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Anche nel mese di settembre, continua a crescere la richiesta per la cassa integrazione nel nostro Paese.

In particolare, i picchi raggiunti dalla cassa integrazione straordinaria segnalano l'intensità della crisi del settore industriale manifatturiero che ha bisogno di interventi e investimenti mirati che non riusciamo a cogliere nell'azione del Governo e di cui non si vede traccia nella prossima Legge di stabilità.

È, inoltre, paradossale che proprio in questi giorni, in cui si discute della nuova riforma del mercato del lavoro, si stia immaginando di "razionalizzare", limitandone l'utilizzo, proprio questo strumento che permette di gestire la crisi garantendo occupazione e salario ai lavoratori.

Allo stesso tempo, continua a crescere la richiesta per la cassa integrazione in deroga, malgrado non siano ancora state stanziate le risorse necessarie che invece sono nella piena disponibilità del Governo.

Ma le maggiori preoccupazioni riguardano il taglio della durata degli interventi previsti dal recente decreto di riordino dei criteri di concessione degli ammortizzatori in deroga che determineranno la perdita per migliaia di lavoratori, in particolare nel mezzogiorno, dell'unica fonte di reddito, in mancanza di concrete possibilità di trovare una nuova occupazione.

In assenza di interventi specifici o di modifiche al decreto, volte a prorogare gli ammortizzatori in deroga, si verranno a creare situazioni in cui il profondo disagio sociale, in cui versano molte aree del Paese, si potrebbe trasformare in disperazione, con effetti difficilmente prevedibili.

 

Guglielmo Loy

Roma 24 ottobre 2014

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ECCO L'INTERVENTO DI GUGLIELMO LOY ALLA MANIFESTAZIONE ROMANA PER IL RIFINANZIAMENTO DELLA CIG IN DEROGA

"Oggi siamo qui per il lavoro. Il lavoro che è fatto di occupazione, possibilmente stabile, di formazione, di salario, di riqualificazione, ma è fatto anche di protezione sociale, perché nessuno ha la certezza che quel lavoro ci sarà per sempre e, se succede che un'azienda va in crisi, bisogna garantire una protezione sociale, un sussidio per chi in quel momento soffre, non per colpa sua, la crisi aziendale. Non c'è, quindi, alternativa, tra ammortizzatori sociali, cassa in deroga, mobilità in deroga e l'occupazione. E' un tutt'uno.

Un paese civile deve garantire tutto questo: più lavoro, più occupazione, più qualità del lavoro, meno precarietà, ma anche un sistema che protegga e tuteli le persone che sono in aziende che stanno in difficoltà. Questa non è assistenza, è modernità, è innovazione. Avere la garanzia che, durante la propria vita, si possa lavorare o che, se non si può lavorare, ci sia un sussidio, non ha niente a che fare con l'essere conservatori: è una cosa da paese civile. Noi dobbiamo garantire il salario, rinnovare i contratti, fare abbassare le tasse sul lavoro che sono ancora troppo alte, ma dobbiamo anche garantire un sistema che protegga il lavoro quando l'azienda va in difficola.

Ogni anno 4 milioni di persone in Italia ricevono aiuto dallo Stato. La crisi ha fatto moltiplicare questo numero. L'attuale sistema ha assicurato fino a oggi un livello decoroso, ma non è sicuro che sarà tale anche domani. Se 4 milioni di persone devono prendere un sussidio vuol dire che c'è un problema, innanzitutto, per loro e per le loro famiglie, ma c'è un problema anche per l'economia del Paese, perché se milioni di persone hanno pochi soldi, non spendono e non consumano.

