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Sconfortanti i dati diffusi oggi dall'Istat sul mercato del lavoro riferiti a settembre. L'aumento dell'inattività e il calo congiunturale dell'occupazione, su cui ha pesato maggiormente la diminuzione dei contratti a tempo indeterminato, sono elementi preoccupanti che non possono essere sottovalutati.Anche il dato tendenziale, che mostra una lievissima crescita dell'occupazione complessiva, nonostante la massiccia dote di incentivi messe in campo dall'attuale Governo, rimane drammaticamente critico soprattutto sul fronte giovanile, il cui tasso di disoccupazione continua a mantenersi al di sopra del 40% a cui si aggiunge un aumento degli inattivi/scoraggiati.

La rilevazione Istat conferma la mancanza di interventi mirati ai giovani rispetto ai quali sarebbero necessarie misure specifiche che, purtroppo, non troviamo tra quelle contenute nella Legge di Stabilità che si sta discutendo nelle aule parlamentari.

Troviamo, invece, la conferma, seppur in misura ridotta, dell'esonero contributivo "generalizzato" che continuerà, senza forti interventi per la crescita, a non dare le necessarie risposte all'inclusione nel mercato del lavoro delle giovani generazioni.

A questo si aggiunge l'insoddisfacente risultato della "Garanzia Giovani" che, al netto di offerte di tirocini, ha mostrato l'inefficacia del sistema delle politiche attive rivolte soprattutto ai giovani.

Roma, 30 ottobre 2015

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Mercoledì, 02 Settembre 2015 10:10

Dati Istat su occupazione e disoccupazione

Nell'ambito di un programma di diffusione sempre più integrata delle informazioni statistiche, a partire dal 15 settembre l'informazione trimestrale su domanda e offerta di lavoro sarà diffusa congiuntamente nel nuovo comunicato dal titolo "Il mercato del lavoro". I contenuti del comunicato "Indicatori del lavoro nelle imprese", in calendario lo stesso giorno, verranno inglobati in tale nuova diffusione.

Nel secondo trimestre 2015 – ininterrotta da cinque trimestri – continua la crescita degli occupati, stimata a +180 mila unità (0,8% in un anno). L'aumento riguarda entrambe le componenti di genere e coinvolge soprattutto il Mezzogiorno (+2,1%, 120 mila unità). Al calo degli occupati 15-34enni e 35-49enni (-2,2% e -1,1%, rispettivamente) si contrappone la crescita degli occupati ultra50enni (+5,8%).

L'incremento dell'occupazione interessa sia gli stranieri (+50 mila unità) sia, soprattutto, gli italiani (+130 mila unità). In confronto al secondo trimestre 2014, il tasso di occupazione 15-64 anni degli stranieri diminuisce di 0,1 punti percentuali a fronte di una crescita di 0,6 punti tra gli italiani.

Nell'industria in senso stretto, dopo la diminuzione del trimestre precedente, l'occupazione rimane sostanzialmente stabile su base annua a sintesi di un aumento nel Nord e di un calo nel Centro e nel Mezzogiorno. Nelle costruzioni, dopo diciannove trimestri di calo, torna a salire il numero di occupati (+2,3%, 34 mila unità in un anno). Nel terziario gli occupati crescono dello 0,8% (+127 mila unità), soprattutto tra i dipendenti e nel Mezzogiorno.

Nel secondo trimestre 2015, i lavoratori a tempo pieno aumentano in misura sostenuta per il secondo trimestre consecutivo, con un incremento di 139 mila unità (+0,8%). Ininterrotta dal 2010, prosegue la crescita degli occupati a tempo parziale (+1,0%, 41 mila unità nel raffronto tendenziale) ma in oltre sette casi su dieci questa riguarda il part time involontario, la cui incidenza arriva al 64,6% dei lavoratori a tempo parziale (era il 64,5% un anno prima).

