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La Regione Piemonte chiederà al Governo e all'Istituto Superiore di Sanità la proroga della sospensione dell'attività didattica anche per la nostra regione, fino alla giornata di sabato 7 marzo. Inoltre è prevista per venerdì 6 marzo un nuovo incontro per fare il punto della situazione per la settimana successiva

In attesa della relativa ordinanza ministeriale, come UILTuCS UIL congiuntamente alla FILCAMS CGIL abbiamo chiesto alle aziende operanti nel settore mense scolastiche, al Comune di Alessandria e al Comune di Valenza un incontro urgente per definire le misure di sostegno al reddito per le lavoratrici e i lavoratori impegnati negli appalti mense. Restiamo quindi a disposizione per l'eventuale attivazione degli ammortizzatori sociali già in essere in attesa delle misure che il Governo metterà in campo a seguito dell'emergenza coronavirus.

Pubblicato in Notizie: UILTuCS

La giornata di oggi è stato determinante per i lavoratori e il sindacato. Si è voluta porre l'attenzione sull'imminente scadenza degli ammortizzatori sociali, a inizio autunno, che comporta, salvo deroghe da parte della Regione, uno spropositato numero di licenziamenti. 500/600 persone che lavorano in importanti aziende del settore metalmeccanico della Provincia, come Cerutti di Casale Monferrato, KME di Serravalle, Bundy di Borghetto Borbera e Drathzug Stein di Conzano rischiano il posto di lavoro e questo è un vero dramma che i sindacati ancora una vola denunciano per scongiurare un'emergenza sociale importante. L'appello è alla politica. All'incontro hanno preso parte anche politici rappresentanti di Istituzioni come Comuni, Provincia, onorevoli. Sono intervenute ache le associazioni datoriali, API e Confindustria Alessandria.

FIM, FIOM e UILM Alessandria hanno illustrato in una dettagliata relazione come stanno le cose, quali sono i tempi e i margini di intervento. La situazione è scottante e urgente.

Sono intervenuti i delegati di questi quattro aziende, per ricordare la loro storia in azienda, le difficoltà che hanno subito, i sacrifici fatti e la necessità di mantenere i posti di lavoro.

Federico Fornaro, onorevole. "a Roma non c' è percezione di quanto questa situazione sia grave e urgente. Ci vorrebbe un incontro come quello di oggi su scala nazionale. Politiche attive, tema complesso, ma determinante. Bisogna prendere esempio da Paesi stranieri. Bisogna inoltre capire su quali settori l'Italia deve puntare. Industria 4.0, serve intervenire sul fronte occupazionale. Urge alzare il livello Dell attenzione sulla fine degli ammortizzatori sociali, a livello confederale e nazionale".

"Non so cosa c è fuori, ma stiamo uniti". Questa la citazione che sembra ben rappresentare la situazione è il momento, in vista di quanto prevede la normativa. Servono politiche attive, formazione e altro ancora. I centri per l'impiego servono a superare questa crisi, che dura ormai da 10 anni. Il debito del Paese continua ad aumentare, il nostro Paese è poco credibile oltre confine. Tante aziende hanno bisogno di tempo per ristrutturarsi, non bastano 3 anni. Basterebbe aggiungere la parola solidarietà alla cassa integrazione straordinaria, questa la proposta di Fabrizio Grossi di Confindustria, intervenuto al dibattito.

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Nel corso dei confronti con il Ministero del Lavoro, tenuti in preparazione della legge di bilancio, Cgil-Cisl-Uil hanno insistentemente richiesto di cambiare e correggere le attuali norme che regolano gli ammortizzatori sociali e le politiche attive.

Come è noto, i Decreti attuativi del Jobs Act hanno ridotto le tipologie e la durata degli ammortizzatori, hanno reso le procedure più farraginose e contorte, hanno aumentato i costi della Cig e ridotto quello dei licenziamenti.

La filosofia di tutta la riforma del mercato del lavoro puntava a una riduzione delle protezioni, in costanza di rapporto di lavoro, a favore del potenziamento delle politiche attive che avrebbero garantito il passaggio da posto a posto di lavoro e migliore occupabilità alle persone disoccupate.

La realtà sta dimostrando la fragilità di questa filosofia pensata a tavolino fuori dal contesto economico, produttivo e occupazionale che sta vivendo il nostro paese.Ad oggi, il potenziamento delle politiche attive è rimasto un mero annuncio.

Proprio per questo chiediamo per gli ammortizzatori sociali i seguenti interventi:

Sblocco immediato dei fondi residui della cassa in deroga,

Risorse già assegnate alla Regione Piemonte ma non ancora rese concretamente fruibili per ritardi e continui cambi di regole e procedure burocratiche. Centinaia di lavoratrici/ori aspettano da mesi di riscuotere 4.000 euro di sostegno al reddito e non possiamo utilizzare i  circa 8 milioni già destinati a cantieri lavoro in favore di persone che potrebbero raggiungere i requisiti pensionistici;

Un Fondo Integrazione Salariale vero.

la modifica delle norme sul FIS (fondo di integrazione salariale che avrebbe dovuto sostituire la cassa in deroga ed i contratti di solidarietà di tipo B), in particolare:

il tetto aziendale per le prestazioni deve rimanere pari a 10 volte l'ammontare dei contributi versati dall'azienda (oggi è previsto un decalage che lo porta a 4 volte);

b)  i limiti di utilizzo per ogni singola impresa devono azzerarsi nell'arco del biennio mobile (oggi le risorse utilizzate per la prima prestazione continuano a essere conteggiate

riducendo la capienza delle successive richieste). Non azzerando mai il conteggio, le

aziende non hanno la capienza per ricorrere al Fis e licenziano;

garantire anche alle imprese con meno di 15 dipendenti, oggi escluse, la possibilità di ricorso all'assegno ordinario che consente una gestione più simile alla cigo;

rivedere i criteri e le procedure previste dall'Inps per accedere alle prestazioni che non corrispondono alle condizioni delle piccole imprese;

prevedere per il Fis e i fondi bilaterali il pagamento degli assegni familiari.