E allora le cose devono cambiare, ma c'è qualcuno che le vuole fare cambiare in peggio e vuole ridurre questa protezione sociale, come se la crisi fosse passata, come se centinaia di aziende fossero tornate ad assumere le persone. Non è così. Quando piove ci si copre, si apre l'ombrello in attesa che riesca il sole. Non vogliamo arrivare al momento in cui uscirà il sole completamente bagnati: l'ombrello delle protezione sociale deve funzionare, deve coprirci dagli effetti della crisi. Noi vogliamo un sistema che non metta più le persone in mobilità, per anni, senza una prospettiva di lavoro, ma in questo momento, a quelle persone va garantito il sussidio.

Ci sono migliaia di persone in mobilità in deroga e non è possibile che questo strumento venga sostituito con il nulla: se non c'è una prospettiva di lavoro, questo strumento non è assistenza: è una questione di dignità e di civiltà per un paese normale.

Lo scorso mese in tutte le province, delegazioni sindacali hanno espresso al Prefetto, al rappresentante dello Stato cosa sta succedendo nella società. Qualcosa si è mosso, ancora non sappiamo in che direzione, però. Stamattina il ministro Poletti ha annunciato che al prossimo CDM metterà all'ordine del giorno il tema del finanziamento della deroga: bene, ma non ci fidiamo. Bene, perché sta ascoltando la piazza ed è segno di maturità, ma noi non ci fermiamo perché vogliamo capire cosa si scriverà in quel decreto: se ci scriverà che il 2013 sarà pagato a tutti quelli che sono andati  in cassa integrazione e mobilità e se si scriverà che il 2014 va garantito perché le regole in corsa non si cambiano. Non si può dire a una persona che lavora in un'azienda in crisi, e alla quale serve un anno per ristrutturarsi, che a fine agosto non potrà avere il sussidio perché bisogna ridurre la spesa. Queste regole si cambiano con calma, con gradualità, devono essere socialmente sostenibili e, se lo saranno, noi saremo i primi a dire: "lavoro e sussidi". Se si pensa, però, di fare cassa con gli ammortizzatori sociali così come si è fatto con le pensioni, allora non passeranno perché centinaia di migliaia di persone non possono restare in mezzo al guado: l'azienda licenza e non c'è lavoro nuovo.

Ecco perché, anche oggi, siamo qui. Siamo certi che queste manifestazioni faranno cambiare idea alla politica e agli italiani. Coraggio, ce la faremo".

Roma, 24 luglio 2014 (da Uil.it)

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Lunedì, 14 Luglio 2014 10:28

STUDIO UIL: FONDI STRUTTURALI EUROPEI 2007/2013

LA SPESA DEI FONDISTRUTTURALI EUROPEI 2007-2013:

a cura del Servizio Politiche Territoriali della UIL

AL 31 MAGGIO 2014 RENDICONTATO A BRUXELLES SOLO IL  56% DEL TOTALE DELLE RISORSE (26,7 MILIARDI DI EURO)

SU 52 PROGRAMMI BEN 19 NON RAGGIUNGONO GLI OBIETTIVI FISSATI

RESTANO DA SPENDERE ANCORA 21 MILIARDI DI EURO DI CUI 5 SONO A

FORTE RISCHIO RESTITUZIONE

Mentre la disoccupazione galoppa, la produzione industriale frena, le infrastrutture sono al palo, le uniche risorse certe per lo sviluppo, rappresentate dei Fondi Europei, registrano un impiego da "moviola".

Infatti, stante i dati dell'ultimo monitoraggio (31 maggio 2014), la spesa rendicontata alla Commissione Europea dal nostro Paese si attesta al 56% (26,7 miliardi di euro) sul totale delle risorse assegnate per il periodo 2007-2013 (47,7 miliardi di euro).

Ciò significa che da qui alla fatidica data di dicembre 2015, quando si chiude definitivamente il ciclo di programmazione, dobbiamo spendere ancora 21 miliardi di euro (poco meno di quanto speso nei 7 anni precedenti). Facendo alcuni calcoli e proiezioni, continuando con questo trend, si rischierebbe di dover restituire a Bruxelles  circa 5 miliardi di euro.