L'incremento di occupazione interessa soltanto i dipendenti, cresciuti nel secondo trimestre del 2015 dell'1,1% (183 mila unità), mentre gli indipendenti rimangono sostanzialmente invariati. Continua, a ritmo più sostenuto, l'aumento del numero di dipendenti a tempo indeterminato (+0,7%, 106 mila su base annua), associato all'aumento dei dipendenti a termine (+3,3%, 77 mila unità). Si riduce il numero di indipendenti con contratti di collaborazione (-11,4%, -45 mila unità).

Nel secondo trimestre 2015 il numero di persone in cerca di occupazione è stimato rimanere invariato su base annua, a sintesi dell'aumento per gli uomini (+2,6%, 44 mila unità) e del calo per le donne (-3,1%, -45 mila unità). Il 59,5% dei disoccupati cerca lavoro da un anno o più (era il 61,9% nel secondo trimestre 2014).

Dopo quattordici trimestri di crescita e il calo nel primo trimestre del 2015, nel secondo trimestre il tasso di disoccupazione si attesta al 12,1% (-0,1 punti su base annua); alla riduzione del Nord (-0,3 punti) si associa la stabilità nel Mezzogiorno e l'aumento nel Centro (+0,1 punti), con le differenze territoriali che si ampliano: l'indicatore varia dal 7,9% delle regioni settentrionali, al 10,7% del Centro fino al 20,2% del Mezzogiorno.

Nel secondo trimestre 2015, a ritmi sostenuti, prosegue la diminuzione del numero degli inattivi di 15-64 anni (-1,9%, -271 mila unità) dovuto in circa sette casi su dieci ai 55-64enni. Il tasso di inattività scende al 35,8% (-0,6 punti percentuali). Dopo la crescita ininterrotta dal terzo trimestre 2011, diminuisce lo scoraggiamento (-5,8%, -114 mila unità), soprattutto nel Mezzogiorno e tra i giovani di 15-34 anni.

 

Occupati e disoccupati (dati provvisori)

 

Con l'obiettivo di fornire una informazione sul mercato del lavoro più ricca di contenuti, dal prossimo comunicato stampa l'Istat fornirà mensilmente nuovi indicatori, unitamente a intervalli di confidenza.

Dopo il calo di maggio (-0,2%) e la lieve crescita di giugno (+0,1%), a luglio 2015 la stima degli occupati cresce ancora dello 0,2% (+44 mila). Il tasso di occupazione aumenta nel mese di 0,1 punti percentuali, arrivando al 56,3%. Nell'anno l'occupazione cresce dell'1,1% (+235 mila persone occupate) e il tasso di occupazione di 0,7 punti.

La stima dei disoccupati diminuisce del 4,4% (-143 mila) su base mensile. Dopo la crescita degli ultimi due mesi, a luglio il tasso di disoccupazione cala di 0,5 punti percentuali, arrivando al 12,0%. Nei dodici mesi la disoccupazione diminuisce del 6,6% (-217 mila persone in cerca di lavoro) e il tasso di disoccupazione di 0,9 punti.

Dopo la lieve crescita di maggio (+0,1%) e il calo di giugno (-0,3%), la stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni aumenta nell'ultimo mese dello 0,7% (+99 mila persone inattive, prevalentemente donne). Il tasso di inattività, è pari al 35,9%, in aumento di 0,3 punti percentuali. Su base annua l'inattività è in calo dello 0,6% (-87 mila persone inattive) e il tasso di inattività di 0,1 punti.

Rispetto ai tre mesi precedenti, nel periodo maggio-luglio 2015 il tasso di occupazione cresce (+0,2 punti percentuali), mentre calano il tasso di disoccupazione (-0,1 punti) e il tasso di inattività (-0,1 punti).