Tutele per le microimprese.

Dotare di ammortizzatori sociali le imprese sino a 5 dipendenti, oggi prive di qualunque protezione, salvo per quelle artigiane che hanno costituito uno specifico fondo bilaterale.

La crisi non è finita: flessibilizzare la cassa straordinaria.

Per la cassa integrazione straordinaria occorre:

a) prorogarne la durata, almeno per i casi più complessi o con forti ricadute occupazionali. La forte riduzione della durata della cigs non tiene conto dei processi di riorganizzazione e ristrutturazione produttiva e occupazionale che sono in corso e ci saranno nel prossimamente nel nostro sistema produttivo;

b) rendere più flessibile il calcolo dei 24 mesi di utilizzo nell'arco del quinquennio mobile (nuovo calcolo introdotto dal jobs act che limita fortemente l'utilizzo rispetto al passato);

c) ridurre il costo della cig intervenendo sulle aliquote o sulla base di calcolo del contributo addizionale;

Conoscere le situazioni locali e dare risorse mirate.

Non si tratta di ripristinare la precedente struttura degli ammortizzatori sociali, ma di aiutare la transizione verso il nuovo sistema con i correttivi, attraverso lo stanziamento di  nuove risorse (anche reperibili da residui di fondi stanziati per altri provvedimenti), da assegnare alle Regioni per far fronte alle criticità presenti nei singoli territori.

Pur in presenza di una timida ripresa, sono ancora numerose le imprese interessate da cessate attività o procedure concorsuali, (per loro niente cassa integrazione), così come sono numerosi i lavoratori che hanno terminato mobilità e Naspi e non hanno trovato lavoro.

Le Regioni devono avere risorse e flessibilità normativa per dare risposte (cig in deroga e mobilità/naspi in deroga) alle specifiche realtà, legandole a misure di politica attiva anche finanziate con il fondo sociale europeo, come si sta accingendo a fare la regione Piemonte;

Occorre modificare la Naspi per gli stagionali che dal jobs act hanno avuto forti penalizzazioni rispetto alla situazione precedente

E' necessario disporre di cig anche per i tempi indeterminati in agricoltura, inoltre deve essere modificata e rafforzata l'Asdi.

è necessario sospendere e posticipare la norma che prevede il tetto massimo dell'80% delle ore lavorabili per la cigs in casi di riorganizzazione e crisi aziendali.

Su questi temi il confronto con il Ministero ha registrato alcune disponibilità, ma restano ancora molti nodi da sciogliere e alcune contrarietà da superare.

Per alcune misure servono modifiche legislative che devono essere inserite in legge di Bilancio, idem per le risorse aggiuntive, mentre per correggere alcune distorsioni basterebbero circolari applicative di INPS/Ministero con interpretazioni autentiche meno restrittive.

Aiutare chi perde e cerca lavoro.

Se vogliamo attivare e rafforzare le necessarie politiche attive, occorre che la legge di bilancio assegni il personale dei Centri per l'Impiego alle Regioni (oggi sono dipendenti delle province in avvalimento - una sorta di distacco - alle regioni) e dia certezze di risorse strutturali per il personale occupato, per la stabilizzazione dei precari e per il potenziamento degli organici.

Da oltre un anno vengono promesse 1.600 nuove assunzioni a livello nazionale da sostenere anche con le risorse del PON, senza mai concretizzarle, mentre i centri per l'impiego rimasti in un limbo istituzionale non riescono a svolgere le funzioni loro assegnate dallo stesso jobs act per carenza di  organico e di personale qualificato.

I Centri per l'Impiego devono svolgere un ruolo centrale dentro a un sistema unitario nazionale che garantisca un livello di prestazioni di qualità alle/ai disoccupate/i.

In questo contesto la sperimentazione dell'assegno di ricollocazione ha dimostrato la sua forte criticità e scarsa efficacia, in Piemonte e nel resto del paese. Ci pare poco oculato non riflettere e non costruire modifiche condivise alla luce di ciò che non ha funzionato, prima di procedere alla messa a regime dello strumento.

In particolare, oltre al potenziamento dei centri per l'impiego è necessario:

definire livelli essenziali delle prestazioni;

strutturare un sistema informatico unitario che garantisca il passaggio dei dati dalle Regioni al centro garantendo il riconoscimento delle professionalità e competenze acquisite da coloro che sono stati coinvolti in misure di politica attiva;

deve essere definito, in accordo con le regioni, cosa si deve intendere per congrua offerta di lavoro, tenendo conto delle professionalità e competenze dei singoli, della qualità anche in termini di durata dell'offerta lavorativa, della distanza dal luogo di lavoro, della retribuzione che deve essere rapportata alla Naspi iniziale. La stessa condizionalità dovrà tenere presente questi criteri per evitare di essere uno strumento punitivo ed incentivare invece i percorsi professionalizzanti;

occorre definire un sistema di accreditamento per i servizi al lavoro privati che si candidano a gestire misure di politica attiva decise e finanziate a livello nazionale.

