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OGGETTO: "gli innocenti silenziosi" della CR San Michele Alessandria non riescono a garantire neanche l'incolumità dei detenuti.- Dopo il silenzio degli innocenti, gli innocenti restano silenziosi.
Avevamo scritto nelle note precedenti che i colleghi della Polizia penitenziaria, quella manciata rimasti, si trovano "nell'impossibilità di adempiere adeguatamente il loro mandat
istituzionale"; oggi ne registriamo l'ennesima riprova.


I fatti: "Circa all'ora di pranzo, - per i detenuti ovviamente perché i colleghi ancora si astengono dalla MOS, mentre ormai per prassi un poliziotto penitenziario si occupa di un intero piano e cioè due
sezioni detentive, - tre detenuti marocchini ristretti nella sezione del primo piano lato B, approfittando che il poliziotto si trovava presso la sezione del lato A per permettere all'infermiera di distribuire la terapia ai detenuti ivi ristretti, hanno aggredito a colpi di lametta un loro compagno di pari nazionalità.
Il malcapitato, curato presso l'infermeria è risultato guaribile in sette giorni ma ha riportato delle lesioni permanenti al viso e alla bocca."
I commenti:
Eventi critici gravi nelle patrie galere capitano purtroppo tutti i giorni ma ci domandiamo se questo non si potesse evitare.
Uno degli aggressori, tra l'altro molto probabilmente individuato come il mandante, è lo stesso detenuto che qualche settimana fa era evaso durante una visita ospedaliera e riacciuffato dopo
pochissimo tempo dal personale del Nucleo Traduzioni. È prassi corretta che un detenuto evaso o che comunque tenta di evadere resti nello stesso Istituto? O forse, non era opportuno trasferirlo
in un altro? E comunque ancora un punto non è chiaro: l'evaso dopo il fatto è stato ubicato presso l'infermeria e poi è stata presa la decisione di rimandarlo in sezione, ma invece di dove era ubicato prima di
evadere (3° piano B) è stato ubicato in un'altra sezione (1° piano B). Ora, non si conoscono i motivi né tanto meno si vuole entrare nel merito di tale decisione, ma possiamo ben supporre che al 3°
piano B non vi fossero più i presupposti per rimetterglielo. Ora, se tale nostra supposizione risultasse esatta, perché si è ubicato presso il 1° piano B se il 1° piano B e il 3° piano B fruiscono
dell'unico campo sportivo e insieme ?
Siamo confusi e attoniti: se il personale è poco e si vuole parlare di sorveglianza dinamica, l'attenzione e la accortezza in queste decisioni non dovrebbe essere l'ABC della gestione? Quale
bilanciamento dei rischi è assicurato a tutela dei lavoratori? Sembra che non ci siano limiti a quello che si accerta possa accadere. Unità non ne arrivano, detenuti problematici non si trasferiscono...
allora, qual'è il progetto che l'Amministrazione ha per la C.R. di Alessandria?
Le aspirazioni:
Le risposte che attendiamo nell'incontro che è stato richiesto dovranno essere specifiche e dettagliate su tutti questi rischi che ancora, come sempre, pesano solo sulle spalle della Polizia
penitenziaria e ora di quello della Casa di reclusione di Alessandria. Restiamo in attesa dell'avocata convocazione presso il Provveditorato regionale dell'Amministrazione penitenziaria per il Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, con la speranza, sicuramente sì, e la consapevolezza certa, almeno per quanto ci riguarda, di mettercela tutta per riuscire ad ottenere quelle risorse umane necessarie per il fabbisogno dell'istituto di San Michele di Alessandria.
IL SEGRETARIO GENERALE
Salvatore Carbone

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Casa di Reclusione San Michele: aggredito detenuto maghrebino da connazionali – le poche unità di polizia penitenziaria rimaste in servizio non riescono a garantire neanche l'incolumità dei ristretti.

I pochi agenti di polizia penitenziaria in servizio presso il Carcere di San Michele, i quali protestano dal giorno 22 dicembre 2016 per la cronica carenza di personale e operano nell'impossibilità di adempiere adeguatamente il mandato istituzionale, non riescono neanche a garantire l'incolumità dei ristretti.

Oggi, durante il tempo della mensa dei detenuti, (i poliziotti penitenziari ancora si astengono dalla mensa), mentre un poliziotto si occupava di un intero piano corrispondente a due sezioni detentive di circa 80 detenuti, cosa che è ormai diventata infelice quanto ineluttabile prassi, tre detenuti di origini maghrebine hanno aggredito a colpi di lametta un loro connazionale ferendolo gravemente al volto e in altre parti del corpo, approfittando del fatto che l'agente di servizio al piano si trovava con l'infermiera nell'altra sezione per la distribuzione della terapia ai detenuti.

La prognosi per il detenuto aggredito è di sette giorni, ma i danni ricevuti saranno permanenti.

Uno dei tre aggressori, molto probabilmente il mandante, è lo stesso detenuto che poche settimane fa ha tentato la fuga durante un trasferimento in ospedale per essere sottoposto a visita specialistica.

Ci si interroga se questa grave aggressione poteva essere evitata.

La prassi adottata e consolidata dall'Amministrazione Penitenziaria è quella di trasferire tempestivamente ad altri istituti i detenuti che si sono resi responsabili di evasioni o tentate evasioni. Perché questo detenuto non è stato ancora trasferito?

Salvatore Carbone Segretario generale regionale UILPA Polizia Penitenziaria

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