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"Il decreto di riordino del sistema camerale prevede solo tagli lineari ai finanziamenti, ai servizi, al personale e alle sedi periferiche". Questo il commento a caldo dei segretari generali di Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl dopo l'approvazione, in Consiglio dei Ministri, di un testo di legge sul quale il Governo in nessuna fase ha voluto avviare un confronto con I lavoratori.

In attesa di conoscere nel dettaglio i contenuti del provvedimento riteniamo grave e sbagliata la scelta compiuta dal Governo.

Quello approvato in Consiglio dei Ministri è "un decreto che cela, dietro la necessità di riorganizzare il Sistema, la volontà di apportare ancora una volta tagli lineari alla spesa, noncurante del fatto che così facendo non solo si privano le imprese di importanti servizi, ma si allontanano gli Enti dal territorio che dovrebbero presidiare, riducendone il numero – da 105 a 60 – e si rischia di provocare anche serie ripercussioni occupazionali".

Per le tre organizzazioni sindacali si produrrà un caos simile a quello avvenuto per il riordino delle province.

In totale assenza di un confronto sul merito del testo e di fronte al rischio di pesanti ricadute occupazionali, i sindacati di categoria di Cgil Cisl Uil confermano lo stato di agitazione del personale delle Camere di Commercio "con una forte mobilitazione che culminerà a settembre in una grande manifestazione nazionale per ribadire ancora una volta il fermo NO ad un decreto che di fatto svilisce e svuota questi enti, trasformandoli in semplici articolazioni burocratiche.

Chiediamo al Governo"- concludono Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl - "di avviare finalmente un confronto sul riordino per evitare pesanti ricadute sul Sistema delle imprese e sui livelli occupazionali.

Da www.uilfpl.net

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In allegato il comunicato stampa UIL FPL – FP CGIL – CISL FP sulla " Riforma Pa Camere di Commercio: il 23 lavoratori in piazza a Roma - Sì alla riorganizzazione, no allo smantellamento dei servizi"

 

Il 23 luglio, in Piazza di Pietra a Roma, i lavoratori delle Camere di Commercio manifesteranno assieme a Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil-Fpl contro lo smantellamento del sistema camerale. Un'iniziativa che fa seguito alla mobilitazione sul territorio e alla raccolta firme per richiedere la cancellazione dell'Art. 28 del Dl 90. Con quell'articolo, fortemente e incomprensibilmente voluto dal Governo Renzi, è stato previsto il taglio del 50% degli oneri camerali e quindi della principale
fonte di sostentamento di un sistema di servizi utile ad aziende che, come emerso da una recente indagine di Confcommercio, per oltre il 70% lo ritengono
indispensabile, apprezzando la qualità dell'offerta.

181 camere di commercio di cui76 all'estero, per un totale di 7.546 dipendenti (dato 2012), 69 camere arbitrali, 105 camere di conciliazione,  46 borse merci e Sale di contrattazione, 9 borse immobiliari e 131 Aziende Speciali.

Il sistema camerale destina circa il 90% del volume delle proprie risorse al territorio (465 MLN€) sotto forma di servizi alle imprese (promozione della competitività, internazionalizzazione, corretto funzionamento dei mercati), servizi di e-gov per facilitare il rapporto tra imprese e PA, accesso al credito (Confidi).

Questo è il mondo delle Camere di Commercio. Il sindacato ha le proposte necessarie per riformarlo senza penalizzare il nostro sistema di imprese: razionalizzando il sistema delle aziende speciali, snellendo i livelli, promuovendo sinergie e messa in comune di funzioni tra Unioni Regionali e Camere di commercio provinciali e
soprattutto ridisegnando la rete dei servizi in funzione dell'innovazione produttiva e nel quadro del riassetto istituzionale e amministrativo del territorio.

Spetta adesso al Parlamento modificare una simile stortura ed è questo che i lavoratori delle Camere di Commercio chiederanno in piazza il 23 Luglio.

 

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Il punto decisivo da affrontare nella riforma delle Camere di commercio non riguarda solo la riduzione dei costi.
Come per l'insieme della riforma delle Pa, è soprattutto un problema di visione. Bisogna capire che tipo di presenza e di azione serve per sostenere il
tessuto produttivo territoriale, e di conseguenza riorganizzare la rete dei servizi e investire nel capitale umano per offrire servizi sempre più veloci e qualificati.

Quello che ci preoccupa è che il processo di riordino del sistema camerale, avviato venerdì scorso dal Consiglio dei Ministri, non dà segno di aver recepito questo cambio di ottica dalla gestione dell'emergenza contabile ad un vero progetto strategico. Gli effetti restano incerti sia  in termini di efficacia operativa che di prospettive per il personale. Per questo non possiamo abbassare la guardia, anzi dobbiamo rilanciare l'iniziativa sindacale a tutti i livelli.

E' vero che le nostre sollecitazioni riguardo all'ipotesi di rendere facoltativa l'iscrizione al registro imprese sono state tenute in conto; ma ridurre il diritto annuale del 50% senza impostare un'azione sistematica contro sprechi, inefficienze organizzative e spese improduttive - ad esempio reinternalizzando funzioni date in appalto, snellendo i livelli, promuovendo sinergie funzionali tra Camere regionali e provinciali - rischia di indebolire servizi che oggi sono garantiti. Così le
imprese, alleggerite dal lato dei bilanci, si ritroverebbero gravate da quello del mancato supporto.

A ciò si aggiunge la volontà di riformare la governance sostituendo le attuali Camere territoriali con un sistema di Camere regionali.

Noi riteniamo invece che i presidi territoriali debbano continuare ad essere l'interfaccia con le imprese, e soprattutto che sia indispensabile evitare ricadute negative sull'occupazione. Per questo ci attiveremo unitariamente, attraverso le RSU e le strutture sindacali sui territori, per partecipare alla ridefinizione del sistema e delle sue funzioni e fare in modo che diritti e professionalità dei lavoratori siano salvaguardati.

Si può fare del sistema camerale un modello di sostegno efficace alle attività produttive: migliore accesso al credito, registri informatizzati, sburocratizzazione delle pratiche di avvio d'impresa, supporto ad analisi di mercato, promozione del made in Italy. Ma serve un ridisegno complessivo, inquadrato nel riassetto istituzionale e amministrativo del territorio, e un investimento forte nelle competenze dei lavoratori. Questo solo può mettere energia nuova nei servizi e generare il vantaggio competitivo che serve alle imprese per ripartire.

Le iniziative che lanceremo, a partire da assemblee unitarie nei posti di lavoro, serviranno a condividere con i lavoratori le nostre proposte concrete per dare corpo a una vera riorganizzazione. Nel contempo avremo cura di monitorare l'iter parlamentare dei provvedimenti  e premere sul Governo perché queste proposte siano ascoltate e recepite.

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