbe una situazionedi grande disagio e timore tra i lavoratori. Il rischio è che si allarghino occasioni di licenziamenti immotivati e, nella sostanza, discriminatori.

Alla stessa stregua andrebbero considerati i licenziamenti nelle situazioni di cambi di appalto che, come per i licenziamenti collettivi, dovrebbero essere esclusi dall'applicazione della nuova normativa, onde evitare una ingiusta ed ingiustificata riduzione di tutele per coloro che, senza alcuna interruzione, continuano a prestare la propria opera nel medesimo posto di lavoro.

Ovviamente, anche sui licenziamenti individuali riteniamo si possano apportare miglioramenti: innanzitutto innalzare l'indennizzo per quelli economici per evitare il rischio, da noi denunciato, che le imprese non corrette "utilizzino" gli incentivi, molto generosi, previsti dalla Legge di Stabilità per garantirsi risorse da destinare all'indennizzo da pagare in presenza di sanzione stabilita dal giudice.

Ed inoltre, sui licenziamenti  disciplinari  è fondamentale rinviare alle tipizzazioni di condotte riconducibili alle sanzioni di tipo conservativo definite dalla contrattazione collettiva ovvero dai codici disciplinari.

Riteniamo giuridicamente e "socialmente" inaccettabile, che vi sia evidente  sproporzione tra il fatto materiale contestato (soprattutto se si riferisce ad una lieve inadempienza) e  la sanzione del licenziamento.

Per i lavoratori che, comunque, accetteranno di definire il contenzioso sul licenziamento tramite la nuova conciliazione facoltativa, è opportuno estendere  l'accesso alla Naspi (cosi come avviene in caso di accordo con la procedura di conciliazione obbligatoria prevista dalla legge 92).

Sul decreto legislativo riguardante la NASPI, riteniamo possibili alcune modifiche: rivedere, innanzitutto, il tetto previsto per la contribuzione figurativa e, soprattutto,  rimediare al grave errore  di fissare  a 18 mesi la durata massima, già a partire dal 2017, anno in cui verrà definitivamente cancellata l'indennità di mobilità.

Va modificata la previsione contenuta all'art.3, comma 1 lettera c, che introduce tra i requisiti necessari per accedere alla prestazione in NASPI, un periodo  pari a 30 giornate di "lavoro effettivo".

Tale previsione rischia di escludere i lavoratori  provenienti da un periodo di cassa Integrazione  e che al termine del quale sono destinatari di un provvedimento di licenziamento.

Molti aspetti critici sul tema degli ammortizzatori sono dovuti anche dalle scelte compiute con la Legge di Stabilità. Ed invitiamo la Commissione a farsi promotrice affinché vengano corretti, con particolare riguardo alla contraddittoria scelta di non stanziare risorse aggiuntive per le diverse tipologie di contratti di solidarietà, e alla eliminazione delle risorse destinate alla integrazione degli interventi di fondi ed enti bilaterali in presenza di una sospensione temporanea del lavoro.

Siamo certi che la Commissione, come già dimostrato nel corso del dibattito sulla legge delega, saprà cogliere queste proposte.

20 Gennaio 2015

 

Uil Servizio Politiche del Lavoro e della Formazione

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TICKET SANITARI O ADDIZIONALI REGIONALI IRPEF: COME VOLEVASI DIMOSTRARE I TAGLI DI 4 MILIARDI AI BILANCI DELLE REGIONI SI TRADURRANNO IN PIU' BALZELLI PER I CITTADINI.

DAI TICKET SANITARI  NEL 2103 UN GETTITO DI 1,5 MILIARDI CHE EQUIVALE A 24 EURO MEDI ANNUI PRO CAPITE, CON PUNTE DI 44 EURO

L'ipotesi di rivedere le esenzioni dei Ticket sanitari è scellerata e inopportuna, in quanto si vorrebbe far pagare chi negli ultimi anni non ha avuto benefici fiscali: i pensionati e i disoccupati.

