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Martedì, 29 Agosto 2017 08:58

Istat: fiducia dei consumatori e delle imprese

Ad agosto 2017 l'indice del clima di fiducia dei consumatori aumenta passando da 106,9 a 110,8, rafforzando i segnali di miglioramento emersi nei mesi precedenti; anche l'indice composito del clima di fiducia delle imprese registra un aumento spostandosi da 105,6 a 107,0. In questo caso l'indice si colloca sui valori medi rilevati nel 2007.

Tutte le componenti del clima di fiducia dei consumatori sono in aumento: il clima economico e quello personale passano, rispettivamente, da 123,1 a 128,1 e da 101,6 a 105,6; il clima corrente sale da 106,3 a 109,3 e il clima futuro aumenta da 108,4 a 114,0.

I giudizi e le aspettative circa la situazione economica del Paese sono in miglioramento e contemporaneamente tornano a diminuire le aspettative sulla disoccupazione. Per quanto riguarda le opinioni sull'andamento dei prezzi al consumo, si rileva un aumento sia della quota di individui che ritengono i prezzi aumentati negli ultimi 12 mesi sia di quella di coloro che si aspettano un incremento nei prossimi 12 mesi.

Con riferimento alle imprese, nel mese di agosto i diversi settori economici mostrano segnali eterogenei. In particolare, il clima di fiducia aumenta nel settore manifatturiero e in quello dei servizi passando, rispettivamente, da 107,8 a 108,1 e da 105,1 a 107,0; invece nelle costruzioni e nel commercio al dettaglio l'indice è in diminuzione (da 131,1 a 128,4 e da 108,8 a 105,3, rispettivamente).

L'analisi delle componenti dei climi di fiducia delle imprese evidenzia, nel comparto manifatturiero, un aumento delle attese sulla produzione in presenza di un lieve peggioramento dei giudizi sul livello degli ordini e di una diminuzione del saldo relativo ai giudizi sulle scorte di magazzino. Nel settore delle costruzioni, sia i giudizi sugli ordini sia le aspettative sull'occupazione presso l'impresa sono in peggioramento.

Nei servizi, migliorano sia le aspettative sugli ordini sia i giudizi sull'andamento degli affari; invece, i giudizi sugli ordini registrano un lieve peggioramento. Nel commercio al dettaglio si registra una diminuzione sia del saldo relativo alle vendite correnti sia di quello relativo alle aspettative sulle vendite future; le scorte di magazzino sono giudicate in accumulo rispetto al mese scorso.

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"I salari devono aumentare: è il messaggio che lanciamo da questa Conferenza di metà mandato della Confederazione europea dei sindacati. Un messaggio che, proprio oggi, trova sostegno nelle parole dello stesso Governatore della Bce".Così il Segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo conclude i lavori della prima giornata delle assise della CES il cui slogan, non a caso, recita, in inglese: "Europe needs a pay rise".

"L'economia può tornare a crescere - ha sottolineato Barbagallo - se crescono i salari. Questo vale ancor più per l'Italia, colpita particolarmente dalla crisi. C'è poi la questione degli investimenti in infrastrutture e per la messa in sicurezza del territorio: investimenti che, però, non devono essere virtuali. Ecco perché in Europa - ha proseguito Barbagallo - abbiamo bisogno di una nuova agenda economica e di un nuovo modello sociale. Purtroppo, il malcontento dei cittadini e la mancanza di fiducia nelle Istituzioni europee sono diffusi perché le politiche economiche di austerità e di rigore finanziario, attuate per rispondere alla crisi, hanno avuto un impatto devastante sul tessuto sociale dei nostri paesi. Ma la risposta - ha rimarcato il leader della Uil - deve essere più Europa, non meno Europa. La risposta è una maggiore integrazione non solo economica, ma anche sociale e politica".

Infine, un cenno anche al G7: "L'esito del Vertice di Taormina è stato deludente ed il suo fallimento palese. La nuova Amministrazione americana ha frenato su molti temi sul tavolo negoziale. L'Europa, però - ha concluso Barbagallo - ha bisogno di reagire unita e coesa".

