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La Legge di Bilancio 2017 ha apportato alcune modifiche alla disciplina pensionistica per i lavoratori che svolgono attività usuranti.

I soggetti beneficiari (lavoratori impegnati nelle attività lavorative già individuate dal Dlgs n. 67/2011) potranno accedere da subito alla pensione agevolata senza dover rimandare di 12/18 mesi la decorrenza della pensione per effetto delle cosiddette "finestre mobili".

La norma ha altresì attenuato le condizioni previste per l'accesso al trattamento pensionistico anticipato richiedendo che le "attività usuranti" siano state svolte: per un periodo di tempo pari, alternativamente, ad almeno 7 anni negli ultimi 10 anni oppure ad almeno la metà della vita lavorativa complessiva (ricordiamo che questo criterio di individuazione era già previsto – non in forma alternativa – per le pensioni aventi decorrenza dal 1° gennaio 2018).

In tutti i casi, per poter accedere alla pensione anticipata, i lavoratori devono aver maturato i requisiti, che riassumiamo nella tabella seguente:

Tabella requisiti agevolati dal 2016 al 2026

Addetti alla cosiddetta "linea catena", conducenti di veicoli adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo, notturni a turni occupati per un numero di giorni lavorativi pari o superiore a 78 all'anno:

dipendenti: quota 97,6 con età minima di 61 anni e 7 mesi e anzianità contributiva minima di 35 anni;

autonomi: quota 98,6 con età minima di 62 anni e 7 mesi e anzianità contributiva minima di 35 anni.

Lavoratori notturni a turni occupati per un numero di giorni lavorativi da 72 a 77 all'anno:

dipendenti: quota 98,6 con età minima di 62 anni e 7 mesi e anzianità contributiva minima di 35 anni;

autonomi: quota 99,6 con età minima di 63 anni e 7 mesi e anzianità contributiva minima di 35 anni.

Lavoratori notturni a turni occupati per un numero di giorni lavorativi da 64 a 71 all'anno:

dipendenti: quota 99,6 con età minima di 63 anni e 7 mesi e anzianità contributiva minima di 35 anni;

autonomi: quota 100,6 con età minima di 64 anni e 7 mesi e anzianità contributiva minima di 35 anni.

La Legge 232/2016 ha modificato anche i termini entro i quali i lavoratori sono tenuti a presentare la domanda, e relativa documentazione, per accedere al beneficio.

Le nuove disposizioni impongono che le domande devono essere trasmesse:

entro il 1° marzo dell'anno di maturazione dei requisiti qualora tali requisiti siano maturati nel corso del 2017;
entro il 1° maggio dell'anno precedente a quello di maturazione dei requisiti qualora gli stessi siano maturati a decorrere dal 1° gennaio 2018.

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Sono diversi gli interventi introdotti legge di Bilancio 2017 nel "pacchetto famiglia", volti a incentivare la natalità e fornire aiuto alle famiglie. Alcuni sono del tutto nuovi e si aggiungono a quelli già previsti, che ora sono rifinanziati e ulteriormente prorogati. Per la loro effettiva applicazione dobbiamo comunque attendere i decreti attuativi laddove previsti.

Costituisce una novità l'istituzione del fondo di sostegno alla natalità per favorire l'accesso al credito in favore delle famiglie con figli nati o adottati dal 1° gennaio 2017. Con decreto ministeriale saranno definiti i criteri e le modalità di funzionamento di questo Fondo.

Nuova è anche l'attribuzione di un premio alla nascita o bonus mamme, di 800 euro una tantum, riconosciuto dal 1° gennaio 2017 per la nascita o l'adozione di minore, a tutte le mamme indipendentemente dal possesso di un determinato limite di reddito. Il premio è corrisposto dall'Inps in unica soluzione, su domanda della futura madre, già al compimento del settimo mese di gravidanza o all'atto dell'adozione e non concorre alla formazione del reddito.

Viene inoltre prorogato anche per gli anni 2017 e 2018 il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente, da fruire entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, per la durata di due giorni nel 2017 (come nel 2016) e aumentato a quattro giorni nel 2018. Nel 2018 il padre può astenersi per un ulteriore giorno previo accordo con la madre e in sua sostituzione, qualora questa scelga di non fruire di altrettanti giorni del proprio congedo obbligatorio.

