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È una particolare modalità di pensionamento anticipato (cd. opzione donna) che consente alle lavoratrici di accedere al pensionamento con requisi più bassi risptto alle regole ordinarie, ma con un calcolo della pensione effettuato interamente con il metodo contributivo.

COME CAMBIA NEL 2021

La Legge di Bilancio ha esteso la platea delle donne che  possono beneficiarne. L'estensione riguarda le lavoratrici  nate nell'anno 1962, se dipendenti, e nell'anno 1961, se  autonome, a condizione, per entrambe, che abbiano raggiunto entro il 31 dicembre 2020 anche il requisito  contributivo di 35 anni utili per il diritto.

 

 

Requisito contributivo al 31/12/2020      dipendenti 35 anni      lavoratrici autonome 35 anni

Requisito anagrafico al 31/12/2020         58 anni                            59 anni

Finestra mobile                                            12 mesi                           18 mesi

 

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Una lavoratrice dipendente che ha compiuto 57 anni nel 2015, ha la possibilità di andare in pensione anticipata con l'Opzione Donna nel 2016, mentre invece non rientra nella fascia di età che potrebbe utilizzare le nuove misure di flessibilità in uscita in preparazione per il 2017, per esempio l'APE, l'anticipo pensionistico: quindi, se non va in pensione quest'anno, anche con la Riforma Pensioni in preparazione, potrebbe non avere altre finestre per almeno cinque o sei anni (il condizionale è d'obbligo, non si esclude che l'Opzione Donna venga prorogata anche nel 2017).

Vediamo comunque quali sono tutti gli elementi che la lavoratrice ha a disposizione per decidere fra Opzione Donna e APE, in base alle informazioni finora ad ora disponibili su questo nuovo strumento di flessibilità in uscita allo studio, sul quale si sta concentrando a prima fase del negoziato governo-sindacati sulla Riforma Pensioni. Il confronto è utile anche per valutare la differenza fra due strumenti per la pensione anticipata, uno già in essere e disponibile solo per le lavoratrici, l'altro allo studio, anche e soprattutto alla luce del dibattito sulla decurtazione della pensione.

Innanzitutto, identifichiamo la platea di lavoratrici interessate: l'Opzione Donna prevede 35 anni di contributi e 57 anni e tre mesi di età per le lavoratrici dipendenti, maturati entro il 31 dicembre 2015. In base alla Legge di Stabilità 2016, possono continuare ad accedere a questa forma di pensione anticipata le lavoratrici che hanno maturato il requisito entro la fine del 2015, anche se non hanno ancora presentato domanda. In pratica possono accedere all'Opzione Donna le lavoratrici nate entro il 30 settembre del 1958.

L'APE, anticipo pensionistico, invece, sarà utilizzabile a tre anni dalla pensione di vecchiaia, quindi a 63 anni e tre mesi, a partire dal 2017: riguarderebbe quindi, nel 2017 i lavoratori (uomini o donne, indifferentemente), nati dal 51 al '53, nel 2018 i nati nel 54, nel 2019 i nati nel 1955. Come si vede, la differenza di età è notevole, alle lavoratici con l'Opzione Donna viene offerta una possibilità di pensionamento con molti più anni di anticipo.

Ecco come questo gap si riflette sulla misura del taglio pensionistico: più consistente con l'Opzione Donna, che prevede un calcolo interamente contributivo della pensione, determinando di fatto un taglio intorno al 25-30% del trattamento pieno. In realtà, con il crescere dello stipendio aumenta anche il taglio che la pensione subisce: una lavoratrice che guadagna 60mila euro l'anno, scegliendo l'Opzione Donna può perdere fra il 35 e il 40% della pensione, sostituendo il sistema misto con quello puramente contributivo.

Con l'APE, invece, il taglio della pensione avviene in base a un meccanismo totalmente diverso: il lavoratore percepisce un trattamento, per gli anni che mancano alla pensione di vecchiaia, che rappresenta un anticipo pensionistico, che poi restituirà con un piano di ammortamento 20ennale. La decurtazione, quindi, dipende dall'importo dell'anticipo, che sale con gli anni di prepensionamento (che possono essere al massimo tre). Secondo i primi calcoli degli analisti, la penalizzazione massima, con tre anni di anticipo, è intorno al 20-25%. Attenzione, però, allo studio c'è anche un meccanismo di detrazioni che alleggerisce il pezo della decurtazione, fino ad azzerarla per i redditi più bassi. Sulla consistenza e la modulazione di queste detrazioni non si sa nulla di preciso, quindi non si possono fare calcoli.

