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Contributo per il gruppo di lavoro "Economie"

L'insieme del movimento antimafia, oltre ad avere un momento collettivo con il quale esprimere pubblicamente le proprie convinzioni, ha bisogno di una forte e diffusa iniziativa politica finalizzata a riattualizzare il profilo strategico di fronte ai processi e ai cambiamenti che caratterizzano questa fase nuova della azione mafiosa, dei fenomeni di corruzione, del rapporto fra politica-mafia-affari e più in generale del tema delle economie illegali. Un recente studio dell'Università Bocconi individua il "peso tradizionale" dell'economia criminale italiana attestandolo al 10,9% rispetto al PIL. Se a tale quota aggiungiamo il "sommerso fiscale", stimato intorno al 16,5%, possiamo notare che il sommerso totale raggiunge una quota pari al 27,4% del PIL. Questa filiera di illegalità condiziona l'economia, ma anche i comportamenti delle persone. Di fronte a questo quadro chiaro ed allarmante assistiamo purtroppo a comportamenti da parte delle istituzioni assai contraddittorie. Infatti di fronte ad un un contesto di vulnerabilità delle famiglie e delle singole persone, causato dal loro progressivo impoverimento, che spinge le persone ad assumere comportamenti illusori di ultima istanza come cadere nel perimetro del gioco d'azzardo patologico o bussare in ambienti malavitosi per bisogno di credito, assistiamo ad un Paese che autorizza la presenza di 400mila slot e macchinette da gioco. Contemporaneamente assistiamo ad una scarsa disponibilità   di risorse per la sanità pubblica, come ad esempio i soli 250 mila posti letto d'ospedale. Così come non possiamo non evidenziare il fatto che i fenomeni di corruzione nella gestione della "Cosa Pubblica" sono purtroppo in crescita e che questi fenomeni sempre più determinano una relazione stretta con gli interessi mafiosi. Un paese così è un paese che non ha scelto con chiarezza da che parte stare e con che respiro investire nel benessere dei propri cittadini. Purtroppo queste prassi perpetrate da gruppi dirigenti che generano infiltrazione della Mafia nell'Economia e nella Politica tardano a tramontare.

Dobbiamo poter riconquistare quel "Controllo Sociale del Territorio" che le mafie esercitano e che è una delle forze importanti del sistema mafioso, a cominciare dalle periferie.  La criminalità organizzata, la corruzione rappresentano il maggiore ostacolo allo sviluppo democratico, politico ed economico di molti Paesi, tanto da spingere istituzioni e agenzie internazionali e la stessa UE, a lanciare un programma in materia di prevenzione del crimine nel mondo intitolato "Cultura della legalità". Il fenomeno della criminalità organizzata e della corruzione costituisce certamente, oggi, un problema globale che investe ed influenza tutte le comunità internazionali: diventa, pertanto, necessario ed indifferibile promuovere azioni integrate quantomeno al livello Europeo per arginare e contrastare le attività criminali.

Gli appuntamenti dei prossimi mesi assumono dunque un grande significato, ragion per cui dobbiamo imprimere ogni sforzo per intensificare il profilo della nostra proposta. Abbiamo di fronte a noi una occasione importante nella quale sentiamo la necessità di lanciare a tutta la Società Civile e alla Politica, al Paese Reale e al Paese Istituzionale, una sfida per una azione corale proponendo rinnovate frontiere di impegno politico e civile per conquistare condizioni di libertà e di legalità oggi purtroppo mortificate e finanche negate.

Occorrerà sin dai prossimi passi rendere esplicita la forza delle idee e la forza corale e collegiale.

Le organizzazioni sindacali CGIL CISL UIL sono da tempo impegnate sul tema della legalità, del contrasto alle mafie ed alla criminalità organizzata, indirizzando la loro iniziativa a sostegno di un'economia legale che rafforzi la sana e corretta competizione delle imprese, che affermi pienamente la dignità delle persone, i diritti dei lavoratori e la tenuta della coesione sociale.

Intanto vogliamo scegliere di raccontare l'Italia non più lasciando il primato ai modelli liberisti e "finanzacentrici", ma intendiamo assegnarne una trazione sociale, solidale e di qualità della vita incardinata sui bisogni e sull'attenzione alle persone e nell'alveo dello sviluppo sostenibile. Bene il superamento del "monopolio" del PIL a vantaggio dell'affiancamento degli indicatori BES - sempre più numerosi e protagonisti - che vanno incoraggiati perché rappresentano il segno del cambiamento.

Il contrasto alle forme di illegalità economica si fa in primo luogo togliendo i patrimoni alla criminalità organizzata ed alle mafie per poi restituirli sani e legali alla collettività.