Per i nati dal 1º gennaio 2016, viene introdotto dal 2017 un buono asili nido, di 1.000 euro su base annua e corrisposto per undici mensilità, per il pagamento di rette di asili nido pubblici e privati, ed anche per supporto presso la propria abitazione in favore dei bambini al di sotto dei tre anni, affetti da gravi patologie croniche. Con apposito decreto saranno stabilite le disposizioni attuative. Anche questo nuovo sostegno non è subordinato a limiti di reddito.
Si tratta della ulteriore novità contenuta nel "pacchetto famiglia" che, come espressamente previsto, non è fruibile contestualmente con il già vigente contributo per asili nido o baby sitting, di 600 euro mensili, ora rifinanziato e prorogato per il 2017 e 2018, concesso alle madri lavoratrici dipendenti e autonome che rinuncino totalmente o parzialmente ai mesi di congedo parentale loro spettanti.

Si ricorda infine il "bonus bebè" di 960 euro annui (80 euro al mese) per ogni figlio nato o adottato tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017, corrisposto fino al compimento del terzo anno di età del bambino o del terzo anno di ingresso in famiglia. Il reddito del nucleo familiare del genitore richiedente non deve essere superiore a 25mila euro annui (Isee). L'importo dell'assegno è raddoppiato quando il valore dell'Isee non sia superiore a 7.000 euro annui. L'assegno viene corrisposto a domanda dall'Inps.

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Tra le novità previdenziali introdotte dalla Legge di Bilancio 2017 troviamo l'APE Sociale: "L'indennità di natura assistenziale a carico dello Stato erogata dall'INPS a soggetti in stato di bisogno che abbiano compiuto almeno 63 anni di età e che non siano titolari di pensione diretta.

È una misura sperimentale – in vigore dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018 – intesa ad agevolare la transizione verso il pensionamento per soggetti svantaggiati".

L'INPS ha riassunto in una scheda informativa tutte le caratteristiche dell'APE Sociale: cos'è, a chi si rivolge, quali sono i requisiti per ottenerla, durata e importo della prestazione.

Per continuare a leggere la scheda INPS "APE Sociale - Anticipo pensionistico" vai sul portale – www.inps.it

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È nullo il licenziamento della lavoratrice madre durante il cosiddetto periodo protetto, in violazione dell'art. 54 del T.U. n. 151/2001.

Lo ribadisce la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 475 dell'11 gennaio 2017, ricordando che la giurisprudenza di legittimità è costante nell'affermare che il licenziamento intimato alla lavoratrice dall'inizio del periodo di gestazione sino al compimento di un anno di età del bambino è nullo e improduttivo di effetti ai sensi dell'art. 2 della legge 1204/71 (ora art. 54 del D.Lgs. 151/01).

"Per la qual cosa il rapporto deve ritenersi giuridicamente pendente ed il datore di lavoro inadempiente va condannato a riammettere la lavoratrice in servizio ed a pagarle tutti i danni derivanti dall'inadempimento in ragione del mancato guadagno.". La Cassazione accoglie così il ricorso di una lavoratrice, licenziata quando la figlia non aveva ancora compiuto un anno di età, ordinando all'azienda di riassumerla Il rapporto, nel caso in esame, va considerato come mai interrotto e la lavoratrice ha diritto alle retribuzioni dal giorno del licenziamento sino alla effettiva riammissione in servizio.

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La Corte di Cassazione, seconda sezione penale, con la recente sentenza n. 54712 del 23 dicembre 2016 torna ad occuparsi dei permessi lavorativi di cui alla legge n. 104/92, affermando nuove posizioni sulla modalità di fruizione ma censurandone l'abuso che resta comunque punibile.

In particolare questa sentenza, nel confermare la condanna per truffa di una lavoratrice che aveva utilizzato i permessi retribuiti non per assistere la madre disabile ma per recarsi in viaggio all'estero, offre nel contempo una interpretazione "estensiva" della norma, affermando che l'assistenza al disabile non debba essere prestata per tutta la giornata, ma è sufficiente che venga attuata con modalità costanti e con quella flessibilità che tenga conto anche dei bisogni e delle esigenze del lavoratore.

A tal fine richiama la precedente sentenza n. 4106/2016 con la quale aveva affermato, in contrasto con l'orientamento restrittivo, che nei giorni di permesso l'assistenza, sia pure continua, non necessariamente dovesse coincidere con gli orari lavorativi.

