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Situazione  in provincia di Alessandria

L'autunno in provincia di Alessandria si contraddistingue come un periodo caratterizzato dal trascinarsi di una serie di situazioni critiche iniziate mesi o addirittura anni fa, alla quale si aggiungono segnali preoccupanti che arrivano proprio dalle grandi aziende stanziate sul territorio.

Mentre sembra che le piccole aziende, quelle numericamente al di sotto dei 15 dipendenti, stiano vivendo una lenta ripresa che si concretizza anche con nuove assunzioni di personale specializzato, i grandi gruppi soffrono. Pensiamo alla situazione nota a livella nazionale dell'Ilva, che in provincia di Alessandria ha uno stabilimento a Novi Ligure. Qui, tra operai e impiegati, lavorano 750 persone circa preoccupate, come a Genova e Taranto, per il loro futuro occupazione, a seguito dei proclamati esuberi, che nell'alessandrino sembrano pari a circa una cinquantina di posti di lavoro , più le non quantificate ricadute sull'indotto.

Conosciamo quanto avvenuto nelle scorse settimane, ossia la rottura del tavolo di confronto a quale avevano preso parte i sindacati presso il Ministero a Roma a seguito delle scarse condizioni salariali e contrattuali per i lavoratori offerte da Arcelor Mittal. Dietro le fragilità legate al futuro occupazionale e salariale, si leggono con chiarezza la debolezza delle norme previste nel Jobs Act, una partita che monitoreremo non soltanto per questi lavoratori, a seguito del preannunciato cambio di proprietà dell'Ilva, ma per tutti quelli che erano stati assunti tre anni fa con gli incentivi previsti dalla riforma e che a inizio 2018 dovranno fare i conti con l'incertezza legata al proseguimento delle loro carriere. Questo aspetto sarà centrale nella battaglia che già da anni portiamo avanti per denunciare le criticità di un sistema che rischia ora di creare nuovi disoccupati, se le aziende non avranno la forza per sopportare il costo dei lavoratori ora che gli sgravi sono agli sgoccioli.

È inoltre di questi giorni la notizia che un gruppo solido chimico come Mossi e Ghisolfi abbia chiesto il concordato in bianco per le attività italiane. Le ragioni della crisi starebbero nel costo destinato all'investimento sull'impianto in Texas. A risentirne sarà il gruppo che ha sedi a Tortona, Crescentino ed Assago (in totale circa 700 dipendenti), anche se è previsto un percorso di continuità, finalizzato ad assorbire nuovi partner e investitori che possano coprire i debiti che in Italia si quantificano intorno ai 500 milioni di euro.

E le situazioni da segnalare, sul cui capo pende una spada di Damocle, non sono finite qui. Pensiamo alla 3M con sede a Predosa, sempre sin provincia di Alessandria, dove si registrano oltre 40 licenziamenti di lavoratori che attualmente continuano ad andare al lavoro per far fronte agli ordini dei clienti. A fine novembre si fermerà la produzione, e a poco più di un mese dalla data x, non si sa ancora se subentrerà un nuovo compratore, La chiusura è stata un fulmine a ciel sereno. In azienda si reagisce con la proclamazione di un ora di sciopero per ciascun turno, fino a inizio novembre, per contestare la segretezza delle trattive che non fanno presagire nulla di buono ai lavoratori.

Sono incancrenite poi le sorti di un altro importante e strategico comparto, quello del freddo, che annovera diverse realtà nella zona del casalese.

Lo stesso vale per i lavoratori, ancora una volta prevalentemente di provenienza tortonese, uomini e monoreddito, del Gruppo Itinera. Per due anni, l'ultima volta lo scorso luglio, abbiamo messo in piedi sciopero e manifestazioni visibili, con l'entrata del corteo in autostrada, sull'A7 a Tortona, per urlare la disperazione di chi ogni giorno svolge importantissime mansioni con capacità e alta professionalità per il funzionamento e la manutenzione delle arterie autostradali, indispensabili per far funzionare la logistica, i trasporti, il commercio su gomma.