Le esperienze e le conoscenze maturate negli ultimi anni sul versante della gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e alle mafie ci consegnano un quadro abbastanza chiaro sulle criticità e i limiti legislativi e operativi. Si stima che delle oltre 40.000 aziende sequestrate e confiscate, per un valore di circa 30 miliardi di euro,  il 90% fallisce.

La difficile e, a volte contorta via del ribaltamento dello schema mentale che "la mafia dà il lavoro e l'antimafia lo toglie" è una scommessa , una sfida necessaria per contrastare le mafie e ordinare la nostra società dentro l'alveo della legalità.

In modo abbastanza sommario si può convenire che le criticità maggiori risiedono nel quadro normativo e gestionale delle aziende sequestrate e confiscate, nelle procedure e nella mancanza di strutture e risorse adeguate. Il Nuovo Codice Antimafia, recentemente approvato in via definitiva dal Parlamento, rappresenta un passo avanti significativo che va nella direzione giusta. Adesso tuttavia i suoi contenuti vanno resi operativi, a partire dagli adempimenti che la Riforma assegna al Governo e per quanto riguarda il potenziamento della ANBSC al Ministero dell'Interno. Insomma CGIL CISL UIL sono impegnate unitariamente a far sì che l'implementazione delle nuove norme sia la più rapida possibile.

Il dato sul fallimento delle aziende in oggetto, le esperienze consumate sul versante delle autorità giudiziarie preposte alla gestione dei beni, i tempi lunghissimi tra sequestro e confisca, le questioni relative alle linee di credito bancarie, l'assenza di ragionevoli strumenti a tutela dei lavoratori, gli  interventi dei Tribunali fallimentari, gli alti costi per la emersione dalla illegalità, meritano di essere affrontati con la massima urgenza facendo diventare quelle nuove norme prassi consolidata. Trasformare l'azienda mafiosa in impresa legale, produttiva, trasparente, che sappia produrre lavoro vero e pulito e valori sociali costituzionalmente garantiti, è un obiettivo molto difficile ma non impossibile.

Dobbiamo, intanto, rilanciare l'etica della sinergia e ricalibrare il rapporto fra produttore e consumatore e, soprattutto, più in generale, rinvigorire l'idea di una economia sociale attraverso la quale realizzare tre obiettivi sostanziali: dare lavoro ai giovani, costruire un lavoro eticamente sostenibile, riprendere il controllo sociale del territorio proprio attraverso il riutilizzo delle attività sottratte ai mafiosi.

Occorre pertanto agire attraverso esperienze concrete e innovative, anche il concorso sincero e volitivo dei tanti soggetti che, a vario titolo, negli ultimi anni hanno speso le loro energie sul versante della lotta alle mafie. Amministratori locali, Istituzioni pubbliche, magistrati, docenti universitari, organizzazioni sindacali, reti produttive, cooperative, imprese, forze politiche, libere associazioni,  operatori della comunicazione, sistema scolastico di base dovrebbero confrontarsi e impreziosire la rete tessuta in anni difficili e straordinari e porre in essere una nuova ed efficace stagione di lotta per sconfiggere le mafie soprattutto sul versante economico, che rimane terreno decisivo alla luce della sua pervasività che non risparmia ambiti sociali, professionali, geografici.

Il lavoro rappresenta indubbiamente la condizione essenziale per dare alle persone la forza di non cedere ai ricatti e soprattutto il lavoro è la condizione per dare alle persone quella autonomia economica necessaria a progettare la propria vita. Ma occorre un lavoro tutelato e qualificato, non un lavoro sottopagato, sfruttato, ricattato, attraverso il quale si calpesta perfino la dignità delle persone in una sorta di moderna schiavitù.

Il campo d'azione è esteso: il fenomeno del caporalato, la gestione della immigrazione, i processi di integrazione, la tratta degli esseri umani, l'abbandono scolastico, la fuga dei giovani laureati all'estero, i fenomeni di familismo o di prebende per le assunzioni che oltretutto mortificano e impoveriscono qualità e professionalità, le morti insopportabili sul lavoro e tante altre battaglie che ci dovranno vedere impegnati in prima linea nel contrasto alle disuguaglianze ed agli abusi e per l'inclusione e coesione sociale elementi qualificanti in grado di connotarsi come presidi di legalità a cominciare da quella che affonda le radici nella natura economica.

La riforma del Codice Antimafia, infine, per la quale dovremo produrre ancora uno sforzo per un nostro impegno teso a garantire la sua piena applicazione, può rivelarsi utile in questo nostro rinnovato percorso di unità per la legalità.

Roma, 11 dicembre 2017

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