La Corte spiega l'evoluzione del quadro normativo, anche ad opera della Corte Costituzionale, e ricorda che la finalità dei permessi resta quella di prestare aiuto e assistenza alle persone disabili e, nello stesso tempo, di costituire un sostegno economico alle famiglie "il cui ruolo resta fondamentale nella cura e nell'assistenza dei soggetti portatori di handicap".

Nel caso di specie si discute se sia lecito per il lavoratore che chieda di usufruire dei permessi retribuiti, di non assistere la persona disabile e, quindi di utilizzare quei giorni come se fossero feriali, potendone disporre a suo piacimento, in quanto destinati al recupero delle energie psico-fisiche del fruitore.

La Cassazione non condivide tale tesi, sia perché, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, all'epoca dei fatti l'assistenza doveva essere prestata con continuità e in via esclusiva (condizioni poi abrogate), sia perché è evidente che l'assistenza non è ipotizzabile quando, come nel caso in esame, il fruitore dei permessi se ne disinteressi completamente, partendo per l'estero.

I permessi, infatti, pur essendo venuti meno i requisiti della "continuità ed esclusività", non devono essere considerati come giorni di ferie ma solo come un'agevolazione concessa a chi è si è fatto carico di un gravoso compito, di poter svolgere l'assistenza in modo meno pressante e, quindi, da potersi ritagliare in quei giorni, in cui non è obbligato a recarsi al lavoro, delle ore da dedicare esclusivamente alla propria persona. "Ma, è ovvio che l'assistenza dev'esserci.".

"In conclusione,- si legge nella sentenza - la censura dev'essere disattesa alla stregua del seguente principio di diritto: "colui che usufruisce dei permessi retribuiti ex art. 33/3 L. 104/1992, pur non essendo obbligato a prestare assistenza alla persona handicappata nelle ore in cui avrebbe dovuto svolgere attività lavorativa, non può, tuttavia, utilizzare quei giorni come se fossero giorni feriali senza, quindi, prestare alcuna assistenza alla persona handicappata. Di conseguenza, risponde del delitto di truffa il lavoratore che, avendo chiesto ed ottenuto di poter usufruire dei giorni di permesso retribuiti, li utilizzi per recarsi all'estero in viaggio di piacere, non prestando, quindi, alcuna assistenza". La condotta dell'imputata è grave e, quindi, non può essere ritenuta di particolare tenuità, sia perché grava sulla collettività, sia perché è "espressione di un illegittimo malcostume, conseguenza di una mal riposta fiducia nella lealtà del dipendente".

Una sentenza, questa della Cassazione Penale, che necessiterebbe di un'analisi approfondita per i possibili effetti sul rapporto di lavoro, tenuto conto della sua interpretazione estensiva.

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Mercoledì, 04 Gennaio 2017 11:32

INPS: Congedo parentale su base oraria

Ad integrazione delle precedenti indicazioni, fornite con la circolare n. 152/2015 in materia di congedo parentale ad ore, l'Inps con la recente circolare n. 230 del 29 dicembre 2016 interviene per ulteriori chiarimenti. Come noto, questa modalità di fruizione si aggiunge a quella su base giornaliera e mensile.

Si ricorda che il congedo parentale a ore è stato introdotto dalla legge di Stabilità 2013 che ha demandato alla contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, la relativa regolamentazione. Successivamente il D.Lgs. n. 80/2015 ha previsto, in assenza di contrattazione, un criterio generale di fruizione. Queste modalità sono tra loro alternative e pertanto l'utilizzo dell'una esclude l'altra.

In particolare l'Inps precisa che nel caso di contratto collettivo, anche di natura aziendale, che disciplini il congedo su base oraria, la fruizione dello stesso potrà avvenire nei limiti del monte ore a cui è equiparata la singola giornata lavorativa (corrispondente ad una giornata di congedo parentale), così come identificato nella specifica disciplina contrattuale del congedo parentale. Nell'ipotesi di lavoro a tempo parziale, il monte ore giornaliero e l'importo dell'indennità giornaliera dovranno essere riproporzionati in ragione della percentuale di part time;

in assenza di contrattazione collettiva che disciplini questo congedo, la fruizione potrà avvenire su base oraria in misura pari alla metà dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. La fruizione deve essere "pari alla metà" dell'orario medio e non "fino alla metà" dell'orario medio giornaliero.

