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Donne e previdenza: indagine conoscitiva sull'impatto in termini di genere della normativa previdenziale e sulle disparità esistenti in materia di trattamenti pensionistici tra uomini e donne

Audizione UIL - 23 novembre 2015

Camera dei Deputati

XI Commissione Lavoro Pubblico e Privato

Intervento di Domenico Proietti, Segretario Confederale UIL

La UIL ringrazia Codesta Commissione per l'invito a rappresentare le proprie osservazioni sull'impatto in termini di genere in materia di trattamenti previdenziali.

Innalzamento età pensionabile

La questione della sperequazione dei trattamenti previdenziali con particolare disomogeneità a discapito delle pensionate è uno dei principali temi da affrontare nel più ampio percorso di riorganizzazione ed adeguamento del sistema previdenziale.

Gli interventi operati nel 2011 dal Governo Monti, ed in particolare la Legge Fornero, sono stati una gigantesca operazione di cassa ai danni del sistema previdenziale italiano.

L'innalzamento dell'età pensionabile è sicuramente la misura che ha ingenerato la più ampia casistica di problematiche tra cui il caso esodati,l'eccessiva rigidità di accesso alla pensione, il blocco del turn over aziendale ed il caso quota 96 della scuola.

Le più colpite dalla Legge 214 del 2011 sono state le donne, le lavoratrici di tutti i settori che hanno visto salire in pochissimo tempo l'asticella dell'età per l'accesso alla pensione, le lavoratrici del settore pubblico, sono state le più penalizzate, per loro l'aumento è stato di oltre 4 anni in un solo step, mentre per le lavoratrici del settore privato ed autonome è stata mantenuta una curva, seppur molto ripida, che le porterà nel 2018 ad eguagliare l'età di accesso prevista per gli uomini.

Va ricordato che l'innalzamento dell'età pensionabile per le lavoratrici private era già previsto dal Governo Berlusconi con il D.L. 138 del 2011, anche se quella norma prevedeva un percorso di equiparazione più graduale che, partendo dal 2014, si sarebbe concluso nel 2026.

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Una maggiore flessibilità di accesso alla pensione

Per la UIL è necessario ed urgente avviare un processo di reintroduzione di una maggiore flessibilità di accesso al pensionamento, stabilendo un range di età tra i 63 ed i 70 entro il quale la lavoratrice o il lavoratore possano scegliere liberamente quando andare in pensione, senza penalizzazioni oltre quelle implicite nel sistema contributivo. Una flessibilità costruita principalmente sull'età anagrafica della lavoratrice e del lavoratore attenuerebbe il gap oggi presente; infatti, i dati INPS ci mostrano una fotografia molto precisa del nostro Paese.

Imporre dei requisiti contributivi troppo stringenti penalizza gravemente le lavoratrici, che solitamente hanno carriere lavorative più discontinue. Questo è ancora più evidente se consideriamo che solo il 36,8% delle pensioni di anzianità in essere sono erogate a donne, mentre per quanto riguarda i trattamenti di vecchiaia le donne sono il 79,5% (Grafico 1).

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Grafico 1: Fonte dati Rapporto Annuale Inps 2015

Imporre requisiti contributivi troppo stringenti continuerà ad avvantaggiare gli uomini. In questo contesto sarebbe altresì necessario rivedere il comma 7, art. 24, del DL 201 del 2011 al punto in cui prevede che l'importo minimo per l'accesso alla pensione di anzianità sia pari ad 1,5 volte l'assegno sociale. Questo limite colpisce in particolar modo le lavoratrici, la cui storia contributiva è spesso più frammentata, ed i lavoratori con redditi più bassi. Lasciando loro come unica opzione la pensione di vecchiaia, si discrimina di fatto una porzione di lavoratrici e lavoratori obbligandoli ad attende fin oltre il settantesimo anno di età per poter andare in pensione. Questa è una soglia fortemente ingiusta e penalizzante e per la UIL deve essere al più presto posto un correttivo.

Ricongiunzioni onerose

Oltre alle oggettive iniquità generate dall'attuale sistema normativo sull'accesso alla pensione, la storia contributiva delle lavoratrici e dei lavoratori viene resa ancora più frammentata dalle difficoltà, soprattutto economiche, per procedere al ricongiungimento di periodi lavorativi di diverse gestioni previdenziali.

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I costi molto elevati di tale operazione limitano le possibilità per le lavoratrici ed i lavoratori con redditi più bassi, che sono spesso quelle con carriere più discontinue, impedendo loro di fatto di unificare e valorizzare ai fini pensionistici la loro completa storia contributiva. Questo limite è reso ancora più gravoso, come già accennato, dalla soglia di importo minimo necessaria per percepire il trattamento di anzianità.

Il nostro sistema previdenziale è un sistema contributivo e per la UIL è inaccettabile che un lavoratore debba farsi carico della ricongiunzione di diversi periodi lavorativi. Vanno quindi al più presto individuati protocolli che rendano tale operazione automatica e gratuita per tutti i lavoratori affinché ogni contributo versato possa contribuire a formare il futuro assegno previdenziale del lavoratore.