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Lunedì, 07 Novembre 2016 10:37

Audizione Manovra di Bilancio 2017

MANOVRA DI BILANCIO 2017: AUDIZIONE PRESSO LE COMMISSIONI BILANCIO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

TESTO DEL DOCUMENTO DI OSSERVAZIONI DELLA SEGRETERIA CONFEDERALE UIL

L'aspetto fondamentale da sottolineare di questa manovra è che su oltre 27 miliardi di euro, poco meno della metà (oltre 12 miliardi di euro), sono finanziati in deficit.

Questo aspetto conferisce alla manovra un carattere espansivo, certamente positivo in questa fase di stagnazione dell'economia globale e della nostra economia, anche se, a nostro avviso, si poteva fare di più.

Certo c'è da valutare la posizione definitiva della Commissione Europa, ma nel frattempo si può apprezzare lo sforzo del Governo di sfidare l'Europa sulla strada della flessibilità, unica strada percorribile dalla politica in quanto il rigore dei conti pubblici a tutti i costi è sbagliato, mentre, soprattutto in questo momento, vi è bisogno di mettere al centro delle priorità delle politiche europee e nazionali, la crescita ed il rilancio degli investimenti.

Va nella direzione auspicata il tentativo di impostare la manovra su 3 pilastri: lavoro, imprese e famiglie, con l'obiettivo di rilanciare gli investimenti pubblici e privati e la lotta alla bassa inflazione.

Sul versante del mondo del lavoro è da apprezzare il metodo del dialogo tra Governo e parti sociali in quanto questo ha consentito di conseguire dei risultati importanti in tema di pensionandi e pensionati, oltre al tema degli ammortizzatori sociali nelle aree di crisi complessa.

Per la prima volta, dopo tanti anni, sul capitolo socio previdenziale si assiste ad una restituzione, seppur parziale, di quanto tagliato negli anni precedenti.

Certo vi sono, ed è auspicabile fare, dei miglioramenti sui singoli capitoli, come vedremo più avanti, ma sicuramente sono stati fatti dei passi avanti sulle proposte avanzate da tempo dalle parti sociali.

Da apprezzare sicuramente l'altro pilastro del mondo del lavoro e cioè il rafforzamento dei premi di produttività aziendali.

Da approfondire con attenzione, gli incentivi per favorire l'occupazione giovanile (incentivi per assunzione di giovani al termine del percorso di alternanza scuola-lavoro, super-bonus assunzioni di giovani iscritti a garanzia giovani con utilizzo dei fondi Comunitari).

Mentre non ci sono provvedimenti tesi a dare continuità alle recenti "deroghe" in materia di ammortizzatori sociali, che hanno sanato l'emergenza  2016.

Da questo punto di vista, chiediamo al Parlamento di sanare questa mancanza e dare certezze anche per il 2017.

Sul pubblico impiego abbiamo apprezzato il fatto che il Governo abbia aumentato le risorse per  rinnovare i contratti di lavoro nel pubblico impiego.

Ma dopo sette anni di sostanziale blocco, con contestuale riduzione del potere di acquisto degli stipendi, occorre assicurare ulteriori stanziamenti che siano adeguati per rinnovi contrattuali in linea con quelli privati.

Inoltre c'è da sbloccare la contrattazione nazionale e di secondo livello  anche con interventi atti a superare l'attuale legislazione, utilizzando la Legge Delega (Testo Unico), anticipando gli interventi rispetto alla scadenza prevista per il Febbraio 2017 con apposito decreto legislativo.

Intervento legislativo che deve rendere più libera la contrattazione dagli attuali vincoli.

La legge di bilancio assicura le risorse per alcuni lavoratori (ministeri, parastato e scuola) ma, allo stesso modo vanno individuato  adeguate risorse per i rinnovi contrattuali del personale degli Enti Territoriali, Sanità, Università e Ricerca.

Uno degli elementi che potrebbero favorire l'efficienza della pubblica amministrazione e la valorizzazione del lavoro pubblico, è prevedere che il salario accessorio sia defiscalizzato come avviene del settore privato, introducendo anche nel pubblico agevolazioni di welfare aziendale.