Mercato del lavoro     Cgil Cisl Uil Piemonte

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Dai rapporti INPS emerge quello che da tempo segnaliamo: una lenta ripresa occupazionale frutto però di profonde contraddizioni. Da una parte ci sono imprese "sane" che assumono, ma con prudenza - come dimostrato dalla sostanziale staticità degli avviamenti a tempo indeterminato e da una prevalenza dei contratti a termine che continuano a crescere - dall'altra parte sembra ci sia ancora in atto una selezione darwiniana delle imprese, con parte del sistema produttivo in difficoltà. A maggio, infatti, dopo mesi di calo, risale la domanda di cassa integrazione straordinaria (+99,2%9) e ordinaria (+45%) a cui andrebbero aggiunte le ore richieste al Fondo di Integrazione Salariale (16,3 mln) delle quali, ad oggi, ne sono state autorizzate solo il 44,7% anche a causa dei ritardi nella lavorazione, che superano i  200 giorni.

Dati, questi, che in generale  portano  a considerare questi ammortizzatori  un vero argine ai licenziamenti che, di converso,  nel primo quadrimestre diminuiscono soprattutto tra quelli per motivi economici. Resta, quindi, necessaria una rapida scelta politica che riconosca l'urgenza di non ridurre la protezione sociale e che,  nel contempo, affronti con coraggio e risorse la questione del rafforzamento della rete delle politiche attive, come unico  strumento per la ricollocazione delle persone espulse dal sistema produttivo.

Roma, 23 Giugno 2017

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Mercoledì, 09 Novembre 2016 10:57

Ammortizzatori in deroga: nota UIL

Come anticipato con la nostra mail del 13 ottobre scorso, il Ministero del Lavoro, a seguito della entrata in vigore del D.lgs. 185/2016, ha pubblicato la seconda circolare, la n° 34 del 4/11/2016, che fornisce i chiarimenti operativi in materia di ammortizzatori sociali in deroga in relazione alle novità intervenute a seguito dell'introduzione, all'art. 44 del D.lgs. 148/2015, del comma 6 bis che riportiamo di seguito:

1) dopo il comma 6 è inserito il seguente:

«6-bis. Con riferimento ai trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, anche in deroga alla legislazione vigente,  le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono disporre nell'anno 2016 l'utilizzo delle risorse ad esse attribuite in misura non superiore al 50 per cento anche in deroga ai criteri di cui agli articoli 2 e 3 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 1° agosto 2014, n. 83473 .....»

Come accennato nella nostra precedente comunicazione, la lettura che il Ministero dà del comma 6 bis è improntata, anche attraverso uno specifico parere dell'Avvocatura dello Stato, alla massima flessibilità di utilizzo del 50% delle risorse disponibili per gli ammortizzatori in deroga, con esclusione di quelle già decretate, rinvenibili nel triennio 2014/2016.

Pertanto nel limite del 50% di tali risorse (di cui troverete una tabella riassuntiva all'interno della circolare) ovvero, oltre tale limite, utilizzando risorse proprie delle Regioni o risorse rinvenienti da riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007/2013, si potranno finanziare interventi  non tenendo conto dei criteri previsti agli articoli 2 e 3 del Decreto n° 83473/2014 (limiti di concessione della Cig e della mobilità in deroga).

Tali interventi dovranno, "preferibilmente" , interessare le aree di crisi industriale complessa o potranno realizzare azioni di politica attiva del lavoro, ma nella generalità dei casi potranno essere utilizzati per integrazioni salariali e mobilità in deroga.

In particolare si dà l'opportunità alle Regioni di utilizzare il 50% delle risorse assegnate per il triennio 2014/2016 (al netto di quelle già decretate)  a "chiusura di tutte le situazioni ancora pendenti, indipendentemente dall'anno di finanziamento di riferimento" .

A tale proposito, anche con lo scopo di quantificare correttamente le risorse disponibili, i provvedimenti relativi ad eventi precedenti l'anno 2016 dovranno essere decretati al più presto, vista la brevissima scadenza indicata dalla circolare: 30 novembre 2016.

Invece per i trattamenti relativi al 2016 e comunque iniziati ed autorizzati entro la fine del corrente anno, le Regioni avranno tempo per la relativa decretazione fino al 31 dicembre 2017.

Una ulteriore "flessibilità" interpretativa è rappresentata dalla possibilità che i provvedimenti autorizzati, "nell'anno 2016", possano avere durate che superino la data del 31 dicembre ,  che era stata indicata dalla Legge 92/2012 quale data ultima per la fruizione degli ammortizzatori in deroga.

Infine, sempre sulla falsariga di questa interpretazione della norma la circolare delinea la possibilità di utilizzo dei trattamenti in deroga la cui decorrenza sia successiva alla data del 31 dicembre 2016, purché siano consecutivi alla fruizione di precedenti trattamenti ordinari  ed i cui provvedimenti di concessione siano stati autorizzati entro la data del 31 dicembre 2016.

In conclusione la circolare mette a disposizione delle Regioni e delle parti sociali ampi spazi di manovra che, nel limite del 50% delle risorse non ancora utilizzate nel triennio, potranno permettere di sanare situazioni pregresse, sia nell'ordinarietà dei casi che nelle aree di crisi industriale complessa, sia attraverso la Cig in deroga che con la mobilità.

Roma 8 novembre 2016

Il Segretario Confederale UIL                                                                                                                         (Guglielmo Loy)

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Mercoledì, 02 Novembre 2016 10:48

V° Rapporto UIL sugli Ammortizzatori sociali

In allegato vi trasmettiamo IL V° RAPPORTO UIL SUGLI AMMORTIZZATORI ed una sintesi dello stesso studio.