Il calcolo dell'indennità continua ad essere costituita dalla retribuzione media globale giornaliera. Nel caso di contratto collettivo si dovrà dividere il numero di ore fruite nel mese solare per il monte ore indicato dal datore di lavoro, per assicurare che, a prescindere dalla modalità utilizzata (oraria, giornaliera o mensile), l'indennità giornaliera, definita secondo i parametri di legge (art. 23 T.U.), abbia il medesimo importo. Lo stesso metodo di calcolo dovrà applicarsi anche nel caso di assenza di contrattazione collettiva che disciplini il congedo parentale in modalità oraria.

Infine l'Istituto definisce i nuovi elementi del flusso UniEmens.

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Dal 1° gennaio 2017 sono stati rivalutati i limiti di reddito familiare ai fini della cessazione o riduzione della corresponsione degli assegni familiari nei confronti dei coltivatori diretti, coloni, mezzadri e dei piccoli coltivatori diretti (ai quali continua ad applicarsi la normativa sugli assegni familiari) e delle quote di maggiorazione di pensione per i pensionati delle gestioni speciali per i lavoratori autonomi, nonché i limiti di reddito mensili per l'accertamento del carico ai fini dei diritto agli assegni stessi.

Lo comunica l'INPS con circolare n. 229 del 29.12.2016, precisando che sono state aggiornate le relative le tabelle da applicare a decorrere dal 1° gennaio 2017.

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L'INPS, con il messaggio n. 5171 del 21 dicembre 2016, fornisce chiarimenti circa la legge n. 76 del 20/5/2016 "Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze" entrata in vigore il 5 giugno 2016.

Al riguardo l'Istituto richiama l'articolo 1, comma 20, della legge che, con riferimento alle unioni civili, dispone che "Al solo fine di assicurare l'effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché' negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso".

Pertanto, a decorrere dal 5 giugno 2016, il componente dell'unione civile è equiparato al coniuge ai fini del riconoscimento del diritto alle prestazioni pensionistiche e previdenziali (es. pensione ai superstiti, integrazione al trattamento minimo, maggiorazione sociale, successione iure proprio, successione legittima, etc.) e dell'applicazione delle disposizioni che le disciplinano.

In particolare si ricorda che l'articolo 1 della legge n. 76, ai commi da 1 a 35 regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso; ai commi da 36 a 65 regolamenta le convivenze di fatto tra due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile; ai commi da 66 a 69 fornisce le disposizioni in ordine alla copertura finanziaria del provvedimento, nonché al monitoraggio degli oneri di natura previdenziale e assistenziale derivanti dalle unioni civili.

Infine, l'INPS fa presente che con successivo messaggio fornirà le istruzioni procedurali riguardo la gestione delle prestazioni pensionistiche e previdenziali riconosciute in favore dei destinatari della legge in questione.

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Con la circolare n. 44 del 21 novembre 2016 l'Inail chiarisce le regole riguardo il sistema assicurativo e la trattazione dei casi di infortunio occorsi agli studenti impegnati in attività di alternanza scuola lavoro, nonché gli aspetti contributivi.

Per alternanza scuola lavoro (legge n. 107/2015), si intende una metodologia didattica che consente agli studenti, di età compresa tra i 15 e i 18 anni, che frequentano gli istituti di istruzione superiore, di svolgere una parte del proprio percorso formativo presso un'impresa o un ente, per periodi di apprendimento in situazione lavorativa, che non costituiscono comunque rapporto di lavoro.

La copertura antinfortunistica, chiarisce l'Inail, viene attuata secondo due diversi criteri: per gli studenti delle scuole statali mediante la gestione per conto dello Stato, come già previsto in linea generale, mentre per quelli delle altre scuole non statali mediante il versamento di un premio speciale unitario che, nei casi di alternanza è ancora da determinare anche in relazione all'andamento infortunistico.

L'Inail ribadisce che gli eventi verificatisi nell'ambito scolastico sono indennizzabili solo in occasione delle attività previste dall'art. 4, n.5 del T.U. 1124/1965, per le quali vige l'obbligo assicurativo (ad es. esperienze tecnico – scientifiche, esercitazioni pratiche e di lavoro, ecc.), con l'esclusione dell'infortunio in itinere occorso nel normale tragitto di andata e ritorno dall'abitazione alla scuola.