Mentre sul versante delle imprese va nella giusta direzione il fatto di mettere al centro azioni per favorire il rilancio degli investimenti pubblici e privati, seppur se spalmati su un piano pluriennale.

Condivisibile, tra l'altro, il tentativo di rimettere in piedi politiche di investimenti industriali soprattutto del settore dell'industria manifatturiera.

Così come sono molto importanti i provvedimenti per il rilancio  del settore dell'agricoltura e la tutela del Made in Italy.

Sui 2 miliardi di euro aggiuntivi sulla sanità, scontiamo come l'incremento sia significativamente vincolato alla copertura del nuovo Piano Nazionale Vaccini, del Fondo per i farmaci innovativi e non destinati all'aumento del fabbisogno della spesa sanitaria.

Permane, poi, una forte e preoccupata incertezza in merito alla copertura dei Livelli Essenziali di Assistenza, troppo esigua e poco menzionata in quanto il settore della "salute" deve essere considerato un settore strategico nel quale investire risorse e non tagliarle, come testimonia l'investimento in termini di PIL che raggiunge livelli di allarme stabiliti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.

Timidi passi avanti, ma del tutto insoddisfacenti, per quanto riguarda gli interventi per asili nido e bonus bebè, per i quali è necessario prevedere politiche integrate e strutturate; per quanto concerne il contrasto alla povertà e le politiche per la non autosufficienza riteniamo che le risorse stanziate siano inadeguate rispetto alla platea interessata ed inoltre il percorso dei servizi di presa in carico risulta debole e poco definito.

Mentre, sul fronte delle "entrate" si può e si deve fare molto sul contrasto all'economia sommersa (evasione fiscale, irregolarità lavorativa, corruzione e criminalità).

Invece notiamo che purtroppo ci si sta avviando ancora su strade, come quelle dei mini condoni fiscali, già percorse qualche anno fa e che non hanno prodotto i risultati sperati.

Quanto alla cancellazione di Equitalia, occorre in primis dare garanzie occupazionali ai lavoratori addetti ed evitare che tale scelta non vada ad indebolire ulteriormente gli strumenti di lotta all'evasione fiscale e al recupero di somme evase.

Nel merito, è un bene aver disinnescato le clausole di salvaguardia, perché gli aumenti sull'imposta sui consumi, anche se "caldeggiati" da Bruxelles, la quale ci invita a rivedere le aliquote dell'IVA agevolate, sono una misura regressiva in quanto drenano gli incrementi dei consumi interni e, soprattutto, hanno un impatto fortemente negativo per i redditi più bassi.

Se nella manovra dello scorso anno vedevamo più ombre che luci, in quello di quest'anno le ombre si stanno man mano diradando anche se ci sono ulteriori e ampi margini di miglioramento che chiediamo di apportare dal Parlamento.

Nel dettaglio, riteniamo positiva la scelta di contemplare misure volte a favorire la crescita e lo sviluppo del sistema produttivo italiano attraverso una incentivazione degli investimenti.

In particolare, sono apprezzabili le detrazioni previste per le ristrutturazioni, la riqualificazione antisismica ed energetica, così come quelle per l'acquisto di mobili. Importante, poi, l'aumento del credito di imposta anche per le strutture che svolgono attività agrituristica e per quelle ricettive turistiche e alberghiere.

Per quanto riguarda Industria 4.0, condividiamo le previsioni volte a favorire i processi di trasformazione tecnologica e/o digitale delle imprese, seppur ribadendo la necessità, per incentivare al meglio tale processo, che il nostro Paese si doti di una visione e di una programmazione sistematica in grado di accompagnare in modo complessivo e prospettico tali cambiamenti.

Per quanto riguarda la parte dedicata ai premi di produttività e al welfare aziendale, apprezziamo le modifiche quantitative e qualitative contenute nel provvedimento. In particolare, salutiamo positivamente sia l'aumento del montante detassabile, sia l'allargamento della platea dei possibili beneficiari.

Così come valutiamo positivamente la decisione di incrementare la gamma di misure di welfare che non concorreranno a formare reddito da lavoro dipendente se previste dai contratti collettivi.