Anche in questo caso la situazione delle concessionarie autostradali in provincia coinvolge un numero spaventoso di lavoratori, circa 800 persone, con altrettante famiglie alle spalle.

Oltre ai settori metalmeccanico, chimico e plastico citati, abbiamo registrato quest'anno un importante confronto che ci ha visto in prima linea, a denunciare con una importante manifestazione, il far west che contraddistingue le vite dei dipendenti dell'outlet di Serravalle Scrivia, il più grande d'Europa, noto per il numero dei negozi e per le tante iniziative di richiamo che portano clientela anche internazionale, peccato che a questa politica non corrisponda altrettanta attenzione per il rispetto delle regole. A Pasqua i dipendenti ,unitamente al sindacato, stanchi ed esasperati dalla comunicazione di apertura nel giorno di festa, erano scesi in strada per comunicare il loro disagio e l'urgente bisogno di regole e paletti che potessero regolamentare contratti, stage, orari e ora anche le aperture straordinarie nei giorno i Pasqua e Natale che non sono che la punta di un iceberg che sotto le lui delle vetrine nasconde silenzi, ricatti e condizioni lavorative inaccettabili nel 2017. Il nostro ruolo non è affatto quello di demonizzare su una realtà che nel tempo ha sempre annunciato assunzioni, ma salvaguardare vere assunzioni a garanzia di una continuità all'insegna delle regole.

Anche il commercio, il settore della ristorazione, della vigilanza e delle pulizie sono ora segnati da segnali deboli, poche certezze.

Il quadro sembra essere in continua evoluzione, purtroppo per i lavoratori sembra un'involuzione, con posti di lavoro sempre più messi a rischio, anche dove il lavoro non manca.

I dati forniti dall'Osservatorio sul Precariato dell'Inps sono eloquenti: diminuiscono i contratti a tempo indeterminato ed aumentano quelli a tempo determinato, apprendistato e a chiamata, tutto in veste di precarizzazione invece che stabilizzazione, non esistono purtroppo più certezze.

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La povertà è ancora un dramma che sottrae diritti e futuro ad una quota rilevante della popolazione del nostro Paese. I timidi segnali di ripresa economica non devono fare dimenticare un dato: in Italia vivono in povertà assoluta 4,75 milioni di persone, pari al 7,9% della popolazione complessiva.

L'introduzione del Reddito d'inclusione (Rei) è una innovazione strutturale che riprende numerosi aspetti della proposta dall'Alleanza contro la Povertà in Italia, vale a dire una misura che garantisce sostegno economico alle famiglie, costruendo contestualmente percorsi di inclusione sociale.

Va dato atto a Governo e Parlamento di avere conseguito un risultato importante. Ma la prossima Legge di Bilancio può rappresentare un altro decisivo passaggio della lotta alla povertà nel nostro Paese, in quanto lo stanziamento attuale rende possibile includere solo 1,8 milioni di individui, cioè il 38% del totale della popolazione in povertà assoluta: pertanto, il 62% dei poveri ne rimarrà escluso. In particolare il 41% dei minori in povertà assoluta non sarà raggiunto dalla misura.

Pure consapevoli della necessaria gradualità del completamento di una misura a vocazione universalistica, complessa e innovativa per il nostro paese, CGIL, CISL e UIL, chiedono al Governo e al Parlamento, un impegno ad incrementare, nel modo più ampio possibile, le risorse per il Fondo per la lotta alla povertà nella prossima Legge di Bilancio, insieme alla definizione di un Piano pluriennale di lotta alla povertà.

