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Mercoledì, 02 Novembre 2016 10:48

V° Rapporto UIL sugli Ammortizzatori sociali

In allegato vi trasmettiamo IL V° RAPPORTO UIL SUGLI AMMORTIZZATORI ed una sintesi dello stesso studio.

Con questo studio abbiamo voluto analizzare l'andamento 2014, 2015 (elaborazione da dati ufficiali INPS) e, TRAMITE UNA PRIMA ANALISI  (nostre proiezioni), IL QUADRO DEL 2016.

Nello Studio potrete trovare la specifica su quanti sono i beneficiari, il costo, l'ammontare dei contributi versati ed una verifica in ogni Regione di quanti siano i lavoratori coinvolti.

Fraterni saluti.

 

LA PROTEZIONE SOCIALE NEL E PER IL LAVORO 2015-2016

V Rapporto sugli ammortizzatori sociali

UIL - Servizi Politiche Territoriali e del Lavoro

I BENEFICIARI, IL COSTO E LE ENTRATE DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI

Presentazione

A distanza di più di un anno dalla entrata in vigore delle novità introdotte con la riforma del sistema di tutele al reddito, in materia di disoccupazione involontaria (D.lgs. 22/2015) e cassa integrazione guadagni (D.lgs. 148/2015) e a ridosso della "scomparsa", a partire dal 1° gennaio 2017, dal nostro ordinamento, di istituti storici come l'indennità di mobilità e di interventi straordinari come gli ammortizzatori sociali in deroga, la UIL, con questa analisi, vuole far emergere quale impatto hanno avuto le riforme sul nostro sistema d'impresa ed, in particolare, quali sono stati i riflessi sulle lavoratrici e sui lavoratori e, più in generale, sul nostro mercato del lavoro.

Un'analisi che avremmo voluto condividere con chi le norme le ha redatte, discusse ed approvate, attraverso un confronto serio e ragionato privo di ogni condizionamento ideologico, fermo restando il comune obiettivo di una estensione delle tutele ai soggetti ed ai settori che ne erano privi, attraverso la costruzione di un sistema basato sull'equità e sulla solidarietà, capace di sostenere ed accompagnare gradualmente il Paese fuori dalle "secche" in cui è stato trascinato dalla lunga crisi economica che ha interessato tutto il nostro Continente.

Diciamo questo perché con la recente approvazione del D.lgs.185/2016, indicato come correttivo del Jobs Act, non si è realmente fatto un monitoraggio delle tante, e forse troppe, misure ed interventi contenuti negli otto decreti legislativi che compongono il Jobs Act: si è invece frettolosamente cercato di tamponare alcune delle più macroscopiche e negative tendenze emerse nel corso dei primi mesi di reale applicazione delle norme e, prime tra tutte, le storture venutesi a creare con l'ulteriore deregolamentazione dei voucher e alcuni degli aspetti più urgenti proprio in tema di ammortizzatori sociali.

Non a caso, proprio in tema di ammortizzatori, la parte più corposa del provvedimento riguarda misure che cercano, attraverso interventi temporanei, di dare maggiore flessibilità di intervento in materia sia di Naspi per gli stagionali (solo per i settori turismo e terme) che di cassa integrazione straordinaria ed, in particolare, per le aree di crisi industriale complessa.

Interventi, quelli contenuti nel D.lgs. 185/2016, che si sono resi necessari perché in tema di integrazioni salariali straordinarie il quadro normativo di riferimento è fortemente mutato rispetto al passato e ritroviamo accanto alla riduzione delle durate massime, un forte aumento della contribuzione addizionale ed una riduzione delle causali di intervento (cessazione e procedure concorsuali).

E' stato, quindi, ridimensionato e reso più costoso lo strumento di intervento dedicato alle crisi importanti, quelle che generalmente hanno un maggior impatto sulla organizzazione del lavoro e quindi sulle maestranze impiegate nell'impresa.

In particolare, il limite di 24 mesi in un quinquennio mobile ha poche e temporanee possibilità di deroga. Non è improbabile che in particolari situazioni ed in imprese industriali dopo un periodo di crisi, si rendano necessari interventi che modifichino profondamente l'assetto organizzativo e produttivo dell'azienda stessa. Spesso interventi di tale natura possono richiedere tempi superiori a quelli che la vigente normativa ci mette a disposizione.

Il modello immaginato dal legislatore è un modello "ideale", immaginato per un Paese in costante crescita ed in buona salute che, però, è destinato a scontrarsi con la realtà di una ripresa economica difficile caratterizzata da percentuali di pil troppo basse, da un numero crescente di imprese in sofferenza e dalle molte aree di crisi in attesa di soluzioni.