Nel 2013  "l'incasso" delle ASL per i Ticket sanitari è stato quasi di 1,5 miliardi di euro. Cifra  che se  spalmata su tutta la popolazione equivale appunto a 24 euro medi l'anno, con punte di 44 euro medi in Val D'Aosta; 38 euro in Friuli Venezia Giulia; 36 euro in Toscana; 35 euro nelle Marche; 34 euro in Veneto ed Emilia Romagna.

Decisamente meno in Campania (7 euro medi l'anno pro capite); 8 euro in Sicilia; 14 euro in Sardegna; 16 euro in Puglia; 18 euro in Calabria. Mentre il gettito in valori assoluti in Lombardia è di 267 milioni di euro; in Veneto di 167 milioni di euro; inEmilia Romagna di 150 milioni di euro; nel Lazio di 138 milioni di euro; in Piemonte di 137 milioni di euro.

La UIL, dichiara Guglielmo Loy – Segretario Confederale della UIL – aveva già denunciato il rischio di un aumento di " balzelli"  per i cittadini, per far fronte ai tagli, di 4 miliardi, ai Bilanci delle Regioni operati dalla Legge di Stabilità. Tanto da farci dire, commenta Loy, che cambia la forma ma non la sostanza.

Infatti, da una nostra prima analisi -  continua Loy - già alcune Regioni hanno rimodulato le aliquote delle Addizionali Regionali IRPEF."

In particolare il Piemonte, il Lazio, l'Abruzzo, la Liguria hanno rimodulato in alto le aliquote per alcuni scaglioni di reddito; la Puglia, la Toscana, la Campania hanno mantenuto le aliquote dello scorso anno; l'Emilia Romagna le ha rimodulate inserendo l'aliquota marginale che porterà piccoli risparmi; la Lombardia ha penalizzato dello 0,1% i redditi sopra i 75 mila euro.

In Piemonte, per i redditi sopra ai 28 mila euro si applicherà un'aliquota del 2,75% a fronte del 2,13% dello scorso anno; per i redditi sopra i 55 mila euro il 3,32% (lo scorso anno il 2,325%); sopra i 75 mila euro si pagherà il 3,3% (lo scorso anno il 2,33%).

Nel Lazio, al momento, gli aumenti delle aliquote al 3,33% (lo scorso anno il 2,33%), riguardano tutti i redditi sopra i 28 mila euro, a meno che la Giunta non presenti una proposta per esentare i redditi fino a 35 mila euro entro il 30 aprile.

In Liguria, per i redditi fino a 15 mila euro, si pagherà l'1,23% (come lo scorso anno); per i redditi fino a 28 mila euro si pagherà invece l'1,81% (lo scorso anno l'1,23%); per i redditi fino a 55 mila euro si pagherà il 2,315% (1,73% l'aliquota dello scorso anno); per i redditi fino a 75 mila euro si pagherà il 2,32% (1,73% lo scorso anno); oltre i 75 mila euro si pagherà il 2,33% (1,73% lo scorso anno).

In Abruzzo, anche per i redditi fino a 28 mila euro, si pagherà l'1,73%; mentre in Lombardia verranno penalizzati soltanto i redditi oltre i 75 mila euro...

 

Scarica il pdf completo presente in allegato all'articolo.

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Di fronte all'ormai assodato fallimento del programma "Garanzia Giovani", sarebbe saggio che il Governo e le Regioni non solo presentino i disastrosi bollettini, ma #cambinoverso rapidamente e riflettano sugli errori commessi.

Il primo è sicuramente relativo alla scarsa corrispondenza delle imprese, non stimolate e preparate da subito a un intervento cosi rilevante.

Il secondo grave errore è l'aver deliberatamente scelto di avviare costosissime politiche incentivanti (decontribuzione) in maniera indiscriminata per tutte le aziende e per qualsiasi assunzione, riducendo l'interesse per l'avviare al lavoro ragazzi e ragazze che, in maniera consistente, si sono offerti per avere qualche proposta da "Garanzia Giovani".