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Possiamo iniziare a intravedere uno spiraglio di ripresa nei dati che fotografano la cassa integrazione nei primi 3 mesi del 2015, oppure no?Dalla lettura dei dati Inps, le ore richieste dalle imprese nel I trimestre 2015 (oltre 170 milioni), sembrano essere più vicine a quelle del primo anno di crisi (129 milioni) che a quelle di un Paese in cui la sofferenza economico-occupazionale è ancora molto forte sia dalle imprese che dai lavoratori.

Noi crediamo che sia opportuno leggere i dati sentendo e ascoltando le sofferenze che quotidianamente vivono territori e lavoratori, quando lamentano l'assenza di risorse per la cassa integrazione in deroga, strumento fondamentale per il mantenimento dei posti di lavoro e per il necessario, quanto fondamentale, vivere dignitoso delle famiglie di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori.

Non si possono che considerare, quindi,  in maniera sottostimata le ore di cassa integrazione in deroga , mancando all'appello il dato del "reale" fabbisogno di questo ammortizzatore sociale che, mai come quest'anno, a causa di carenza di risorse determinata anche dalla necessità di utilizzare quelle disponibili per il 2015 per sanare periodi relativi al 2014, si è tradotto in un secco e brusco "stop" di richieste (poco più di 12 milioni di ore nel I trimestre 2015, con un calo dell'82% rispetto allo stesso periodo del 2014).

Roma, 20 aprile 2015

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La UIL, attraverso l'elaborazione dei dati sulle comunicazioni obbligatorie, un atto che le aziende devono compiere a ogni attivazione o cessazione di un rapporto di lavoro, analizza come si muove "realmente" il lavoro. L'analisi mette a confronto i dati dal 2009 al2014 approfondendo sia come si assume (a tempo indeterminato, determinato, collaborazioni, altre tipologie), sia come si licenzia o si cessa un rapporto di lavoro.

Colpisce, in particolare, il dato del 2014 che fa emergere soprattutto 2 aspetti: l'aumento delle attivazioni è dovuto solo in minima parte ai contratti stabili (circa 20.000 in più) e come le stesse siano alimentate, in maniera preponderante, dal  lavoro a termine che arriva a pesare per il 68,7 % per le scelte del Governo che, attraverso il decreto Poletti, ha incentivato le imprese a scegliere la strada del lavoro temporaneo.

L'incidenza annuale dei contratti stabili (tempo indeterrminato e apprendistato) continua inesorabilmente a scendere toccando il minimo storico del 18,8 % (nel 2009 era del24,6%). Impressiona e preoccupa la variazione dei rapporti di lavoro stabili avviati che, in termini assoluti, passano dai 2,4 milioni del 2009 ai circa 1,9 milioni del 2014 (- 22,2 %).

Il lavoro debole e temporaneo, di contro, cresce in termini assoluti e per incidenza rispetto alle attivazioni annuali (81,2 % contro il 75,4 % del 2009) con una tenuta, preoccupante, delle collaborazioni a progetto che nel 2014 rimangono stabili rispetto al 2013.

Ma i dati che più  preoccupano sono quelli che si riferiscono alle cessazioni (9.973.246):  in aumento nel 2014, rispetto al 2013, di oltre 158.000;  oltre 900.000 riguardano licenziamenti decisi dall'azienda (anche con l'articolo 18) e le vittime principali sono coloro che sono stati chiamati con un lavoro a termine (7.788.077).

Emerge, analizzando questi dati, come ci sia una quasi automatica corrispondenza tra le innovazioni legislative e le  modalità con le quali le imprese assumono (come l' "effetto spinta" dell'introduzione dell'acausalità per il contratto a termine e la forte riduzione delle collaborazioni a progetto non del tutto genuine  e del lavoro intermittente  quale effetto di regole  dissuasive come quelle inserite nella legge 92, Fornero).  C'è, comunque, altrettanta corrispondenza tra la quantita di lavoro richiesto dalle aziende e l'andamento della economia: zero. In sostanza, continuare a ignorare che è la crescita che crea buona occupazione non permetterà di  far crescere quest'ultima, semmai si redistribuirà quella poca che c'è in mancanza, soprattutto, di vere e buone politiche attive del lavoro.