Si può prendere però come riferimento un reddito medio alto, che con l'Opzione Donna subisce un taglio anche superiore al 30%, mentre con l'APE (ipotizzando uno scarso peso della detrazione applicabile) lo riduce intorno al 20%.

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Pensione Opzione Donna proroga al 2016: requisiti e condizioni

L'accesso alla pensione anticipata con il regime sperimentale Opzione Donna è stato prorogato dalla Legge di Stabilità 2016 anche per l'anno 2016.

Le donne che decideranno di optare per il regime sperimentale dovranno essere in possesso dei requisiti stabiliti oroginariamente dalla legge Fornero 2016 accettando come calcolo del proprio assegno pensionistico quello contributivo.

I requisiti di accesso all'opzione donna anche per il 2016 restano:

quello anagrafico, per le lavoratrici dipendenti sia del settore pubblico che del settore privato, richiesto è di 57 e 3 mesi mentre per le lavoratrici autonome 58 anni e 3 mesi

requisito contributivo: per tutte le lavoratrici sono richiesti 35 anni di contributi versati entro la data del 31 dicembre 2015.

L'assegno pensionistico sarà erogato tramite il criterio della finestra mobile che avviene:

- per le lavoratrici dipendenti del settore privato a 13 mesi dalla maturazione dei requisiti

- per le lavoratrici dipendenti del settore pubblico dal giorno successivo a quello di maturazione dei requisiti a cui devono essere aggiunti 12 mesi

- per le lavoratrici autonomi dal giorno successivo a quello di maturazione dei requisiti a cui devono essere aggiunti 18 mesi.

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Donne e previdenza: indagine conoscitiva sull'impatto in termini di genere della normativa previdenziale e sulle disparità esistenti in materia di trattamenti pensionistici tra uomini e donne

Audizione UIL - 23 novembre 2015

Camera dei Deputati

XI Commissione Lavoro Pubblico e Privato

Intervento di Domenico Proietti, Segretario Confederale UIL

La UIL ringrazia Codesta Commissione per l'invito a rappresentare le proprie osservazioni sull'impatto in termini di genere in materia di trattamenti previdenziali.

Innalzamento età pensionabile

La questione della sperequazione dei trattamenti previdenziali con particolare disomogeneità a discapito delle pensionate è uno dei principali temi da affrontare nel più ampio percorso di riorganizzazione ed adeguamento del sistema previdenziale.

Gli interventi operati nel 2011 dal Governo Monti, ed in particolare la Legge Fornero, sono stati una gigantesca operazione di cassa ai danni del sistema previdenziale italiano.

L'innalzamento dell'età pensionabile è sicuramente la misura che ha ingenerato la più ampia casistica di problematiche tra cui il caso esodati,l'eccessiva rigidità di accesso alla pensione, il blocco del turn over aziendale ed il caso quota 96 della scuola.

Le più colpite dalla Legge 214 del 2011 sono state le donne, le lavoratrici di tutti i settori che hanno visto salire in pochissimo tempo l'asticella dell'età per l'accesso alla pensione, le lavoratrici del settore pubblico, sono state le più penalizzate, per loro l'aumento è stato di oltre 4 anni in un solo step, mentre per le lavoratrici del settore privato ed autonome è stata mantenuta una curva, seppur molto ripida, che le porterà nel 2018 ad eguagliare l'età di accesso prevista per gli uomini.

Va ricordato che l'innalzamento dell'età pensionabile per le lavoratrici private era già previsto dal Governo Berlusconi con il D.L. 138 del 2011, anche se quella norma prevedeva un percorso di equiparazione più graduale che, partendo dal 2014, si sarebbe concluso nel 2026.

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Una maggiore flessibilità di accesso alla pensione

Per la UIL è necessario ed urgente avviare un processo di reintroduzione di una maggiore flessibilità di accesso al pensionamento, stabilendo un range di età tra i 63 ed i 70 entro il quale la lavoratrice o il lavoratore possano scegliere liberamente quando andare in pensione, senza penalizzazioni oltre quelle implicite nel sistema contributivo. Una flessibilità costruita principalmente sull'età anagrafica della lavoratrice e del lavoratore attenuerebbe il gap oggi presente; infatti, i dati INPS ci mostrano una fotografia molto precisa del nostro Paese.