Tutto questo per:

includere una quota più rilevante di beneficiari, incrementare l'importo del beneficio e potenziare i servizi per l'inclusione;

avviare una politica redistributiva nel nostro Paese, a partire da chi sta peggio;

rafforzare la ripresa economica a partire da condizioni sociali e territori altrimenti  esclusi;

creare le condizioni per un'inclusione lavorativa.

La lotta alla povertà deve essere considerata, insieme a incisive politiche per lo sviluppo e il lavoro, una delle priorità per uscire davvero e tutti dagli effetti della crisi economica.

È in gioco la piena cittadinanza sociale ed economica di tutti. Non perdiamo un'occasione per rendere più giusto, inclusivo, coeso e meno ineguale il nostro Paese.

Roma, 02 ottobre 2017

(dal sito UIl.it)

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DICHIARAZIONE DI CARMELO BARBAGALLO

"I pessimi dati relativi alla produzione nel settore delle costruzioni confermano, purtroppo, tutte le nostre preoccupazioni: mentre il Governo parla di ripresa, i numeri lo smentiscono. Con questo Jobs Act, che è solo propaganda, si continua a discutere di norme sui licenziamenti e nulla si attua, invece, per far riprendere concretamente l'economia". Lo ha detto il Segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo nel corso di un seminario interno di approfondimento sulle nuove norme relative al mercato del lavoro, organizzato dal dipartimento politiche del lavoro della Confederazione di via Lucullo.

"Ritorniamo sempre sullo stesso punto: servono investimenti pubblici e privati, ma – ha proseguito Barbagallo - quelli previsti dal piano Junker sono aleatori e, comunque, insufficienti. Ecco perché dobbiamo puntare a organizzare una manifestazione di carattere europeo per dire sia al nostro Governo sia a Bruxelles che non vogliamo morire di stabilità e austerità".

Il leader della Uil ha richiamato l'attenzione anche sul tema della contrattazione. "Mentre la deflazione fa ristagnare l'economia, l'incremento della tassazione locale penalizza, in particolare, i lavoratori dipendenti e i pensionati. Dobbiamo, dunque, riprendere il filo del ragionamento unitario – ha concluso Barbagallo - anche per avviare una serie di iniziative che rilancino la contrattazione tanto nel settore pubblico quanto in quello privato".

Roma, 19 gennaio 2015

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A seguire l'articolo con le dichiarazioni rilasciate da Antonello Dell'Omo, segretario delal UILM di Alessandria, in merito alla situazione delle aziende metalmeccaniche in provincia di Alessandria e in particolare nel Novese.

Articolo da www.radiogold.it:

Ormai al settimo anno di crisi, le aziende del territorio ancora non intravedono segnali di ripresa. Le imprese "sono sempre più in crisi e il ricorso agli ammortizzatori sociali è ormai strutturale" ha spiegato a Radio Gold News Antonello dell'Omo della segreteria provinciale Uilm. Tra le aziende seguite dal sindacalista c'è ad esempio la Marcegaglia di Pozzolo Formigaro. "Il centinaio di lavoratori è oggi in cassa integrazione ordinaria per ristrutturazione aziendale, ma passerà presto alla straordinaria.  La Marcegaglia è forse l'unica azienda ad aver presentato un piano di investimento di 4 milioni di euro che prevede il trasferimento di quattro linee a Pozzolo e l'arrivo a Pozzolo di 61 operai da Miliano". Al terzo anno di contratto di solidarietà sono invece i circa 180 lavoratori della Bundy di Borgetto Borbera. "Anche qui, purtroppo, il futuro non è roseo" ha aggiunto il sindacalista Uilm. "I dipendenti hanno accettato di ridurre l'orario di lavoro e, di conseguenza, il loro salario per poter continuare a lavorare tutti.  La Bundy, oltretutto,  è stata anche colpita dall'ultima alluvione e anche gli stessi dipendenti si sono subito dati da fare per liberare dal fango l'azienda e riprendere la produzione". Altra impresa in difficoltà, ha aggiunto Antonello Dell'Omo, è la Baglietto Acciai Navali di Novi Ligure dove lavorano circa 60 persone. "Dopo 12 mesi di cassa integrazione straordinaria, l'azienda ci ha comunicato l'avvio delle procedure per una  riduzione del personale di circa 10 unità. Come sindacato abbiamo chiesto di utilizzare il contratto di solidarietà ed eventualmente la riqualificazione professionale per mantenere tutti i lavoratori all'interno dell'unità produttiva". Queste, ha concluso Antonello Dell'Omo, sono oltretutto solo tre delle principali in tutela reale.  "Ci sono però decine e decine di aziende più piccole dove si continuano a perdere posti di lavoro e di cui spesso i mass media non parlano. Senza contare, poi, i tantissimi lavoratori che si licenziano per giusta causa perché da mesi non percepiscono più lo stipendio e come unica strada hanno solo la disoccupazione".    - See more at: http://www.radiogold.it/notizie/7-politica/68512-uilm-dopo-7-anni-la-crisi-ancora-non-accenna-ad-allentare-la-sua-morsa-sulle-aziende-del-territorio#sthash.VCXVH6NY.dpuf