Con questo studio abbiamo voluto analizzare l'andamento 2014, 2015 (elaborazione da dati ufficiali INPS) e, TRAMITE UNA PRIMA ANALISI  (nostre proiezioni), IL QUADRO DEL 2016.

Nello Studio potrete trovare la specifica su quanti sono i beneficiari, il costo, l'ammontare dei contributi versati ed una verifica in ogni Regione di quanti siano i lavoratori coinvolti.

Fraterni saluti.

 

LA PROTEZIONE SOCIALE NEL E PER IL LAVORO 2015-2016

V Rapporto sugli ammortizzatori sociali

UIL - Servizi Politiche Territoriali e del Lavoro

I BENEFICIARI, IL COSTO E LE ENTRATE DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI

Presentazione

A distanza di più di un anno dalla entrata in vigore delle novità introdotte con la riforma del sistema di tutele al reddito, in materia di disoccupazione involontaria (D.lgs. 22/2015) e cassa integrazione guadagni (D.lgs. 148/2015) e a ridosso della "scomparsa", a partire dal 1° gennaio 2017, dal nostro ordinamento, di istituti storici come l'indennità di mobilità e di interventi straordinari come gli ammortizzatori sociali in deroga, la UIL, con questa analisi, vuole far emergere quale impatto hanno avuto le riforme sul nostro sistema d'impresa ed, in particolare, quali sono stati i riflessi sulle lavoratrici e sui lavoratori e, più in generale, sul nostro mercato del lavoro.

Un'analisi che avremmo voluto condividere con chi le norme le ha redatte, discusse ed approvate, attraverso un confronto serio e ragionato privo di ogni condizionamento ideologico, fermo restando il comune obiettivo di una estensione delle tutele ai soggetti ed ai settori che ne erano privi, attraverso la costruzione di un sistema basato sull'equità e sulla solidarietà, capace di sostenere ed accompagnare gradualmente il Paese fuori dalle "secche" in cui è stato trascinato dalla lunga crisi economica che ha interessato tutto il nostro Continente.

Diciamo questo perché con la recente approvazione del D.lgs.185/2016, indicato come correttivo del Jobs Act, non si è realmente fatto un monitoraggio delle tante, e forse troppe, misure ed interventi contenuti negli otto decreti legislativi che compongono il Jobs Act: si è invece frettolosamente cercato di tamponare alcune delle più macroscopiche e negative tendenze emerse nel corso dei primi mesi di reale applicazione delle norme e, prime tra tutte, le storture venutesi a creare con l'ulteriore deregolamentazione dei voucher e alcuni degli aspetti più urgenti proprio in tema di ammortizzatori sociali.

Non a caso, proprio in tema di ammortizzatori, la parte più corposa del provvedimento riguarda misure che cercano, attraverso interventi temporanei, di dare maggiore flessibilità di intervento in materia sia di Naspi per gli stagionali (solo per i settori turismo e terme) che di cassa integrazione straordinaria ed, in particolare, per le aree di crisi industriale complessa.

Interventi, quelli contenuti nel D.lgs. 185/2016, che si sono resi necessari perché in tema di integrazioni salariali straordinarie il quadro normativo di riferimento è fortemente mutato rispetto al passato e ritroviamo accanto alla riduzione delle durate massime, un forte aumento della contribuzione addizionale ed una riduzione delle causali di intervento (cessazione e procedure concorsuali).

E' stato, quindi, ridimensionato e reso più costoso lo strumento di intervento dedicato alle crisi importanti, quelle che generalmente hanno un maggior impatto sulla organizzazione del lavoro e quindi sulle maestranze impiegate nell'impresa.

In particolare, il limite di 24 mesi in un quinquennio mobile ha poche e temporanee possibilità di deroga. Non è improbabile che in particolari situazioni ed in imprese industriali dopo un periodo di crisi, si rendano necessari interventi che modifichino profondamente l'assetto organizzativo e produttivo dell'azienda stessa. Spesso interventi di tale natura possono richiedere tempi superiori a quelli che la vigente normativa ci mette a disposizione.

Il modello immaginato dal legislatore è un modello "ideale", immaginato per un Paese in costante crescita ed in buona salute che, però, è destinato a scontrarsi con la realtà di una ripresa economica difficile caratterizzata da percentuali di pil troppo basse, da un numero crescente di imprese in sofferenza e dalle molte aree di crisi in attesa di soluzioni.

Lo scenario che se ne ricava, descrive un Paese che è ancora convalescente dopo un lungo malanno e che, paradossalmente, riesce a risparmiare sulla spesa per ammortizzatori oltre tre miliardi di euro lasciando senza adeguate protezioni un numero rilevante di lavoratori e lavoratrici.

In particolare, dall'analisi dei dati sullo stato degli strumenti di protezione sociale, non ci convince  l'aver spostato in maniera radicale  la protezione della persona al di fuori del processo produttivo,  quando ci sono serie speranze di ripresa dell'azienda ed, in quest'ottica, consideriamo sbagliata e velleitaria l'idea di caricare solo sulla NASPI (indennità di disoccupazione) il peso di garantire una forma di reddito alle persone.

Andrebbe invece prevista una possibilità di derogare al limite massimo dei 24 mesi, fermo restando che va costruita una procedura di accesso a tale deroga che permetta di limitare gli interventi a quelli strettamente necessari i cui impatti occupazionali sia rilevanti rispetto all'economia del territorio sul quale le imprese insistono.

Non si tratta di stravolgere l'impianto delineato dal legislatore, ma di renderlo più flessibile in particolari situazioni, con il principale obiettivo di rilanciare le attività dell'impresa e impedire l'apertura di procedure di licenziamento collettivo.