Non cumulabilità congedo parentale – anni studio

Riteniamo altresì non coerente con il nostro sistema previdenziale l'attuale impossibilità di cumulare il riscatto per i periodi di congedo parentale con quelli relativi al corso legale del periodo di laurea. Questa interpretazione normativa discrimina lavoratrici e lavoratori. La posizione previdenziale è direttamente proporzionale alla contribuzione versata e per la UIL non deve esserci contingentamento alcuno che obblighi i cittadini a dover scegliere tra l'una o l'altra opzione.

La UIL ritiene, inoltre che sia necessario in Italia, prevedere una vera e propria contribuzione per i periodi di congedo per maternità e per la cura della famiglia, poiché siamo convinti che nel nostro Paese il vero welfare è quello familiare, e come tale non si devono penalizzare lavoratrici e lavoratori che decidono di dedicare parte del proprio tempo all'assistenza di familiari.

Revisione contribuzione per lavoratori domestici e settore agricolo

Per una maggiore efficienza e coerenza del sistema contributivo vanno apportate adeguate modifiche agli attuali sistemi di calcolo contributivo operando una decisa riorganizzazione delle tante, troppe, gestioni previdenziali.

Per una maggiore adeguatezza dei trattamenti futuri e per un più corretto calcolo delle anzianità contributive la UIL crede che, innanzitutto, si debba procedere con un deciso intervento sulle modalità di calcolo attualmente vigenti per il lavoro domestico, settore nel quale è prioritaria la presenza di donne. Il limite minimo di 24 ore settimanali, necessario per una totale copertura contributiva, è troppo stringente e penalizzante. Inoltre sarebbe più opportuno che la contribuzione corrispondesse al reale trattamento percepito e non più ad una retribuzione convenzionale.

Per quanto concerne lavoratrici e lavoratori che ancora appartengono al sistema previdenziale misto, è doveroso prevedere delle correzioni qualora si trovassero ad affrontare tale condizione lavorativa solo nella parte finale della carriera, al fine di non penalizzarli nel calcolo della quota retributiva del trattamento (basata sulle ultime retribuzioni).

Similmente si deve procedere ad una radicale revisione del sistema contributivo e previdenziale del fondo casalinghe, a contribuzione totalmente volontaria. Fondo che

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al momento prevede penalizzanti criteri di accesso e di calcolo del trattamento che ne limitano fortemente le potenzialità.

Nel settore agricolo, similmente a quello del lavoro domestico, per completare un anno contributivo è necessario che il lavoratore e la lavoratrice abbiano prestato almeno 270 giornate di lavoro. Porre un limite temporale nel sistema contributivo è penalizzante e non in linea con il sistema stesso. Per la UIL è necessario riconoscere ad ogni lavoratore ogni contributo versato, sia per il calcolo del trattamento previdenziale che per l'anzianità maturata.

Quota 96 penalizza particolarmente le donne

La UIL chiede al Governo che si dia al più presto una risposta ai Quota 96 della scuola, che colpisce particolarmente le donne, che nella scuola rappresentano la maggioranza dei lavoratori, che ancora dal 2011 attendono la possibilità di accedere alla pensione.

Opzione donna

L'opzione donna penalizza fortemente le donne in quanto prevede una decurtazione dell'assegno previdenziale che può arrivare anche al 30% del trattamento.

Essa non è assolutamente riconducibile all'idea di flessibilità di uscita proposta dalla UIL, ma rappresenta solo un'uscita di emergenza per situazioni particolari che le donne possono avere necessità di attivare.

Adeguatezza trattamenti

Il complesso di questi interventi, che la UIL si augura avvengano all'interno di una più ampia revisione del sistema previdenziale, farà sì che i futuri trattamenti possano essere maggiormente rispondenti alla reale storia contributiva delle lavoratrici. Ma per il sindacato la strada della parificazione passa anche attraverso la contrattazione ed attraverso le politiche di genere nel loro insieme.

La UIL è da sempre impegnata affinché nel nostro Paese venga eliminata ogni discriminazione e l'impegno del sindacato è costante per il conseguimento della parità di salario e, più in generale, per il conseguimento della totale parità di trattamento.

Previdenza complementare

Anche l'attuazione molto positiva del modello di previdenza complementare ha riguardato parzialmente le donne per le diverse tipologie di lavoro spesso frammentate e discontinue. È importante definire ed attuare una campagna di informazione istituzionale rivolta alle donne per sottolineare le opportunità dei fondi pensione.

Per la UIL è fondamentale rilanciare le adesioni alla previdenza complementare, ma al contempo bisogna sanare le disparità ancora esistenti tra i lavoratori del settore pubblico e privato. Ricordiamo che nel pubblico impiego vi è una forte presenza di lavoratrici che vengono così indirettamente penalizzate.

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