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Con l'approvazione, da parte del Senato, della "Manovrina" economica, prende il via il nuovo strumento sostitutivo del voucher/buono lavoro (abrogato dalla L. 49/2017), denominato "Prest0".

Tale norma racchiude la disciplina del nuovo istituto che si sostituisce, all'abrogato "lavoro accessorio" (voucher/buono lavoro).

Il nomen iuris con cui si è pensato di definirlo, non è del tutto originale nel nostro ordinamento, dal momento che va sotto la dizione di "prestazione occasionale". Ed è proprio su questa espressione e su ciò che la stessa implica, che verterà questa nostra riflessione.

Il legislatore ha inteso sopperire, attraverso una rinnovata e più stringente disciplina, al vuoto normativo prodotto dal venir meno dei voucher. L'intento ambizioso, e per noi condivisibile, che ha spinto verso la costituzione di questo nuovo strumento normativo, è stato essenzialmente quello di governare e regolamentare, evitando abusi ed distorsioni applicative, prestazioni di brevissima durata caratterizzate dalla straordinarietà ed eccezionalità della prestazione lavorativa.

Il tutto è avvenuto attraverso:

-un meccanismo di differenziazione soggettiva a seconda che la domanda di lavoro provenga da un utilizzatore privato (inteso come "famiglia") o da "altro" utilizzatore (espressione che racchiude sia il mondo dei professionisti, pubblica amministrazione e datori di lavoro che svolgono attività commerciale), a cui segue una diversa modalità di attivazione dell'istituto (rispettivamente "Libretto Famiglia" e "Contratto di prestazione occasionale") ed un diversificato importo orario netto della prestazione (nel primo caso pari ad €8, nel secondo ad €9)

-apposita "piattaforma informatica Inps" per attivare prestazioni occasionali ed erogare e accreditare compensi

-l'introduzione, che non ha precedenti nell'istituto del voucher, di un tetto massimo annuo (presumibilmente "netto" anche se il testo non lo cita) di compenso erogabile da parte dell'utilizzatore indipendentemente dal numero dei prestatori di lavoro (€ 5.000)

-un compenso massimo percepibile dal prestatore di lavoro pari ad € 5.000 (con i voucher tale tetto era pari ad € 7000), indipendentemente dal numero degli utilizzatori

-una soglia massima di compenso annuo che ciascun utilizzatore può erogare al singolo prestatore di lavoro, pari ad €2.500, importo corrispondente ad una durata massima di 280 ore di lavoro l'anno

-una restrizione (rispetto al vecchio buono-lavoro) del campo di applicazione oggettivo, vietando l'utilizzo dello strumento in alcune attività ed in base all'organico aziendale (quando gli utilizzatori abbiano alle proprie dipendenze più di 5 lavoratori subordinati a tempo indeterminato; nel caso di imprese di edilizia ed affini; imprese che svolgono attività di escavazione e/o lavorazione di materiali lapidei; imprese del settore delle miniere, cave e torbiere; esecuzione di appalti di opere e servizi; in agricoltura con alcune eccezioni)

-un obbligo di comunicazione, da parte dell'utilizzatore (professionista, datore che svolga attività commerciale, P.A.), almeno 1 ora prima dell'inizio della prestazione, di alcuni elementi identificativi i soggetti, durata e luogo della prestazione, il tutto attraverso la piattaforma informatica Inps.

Queste alcune delle principali novità, ma qui vorremmo porre l'accento su due criticità che riteniamo debbano essere oggetto di accurata riflessione, soprattutto da parte del legislatore, per evitare che ciò che si voleva scongiurare attraverso l'adozione di questo istituto (e più precisamente contrasto lavoro nero e sostituzione di rapporti di lavoro subordinato), possa continuare ad essere, purtroppo, praticabile.

La prima perplessità riguarda la tempistica con cui l'utilizzatore può procedere alla "revoca" di una precedente comunicazione di inizio prestazione occasionale laddove non ne abbia più bisogno. L'estensore della norma, stabilisce che la revoca dovrà essere comunicata all'Inps "entro i 3 giorni successivi al giorno programmato di svolgimento della prestazione".

A nostro dire, tale arco temporale rischia di generare situazioni di lavoro nero/grigio. Sarebbe, quindi, opportuno intervenire con una correzione legislativa che, mutuando il meccanismo di comunicazione preventiva di inizio prestazione lavorativa, disponga una comunicazione di revoca "anticipata" rispetto al giorno programmato di svolgimento della stessa.