Il terzo gravissimo errore è il non aver dirottato le risorse su un sistema innovativo di politiche attive orientato a una maggiore efficienza dei servizi per l'impiego. Appare incomprensibile investire per questa funzione fondamentale (orientamento, formazione, riqualificazione) solo 500 milioni di euro, dirottando invece ingentissime risorse sulla sola decontribuzione: 3,5 miliardi.

Solo partendo da queste considerazioni, il Governo potrà rimediare ai gravi errori commessi e tentare di rispondere al dramma di un'inoccupazione giovanile che sta colpendo il nostro Paese.

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SINTESI DEL 10° RAPPORTO UIL 2014 SU CASSA INTEGRAZIONE

-      Ottobre il secondo mese più cassaintegrato dall'inizio della crisi-      Mai come in questo mese richiesta dalle imprese la Cassa Straordinaria

-      La crisi colpisce più forte nel Centro Italia

-      Boom nel Lazio e Liguria

-      Milano la provincia con più richieste, ma preoccupano Frosinone, Torino, Roma e Napoli

-      Molta cassa integrazione nell'industria, ma cresce nell'artigianato e nel commercio

-      quasi 1 miliardo di ore nei primi 10 mesi del  2014, come negli anni peggiori della crisi

-      Ogni mese di questo anno salvaguardati più di 550.000 posti di lavoro

-      Quasi un lavoratore su 10 conosce l'esperienza della cassa integrazione

"Con oltre118 milioni di ore autorizzate di cassa integrazione, il mese di ottobre del 2014 si colloca al secondo posto dall'inizio della crisi dando, cosi, plasticamente, l'immagine drammatica di un paese che, come al gioco dell'oca, ritorna alla casella di partenza". Così Guglielmo Loy, segretario Confederale UIL illustra i dati più significativi del 10° rapporto UIL 2014 sulla Cassa Integrazione.

In questo percorso all'indietro, sottolinea Loy, sono stati lasciati sul campo oltre 1 milione di posti di lavoro, si sono registrati 2 milioni di avviamenti al lavoro in meno e il quasi dimezzamento delle assunzioni stabili. Ed altrettanto inesorabilmente, il parallelo "no pil" (cioè la non crescita economica e produttiva) "no jobs", va ormai in automatico.

Nel dettaglio, nel mese di ottobre sono state autorizzate, come detto, oltre 118 milioni di ore di cassa integrazione, con un aumento del 13,2% rispetto a settembre. Ad ottobre sono stati salvaguardati oltre 695 mila posti di lavoro.

Sono aumentate, rispetto a settembre, le ore richieste di cassa in deroga (+76,8%) e di straordinaria (+1,8%), a fronte di una diminuzione della cassa integrazione ordinaria (-7,5%).

In valori assoluti, la cassa integrazione straordinaria ha assorbito il maggior quantitativo di ore mensili (65,5 milioni di ore), seguita dalla cassa in deroga (32,8 milioni) e dalla ordinaria (circa 20 milioni).

I dati per macro area, evidenziano come l'aumento della cassa integrazione tra settembre e ottobre 2014, abbia investito in misura maggiore il Centro (con un incremento del 52,8%), seguito dal Mezzogiorno (+10,7%) e dal Nord (+1,4%).

In valori assoluti, nel Nord si è concentrato il maggior quantitativo di ore di CIG (64,7 milioni), seguito dal Centro (30,8 milioni) e dal Mezzogiorno (22,7 milioni).

In 11 Regioni si è registrato un aumento di ore richieste (l'incremento maggiore nel Lazio: +179,6%).

In valori assoluti, la Lombardia è stata la Regionecon il maggior numero di ore autorizzate ad ottobre(28,5 milioni).