Questi dati sono il frutto di un'elaborazione del Servizio Politiche Territoriali della UIL, sul monitoraggio della spesa rendicontata al 31 maggio 2014.

Da tale monitoraggio emerge - spiega Guglielmo Loy - che  su 52 programmi operativi (nazionali, interregionali e regionali), che caratterizzano la programmazione di Fondi comunitari, al 31 maggio 2014, ben 13 di essi non hanno superato il target di spesa previsto; inoltre altri  6 programmi, pur essendo entro la soglia di tolleranza,  non hanno  raggiunto l'obiettivo.

In particolare - continua Loy - tra i programmi più a rischio ci sono i 4 programmi nazionali e interregionali(attrattori culturali; energia; governance e assistenza tecnica; legalità); i 2 programmi della Sicilia (FSE e FESR); 1 programma (FSE) della Calabria; 1 programma (FSE) dell'Abruzzo; 1 programma (FESR) del Lazio (in questa regione l'altro programma FSE è al limite della soglia di tolleranza); 1 programma (FESR) del Molise; 1 programma (FESR) della Sardegna; 1 programma (FSE) della Provincia Autonoma di Bolzano; 1 programma (FESR) della Provincia Autonoma di Trento.

Per quanto riguarda i singoli fondi, con riferimento al Fondo Sociale Europeo (FSE), che finanzia azioni per l'occupazione e istruzione e formazione, su un totale di 14,3 miliardi di euro, sono stati rendicontati a Bruxelles in totale 9,5 miliardi di euro (il 65,9%).

Per quanto riguarda il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), che sostiene programmi         d'investimento (incentivi alle imprese, ricerca e innovazione, infrastrutture, agenda digitale, energia, ecc), su un totale di finanziamento per il periodo 2007-2013 di 33,4 miliardi di euro, sono stati rendicontati 17,3 miliardi di euro (il 51,7%).

A livello regionale, in valori percentuali, 3 Regioni sono al di sotto della media nazionale (56%): si tratta della Campania che ha rendicontato il 36,5% del totale delle risorse, della Calabria che ha rendicontato il 43,1%, della Sicilia che ha rendicontato il 44,9%.

Restano ancora da spendere, quindi, 3,5 miliardi di euro (il 63,5%) per la Campania, 3,3 miliardi di euro (il 55,1%) per la Sicilia; 2,3 miliardi di euro (il 40%) per la Puglia; 1,6 miliardi di euro (il 56,9%) per la Calabria.

In valori assoluti, per i programmi nazionali e interregionali si devono ancora spendere 4,9 miliardi di euro (il 43%).

Dover restituire parte di queste importanti e vitali risorse a Bruxelles, sarebbe – conclude Loy - una vera e propria tragedia e un atto di autolesionismo da parte del Governo.

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Ecco l'ultima dichiarazione di Guglielmo Loy, Segretario confederale Uil, in merito alle direttive del Ministero del lavoro che suggerisce di non far fare accordi con richieste CIG superiori ad 8 mesi, come dire che la crisi aziendale o si supererà oppure produrrà disoccupati.

"Il ministero del lavoro, con una nota inviata alle Regioni, "suggerisce" di non far fare accordi per gestire le crisi aziendali con richieste di Cassa Integrazione in Deroga superiori ad 8 mesi per tutto il 2014. Come dire che la crisi aziendale o si supererà, entro tale periodo, oppure produrrà disoccupati. Il tutto senza nessuna regola o legge ancora ufficialmente emanata. Resta solo il timore che con queste indicazioni molte aziende rinuncino a "pianificare " la ripresa e decidano di avviare la fuoriuscita dal lavoro di migliaia di persone. Il ministero del Lavoro ritiri un atto sbagliato che incide su uno strumento, come la Cassa in Deroga, che ogni anno tutela, con varia intensità, oltre 350.000 lavoratori e al tempo stesso, invece, trovi le risorse necessarie per continuare a garantire un reddito a tutti i lavoratori e le lavoratrici colpiti dalla crisi".

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