In allegato il file audio dell'intervista.

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In allegato la comunicazione inoltrata da la Provincia di Alessandria al Credito Valtellinese in merito al sostegno ai lavoratori e alle aziende in crisi.

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In allegato il protocollo d'intesa sottoscritto a fine febbraio tra Provincia di Alessandria, Confindustria di Alessandria, Confartigianato Alessandria, ANCE Alessandria, API Alessandria, CNA Alessandria, CGIL Alessandria, CISL Alessandria, UIL Alessandria e Credito Valtellinese S.c. a sostegno dei lavoratori e delle imprese in stato di crisi.

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Scarica l'allegato del Sole 24 Ore

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Lunedì, 03 Febbraio 2014 01:00

Caso Anfossi: tre licenziamenti annunciati

Questa mattina sono state recapitate comunicazioni preventive di licenziamento per giustificato motivo economico a tre dipendenti della ditta Anfossi di Alessandria, che vanta trenegozi in città. I lavoratori in questione sono due addetti alle vendite e una cassiera, impegnati in due dei punti Anfossi del centro città, uno in Via Migliara e l'altro in Via San Lorenzo. La UILTuCS, che ha appreso la notizia dai lavoratori, tutti iscritti al sindacato di categoria, si dichiara esterrefatta davanti alla decisione e al comportamento di un imprenditore come il signor Romano Anfossi, da sempre pubblicamente impegnato in campagne di solidarietà a favore di soggetti svantaggiati nell'alessandrino e in altri territori, spesso colpiti da calamità naturali. La UILTuCS non può che criticare
un gesto del genere, definendolo avventato e precipitoso, e sostiene che sia la conseguenza e l'ennesima dimostrazione di una miope capacità gestionale da parte dell'azienda. "Come UILTuCS, pur ammettendo le citate difficoltà economiche in cui sembra versare l'azienda, crediamo fermamente che il signor Anfossi avrebbe dovuto continuare a ricorrere agli ammortizzatori sociali (anche oltre i tre mesi di cassaintegrazione in deroga scaduti a fine novembre 2013,
magari optando ora per i contratti di solidarietà) per continuare a garantire il posto di lavoro a tutti i dipendenti. Ma nonostante i ripetuti incontri avvenuti già da mesi tra il sindacato e il consulente dell'azienda per cercare di trovare soluzioni accettabili ai problemi, evitando di danneggiare i singoli lavoratori, l'imprenditore Anfossi ha preferito intraprendere la strada per lui più facile: lasciare a casa i suoi dipendenti, senza nemmeno ritenere opportuno confrontarsi con le parti sociali, evidentemente da lui considerate poco rilevanti", così ha dichiarato Giancarlo Moduzzi della UILTuCS.

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