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Martedì, 05 Agosto 2014 09:34

Come, quanto e dove si assume: il 2013 l'anno più nero

L'occupazione (dipendente e non) si assesta, secondo le stime Istat intorno ai 22 milioni di persone (22.398.000). Dato, come drammaticamente noto, in calo e che ha provocato la perdita di circa 1 milione di posti di lavoro. Dato in quasi perfetta corrispondenza con la bassa crescita economica del Paese. Ma occorre capire
come si arriva al macro numero: ci aiuta a comprendere il percorso che ha portato a questo risultato la lettura, dinamica, di quanto, come e dove le imprese italiane, nonostante la crisi, avviino al lavoro le persone. Infatti dal 2008 tutte le imprese devono comunicare, al momento dall'inizio di un rapporto di lavoro, chi
e come una persona sta iniziando un lavoro (stessa cosa per il termine del lavoro).

2 numeri innanzitutto: nel2008, anno ancora non completamente investito dalla più grande e lunga crisi economica che ha colpito il paese, per quasi  11 milioni
di volte le aziende hanno avviato al lavoro una persona; nel 2013 ciò è avvenuto in (solo) 9 milioni di occasioni. Non si tratta di singole persone, ma di comunicazioni, poiché uno stesso lavoratore può essere avviato più volte nello stesso anno (in specie con i lavori a termine). Quindi il crollo si misura anche attraverso questi dati.

C'è, ovviamente, anche la questione della qualità degli avviamenti e se il "meno lavoro" che viene richiesto, abbia una intrinseca qualità in termini di stabilita
e continuità (contratti a tempo indeterminato e apprendistato): purtroppo, al contrario, come prevedibile, nel calo generale degli avviamenti cresce, in termini percentuali, l'incidenza del lavoro temporaneo: si passa dal 72,7%del 2008all' 80,9%del 2013.

Il 2014, dato più recente e riguardante il I trimestre, si apre all'insegna della conferma che 4 attivazioni su 5 (tempo determinato, collaborazioni, lavoro
a chiamata)  sono temporanee. Rimane altissima la quota dei contratti a termine che sviluppano una quota 66.8%.

Aumenta costantemente negli anni di crisi  il numero delle attivazioni rigurdanti la stessa persona: si passa 1.64 (2009) attivazioni a persona a 1.78 (2013)
e ciò  indica l'aumento della temporaneità del lavoro che rischiera' di espandersi ulteriormente con l'ennesima innovazione normativa (Decreto Poletti) che "facilità" assunzioni a termine. In sostanza aumentano gli avviamenti atermine ma calano le persone interessate.

Nel 2013 è nel Lazio che si concentra il maggior numero di attivazioni (1,4 mln)e proprio in questo anno avviene il sorpasso sulla Lombardia che con oltre  1,3 mln. di rapporti scende al 2° posto, segue in questa classifica la Pugliacon circa 1 mln. di attivazioni. Ma anche a livello regionale si può sottolineare la "fragilità" di questi rapporti di lavoro; infatti sono ilLazio e la Puglia le Regioni più flessibili  e ciò si evince dal numero medio di attivazioni per singolo lavoratore (oltre 2
attivazioni/anno per lavoratore).

Ma una analisi di come si sta manifestando l'effetto della crisi sull'occupazione sarebbe incompleta senza il comprendere il come e quanto cessano i rapporti di lavoro.  Nel2013 si sono chiusi 9,8 mln. di rapporti di lavoro con un saldo negativo rispetto alle attivazioni di  oltre157.000.
Oltre la metà delle cessazioni ha rigurdato i lavoratori sotto i 44 anni e la cessazione del "termine" è stato il motivo principale della chiousura dei rapporti di lavoro (65%) e  1/3dei rapporti cessati è durato al massimo 1 mese. Le Regioni con il più alto tasso di "fine lavoro" restanoLazio, Lombardia e Puglia a conferma della forte quota di lavoro fragile in queste realtà.

Colpiscono su questo tema 2 dati: il primo che alla faccia di chi sostiene che in Italia è difficile licenziare, il numero di rapporti di lavoro cessati per volontà  dalle aziende:927.175. Il secondo è il calo vertiginoso delle dimissioni  (- 400.000 in 2 anni) dovuto principalmente al blocco sostanziale dei pensionamenti (legge Fornero) e ad una stretta normativa sulle dimissioni in bianco.

Guglielmo Loy

Segretario Confederale UIL

 

 

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