Su quest'ultimo aspetto, è di grande rilevanza che tali misure di welfare saranno efficaci anche se fruite in applicazione di contratti collettivi nazionali di lavoro, accordi interconfederali, accordi territoriali e aziendali stipulati con datori di lavoro privati e pubblici.

Sul versante dei pensionandi sono state definite e confermate, seguendo la struttura dell'accordo siglato tra Governo e UIL, CGIL e CISL,  gli interventi concordati per reintrodurre una maggiore flessibilità di accesso alla pensione, come il cumulo dei contributi e l'allargamento delle maglie della norma sui lavori usuranti.

Per l'APE sociale, è importante la definizione della misura in forma di indennità, in questo modo non si richiederà ai lavoratori di sottoscrivere eventuali prestiti.

Sull'Ape sono state, invece, affrontate alcune delle criticità che erano rimaste aperte, tuttavia sull'APE sociale va migliorata, nel corso del dibattito parlamentare, la misura che riguarda l'anzianità contributiva per accedervi, nonché l'allargamento del grado di parentela per chi assiste persone disabili.

Segnaliamo, poi, l'ingiusta misura per i dipendenti pubblici inerente all'agevolazione di uscita anticipata dal lavoro, in quanto si prevede il differimento del pagamento del trattamento di fine rapporto.

Vanno ricalibrate le misure che riguardano l'accesso all'APE per coloro che sono beneficiari di ammortizzatori sociali, perché questi non possono accedere all'agevolazione pensionistica prima del termine dell'ammortizzatore sociale stesso. Va pertanto previsto l'accesso all'APE sociale anche durante il periodo di fruizione dell'ammortizzatore laddove ne ricorrano i requisiti.

Così come vanno rafforzate le misure dell'agevolazione pensionistica per i lavoratori interessati da crisi aziendali (in particolare nelle aree di crisi industriale complessa), per i quali si possono prevedere delle ulteriori agevolazioni con l'utilizzo delle risorse provenienti dalle economie (sia di entrate che di uscite) che si genereranno a partire dal prossimo anno con la soppressione dell'indennità di mobilità, anche con la partecipazione attiva dei Fondi di Solidarietà e degli Enti Bilaterali.

Mentre è apprezzabile il provvedimento volto a tutelare gli esuberi di personale del settore bancario, in quanto il principio "delicato" delle eccedenze del personale, viene risolto attraverso l'introduzione del principio mutualistico e assicurativo della protezione sociale con interruzione di lavoro (NASPI).

Per quanto riguarda i pensionati, le misure previste (14° mensilità, innalzamento NO TAX AREA), sono misure importanti che fanno avanzare, ma non completano, il processo di riduzione della pressione fiscale sulle pensioni che, ricordiamo, in Italia è tra le più alte d'Europa.

E' questo un percorso che dovrà completarsi il prossimo anno con la riforma dell'IRPEF.

La riduzione dell'aliquota contributiva prevista per gli iscritti alla gestione separata titolari di partita IVA, senza fiscalizzarne i costi, rende le pensioni di costoro ancora più "povere".

Pertanto si rende pressante la necessità di avviare la seconda fase del confronto, prevista dall'accordo Governo-Sindacati,  per affrontare  i temi delle pensioni future.

Mentre va nella direzione indicata dalle parti sociali la misura che agevola gli investimenti sulle aziende da parte di fondi di previdenza complementare, anche se le tipologie di investimenti agevolati dovrebbero essere maggiormente indirizzate sull'economia reale.

Sulla soppressione di Equitalia, non  vorremmo che si stesse buttando il "bambino con tutta l'acqua sporca".

Va bene la trasformazione di Equitalia in agenzia della riscossione, con il relativo superamento degli aggi, ma si devono valorizzare e tutelare  le risorse e le competenze del personale ad oggi in servizio presso Equitalia.

La contestuale rottamazione delle cartelle, risponde soltanto ad esigenze di cassa, ma non di giustizia ed equità sociale, poiché penalizza i contribuenti "onesti" che hanno effettuato i pagamenti loro richiesti.

Riteniamo positive le norme introdotte in materia di contrasto all'evasione Iva, che andrebbero, però, accompagnate con l'obbligo della fatturazione elettronica, oggi facoltativa.