Uno dei dati principali che emerge dalla nostra analisi è che la forte riduzione sia della spesa che del numero di beneficiari degli ammortizzatori sociali, si scarica quasi interamente sul sistema delle integrazioni salariali straordinarie (Cigs) mentre, per quanto riguarda gli interventi per disoccupazione involontaria, i dati rimangono sostanzialmente stabili.

A tal proposito vogliamo sottolineare che sono proprio tutele in caso di perdita dell'occupazione che ci preoccupano di più: l'abrogazione a partire dal prossimo anno della indennità di mobilità e la fine dei provvedimenti in deroga, fanno della Naspi l'unico strumento a tutela del reddito disponibile nel nostro ordinamento.

Ed anche la Naspi, a nostro parere, non è esente da difetti: è un sistema basato su una concezione rigidamente di tipo "assicurativo" chepremia, con durate maggiori, chi ha carriere lavorative lunghe e con un maggior numero di contributi versati, ma allo stesso tempo riduce le tutele a chi invece ha una vita lavorativa più frammentata caratterizzata da frequenti interruzioni tra un lavoro ed un altro.

In quest'ottica, se è legittimo dare maggiori coperture a chi ha "contribuito" in misura maggiore, è altrettanto sacrosanto che un sistema di protezione sociale di tipo solidaristico, come dovrebbe essere il nostro, non possa permettersi di lasciare "indietro" nessuno.

Ora lo stretto legame "assicurativo" introdotto con la Naspi e la rigidità della formula di calcolo della durata dell'intervento, viene declinato più in una logica di sostituzione nei confronti della indennità di mobilità dei settori industriali (espunta dal nostro ordinamento a partire dal 1° gennaio 2017), offrendo un trattamento la cui durata massima, comunque inferiore alle vecchie durate della "mobilità", potrà arrivare ai 24 mesi, la metà, appunto, di quattro anni di lavoro.

Lo schema della Naspi non solo raggiunge solo parzialmente l'obiettivo di creare un trattamento sostitutivo della indennità di mobilità, ma penalizza irrimediabilmente tutti quei settori nei quali la stabilità occupazionale non viene garantita per periodi così lunghi ed, in particolare, dimezza i trattamenti che prima erano concessi ai lavoratori stagionali ed, in particolare, a quelli per i quali la stagione viene declinata in periodi semestrali nel corso dell'anno.

Anche qui va ritrovata la giusta armonia tra la rigidità del modello "assicurativo" e la flessibilità necessaria per sostenere quante più persone possibile nel momento in cui si perde il posto di lavoro.

Dobbiamo dare maggiori certezze ai lavoratori stagionali di tutti i settori, vanno inoltre introdotti criteri di flessibilità sulla base dell'anzianità anagrafica, per chi ha maggiori difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro ed, infine, anche per quelle aree che, sulla base di parametri oggettivi, offrono meno opportunità di altre sotto il profilo occupazionale.

Vanno, infine, messe a regime e raffinate le misure dedicate agli interventi squisitamente assistenziali come l'Asdi sulla quale va aperto un confronto vero con i dati della sperimentazione per verificare quali tipologie di beneficiari hanno avuto accesso al sussidio e quali sono le misure da mettere in campo per offrire a quelle persone, non un sussidio di poche centinaia di euro, ma un'opportunità, un'occasione di lavoro e di reingresso nel mercato del lavoro.

Con questo Rapporto, la UIL mette a disposizione dei lavoratori, delle imprese e, soprattutto, della politica, uno strumento di analisi, un punto di partenza per avviare un confronto sereno con l'obiettivo di per rimediare agli errori fatti; ma, soprattutto, vogliamo mettere in campo delle proposte per ribattere ad analisi  superficiali, affrettate e, forse, troppo partigiane, che rischiano di essere di creare danni alle persone, alle imprese, alla società.

L'auspicio è che, anche grazie ad analisi come queste, a partire dal dibattito che si aprirà con la prossima legge di bilancio, si ponga rimedio agli errori commessi dal Jobs Act con la finalità di raggiungere un obiettivo condiviso: ammortizzatori sociali più inclusivi, equi e flessibili, adatti anche a stagioni in cui la crisi non smette di colpire.

Guglielmo Loy – Segretario Confederale UIL

Ottobre 2016

I BENEFICIARI: L'ANALISI

Quasi 1 lavoratore su 5 del settore privato "beneficia" o, meglio, conosce l'amara esperienza di dover usufruire di ammortizzatore sociale.

Infatti, su 14 milioni di lavoratrici e lavoratori del settore privato (escluso il settore agricolo), quasi 2,5 milioni di persone (il 17,5% del totale), nel 2016, hanno fruito o fruirannodella cassa integrazione o della mobilità o, peggio, hanno ottenuto un sussidio di disoccupazione (NASPI, ASPI, ecc.), in diminuzione del 5,2% rispetto al 2015.

Il dato relativo all'anno 2016, emerge da una stima della UIL basata sull'analisi dei dati relativi alla richiesta degli ammortizzatori sociali nei primi 8 mesi dell'anno.

Nello specifico, i beneficiari di Cassa Integrazione ammontano, nel 2016,a 640 mila persone in diminuzione del 14% rispetto al 2015; coloro che ricevono assegni per la Mobilità ammontano a 185 mila, in diminuzione del 4,5% rispetto allo scorso anno ed,  infine, per la NASPI, ASPI, disoccupazione ecc. i beneficiari di assegni ammontano ad oltre 1,6 milioni, in diminuzione dell'1,3% sullo scorso anno.