Lo scenario che se ne ricava, descrive un Paese che è ancora convalescente dopo un lungo malanno e che, paradossalmente, riesce a risparmiare sulla spesa per ammortizzatori oltre tre miliardi di euro lasciando senza adeguate protezioni un numero rilevante di lavoratori e lavoratrici.

In particolare, dall'analisi dei dati sullo stato degli strumenti di protezione sociale, non ci convince  l'aver spostato in maniera radicale  la protezione della persona al di fuori del processo produttivo,  quando ci sono serie speranze di ripresa dell'azienda ed, in quest'ottica, consideriamo sbagliata e velleitaria l'idea di caricare solo sulla NASPI (indennità di disoccupazione) il peso di garantire una forma di reddito alle persone.

Andrebbe invece prevista una possibilità di derogare al limite massimo dei 24 mesi, fermo restando che va costruita una procedura di accesso a tale deroga che permetta di limitare gli interventi a quelli strettamente necessari i cui impatti occupazionali sia rilevanti rispetto all'economia del territorio sul quale le imprese insistono.

Non si tratta di stravolgere l'impianto delineato dal legislatore, ma di renderlo più flessibile in particolari situazioni, con il principale obiettivo di rilanciare le attività dell'impresa e impedire l'apertura di procedure di licenziamento collettivo.

Uno dei dati principali che emerge dalla nostra analisi è che la forte riduzione sia della spesa che del numero di beneficiari degli ammortizzatori sociali, si scarica quasi interamente sul sistema delle integrazioni salariali straordinarie (Cigs) mentre, per quanto riguarda gli interventi per disoccupazione involontaria, i dati rimangono sostanzialmente stabili.

A tal proposito vogliamo sottolineare che sono proprio tutele in caso di perdita dell'occupazione che ci preoccupano di più: l'abrogazione a partire dal prossimo anno della indennità di mobilità e la fine dei provvedimenti in deroga, fanno della Naspi l'unico strumento a tutela del reddito disponibile nel nostro ordinamento.

Ed anche la Naspi, a nostro parere, non è esente da difetti: è un sistema basato su una concezione rigidamente di tipo "assicurativo" chepremia, con durate maggiori, chi ha carriere lavorative lunghe e con un maggior numero di contributi versati, ma allo stesso tempo riduce le tutele a chi invece ha una vita lavorativa più frammentata caratterizzata da frequenti interruzioni tra un lavoro ed un altro.

In quest'ottica, se è legittimo dare maggiori coperture a chi ha "contribuito" in misura maggiore, è altrettanto sacrosanto che un sistema di protezione sociale di tipo solidaristico, come dovrebbe essere il nostro, non possa permettersi di lasciare "indietro" nessuno.

Ora lo stretto legame "assicurativo" introdotto con la Naspi e la rigidità della formula di calcolo della durata dell'intervento, viene declinato più in una logica di sostituzione nei confronti della indennità di mobilità dei settori industriali (espunta dal nostro ordinamento a partire dal 1° gennaio 2017), offrendo un trattamento la cui durata massima, comunque inferiore alle vecchie durate della "mobilità", potrà arrivare ai 24 mesi, la metà, appunto, di quattro anni di lavoro.

Lo schema della Naspi non solo raggiunge solo parzialmente l'obiettivo di creare un trattamento sostitutivo della indennità di mobilità, ma penalizza irrimediabilmente tutti quei settori nei quali la stabilità occupazionale non viene garantita per periodi così lunghi ed, in particolare, dimezza i trattamenti che prima erano concessi ai lavoratori stagionali ed, in particolare, a quelli per i quali la stagione viene declinata in periodi semestrali nel corso dell'anno.

Anche qui va ritrovata la giusta armonia tra la rigidità del modello "assicurativo" e la flessibilità necessaria per sostenere quante più persone possibile nel momento in cui si perde il posto di lavoro.

Dobbiamo dare maggiori certezze ai lavoratori stagionali di tutti i settori, vanno inoltre introdotti criteri di flessibilità sulla base dell'anzianità anagrafica, per chi ha maggiori difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro ed, infine, anche per quelle aree che, sulla base di parametri oggettivi, offrono meno opportunità di altre sotto il profilo occupazionale.

Vanno, infine, messe a regime e raffinate le misure dedicate agli interventi squisitamente assistenziali come l'Asdi sulla quale va aperto un confronto vero con i dati della sperimentazione per verificare quali tipologie di beneficiari hanno avuto accesso al sussidio e quali sono le misure da mettere in campo per offrire a quelle persone, non un sussidio di poche centinaia di euro, ma un'opportunità, un'occasione di lavoro e di reingresso nel mercato del lavoro.

Con questo Rapporto, la UIL mette a disposizione dei lavoratori, delle imprese e, soprattutto, della politica, uno strumento di analisi, un punto di partenza per avviare un confronto sereno con l'obiettivo di per rimediare agli errori fatti; ma, soprattutto, vogliamo mettere in campo delle proposte per ribattere ad analisi  superficiali, affrettate e, forse, troppo partigiane, che rischiano di essere di creare danni alle persone, alle imprese, alla società.