Proprio sul versante del contrasto all'economia sommersa, notiamo una forte debolezza delle norme previste sia nella manovra economica sia nel cosiddetto Decreto Fiscale.

Infatti, occorre una lotta serrata tanto al sistema dell'evasione fiscale sia al contrasto al lavoro nero o irregolare, perché oltre ad essere una questione di giustizia sociale, da qui possono derivare risorse per investimenti e per abbassare il carico fiscale a chi fa il proprio dovere come i lavoratori dipendenti e pensionati.

Da questo versante occorrer sempre distinguere l'incassato da contrasto al sommerso, dagli accertamenti. E' vero che il Governo Renzi è quello che ha più incassato risorse da contrasto all'evasione (che riguarda accertamenti fatti negli anni passati), ma il numero di accertamenti è rimasto stabile.

Sarebbe necessario affiancare alla futura Agenzia per la riscossione un'Agenzia per gli accertamenti, dotata delle necessarie risorse umane e strumentali.

Prendiamo atto degli stanziamenti di risorse a favore della famiglia e per il sostegno della natalità, ma essi sono insufficienti e calati in un impianto di servizi ancora fragile e inadeguato.

Sarebbe più incisivo, invece,  superare la logica meramente assistenzialistica attraverso il semplice trasferimento monetario, a favore, invece, di misure organiche, pensate a medio e lungo termine.

Non possono bastare soli i «bonus» che risultano ancora insufficienti per far fronte alle reali esigenze delle famiglie e, tra l'altro, non sono nemmeno selettivi e commisurati al reddito ISEE.

A tal proposito nel testo purtroppo vediamo riconfermato il congedo obbligatorio per il padre di soli 2 giorni lavorativi, che ricordiamo essere ancora sperimentale e a nostro avviso insufficiente in termini di quantità.

Quanto al piano di contrasto alla povertà, prendiamo atto dello stanziamento di 1 miliardo di euro, ma ci saremmo aspettati nella manovra ulteriori finanziamenti che invece non sono previsti.

Mentre con le leggi di stabilità dell'ultimo biennio è stato indubbiamente compiuto uno sforzo sul Fondo per la non Autosufficienza che è diventato strutturale, ma che va ampliato sia nella dotazione finanziaria (mancano i 50 milioni di euro promessi), sia nella platea dei beneficiari.

Sul terremoto prendiamo atto degli stanziamenti previsti e delle spese della clausola di flessibilità, ma, come fatto in passato per altre zone, sarebbe auspicabile rendere "pesanti" le buste paga di lavoratori dipendenti e pensionati, nonché introdurre agevolazioni fiscali per cittadini e imprese, oltre che ammortizzatori sociali potenziati.

Per quanto concerne, invece le politiche per l'Ambiente, esprimiamo maggiore soddisfazione, sebbene riteniamo preminente un coinvolgimento più netto e continuativo delle parti sociali nella definizione di linee strategiche a partire dalla prevenzione anti-sismica.

E', invece, inopportunamente assente ogni riferimento al rafforzamento delle politiche ed al potenziamento delle risorse per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro.

Infine vanno verificati concretamente, nelle prossime settimane, gli interventi che riguardano la decontribuzione per le assunzioni nel Sud e l'attuazione concreta degli investimenti previsti dai piani per il Sud.

4 NOVEMBRE 2016

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In base ai dati dell'istituto di statistica tra i motivi per cui ci resta a casa prevalgono "ragioni varie". Le donne senza figli piccoli che non cercano un'occupazione sono il 32%, poco meno del dato relativo alle madri

In Italia l'anno scorso quasi una donna su due (45,9%) tra quelle in età da lavoro era fuori dal mercato. Il tasso di inattività si attesta a 20 punti, superiore a quello degli uomini (25,9%), al top nella Ue dopo Malta (27 punti). Il dato è contenuto in uno studio di Eurostat sulle persone al di fuori del mercato del lavoro, che sottolinea come il tasso di inattività dipenda strettamente da sesso, età e livello di educazione. Ma il rapporto si concentra anche sulla fascia di età tra i 25 e i 54 anni, il periodo in cui si dovrebbe essere più "attivi" sul mercato come occupati o in cerca di impiego.