In allegato l'intero studio.

Guglielmo Loy – Segretario Confederale UIL

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Confindustria Alessandria, lo scorso 12 febbraio, ha ospitato un incontro con i sindacati Flai-Cgil, Fai Cisl e Uila Uil per discutere della Pernigotti, nota e storica azienda dolciaria di Novi Ligure.

L'azienda, come annunciato già da tempo, sembra decisa a puntare sul mercato estero e sull'espansione dei suoi prodotti, diventati ora cento, con ricette tutte nuove. La produzione negli stabilimenti in Turchia preoccupa i sindacati sul presente e sul futuro dei lavoratori stagionali e dei dipendenti strutturali. Se i prodotti Pernigotti, che verranno posizionati sul mercato soltanto un gradino più in basso rispetto ai colossi indiscussi e leader nel mercato, dovessero non avere un adeguato riscontro in termite di vendite e di ricavi, fenomeno che si sta invece sperimentando all'estero (accanto ai prodotti Toksoz, attuale proprietaria della Pernigotti e leader presente ovunque in Turchia), sembra inevitabile una preoccupante ricaduta negativa sul fronte occupazionale, in primis per gli stagionali e a cascata anche su tutto il resto del personale.

La Pernigotti ha ribadito il piano già precedentemente illustrato, ma restano aperti alcuni punti, ancora tutti da chiarire. Il primo è il pagamento del premio 2014, ancora non liquidato. I sindacati chiedono di poter applicare l'elemento di garanzia retributiva per il 2014, previsto dal contratto nazionale.

I sindacati presenteranno una piattaforma per gli anni 2015, 2016 e 2017 all'azienda, dopo essere stata condivisa  e votata prima dai lavoratori, per il premio di risultato.

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Lunedì, 01 Settembre 2014 11:07

Angeletti: da Letta a Renzi non è cambiato nulla

A seguire il commento di Luigi Angeletti, Segretario generale UIL, sui dati srelativi all'occupazione. "I numeri sono implacabili e confermano che dal Governo Letta a quello Renzi, purtroppo, non è cambiato nulla: continuiamo a perdere mille posti di lavoro al giorno. L'economia reale avrebbe bisogno di un Governo del fare e non del far finta di fare".

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Ecco in sintesi l'intervento del Segretario Generale aggiunto UIL, Carmelo Barbagallo, a UNO MATTINA in merito ai debiti della PA.

Noi siamo l'unico paese in cui si fallisce per eccesso di credito. Quando un'azienda fallisce perché ha un credito nei confronti dello Stato o delle Regioni o degli enti locali è la cosa più grave che possa accadere.Del milione di disoccupati in più dal 2008 al 2013, il 40% lavorava nell'edilizia. Ci sono 30mila stazioni appaltanti e abbiamo appalti al massimo ribasso con la conseguenza che o si fanno carte false per adeguare i prezzi o non si pagano gli stipendi e gli oneri sociali o si va in contenzioso legale e ci sono, così, le opere "incompiute". Il cosiddetto "riparte Italia" dovrebbe affrontare seriamente tali questioni, magari coinvolgendo i sindacati per capire quali possano essere le soluzioni più efficaci.

Il Governo sta cercando di recuperare, ma ciò che sta facendo ancora non basta se continuano a verificarsi casi di mancato pagamento alle imprese. In passato, ho avuto modo di verificare come avveniva negli Usa il pagamento da parte degli uffici pubblici a chi otteneva un appalto: in 15 giorni pagavano e riuscivano a tenere i prezzi bassi.

Ridurre le stazioni appaltanti, introdurre i costi standard, evitare gli appalti al massimo ribasso sono strade da seguire che possono aiutare a risolvere anche questo problema.