A livello regionale, è in Lombardia che si registra, con 379mila unita', il numero più alto di persone beneficiarie di un ammortizzatore sociale ed esse rappresentano il 15,4% del  totale nazionale; in Campania sono il 9,3% del totale nazionale (229 mila persone); in Emilia Romagna l'8,4% del totale nazionale (206 mila persone); nel Lazio l'8,1% del totale nazionale (199 mila persone); in Veneto il 7,8% del totale nazionale (193 mila persone).

Merita attenzione il dato del rapporto del numero dei soggetti beneficiari di una prestazione sociale sul totale dei lavoratori dipendenti del settore privato (escluso il  settore agricolo) dal quale emerge che in Molise 3 lavoratori su 10 (il 28,9%), conoscono l'esperienza di essere destinatario  di un ammortizzatore sociale; in Basilicata e in Calabria coloro che usufruiscono di ammortizzatori sono il 27,9% del totale dell'occupazione dipendente privata; in Sardegna il 27,6%; in Sicilia il 24,8%.

Viceversa, in Lombardia chi usufruisce di un ammortizzatore sociale è il 12,4% del totale dell'occupazione dipendente privata; in Veneto il 13,8%; nel Lazio il 14,2%; in Liguria il 15,7%; in Emilia Romagna il 16,1%.

Analizzando i dati del 2015, mediamente, ogni persona protetta da un ammortizzatore sociale, tra sussidio, contribuzione figurativa  e assegni familiari, ha percepito 7.341 euro, a fronte dei 7.449 euro medi del 2014.

Nel dettaglio, per i beneficiari dell'integrazione al reddito da cassa integrazione tra sussidio, contribuzione figurativa  e assegni familiari, la media dell'importo è stata di 6.572 euro (5.688 euro nel 2014); per la Mobilità 16.218 euro (15.331 nel 2014); per ASPI, NASPI, MINI ASPI e DISCOLL 6.650 euro (7.704 euro nel 2014).

Nel 2015, (ultimo dato definitivo), hanno usufruito della Cassa Integrazione Guadagni, Mobilità e Indennità di Disoccupazione, ASPI e Mini ASPI, quasi 2,6 milioni di persone, in diminuzione del 13,5% rispetto all'anno precedente quando ad usufruire di un ammortizzatore sociale erano state quasi 3 milioni di persone.

LA SPESA DEGLI AMMORTIZZATORI NEL 2015

Il sistema di protezione sociale sostenuto dagli ammortizzatori, tra costo delle indennità e dei contributi figurativi, nell'ultimo anno è costato 19 miliardi di euro (altrettanti se ne stimano per il 2016). Dato, però, in diminuzione del 14,7%% rispetto al 2014 (3,3 miliardi di euro).

Il tutto è finanziato per 9,3 miliardi di euro dai contributi di lavoratori ed aziende e quasi altrettanti (9,7 miliardi di euro) sono a carico della fiscalità generale.

Nello specifico, per la Cassa Integrazione il costo è stato di 3,9 miliardi di euro, in diminuzione del 20,8% rispetto al 2014 (1miliardo di euro); per gli ammortizzatori in deroga (cassa e mobilità in deroga), il costo è stato di 1miliardo di euro in diminuzione del 42,9% (751 milioni di euro); per l'Indennità di Mobilità ordinaria il costo è stato di 3,1 miliardi di euro, con una diminuzione del 2,2% sul 2014 (72milioni di euro); per le indennità di disoccupazione gli assegni di ASPI, NASPI Mini ASPI e DISCOLL sono costate oltre 11 miliardi di euro in diminuzione dell'11,6% (1,4 miliardi di euro) rispetto al 2014. Questo nonostante che, nello stesso periodo, siano aumentati del 2,5% i beneficiari.

Nello specifico, per la Cassa Integrazione Ordinaria il costo nell'ultimo anno è stato di 1,2 miliardi di euro in aumento dell'1,9% rispetto al 2014; per la Cassa Integrazione Straordinaria sono stati spesi 2,6 miliardi di euro in diminuzione del 28,4% rispetto all'anno precedente (1 miliardo di euro); per i contratti di solidarietà 126 milioni di euro, in diminuzione del 14,9% sul 2014.

Per quanto riguarda gli ammortizzatori in deroga, per la Cassa Integrazione (cigd) l'ammontare è stato di 617 milioni di euro, in forte diminuzione (49,1%) rispetto all'anno precedente; mentre per la Mobilità in Deroga la spesa è stata di 383 milioni di euro (meno 28,8%). Questi ultimi dati (Cassa e Mobilità in Deroga) risentono, oltre che del fermo amministrativo, anche della radicale riduzione della durata di godimento (massimo 3 mesi).

Per l'ASPI, NASPI, MINI ASPI e DISCOLL il costo ammonta a 11 miliardi di euro, in diminuzione dell'11,6% rispetto al 2014 (1,4 miliardi di euro).

Per quanto concerne i 9,3 miliardi di euro di entrate da contributi da parte dei lavoratori e aziende, essi sono in aumento dell'1,9%rispetto al 2014 (oltre 172 milioni di euro).

Le entrate per la Cassa integrazione ammontano complessivamente a 3,8 miliardi di euro, in aumento del 2,2% rispetto all'anno precedente, di cui: per la cassa ordinaria i contributi ammontano a 2,7 miliardi di euro (più 2%); per la cassa straordinaria 1,1 miliardi di euro (più 2,5%).