Lo stesso legislatore, nell'approvare la norma su descritta, ha ritenuto necessario approvare un ordine del giorno che impegna il Governo a far sì che, attraverso la piattaforma informatica Inps, venga garantita la tracciabilità della prestazione in ogni fase della stessa, anche attraverso la possibilità di attestazione del suo effettivo svolgimento al termine di ogni giornata di lavoro programmata; che, sulla base dell'elaborazione dei dati raccolti attraverso la piattaforma informatica, vengano predisposti piani di controllo e protocolli di accertamento amministrativi ed ispettivi utili a contrastare ogni forma di abuso, anche mediante la rilevazione di appositi indicatori di anomalia nella frequenza del ricorso alla revoca, con particolare riferimento ai settori e ai prestatori più sensibili; e, più in generale, ad assicurare un continuativo monitoraggio delle attività lavorative occasionali anche ai fini della relazione da rendere annualmente al Parlamento su tale istituto, previo confronto con le parti sociali.

A tale criticità ne va aggiunta un'altra che potrebbe rischiare di decontrattualizzare, con conseguente perdita di diritti e misure di sostegno al reddito, soprattutto i lavoratori stagionali impiegati, in via prevalente, nei settori del turismo e servizi.

Qui è d'obbligo un passaggio sul concetto di "occasionalità" contenuto nel nomen iuris di questo nuovo istituto. E' noto come, nel nostro ordinamento, il concetto di "occasionalità" sia già presente in diverse tipologie contrattuali (collaborazione occasionale, lavoro autonomo occasionale di cui all'art. 2222 c.c.), tutte ricollegabili ad uno status di "autonomia" del prestatore di lavoro.

Oggi a tali istituti giuridici, si aggiunge anche quello delle c.d. "prestazioni occasionali" che sembrano, anch'esse, ricollegarsi più ad una natura "autonoma" che subordinata del rapporto di lavoro. Ciò maggiormente evidente con riferimento a prestazioni, la cui attivazione passerà per un "contratto di prestazione occasionale" (c.d. "PrestO"), rese nei confronti di utilizzatori non ravvisabili come famiglie. Più chiara tale natura, se consideriamo che ai prestatori di lavoro, dei quali la disposizione sopra citata elenca alcuni diritti, non se ne contempla la Naspi.

La questione è quindi quella di comprendere quale sia l'impatto che tale nuova disciplina potrebbe comportare soprattutto per determinate categorie di lavoratori. Ci riferiamo, in particolare, a tutti quei lavoratori che, prevalentemente nel settore del turismo, lavorano in maniera "sistematica" e "stabile", seppur in periodi caratterizzati da stagionalità, nello svolgimento di "attività di tipo abituale e prevalente" nell'ambito della gestione e del funzionamento dell'impresa (quali potrebbero essere, a mero titolo esemplificativo, quelle prestate in un albergo piuttosto che in uno stabilimento balneare). Quello che temiamo è che, dal combinato disposto derivante dal tetto annuo di compenso erogabile dall'utilizzatore al singolo prestatore (€2.500 netti nell'anno civile) e dall'assenza delle dovute misure di sostegno al reddito, si potrebbe avere un effetto non positivo per il lavoratore.

In tutti questi ed altri casi, in cui non è ravvisabile una "occasionalità" dell'attività svolta, riteniamo che non debba rendersi applicabile tale nuovo istituto, che rischierebbe di sostituirsi a rapporti di natura subordinata già regolati e tutelati (in tutti i loro aspetti, comprese misure di sostegno al reddito in caso di assenza di rapporto di lavoro) dalla contrattazione collettiva.

Per meglio comprendere il perché riteniamo che alcune attività, quali quelle svolte dagli stagionali, dovrebbero restare escluse da tale nuova disciplina, citiamo ciò che il Ministero del lavoro, con la Circolare n.37 del 10.06.2013, ha definito per "attività occasionale": "quella caratterizzata dalla non sistematicità e stabilità dei compiti espletati, non integrante comportamenti di tipo abituale e prevalente nell'ambito della gestione e del funzionamento dell'impresa" .

Ne consegue, a nostro avviso, che permane anche nel nuovo dispositivo normativo, la distinzione tra lavoro occasionale e lavoro "ordinario". In sostanza, chi utilizza prestatori d'opera con continuita' e nell'ambito di attività riconducibili alla ragione sociale d'impresa, dovrebbe incorrere, nel caso di utilizzo di "PrestO", nelle sanzioni previste dal dettato normativo. A titolo esemplificativo, si può ragionevolmente sostenere che un bagnino non  potrà essere retribuito con "PrestO" da un gestore di stabilimento balneare.

15 Giugno 2017

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