Bisogna fare una riforma della P.A. seria, non per e-mail. Per come è strutturata la nostra P.A., in Italia fare impresa è un'impresa: occorrono 28 passaggi o autorizzazioni, per completare i quali ci vogliono moltis mesi, quando va bene, se non anni. Perciò il nostro Paese è ancora in forte crisi. Il Presidente del Consiglio non vuole lezioni? Non ne dia nemmeno lui fino a quando non avremo la possibilità di uscire da questa crisi, con un Pil e un'occupazione che aumentino davvero.

Lo Stato non paga, non si può fare la compensazione tra tasse da pagare e debiti dello Stato, le banche non concedono prestiti: non si capisce dove andremo. Come se non bastasse, si continuano a mettere gli anziani contro i giovani. I giovani non hanno speranza: questo Paese rischia di andare verso l'estinzione, con 1,48 figli a coppia siamo sotto la parità. Io vorrei dare una speranza. Quando il Presidente del Consiglio dice che bisogna cambiare il Paese, sono d'accordo, ma allora bisogna dare stabilità ai giovani e flessibilità agli anziani: se lui vuole, ne possiamo discutere.

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L'occupazione (dipendente e non) si assesta, secondo le stime Istat intorno ai 22 milioni di persone (22.398.000). Dato, come drammaticamente noto, in calo e che ha provocato la perdita di circa 1 milione di posti di lavoro. Dato in quasi perfetta corrispondenza con la bassa crescita economica del Paese. Ma occorre capire
come si arriva al macro numero: ci aiuta a comprendere il percorso che ha portato a questo risultato la lettura, dinamica, di quanto, come e dove le imprese italiane, nonostante la crisi, avviino al lavoro le persone. Infatti dal 2008 tutte le imprese devono comunicare, al momento dall'inizio di un rapporto di lavoro, chi
e come una persona sta iniziando un lavoro (stessa cosa per il termine del lavoro).

2 numeri innanzitutto: nel2008, anno ancora non completamente investito dalla più grande e lunga crisi economica che ha colpito il paese, per quasi  11 milioni
di volte le aziende hanno avviato al lavoro una persona; nel 2013 ciò è avvenuto in (solo) 9 milioni di occasioni. Non si tratta di singole persone, ma di comunicazioni, poiché uno stesso lavoratore può essere avviato più volte nello stesso anno (in specie con i lavori a termine). Quindi il crollo si misura anche attraverso questi dati.

C'è, ovviamente, anche la questione della qualità degli avviamenti e se il "meno lavoro" che viene richiesto, abbia una intrinseca qualità in termini di stabilita
e continuità (contratti a tempo indeterminato e apprendistato): purtroppo, al contrario, come prevedibile, nel calo generale degli avviamenti cresce, in termini percentuali, l'incidenza del lavoro temporaneo: si passa dal 72,7%del 2008all' 80,9%del 2013.

Il 2014, dato più recente e riguardante il I trimestre, si apre all'insegna della conferma che 4 attivazioni su 5 (tempo determinato, collaborazioni, lavoro
a chiamata)  sono temporanee. Rimane altissima la quota dei contratti a termine che sviluppano una quota 66.8%.

Aumenta costantemente negli anni di crisi  il numero delle attivazioni rigurdanti la stessa persona: si passa 1.64 (2009) attivazioni a persona a 1.78 (2013)
e ciò  indica l'aumento della temporaneità del lavoro che rischiera' di espandersi ulteriormente con l'ennesima innovazione normativa (Decreto Poletti) che "facilità" assunzioni a termine. In sostanza aumentano gli avviamenti atermine ma calano le persone interessate.

Nel 2013 è nel Lazio che si concentra il maggior numero di attivazioni (1,4 mln)e proprio in questo anno avviene il sorpasso sulla Lombardia che con oltre  1,3 mln. di rapporti scende al 2° posto, segue in questa classifica la Pugliacon circa 1 mln. di attivazioni. Ma anche a livello regionale si può sottolineare la "fragilità" di questi rapporti di lavoro; infatti sono ilLazio e la Puglia le Regioni più flessibili  e ciò si evince dal numero medio di attivazioni per singolo lavoratore (oltre 2
attivazioni/anno per lavoratore).