Per gli Ammortizzatori in Deroga, le entrate da contributi da aziende e lavoratori sono minime (circa 11 milioni di euro), in quanto finanziati dalla fiscalità generale;mentre per le Indennità di Mobilità ordinaria le entrate ammontano a 587 milioni di euro(meno 3,7%).

Infine per l'ASPI, NASPI, MINI ASPI le entrate ammontano complessivamente a 4,9 miliardi di euro (più 2,7%). Nello specifico 4 miliardi di euro sono i contributi per la disoccupazione (più 2%); 307 milioni di euro per il contributo addizionale (1,4%), dovuto per le assunzioni a termine (più 11,6%); 421 milioni di euro per il "Ticket licenziamento" (più 4,2%); 66 milioni di euro per il contributo per il lavoro domestico; 76 milioni di euro per il trattamento speciale edile.

Se si mette in comparazione il dato delle entrate da contributi da aziende e lavoratori  con quello della spesa per gli ammortizzatori sociali, si evidenzia, nel 2015, un saldo negativo di 9,8 miliardi di euro, coperti con la fiscalità generale, in diminuzione, però, del 26,2% rispetto al 2014 (3,5 miliardi di euro).

Nello specifico, per la Cassa Integrazione Guadagni il saldo negativo è sceso dai 1,2 miliardi del 2014 ai 65 milioni di euro del 2015, dovuto, soprattutto, ad una diminuzione (1,1 miliardi di euro) della cassa integrazione straordinaria che continua, comunque, a presentare un saldo negativo di 1,6 miliardi di euro; mentre la cassa integrazione ordinaria presenta un saldo positivo di 1,5 miliardi di euro in linea con il 2014.

Per la Mobilità il saldo negativo nell'ultimo anno è di 2,5 miliardi di euro, in linea con il 2014 e per gli ammortizzatori sociali in deroga, il saldo negativo è di 989 milioni di euro in diminuzione del 42,7% rispetto al 2014.

Per  l'ASPI, NASPI, MINI ASPI, DISCOLL il saldo negativo ammonta, nel 2015, a 6,1 miliardi di euro, a fronte di un saldo negativo di 7,7 miliardi di euro del 2014.

Tabelle con i dati in allegato.

 

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Vi inviamo in allegato copia del Decreto Interministeriale n° 1600075, relativo alla seconda tranche di riparto delle risorse destinate agli ammortizzatori sociali in deroga per il 2016.

Le risorse complessivamente ripartite sono pari a € 162.828.217, comprensivi della quota del 5% che le singole Regioni potranno utilizzare in deroga al decreto n° 83473/2014 di riordino dei criteri di concessione degli ammortizzatori stessi.

Come potrete vedere dalla tabella il riparto delle risorse riguarda solo 12 Regioni e, se non desta perplessità l'assenza del Trentino o della Valle D'Aosta, appare singolare l'assenza di grandi realtà come la Lombardia, il Piemonte, la Liguria, la Sicilia e la Sardegna.

La spiegazione, secondo fonti ministeriali, è da attribuirsi alla mancata indicazione, da parte di queste Regioni, del fabbisogno necessario per soddisfare le esigenze del periodo rimante del 2016. Sarebbe opportuno che strutture interessate verifichino, con le Regioni sopracitate,  se questa motivazione è fondata.

Si ricorda inoltre che, il Ministero del Lavoro ( note n. 3223/2016 e n. 3763/2016)  ha specificato che i datori di lavoro che rientrano nel campo di applicazione della normativa relativa al Fondo di integrazione salariale possono scegliere di accedere, nei limiti temporali e finanziari previsti dalle rispettive normative, agli ammortizzatori sociali in deroga o alle prestazioni previste dal Fondo di integrazione salariale.

Proprio sul Fis (fondo integrazione salariale) è stata recentemente emanata una ulteriore e, speriamo definitiva, circolare dell'Inps che vi invieremo successivamente con una breve nota a corredo.

Un fraterno saluto.

Servizio politiche attive e passive del lavoro

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I primi 7 mesi del 2016 hanno visto una crescita della cassa integrazione straordinaria rispetto allo stesso periodo del 2015 tutelando 222 mila posti di lavoro. Complessivamente, le misure di integrazione salariale (CIGO, CIGS, DEROGA) hanno salvaguardato mediamente 328 mila posti di lavoro e hanno coinvolto, nel solo 2015, quasi 800.000 lavoratrici e lavoratori che hanno conosciuto l'amara esperienza della sospensione dal lavoro.Questi dati confermano la necessità di continuare a sostenere un apparato industriale ancora in forte sofferenza a causa della troppo bassa crescita della nostra economia che, molto probabilmente, si protrarrà anche nel 2017 generando processi di ristrutturazione produttiva e occupazionale.

La riduzione di tutele, introdotte in tema di ammortizzatori sociali dal Jobs Act, rischia di impattare negativamente con questi delicati processi, incidendo sulla ripresa del nostro sistema produttivo e sul reddito dei lavoratori.

È necessario, quindi, prevedere ulteriori risorse per accompagnare la lenta ripresa, rendendo più flessibile la durata degli interventi, attraverso l'estensione di 12 mesi della durata della Cassa Straordinaria per le aziende che operano all'interno delle aree di crisi complessa e non complessa e per tutte le imprese che hanno in corso delicati processi di ristrutturazione. Così come va prevista una misura per risolvere il problema del dimezzamento della Naspi  per tutti  i lavoratori stagionali.

Le risorse necessarie a questi provvedimenti, che stimiamo in 1,8 miliardi di euro, potrebbero essere reperite dalla minor spesa derivante dalla riduzione della durata di alcuni istituti (cassa integrazione straordinaria) e dalla soppressione di altri strumenti di protezione sociale (mobilità e deroga), per effetto delle recenti riforme sul lavoro.