Le richieste di cassa integrazione sono aumentate, tra settembre ed ottobre di quest'anno, in 57 Province. Il maggior incremento a Vibo Valentia (+1.028,9%), seguita da Frosinone (+1.024,9%), Caltanissetta (+419,1%), Lodi (+411,4%) eGenova (+300,4%).

In valori assoluti, le prime 5 Province che hanno registrato il maggior quantitativo di ore richieste a ottobre sono state: Milano (10,5 milioni di ore), Frosinone (9,8 milioni), Torino (7,6 milioni), Roma (6,2 milioni) e Napoli (5,7 milioni).

In riferimento ai settori produttivi, l'industria ha assorbito il maggior numero di ore richieste a ottobre (79,9 milioni), seguita dal commercio (19,5 milioni), dall'edilizia (10,8 milioni di ore) e dall'artigianato (7,8 milioni).

Tra settembre ed ottobre, le richieste di ore di cassa integrazione da parte delle aziende hanno registrato un aumento in tutti i principali rami di attività, ad eccezione dell'edilizia che ha subito una contrazione del 4,1%. L'incremento maggiore di ore richieste nell'artigianato (+96,2%), seguito dal commercio (+75,5%) edall'industria (+2,6%).

MA CHE E' SUCCESSO NEL 2014?Sono state quasi 1 miliardo, ricordaGuglielmo Loy, leore autorizzate di cassa integrazione nei primi 10 mesi dell'anno, di cui il 58% (543 milioni di ore) assorbito dalla straordinaria. Tra gennaio e ottobre, complessivamente, la cassa integrazione ordinaria ha raggiunto 210 milioni di ore. Discorso a parte si deve fare per le ore autorizzate della cassa in deroga il cui numero è fortemente condizionato sia dalla prolungata contrazione delle risorse disponibili, sia dell'effetto dei nuovi criteri, restrittivi, che il governo ha individuato nei mesi scorsi.

Nel 2014, mensilmente, la cassa integrazione sta contribuendo, comunque, a mantenere in vita 551 mila unità di lavoro delle qualicirca 109 mila tutelate dalla cassa in deroga (184,6 milioni di ore autorizzate). Realtà tutelate, appunto, grazie a questo specifico e emergenziale strumento, sottolinea Loy. Con questi dati si profila un coinvolgimento, con varia intensità, nell'amara esperienza della cassa integrazione, di oltre 1,5 milioni di persone, quasi il 10% dei lavoratori dipendenti del nostro Paese.

La necessaria terapia d'urto, fatta di lotta alla spesa pubblica impropria e non necessaria, la riduzione ancor più radicale delle tasse per chi ha reddito fisso, il recupero di risorse dalla lotta all'infedeltà fiscale, sgravi mirati e selettivi per le imprese che investono, mostra il passo. Nello stesso tempo la protezione per il "lavoro a rischio" si sta restringendo (minore copertura per la cassa e mobilita in deroga, già celermente e irresponsabilmente attuata dal Governo) o, peggio, si ridurrà se non si modificano gli intendimenti del Governo, descritti nel Jobs Act anche per l'assenza di un'adeguata copertura finanziaria per gli ammortizzatori sociali per il 2015.

E' sbagliato, e forse irresponsabile, conclude Guglielmo Loy, che nel pieno della tempesta che si sta abbattendo sull'occupazione si pensi di ridurre temporalmente ed economicamente lo strumento che fa da argine alla disoccupazione: la cassa integrazione in generale e quella straordinaria in particolare. Forse il Governo non si è reso conto, oppure vive nel pianeta delle fiabe, che proprio le richieste di Cassa Straordinaria sono in forte crescita come testimoniano i dati di ottobre.

Il Parlamento e il Governo farebbero bene a ripensare a questa scelta. Le Riforme funzionano se sono socialmente sostenibili, se migliorano le condizioni di vita di milioni di persone e se sono utili al sistema produttivo.

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