Ma una analisi di come si sta manifestando l'effetto della crisi sull'occupazione sarebbe incompleta senza il comprendere il come e quanto cessano i rapporti di lavoro.  Nel2013 si sono chiusi 9,8 mln. di rapporti di lavoro con un saldo negativo rispetto alle attivazioni di  oltre157.000.
Oltre la metà delle cessazioni ha rigurdato i lavoratori sotto i 44 anni e la cessazione del "termine" è stato il motivo principale della chiousura dei rapporti di lavoro (65%) e  1/3dei rapporti cessati è durato al massimo 1 mese. Le Regioni con il più alto tasso di "fine lavoro" restanoLazio, Lombardia e Puglia a conferma della forte quota di lavoro fragile in queste realtà.

Colpiscono su questo tema 2 dati: il primo che alla faccia di chi sostiene che in Italia è difficile licenziare, il numero di rapporti di lavoro cessati per volontà  dalle aziende:927.175. Il secondo è il calo vertiginoso delle dimissioni  (- 400.000 in 2 anni) dovuto principalmente al blocco sostanziale dei pensionamenti (legge Fornero) e ad una stretta normativa sulle dimissioni in bianco.

Guglielmo Loy

Segretario Confederale UIL

 

 

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Le scriventi Segreterie Provinciali con la presente, chiedono un incontro urgente volto a scongiurare l'azione unilaterale messa in atto dalla Provincia di Alessandria, per lunedì 17 marzo 2014, relativa alla riduzione chilometrica dei servizi di Trasporto Pubblico Locale. Più precisamente, durante l'incontro tenutosi presso Palazzo Ghilini questa settimana, il Vicepresidente Provinciale, in tarda serata, ha fornito alle OO.SS. un documento con una previsione di riduzione del servizio che non si è potuto analizzare. L'incontro succitato, posticipato alla data odierna e poi ulteriormente rinviato dal Vicepresidente a data da destinarsi, sarebbe dovuto essere il momento di analisi congiunta, mentre invece abbiamo appreso da alcune dichiarazioni a mezzo stampa, dell'Amministrazione Provinciale, che le intenzioni erano di altra natura. Le scelte annunciate sui giornali, se esattamente così distribuite, si ripercuoteranno inevitabilmente sull'utenza e sui lavoratori. Riteniamo non giustificabile questo atteggiamento, e temiamo che questa fretta nasconda alcune lacune di procedura. Da una veloce analisi del documento allegato si evince una prima macroscopica incongruità poiché si dà per scontato che il "taglio" possa incidere solamente per 375.000 km, mentre la riduzione della contribuzione incide per più di 500.000 km. Non è chiara la destinazione del milione di euro per l'Aerea a domanda debole riconosciuto dalla Regione Piemonte. Anziché distribuire il suddetto contributo sulle aree montano collinare aumentandone il compenso chilometrico, la Provincia  propone di ridurre da 1,53 euro km a 1,43 il contributo km pianura portando quello montano collinare ad 1,60 euro km. Questa operazione non solo non rende possibile l'utilizzo della totalità delle somme destinate alle A.D.D. (portando un risparmio alla Provincia di circa 250.000 euro), ma legittima le Aziende a peggiorare le condizione complessive dei turni di lavoro degli autisti, per far fronte alla modifica unilaterale del contratto di servizio in essere. Inoltre, a causa dell'eccessiva tempestività con cui questi provvedimenti sono stati notificati, le Aziende non potranno rispettare gli accordi sulla presentazione dei turni alle varie commissioni sindacali interne. Informiamo sin d'ora che se dovesse verificarsi quest'ultima condizione, adiremo immediatamente alle cause per comportamento antisindacale (ART.28). "Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa di CGIL, CISL, UIL e SILT:"

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