Nello specifico, per il 2017, è prevedibile un risparmio di 750 milioni di euro per i trattamenti di disoccupazione e mobilità e una minore spesa di 1.050 milioni di euro per la cassa integrazione, anche in deroga.

Il necessario provvedimento "tampone" di estensione degli ammortizzatori, ipotizzato dal Governo per le aree di crisi complessa, deve essere considerato solo un primo, anche se necessario, passo in avanti ma la strada maestra è quella di prendere atto dell'urgenza di rendere flessibili gli strumenti di protezione sociale come evidenziato dall'intesa tra Uil, Cisl, Cgil e Confindustria.

Roma 8 settembre 2016

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Vi inviamo in allegato copia del Decreto Interministeriale n.1600024 (lavoro/economia) relativo al primo riparto, pari a 200 milioni di euro, delle risorse destinate per l'anno 2016 al finanziamento degli Ammortizzatori Sociali in deroga.

Come sapete si tratta dell'ultimo anno di vigenza del regime della deroga e la durata massima degli interventi sarà pari a 3 mesi per gli interventi di integrazione salariale e di quattro mesi per la mobilità, a cui vanno aggiunti  due mesi nel caso di lavoratori residenti nelle aree svantaggiate, ferma restando la durata massima di fruizione dell'intervento che non potrà superare i 3 anni e quattro mesi.

Come per lo scorso anno le Regioni e le Province Autonome potranno disporre la concessione dei trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, anche in deroga ai criteri di cui all'art. 2 e 3 del Decreto Interministeriale n. 83473 del 01.08.2014, nella misura del 5% delle risorse ad esse attribuite, ovvero, secondo quanto stabilito dallo stesso Decreto Interministeriale, attraverso l'utilizzo di risorse proprie.

Infine ci è stato comunicato che sarà disponibile nei prossimi mesi un ulteriore stanziamento la cui entità sarà definita sulla base della quantificazione dei residui dei precedenti stanziamenti.

 

Servizio politiche attive e passive del lavoro

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Lunedì, 08 Febbraio 2016 10:41

Ammortizzatori sociali in deroga: la nota UIL

Il Ministero del Lavoro, Direzione Generale degli Ammortizzatori, con la circolare n° 4 del 2 febbraio fornisce alcuni chiarimenti relativi all'armonizzazione della disciplina degli ammortizzatori in deroga con il D.lgs. 148/2015.

A tal proposito è bene ricordare che sia la Cig che la mobilità in deroga sono regolati dalla vigente normativa in materia e da uno specifico Decreto Interministeriale (n° 83473/2014).

Pertanto alla luce del D.lgs. 148/2015, di riforma della disciplina sugli ammortizzatori sociali, ed alle modifiche apportate al D.I. n° 83473/2014 dalla legge di stabilità, il Ministero del lavoro ha ritenuto necessario puntualizzare alcuni aspetti concernenti la normativa in materia di Cig e mobilità in deroga.

La circolare sottolinea come le due discipline siano complementari e che laddove non sia diversamente indicato si debba far riferimento alla nuova normativa introdotto con il D.lgs. 148/2015.

Andando nel dettaglio:

Requisiti soggettivi

Per quanto riguarda la generalità dei lavoratori beneficiari continuano ad applicarsi, relativamente all'anzianità lavorativa, i 12 mesi previsti dal Decreto Interministeriale.

In riferimento agli apprendisti, viene previsto l'utilizzo della Cig in deroga per tutte le tipologie diverse da quella c.d. professionalizzante, esplicitamente escluse dai benefici dal D.lgs. 148/2015.

Per gli  apprendisti assunti con contratto di tipo professionalizzante l'accesso alla Cig in deroga è prevista solo nel caso in cui siano dipendenti da imprese destinatarie del solo intervento straordinario la cui causale di intervento sia diversa dalla "crisi aziendale".

Procedure

Anche in termini di presentazione delle richieste di conguaglio o rimborso delle integrazioni corrisposte ai lavoratori, la disciplina presa a riferimento sarà quella definita dal D.lgs. 148/2015 e quindi "entro 6 mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della concessione o dalla data del provvedimento di concessione, se successivo".

Invece, riguardo ai termini di presentazione delle domande prevale quanto dettato dal Decreto Interministeriale che li fissa in "venti giorni dalla data in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione dell'orario di lavoro".

Contributo addizionale

La contribuzione addizionale per la Cig in deroga ha sempre fatto riferimento a quanto previsto dalla disciplina ordinaria,  si applicherà pertanto quella introdotta dal D.lgs. 148/2015 che prevede un contributo  variabile dal 9% al 15% a seconda della durata degli interventi.

Trattamento di fine rapporto

Al riguardo la circolare, coerentemente con quanto disposto dal D.lgs. 148/2015, colma un vuoto normativo che recentemente è stato anche oggetto di contenzioso e stabilisce che le quote di Tfr maturate durante il periodo di intervento della Cig in deroga rimangono in capo all'impresa.

In conclusione la circolare entra nel merito delle novità introdotte, sulla materia, con la legge di stabilità, ricordando il rifinanziamento per 250 milioni, il limite massimo per la durata delle integrazioni salariali, pari a 3 mesi ed infine la modifica apportata al Decreto Interministeriale alla mobilità in deroga in termini di durata massima che viene abbassata  a 4 mesi, più due per le aree di cui al D.P.R. 218/78, rispetto ai precedenti 6 più due precedentemente previsti.

Un fraterno saluto.

Servizio politiche attive e passive del lavoro

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