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Con la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del 19 aprile u.s., il Consiglio dei Ministri ha emanato il decreto legislativo relativo al nuovo codice degli appalti pubblici e concessioni, stravolgendo punti essenziali proposti dalle competenti Commissioni di Camera e Senato, svuotando la qualità della legge e vanificando, di fatto, la proficua interlocuzione con le parti sociali e Commissioni e soprattutto anche lo stesso rapporto tra Parlamento e Governo.

Un atto unilaterale da parte del Governo che sembra privilegiare interessi lobbistici di parte, trascurando le esigenze e gli interessi generali a discapito di quanto auspicavamo.

Si è rinunciato a determinare un contesto legislativo che esaltasse i livelli di salvaguardia dei diritti dei lavoratori, della legalità e trasparenza, per meglio combattere fenomeni pervasivi e devastanti come la corruzione e la penetrazione delle mafie nel sistema degli appalti pubblici.

La scelta del Governo è stata un pericoloso arretramento per quanto riguarda il subappalto ed incoerente con gli annunciati disegni di modernizzazione, visto che è notorio che l'80% dei contratti riguarda appalti sottosoglia. Questo significa favorire la frammentazione degli interventi e il proliferare di imprese deboli e sottodimensionate, come la dequalificazione delle imprese e le forme di intermediazione che alimentano la corruzione.

E depotenziando, attraverso questa scelta, il ruolo e la funzione della stessa Autorità nazionale anticorruzione.

A questa si aggiunge la negatività, per quanto concerne i criteri di aggiudicazione dell'appalto,  aver elevato fino a un milione di euro la possibilità di assegnazione al massimo ribasso, di lavori, servizi e forniture. Ulteriori aspetti problematici si possono riscontrare anche nella suddivisione in lotti e nelle procedure di selezione delle offerte.

Ridimensionando di molto la scelta europea dell'utilizzazione universale dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

Anche su tale aspetto, nella discussione nelle Commissioni, il criterio del massimo ribasso veniva giustamente considerato come uno degli aspetti distorsivi degli appalti, da rendere assolutamente residuale e da superare quasi integralmente se non per gli appalti di piccolissima entità.

Invece, per la scelta del Governo, questo criterio continuerà ad essere centrale ed operante, mantenendo così i fattori di opacità del sistema.

Per quanto concerne la Clausola sociale è stata annullata l'obbligatorietà, per le stazioni appaltanti, del suo inserimento nei bandi di gara.

La scelta del Governo nei fatti vanifica l'orientamento europeo che avrebbe dovuto garantire la continuità occupazionale dei lavoratori interessati da un cambio d'appalto, tramite il loro passaggio alle dipendenze del nuovo appaltatore, prevedendo, tra l'altro, l'obbligo per l'aggiudicatario di dare applicazione ai contratti collettivi di settore stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendali.

Il Governo invece di favorire una regolamentazione che meglio tutelasse i lavoratori ha lasciato all'arbitro della stazione appaltante la facoltà o meno di applicarla.

Una manomissione che colpisce il lavoro debole e favorisce, come al solito, una competizione tutta giocata non sui fattori di innovazione e qualità dell'organizzazione del lavoro ma, al contrario, sulla precarizzazione e sulla compressione del salario.

Nel merito degli affidamenti dei concessionari era stata inserito nelle precedenti versioni del Codice, con parere unanime delle Commissioni parlamentari e attraverso un accordo tra sindacati delle costruzioni e Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, un emendamento che avrebbe salvaguardato l'occupazione dei lavoratori impegnati nelle concessioni autostradali.

Il Consiglio dei Ministri, inopinatamente, senza alcuna considerazione rispetto a migliaia di lavoratori che rischiano il licenziamento e senza alcuna motivazione rispetto al pronunciamento delle Commissioni e dello stesso Mit, ha cancellato il riferimento alla gestione diretta, stravolgendone il testo.

Una decisione inspiegabile che ancora una volta sottolinea l'insensibilità di questo governo rispetto alle questioni che attengono la salvaguardia del lavoro e della occupazione.

Le Confederazioni sindacali di Cgil, Cisl e Uil, assieme alle Federazioni di Categoria continueranno la loro azione sindacale e di proposta in tutte le sedi per modificare quanto si è verificato a partire dai decreti attuativi e dalle stesse linee guida, per evitare che lo stesso Codice non venga ulteriormente svuotato di significato e manomesso.

Un caro saluto.

Le segreterie confederali

CGIL                                                   CISL                                                         UIL

Franco Martini                                        Maurizio Bernava                              Tiziana  Bocchi

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