Sono invece indennizzabili gli infortuni occorsi durante i periodi di apprendimento in "ambiente di lavoro" (in un'azienda, in un cantiere all'aperto o in un luogo pubblico), in quanto gli studenti sono esposti ai medesimi rischi dei lavoratori dipendenti, purché l'attività svolta – precisa ulteriormente l'Inail - presenti le caratteristiche oggettive previste dal T.U. 1124/1965). Sono tutelati anche gli infortuni occorsi durante il tragitto tra la scuola e il luogo in cui si svolge l'esperienza di lavoro, in quanto tale percorso è da intendere come "prolungamento dell'esercitazione pratica, scientifica o di lavoro", mentre non è tutelabile l'infortunio in itinere che accada dal luogo di abitazione a quello in cui si svolge l'esperienza di lavoro e viceversa.

Gli studenti devono essere sottoposti alla formazione prevista in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (T.U. 81/2008).

L'obbligo di effettuare le denunce di infortunio sul lavoro e di malattia professionale degli studenti impegnati in questi progetti ricade sul dirigente scolastico, secondo i criteri illustrati nella circolare n. 44, salvo che sia diversamente stabilito in ambito convenzionale.

Le prestazioni erogate dall'Inail sono quelle previste per legge: prestazioni economiche (ad es. indennizzo del danno biologico, rendita, altre); prestazioni sanitarie; prestazioni protesiche; prestazioni riabilitative; con esclusione dell'indennità per inabilità temporanea assoluta, a meno che non siano studenti lavoratori.

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L'Inail, con la circolare n. 37 del 21 ottobre 2016, comunica che a decorrere dal 1° luglio 2016 sono confermati gli importi vigenti al 1° luglio 2015 delle prestazioni economiche per infortunio sul lavoro e malattia professionale: nel settore industriale, compreso il settore marittimo, agricolo, medici radiologi e tecnici sanitari di radiologia autonomi.

Tale conferma era già stata annunciata nei quattro Decreti del Ministero del lavoro pubblicati il 12 settembre scorso, in merito alla rivalutazione dal 1° luglio 2016, tenuto conto che la variazione dell'indice Istat dell'anno 2015, rispetto al 2014, risulta negativa.

Con la circolare n. 37 l'Inail illustra i riferimenti retributivi per procedere alla prima liquidazione delle prestazioni.

Ricordiamo pertanto alcuni degli importi vigenti al 1° luglio 2015.

Per il settore industria la retribuzione media giornaliera risulta pari a euro 77,12, la retribuzione annua minima di euro 16.195,20 e la retribuzione annua massima di euro 30.076,80. Si precisa che le rendite ai superstiti di lavoratori dell'industria deceduti dal 1° gennaio 2014 sono calcolate sul massimale di euro 30.076,80 (Legge di stabilità 2014).

Per il settore agricoltura la retribuzione annua convenzionale è di euro 24.440,95.

L'importo dell'"assegno per l'assistenza personale continuativa" è di euro 533,22, quello dell'assegno "una tantum" ai superstiti è di euro 2.136,50, per entrambi i settori industriale e agricolo.

Inoltre, Inail comunica i massimali retributivi per i marittimi, le retribuzioni annue per i medici radiologi e per i tecnici sanitari di radiologia autonomi, nonché gli importi degli assegni continuativi mensili per il settore industria e agricoltura e altro.
Precisiamo che questi dati riguardano solo la parte patrimoniale delle rendite.

Rivalutazione indennizzo danno biologico

Per quanto riguarda l'indennizzo per danno biologico, il Ministero del lavoro ha pubblicato il 4 novembre 2016 il decreto del 23 settembre 2016  che (con decorrenza 1° luglio 2016) conferma gli importi delle prestazioni economiche per danno biologico vigenti nell'anno 2015, come da proposta dell'Inail (DETPRES n. 228/2016), dato che la variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai ed impiegati dell'anno 2015 rispetto al 2014 è risultata negativa.

Si ricorda che la Legge di stabilità 2016 ha introdotto un sistema di rivalutazione automatica degli importi di questi indennizzi, non solo in via straordinaria come previsto negli anni precedenti. Tuttavia per quest'anno anche tali importi rimangono invariati.

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