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Il presente documento intende offrire indicazioni procedurali circa la riammissione in servizio dopo assenza  per malattia COVID-19 correlata e la certificazione che il lavoratore deve produrre al datore di lavoro. Alla luce della normativa vigente a livello nazionale e del “Protocollo condiviso di aggiornamento delle  misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di  lavoro” siglato in data 6 aprile 2021, le fattispecie che potrebbero configurarsi sono quelle di seguito indicate. 

A) Lavoratori positivi con sintomi gravi e ricovero 

In merito al reintegro progressivo di lavoratori dopo l’infezione da COVID-19, coloro che si sono ammalati e  che hanno manifestato una polmonite o un’infezione respiratoria acuta grave, potrebbero presentare una ridotta  capacità polmonare a seguito della malattia (anche fino al 20-30% della funzione polmonare) con possibile  necessità di sottoporsi a cicli di fisioterapia respiratoria. Situazione ancora più complessa è quella dei soggetti  che sono stati ricoverati in terapia intensiva, in quanto possono continuare ad accusare disturbi rilevanti, la cui  presenza necessita di particolare attenzione ai fini del reinserimento lavorativo. 

Pertanto il medico competente, ove nominato, per quei lavoratori che sono stati affetti da COVID-19 per i  quali è stato necessario un ricovero ospedaliero, previa presentazione di certificazione di avvenuta  negativizzazione secondo le modalità previste dalla normativa vigente, effettua la visita medica prevista  dall’art.41, c. 2 lett. e-ter del D.lgs. 81/08 e s.m.i (quella precedente alla ripresa del lavoro a seguito di assenza  per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi), al fine di verificare l’idoneità alla  mansione - anche per valutare profili specifici di rischiosità - indipendentemente dalla durata dell’assenza  per malattia.  

B) Lavoratori positivi sintomatici  

I lavoratori risultati positivi alla ricerca di SARS-CoV-2 e che presentano sintomi di malattia (diversi da quelli  previsti al punto A) possono rientrare in servizio dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla  comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata  persistenza nel tempo) accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3  giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test). 

C) Lavoratori positivi asintomatici 

I lavoratori risultati positivi alla ricerca di SARS-CoV-2 ma asintomatici per tutto il periodo possono  rientrare al lavoro dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al  termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test). 

Pertanto, il lavoratore di cui alle lettere B) e C), ai fini del reintegro, invia, anche in modalità telematica, al  datore di lavoro per il tramite del medico competente ove nominato, la certificazione di avvenuta  negativizzazione, secondo le modalità previste dalla normativa vigente. 

I lavoratori positivi la cui guarigione sia stata certificata da tampone negativo, qualora abbiano  contemporaneamente nel proprio nucleo familiare convivente casi ancora positivi non devono essere considerati alla stregua di contatti stretti con obbligo di quarantena ma possono essere riammessi in servizio  con la modalità sopra richiamate. 

D) Lavoratori positivi a lungo termine 

Secondo le più recenti evidenze scientifiche i soggetti che continuano a risultare positivi al test molecolare per  SARS-CoV-2 e che non presentano sintomi da almeno una settimana (fatta eccezione per ageusia/disgeusia e  anosmia che possono perdurare per diverso tempo dopo la guarigione), possono interrompere l’isolamento  dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi (cfr. Circolare Ministero della salute 12 ottobre 2020). 

Tuttavia, in applicazione del principio di massima precauzione, ai fini della riammissione in servizio dei  lavoratori si applica quanto disposto dal richiamato Protocollo condiviso del 6 aprile 2021. Pertanto, ai fini del reintegro, i lavoratori positivi oltre il ventunesimo giorno saranno riammessi al  lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura  accreditata o autorizzata dal servizio sanitario; il lavoratore avrà cura di inviare tale referto, anche in  modalità telematica, al datore di lavoro, per il tramite del medico competente, ove nominato. Il periodo eventualmente intercorrente tra il rilascio dell’attestazione di fine isolamento ai sensi della Circolare  del 12 ottobre e la negativizzazione, nel caso in cui il lavoratore non possa essere adibito a modalità di  lavoro agile, dovrà essere coperto da un certificato di prolungamento della malattia rilasciato dal medico  curante. 

Nella fattispecie prevista dal presente paragrafo non si ravvisa la necessità da parte del medico competente,  salvo specifica richiesta del lavoratore, di effettuare la visita medica precedente alla ripresa del lavoro per  verificare l’idoneità alla mansione” (art. 41, comma 2, lett. e-ter) del D.lgs. 81/08. 

E) Lavoratore contatto stretto asintomatico 

Il lavoratore che sia un contatto stretto di un caso positivo, informa il proprio medico curante che rilascia  certificazione medica di malattia salvo che il lavoratore stesso non possa essere collocato in regime di lavoro  agile (cfr. messaggio Inps n. 3653 del 9 ottobre 2020). 

Per la riammissione in servizio, il lavoratore dopo aver effettuato una quarantena di 10 giorni dall’ultimo  contatto con il caso positivo, si sottopone all’esecuzione del tampone e il referto di negatività del tampone  molecolare o antigenico è trasmesso dal Dipartimento di Sanità Pubblica o dal laboratorio dove il test è stato  effettuato al lavoratore che ne informa il datore di lavoro per il tramite del medico competente, ove nominato. 

La presente Circolare è passibile di ulteriori aggiornamenti che terranno conto dell’evolversi del quadro epidemiologico, delle conoscenze scientifiche e del quadro normativo nazionale. 

  

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"La gestione dell'emergenza sanitaria in Piemonte, sommata ai gravi danni provocati dalla riduzione dei finanziamenti e dalle scelte sulla politica sanitaria degli ultimi anni, ci consegnano una situazione grave e fuori controllo. Errori, superficialità, disorganizzazione hanno penalizzato quello che era ritenuto uno dei migliori sistemi sanitari regionali, facendo pagare agli operatori sanitari ed alla popolazione un prezzo altissimo sia in termini di numero di contagi sia di vite umane".

Lo dichiarano i Segretari Generali di CGIL CISL UIL del Piemonte. Secondo Massimo Pozzi, Alessio Ferraris, Gianni Cortese: "Non basta ritoccare la task force regionale per risolvere i problemi esistenti. Oggi il presidente Cirio parla di rilancio della medicina territoriale, ma è fondamentale individuare ed attivare concretamente i percorsi utili all'uscita dall'emergenza e alla costruzione di una vera rete di servizi territoriali, che come Organizzazioni Sindacali proponiamo da anni a tutte le amministrazioni regionali succedutesi. Serve un dialogo, più volte richiesto e negato in questo drammatico periodo, su molteplici aspetti che devono vedere coinvolte le Confederazioni Sindacali. È evidente che non c'è altro tempo da perdere e che non siamo disponibili a tollerare oltre lo scempio in atto verso i cittadini e gli operatori".

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