Imporre dei requisiti contributivi troppo stringenti penalizza gravemente le lavoratrici, che solitamente hanno carriere lavorative più discontinue. Questo è ancora più evidente se consideriamo che solo il 36,8% delle pensioni di anzianità in essere sono erogate a donne, mentre per quanto riguarda i trattamenti di vecchiaia le donne sono il 79,5% (Grafico 1).

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Grafico 1: Fonte dati Rapporto Annuale Inps 2015

Imporre requisiti contributivi troppo stringenti continuerà ad avvantaggiare gli uomini. In questo contesto sarebbe altresì necessario rivedere il comma 7, art. 24, del DL 201 del 2011 al punto in cui prevede che l'importo minimo per l'accesso alla pensione di anzianità sia pari ad 1,5 volte l'assegno sociale. Questo limite colpisce in particolar modo le lavoratrici, la cui storia contributiva è spesso più frammentata, ed i lavoratori con redditi più bassi. Lasciando loro come unica opzione la pensione di vecchiaia, si discrimina di fatto una porzione di lavoratrici e lavoratori obbligandoli ad attende fin oltre il settantesimo anno di età per poter andare in pensione. Questa è una soglia fortemente ingiusta e penalizzante e per la UIL deve essere al più presto posto un correttivo.

Ricongiunzioni onerose

Oltre alle oggettive iniquità generate dall'attuale sistema normativo sull'accesso alla pensione, la storia contributiva delle lavoratrici e dei lavoratori viene resa ancora più frammentata dalle difficoltà, soprattutto economiche, per procedere al ricongiungimento di periodi lavorativi di diverse gestioni previdenziali.

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I costi molto elevati di tale operazione limitano le possibilità per le lavoratrici ed i lavoratori con redditi più bassi, che sono spesso quelle con carriere più discontinue, impedendo loro di fatto di unificare e valorizzare ai fini pensionistici la loro completa storia contributiva. Questo limite è reso ancora più gravoso, come già accennato, dalla soglia di importo minimo necessaria per percepire il trattamento di anzianità.

Il nostro sistema previdenziale è un sistema contributivo e per la UIL è inaccettabile che un lavoratore debba farsi carico della ricongiunzione di diversi periodi lavorativi. Vanno quindi al più presto individuati protocolli che rendano tale operazione automatica e gratuita per tutti i lavoratori affinché ogni contributo versato possa contribuire a formare il futuro assegno previdenziale del lavoratore.

Non cumulabilità congedo parentale – anni studio

Riteniamo altresì non coerente con il nostro sistema previdenziale l'attuale impossibilità di cumulare il riscatto per i periodi di congedo parentale con quelli relativi al corso legale del periodo di laurea. Questa interpretazione normativa discrimina lavoratrici e lavoratori. La posizione previdenziale è direttamente proporzionale alla contribuzione versata e per la UIL non deve esserci contingentamento alcuno che obblighi i cittadini a dover scegliere tra l'una o l'altra opzione.

La UIL ritiene, inoltre che sia necessario in Italia, prevedere una vera e propria contribuzione per i periodi di congedo per maternità e per la cura della famiglia, poiché siamo convinti che nel nostro Paese il vero welfare è quello familiare, e come tale non si devono penalizzare lavoratrici e lavoratori che decidono di dedicare parte del proprio tempo all'assistenza di familiari.

Revisione contribuzione per lavoratori domestici e settore agricolo

Per una maggiore efficienza e coerenza del sistema contributivo vanno apportate adeguate modifiche agli attuali sistemi di calcolo contributivo operando una decisa riorganizzazione delle tante, troppe, gestioni previdenziali.

Per una maggiore adeguatezza dei trattamenti futuri e per un più corretto calcolo delle anzianità contributive la UIL crede che, innanzitutto, si debba procedere con un deciso intervento sulle modalità di calcolo attualmente vigenti per il lavoro domestico, settore nel quale è prioritaria la presenza di donne. Il limite minimo di 24 ore settimanali, necessario per una totale copertura contributiva, è troppo stringente e penalizzante. Inoltre sarebbe più opportuno che la contribuzione corrispondesse al reale trattamento percepito e non più ad una retribuzione convenzionale.

Per quanto concerne lavoratrici e lavoratori che ancora appartengono al sistema previdenziale misto, è doveroso prevedere delle correzioni qualora si trovassero ad affrontare tale condizione lavorativa solo nella parte finale della carriera, al fine di non penalizzarli nel calcolo della quota retributiva del trattamento (basata sulle ultime retribuzioni).

Similmente si deve procedere ad una radicale revisione del sistema contributivo e previdenziale del fondo casalinghe, a contribuzione totalmente volontaria. Fondo che

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al momento prevede penalizzanti criteri di accesso e di calcolo del trattamento che ne limitano fortemente le potenzialità.