L'auspicio è che, anche grazie ad analisi come queste, a partire dal dibattito che si aprirà con la prossima legge di bilancio, si ponga rimedio agli errori commessi dal Jobs Act con la finalità di raggiungere un obiettivo condiviso: ammortizzatori sociali più inclusivi, equi e flessibili, adatti anche a stagioni in cui la crisi non smette di colpire.

Guglielmo Loy – Segretario Confederale UIL

Ottobre 2016

I BENEFICIARI: L'ANALISI

Quasi 1 lavoratore su 5 del settore privato "beneficia" o, meglio, conosce l'amara esperienza di dover usufruire di ammortizzatore sociale.

Infatti, su 14 milioni di lavoratrici e lavoratori del settore privato (escluso il settore agricolo), quasi 2,5 milioni di persone (il 17,5% del totale), nel 2016, hanno fruito o fruirannodella cassa integrazione o della mobilità o, peggio, hanno ottenuto un sussidio di disoccupazione (NASPI, ASPI, ecc.), in diminuzione del 5,2% rispetto al 2015.

Il dato relativo all'anno 2016, emerge da una stima della UIL basata sull'analisi dei dati relativi alla richiesta degli ammortizzatori sociali nei primi 8 mesi dell'anno.

Nello specifico, i beneficiari di Cassa Integrazione ammontano, nel 2016,a 640 mila persone in diminuzione del 14% rispetto al 2015; coloro che ricevono assegni per la Mobilità ammontano a 185 mila, in diminuzione del 4,5% rispetto allo scorso anno ed,  infine, per la NASPI, ASPI, disoccupazione ecc. i beneficiari di assegni ammontano ad oltre 1,6 milioni, in diminuzione dell'1,3% sullo scorso anno.

A livello regionale, è in Lombardia che si registra, con 379mila unita', il numero più alto di persone beneficiarie di un ammortizzatore sociale ed esse rappresentano il 15,4% del  totale nazionale; in Campania sono il 9,3% del totale nazionale (229 mila persone); in Emilia Romagna l'8,4% del totale nazionale (206 mila persone); nel Lazio l'8,1% del totale nazionale (199 mila persone); in Veneto il 7,8% del totale nazionale (193 mila persone).

Merita attenzione il dato del rapporto del numero dei soggetti beneficiari di una prestazione sociale sul totale dei lavoratori dipendenti del settore privato (escluso il  settore agricolo) dal quale emerge che in Molise 3 lavoratori su 10 (il 28,9%), conoscono l'esperienza di essere destinatario  di un ammortizzatore sociale; in Basilicata e in Calabria coloro che usufruiscono di ammortizzatori sono il 27,9% del totale dell'occupazione dipendente privata; in Sardegna il 27,6%; in Sicilia il 24,8%.

Viceversa, in Lombardia chi usufruisce di un ammortizzatore sociale è il 12,4% del totale dell'occupazione dipendente privata; in Veneto il 13,8%; nel Lazio il 14,2%; in Liguria il 15,7%; in Emilia Romagna il 16,1%.

Analizzando i dati del 2015, mediamente, ogni persona protetta da un ammortizzatore sociale, tra sussidio, contribuzione figurativa  e assegni familiari, ha percepito 7.341 euro, a fronte dei 7.449 euro medi del 2014.

Nel dettaglio, per i beneficiari dell'integrazione al reddito da cassa integrazione tra sussidio, contribuzione figurativa  e assegni familiari, la media dell'importo è stata di 6.572 euro (5.688 euro nel 2014); per la Mobilità 16.218 euro (15.331 nel 2014); per ASPI, NASPI, MINI ASPI e DISCOLL 6.650 euro (7.704 euro nel 2014).

Nel 2015, (ultimo dato definitivo), hanno usufruito della Cassa Integrazione Guadagni, Mobilità e Indennità di Disoccupazione, ASPI e Mini ASPI, quasi 2,6 milioni di persone, in diminuzione del 13,5% rispetto all'anno precedente quando ad usufruire di un ammortizzatore sociale erano state quasi 3 milioni di persone.

LA SPESA DEGLI AMMORTIZZATORI NEL 2015

Il sistema di protezione sociale sostenuto dagli ammortizzatori, tra costo delle indennità e dei contributi figurativi, nell'ultimo anno è costato 19 miliardi di euro (altrettanti se ne stimano per il 2016). Dato, però, in diminuzione del 14,7%% rispetto al 2014 (3,3 miliardi di euro).

Il tutto è finanziato per 9,3 miliardi di euro dai contributi di lavoratori ed aziende e quasi altrettanti (9,7 miliardi di euro) sono a carico della fiscalità generale.