E' in quella fascia che si rafforzano le differenze di genere, con appena l'8,6% di uomini inattivi in media Ue a fronte del 20,6% delle donne. In Italia la percentuale delle donne inattive tra i 25 e i 54 anni è del 34,1% (a poca distanza da Malta con il 34,2%) a fronte dell'11,4% in Slovenia e dell'11,6% in Svezia. Se poi si guarda al dato regionale si vede che le donne in età da lavoro inattive al Sud nel 2015 erano il 60,7% a fronte del 37,3% al Nord.

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"Come dimostrano i dati presentati quest'oggi dall'Istat – esordisce il coordinatore dell'Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo  – con la crisi economica l'economia sommersa ha subito un forte incremento. In questi ultimi anni molti pensionati al minimo e chi ha perso il lavoro non hanno avuto alternative: per mandare avanti la famiglia hanno dovuto ricorrere a piccoli lavoretti per far quadrare i magri bilanci familiari".

L'esercito dei lavoratori in nero presenti nel Paese è stimato attorno ai 3,5  milioni di unità di lavoro.

"Un vero e proprio esercito di invisibili – prosegue Zabeo – che non paga né tasse né contributi. E' evidente che chi pratica queste attività irregolari fa concorrenza sleale nei confronti degli operatori economici che operano alla luce del sole  e  non possono o non vogliono evadere".

Tuttavia, esistono forti differenze tra Nord e Sud del paese.

"Nel Mezzogiorno, ad esempio, possiamo affermare che il sommerso costituisce un vero e proprio ammortizzatore sociale. Sia chiaro – conclude Zabeo – nessuno di noi vuole giustificare il lavoro nero spesso legato a doppio filo con forme inaccettabili di sfruttamento, precarietà e mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro. Tuttavia, quando queste forme di irregolarità occupazionale non sono legate  ad attività riconducibili alle organizzazioni criminali o alle fattispecie appena elencate costituiscono, in questi momenti così difficili, un paracadute per molti disoccupati o pensionati che non riescono ad arrivare alla fine del mese."

Mestre 13 settembre 2016

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Mercoledì, 14 Settembre 2016 10:50

Istat: dati sulla produzione industriale

A luglio 2016 l'indice destagionalizzato della produzione industriale è aumentato dello 0,4% rispetto a giugno. Il recupero dei livelli di produzione su base mensile è associato ad una tendenza trimestrale negativa: nella media del trimestre maggio-luglio 2016 la produzione è diminuita dello 0,5% rispetto al trimestre precedente.

Corretto per gli effetti di calendario, a luglio 2016 l'indice è diminuito in termini tendenziali dello 0,3% (i giorni lavorativi sono stati 21 contro i 23 di luglio 2015). Nella media dei primi sette mesi dell'anno la produzione è aumentata dello 0,6% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

L'indice destagionalizzato mensile presenta variazioni congiunturali positive in tutti i principali raggruppamenti; aumentano i beni di consumo (+2,0%), i beni strumentali (+1,1%), i beni intermedi (+0,9%) e l'energia (+0,5%).

A luglio 2016 la flessione tendenziale dell'indice generale corretto per gli effetti di calendario appare condizionata dal marcato calo del comparto dell'energia (-10,1%). Aumenti si rilevano invece in tutti gli altri principali comparti: beni intermedi, 1,7%; beni strumentali, +1,1%; beni di consumo, +0,2%.

Per quanto riguarda i settori di attività economica, a luglio 2016 i comparti che registrano la maggiore crescita tendenziale sono quelli della produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+18,3%), della fabbricazione di mezzi di trasporto (+3,1%) e della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+2,5%). Le diminuzioni maggiori si registrano nei settori dell'attività estrattiva (-18,5%), della fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-8,6%) e delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-3,9%).

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Non sono certo un fulmine a ciel sereno i dati dall'ISTAT sull'inflazione nei primi 5 mesi del 2016, che certificano come il nostro Paese sia in deflazione.Questo dato, unitamente al calo di fiducia dei consumatori, rappresenta un pessimo segnale per la nostra economia.