Nel settore agricolo, similmente a quello del lavoro domestico, per completare un anno contributivo è necessario che il lavoratore e la lavoratrice abbiano prestato almeno 270 giornate di lavoro. Porre un limite temporale nel sistema contributivo è penalizzante e non in linea con il sistema stesso. Per la UIL è necessario riconoscere ad ogni lavoratore ogni contributo versato, sia per il calcolo del trattamento previdenziale che per l'anzianità maturata.

Quota 96 penalizza particolarmente le donne

La UIL chiede al Governo che si dia al più presto una risposta ai Quota 96 della scuola, che colpisce particolarmente le donne, che nella scuola rappresentano la maggioranza dei lavoratori, che ancora dal 2011 attendono la possibilità di accedere alla pensione.

Opzione donna

L'opzione donna penalizza fortemente le donne in quanto prevede una decurtazione dell'assegno previdenziale che può arrivare anche al 30% del trattamento.

Essa non è assolutamente riconducibile all'idea di flessibilità di uscita proposta dalla UIL, ma rappresenta solo un'uscita di emergenza per situazioni particolari che le donne possono avere necessità di attivare.

Adeguatezza trattamenti

Il complesso di questi interventi, che la UIL si augura avvengano all'interno di una più ampia revisione del sistema previdenziale, farà sì che i futuri trattamenti possano essere maggiormente rispondenti alla reale storia contributiva delle lavoratrici. Ma per il sindacato la strada della parificazione passa anche attraverso la contrattazione ed attraverso le politiche di genere nel loro insieme.

La UIL è da sempre impegnata affinché nel nostro Paese venga eliminata ogni discriminazione e l'impegno del sindacato è costante per il conseguimento della parità di salario e, più in generale, per il conseguimento della totale parità di trattamento.

Previdenza complementare

Anche l'attuazione molto positiva del modello di previdenza complementare ha riguardato parzialmente le donne per le diverse tipologie di lavoro spesso frammentate e discontinue. È importante definire ed attuare una campagna di informazione istituzionale rivolta alle donne per sottolineare le opportunità dei fondi pensione.

Per la UIL è fondamentale rilanciare le adesioni alla previdenza complementare, ma al contempo bisogna sanare le disparità ancora esistenti tra i lavoratori del settore pubblico e privato. Ricordiamo che nel pubblico impiego vi è una forte presenza di lavoratrici che vengono così indirettamente penalizzate.

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CGIL, CISL e UIL di Alessandria  promuovono, a sostegno della modifica della legge Fornero, una mobilitazione delle  strutture territoriali.

Per CGIL CISL UIL è urgente un intervento strutturale di modifica della legge Fornero che abbassi l'età di accesso alla pensione, reintroducendo una vera flessibilità in uscita e intervenendo sui lavoratori precoci. Ciò anche per favorire il turn over, quindi per incrementare l'occupazione giovanile.

Va inoltre varata la settima salvaguardia per i lavoratori esodati e consentita l'applicazione dell'opzione donna, misure entrambe che non hanno bisogno di nuove coperture, così come vanno sanati alcuni tra i più macroscopici "errori" della legge Fornero.

Chiediamo per i pensionati la parità fiscale con il lavoro dipendente  e il recupero del danno subito dal blocco delle pensioni 2012/13.

CGIL CISL UIL INVITANO ALLA MOBILITAZIONE AD ALESSANDRIA

IL GIORNO 14 OTTOBRE  ALLE ORE 11.00

DAVANTI ALLA PREFETTURA – PIAZZA LIBERTA'

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Il Comitato regionale Inps del Piemonte ha preso in esame la richiesta del Comitato Opzione Donna proposto da varie realtà anche a livello locale in merito al pensionamento delle donne.

Il Comitato Opzione Donna aveva già avviato, nell'Ottobre 2014, una diffida formale all'Inps per ottenere lo stralcio delle Circolari sopra citate, preludio per un eventuale ricorso collettivo contro l'istituto. A tal riguardo l'istituto, si è cautelato precisando che le domande di pensione presentate dalle lavoratrici che maturano i requisiti anagrafici e contributivi nel corso del 2015, la cui decorrenza pertanto si colloca successivamente al 31.12.2015, non devono essere respinte bensì tenute in evidenza in attesa che si decida circa lo stralcio o meno delle Circolari sopra citate

Il allegato il documento dell'Inps regionale sull'argomento.

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