Nello specifico, per la Cassa Integrazione il costo è stato di 3,9 miliardi di euro, in diminuzione del 20,8% rispetto al 2014 (1miliardo di euro); per gli ammortizzatori in deroga (cassa e mobilità in deroga), il costo è stato di 1miliardo di euro in diminuzione del 42,9% (751 milioni di euro); per l'Indennità di Mobilità ordinaria il costo è stato di 3,1 miliardi di euro, con una diminuzione del 2,2% sul 2014 (72milioni di euro); per le indennità di disoccupazione gli assegni di ASPI, NASPI Mini ASPI e DISCOLL sono costate oltre 11 miliardi di euro in diminuzione dell'11,6% (1,4 miliardi di euro) rispetto al 2014. Questo nonostante che, nello stesso periodo, siano aumentati del 2,5% i beneficiari.

Nello specifico, per la Cassa Integrazione Ordinaria il costo nell'ultimo anno è stato di 1,2 miliardi di euro in aumento dell'1,9% rispetto al 2014; per la Cassa Integrazione Straordinaria sono stati spesi 2,6 miliardi di euro in diminuzione del 28,4% rispetto all'anno precedente (1 miliardo di euro); per i contratti di solidarietà 126 milioni di euro, in diminuzione del 14,9% sul 2014.

Per quanto riguarda gli ammortizzatori in deroga, per la Cassa Integrazione (cigd) l'ammontare è stato di 617 milioni di euro, in forte diminuzione (49,1%) rispetto all'anno precedente; mentre per la Mobilità in Deroga la spesa è stata di 383 milioni di euro (meno 28,8%). Questi ultimi dati (Cassa e Mobilità in Deroga) risentono, oltre che del fermo amministrativo, anche della radicale riduzione della durata di godimento (massimo 3 mesi).

Per l'ASPI, NASPI, MINI ASPI e DISCOLL il costo ammonta a 11 miliardi di euro, in diminuzione dell'11,6% rispetto al 2014 (1,4 miliardi di euro).

Per quanto concerne i 9,3 miliardi di euro di entrate da contributi da parte dei lavoratori e aziende, essi sono in aumento dell'1,9%rispetto al 2014 (oltre 172 milioni di euro).

Le entrate per la Cassa integrazione ammontano complessivamente a 3,8 miliardi di euro, in aumento del 2,2% rispetto all'anno precedente, di cui: per la cassa ordinaria i contributi ammontano a 2,7 miliardi di euro (più 2%); per la cassa straordinaria 1,1 miliardi di euro (più 2,5%).

Per gli Ammortizzatori in Deroga, le entrate da contributi da aziende e lavoratori sono minime (circa 11 milioni di euro), in quanto finanziati dalla fiscalità generale;mentre per le Indennità di Mobilità ordinaria le entrate ammontano a 587 milioni di euro(meno 3,7%).

Infine per l'ASPI, NASPI, MINI ASPI le entrate ammontano complessivamente a 4,9 miliardi di euro (più 2,7%). Nello specifico 4 miliardi di euro sono i contributi per la disoccupazione (più 2%); 307 milioni di euro per il contributo addizionale (1,4%), dovuto per le assunzioni a termine (più 11,6%); 421 milioni di euro per il "Ticket licenziamento" (più 4,2%); 66 milioni di euro per il contributo per il lavoro domestico; 76 milioni di euro per il trattamento speciale edile.

Se si mette in comparazione il dato delle entrate da contributi da aziende e lavoratori  con quello della spesa per gli ammortizzatori sociali, si evidenzia, nel 2015, un saldo negativo di 9,8 miliardi di euro, coperti con la fiscalità generale, in diminuzione, però, del 26,2% rispetto al 2014 (3,5 miliardi di euro).

Nello specifico, per la Cassa Integrazione Guadagni il saldo negativo è sceso dai 1,2 miliardi del 2014 ai 65 milioni di euro del 2015, dovuto, soprattutto, ad una diminuzione (1,1 miliardi di euro) della cassa integrazione straordinaria che continua, comunque, a presentare un saldo negativo di 1,6 miliardi di euro; mentre la cassa integrazione ordinaria presenta un saldo positivo di 1,5 miliardi di euro in linea con il 2014.

Per la Mobilità il saldo negativo nell'ultimo anno è di 2,5 miliardi di euro, in linea con il 2014 e per gli ammortizzatori sociali in deroga, il saldo negativo è di 989 milioni di euro in diminuzione del 42,7% rispetto al 2014.

Per  l'ASPI, NASPI, MINI ASPI, DISCOLL il saldo negativo ammonta, nel 2015, a 6,1 miliardi di euro, a fronte di un saldo negativo di 7,7 miliardi di euro del 2014.

Tabelle con i dati in allegato.

 

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