Infatti, se la deflazione potrebbe dare qualche sollievo al portafoglio delle famiglie più disagiate, va, invece, male per gli indicatori economici: con la deflazione, infatti, rallenta la produzione di beni e servizi con effetti negativi anche sul versante occupazionale.

I freddi numeri ci dicono che qualcosa non sta funzionando e che la ripresa è debole e molto lenta e per questo auspichiamo che il Governo prenda più coraggio per invertire la rotta delle dinamiche economiche e sociali, con una terapia d'urto in grado di incentivare la domanda interna, con un piano straordinario per la crescita di durata triennale.

Da www.uil.it

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Nel 2014 gli Ide (Investimenti diretti esteri) in entrata nel nostro paese ammontavano a 281,3 miliardi di euro. Rispetto al 2013, sono aumentati di 9,5 miliardi, pari ad un incremento percentuale di 3,5 punti. Nessun altro paese ha conseguito uno score migliore del nostro. Tra tutti i paesi dell'Area euro solo l'Italia, la Slovenia (+3,5 per cento) e la Finlandia (+2,2 per cento) hanno conseguito un risultato positivo rispetto l'anno precedente.

L'elaborazione è stata presentata quest'oggi dall'Ufficio studi della CGIA su dati dell'UNCTAD (Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo).

Sebbene i dati relativi al flusso in entrata presentino un segno positivo, la situazione dello stock degli Ide in percentuale al Pil italiano rimane allarmante. Con un misero 17,4 per cento, anche nel 2014, così come è avvenuto dall'inizio della crisi, ci troviamo in coda alla graduatoria europea. Solo la Grecia registra una situazione peggiore della nostra (8,5 per cento).

Quali sono le ragioni che "allontanano" gli investitori stranieri dal nostro Paese ?

"L'eccessivo peso delle tasse, le difficoltà legate ad una burocrazia arcaica e farraginosa, la proverbiale lentezza della nostra giustizia civile, lo spaventoso ritardo dei pagamenti nelle transazioni commerciali, il deficit infrastrutturale e il basso livello di sicurezza presente in alcune aree del paese – esordisce Paolo Zabeo della CGIA – da sempre scoraggiano gli investitori stranieri a venire in Italia. Se queste sono le ragioni che rendono il nostro paese poco attrattivo, pensate in che condizioni operano gli imprenditori italiani che nonostante ciò continuano a credere nelle proprie attività, ad investire nel futuro e a dare lavoro a milioni e milioni di italiani".

Detto ciò, come si spiega il buon risultato ottenuto nel 2014 ?

"Questo risultato – prosegue Zabeo – è stato conseguito in massima parte grazie all'acquisizione, da parte dei grandi gruppi finanziari stranieri, di pezzi importanti del nostro made in Italy. Nel settore della moda, dei servizi, delle comunicazioni e dei trasporti, molti marchi storici sono finiti sotto il controllo degli investitori stranieri. Se queste acquisizioni non daranno luogo a una fuga all'estero delle attività progettuali e produttive di questi nostri brand, tutto ciò va salutato positivamente. Purtroppo, l'internazionalizzazione dell'economia che stiamo vivendo da almeno 20 anni si manifesta e prende sempre più forma anche in questo modo".

Nel 2014 i principali paesi di provenienza dei flussi in entrata nel nostro paese sono stati il Lussemburgo (39 per cento del totale), la Francia (20,8 per cento del totale) e il Belgio (12,4 per cento del totale). E' chiaro che gli investitori lussemburghesi sono riconducibili alle multinazionali con sede nel Granducato che da tempo beneficiano della fiscalità di vantaggio concessa alle imprese da questo paese.

A livello territoriale è il Nodovest l'area che riceve il più alto numero di investimenti. Nel 2013, ultimo anno in cui i dati sono disponibili per ripartizione geografica, il vecchio triangolo industriale ha "attratto" il 65 per cento circa degli investimenti totali. Seguono il Centro (18,5 per cento del totale), il Nordest (13,8 per cento) e il Sud (2 per cento).

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