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Dal primo gennaio 2016 la mancata modifica della Legge Fornero genererà gravi conseguenze per molti italiani, ma dal Governo continuano a venire solo annunci. Insieme alla mancata introduzione della flessibilità in uscita per l'accesso alla pensione dal primo gennaio, in particolare, i nuovi criteri di trasformazione dei coefficienti e l'equiparazione dell'età pensionabile tra uomini e donne – così commenta il Segretario Confederale UIL Domenico Proietti - provocheranno ulteriori iniquità e ingiustizie.

Gli attuali criteri di individuazione dei coefficienti di trasformazione aggiornati, fino a quest'anno, ogni tre anni, mentre i successivi aggiornamenti saranno biennali, comportano, da un lato, una penalizzazione generalizzata e, dall'altro, costituiscono – continua Proietti - un disincentivo alla permanenza al lavoro. Rimandando, infatti, l'accesso alla pensione si incorre nel pericolo di vedere il proprio montante contributivo calcolato con coefficienti più sfavorevoli.

La UIL propone di legare i coefficienti per coorti di età. Sulla falsariga del modello svedese, si può operare assegnando a ciascuna coorte in età pensionabile il proprio coefficiente, eventualmente anche di tipo forward looking e quindi previsionale.

Su questo punto abbiamo elaborato un esempio (vedi allegato 1).

Per effetto dell'equiparazione dell'età pensionabile tra uomini e donne nel 2016, per le lavoratrici dipendenti del settore privato scatterà un gradino di ben 22 mesi (dai 63 anni e 7 mesi si passerà ai 65 anni e 7 mesi), ingenerando disparità tra le lavoratrici. Donne che sono ulteriormente penalizzate da questa equiparazione che non tiene conto del fondamentale lavoro di cura svolto dalle lavoratrici.  Bisognerebbe, invece, valorizzarlo prevedendo meccanismi di tutela e copertura, quali la contribuzione figurativa, per le lavoratrici che si fanno carico del welfare familiare.

È necessario, inoltre, introdurre per tutti una vera flessibilità di accesso alla pensione per sanare i macro errori commessi dalla Legge Fornero che continuano a generare ingiustizie e diseguaglianze.

La UIL chiede che venga data la possibilità ai lavoratori di scegliere quando andare in pensione a partire dai 62 anni.

 

Analisi completa in allegato

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La Legge di stabilità non ha modificato la Legge Fornero sulle pensioni: nel 2016, per tanti italiani, le conseguenze saranno pesantissime. Intanto, però, com'è stato per tutto il 2015, il Governo torna a fare annunci e, così, al danno si aggiunge anche la beffa.Se vuole recuperare credibilità, il Governo deve ascoltare le parti sociali che conoscono bene i problemi ed hanno avanzato proposte precise. Noi crediamo che sia necessario, innanzitutto, reintrodurre la flessibilità di accesso alla pensione per tutti, a partire da 62 anni, dando una risposta anche alle donne che, dal 2016, saranno fortemente penalizzate. Bisogna, inoltre, ripristinare la piena rivalutazione delle pensioni in essere.

In assenza di risposte del Governo, la Uil, insieme a CISL e CGIL, continuerà la mobilitazione affinché dal sistema previdenziale italiano siano eliminate le ingiustizie.

Roma, 29 dicembre 2015

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Cambiare le pensioni, dare lavoro ai giovani: è questo lo slogan della riunione degli Attivi interregionali dei quadri e dei delegati di Cgil-Cisl-Uil in programma il 17 dicembre a Torino, Firenze e Bari. Le tre manifestazioni sindacali si svolgeranno in contemporanea a partire dalle ore 9,30 per concludersi alle ore 14,00

A Torino, presso il Teatro Alfieri (Piazza Solferino, 4), confluiranno i delegati di Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Sardegna, Lombardia, Alto Adige, Trentino, Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Introdurrà Domenico Proietti della Segreteria Nazionale UIL e concluderà Annamaria Furlan, Segretaria Generale CISL.

"Siamo arrivati a queste iniziative perché con la Legge di stabilità 2016, il Governo non offre risposte adeguate alle rilevanti ingiustizie ed iniquità presenti nel sistema previdenziale", come affermano in una nota congiunta le tre confederazioni.

"E' un grave errore - prosegue la nota unitaria - non introdurre la flessibilità di accesso alla pensione". ''La proroga del blocco della perequazione fino al 2018 delle pensioni è sconcertante e non ripristina il diritto alla rivalutazione già previsto dalla recente sentenza della Corte Costituzionale. L'estensione, pur parziale, della no tax area per i pensionati è positiva ma va attuata nel 2016 e non nel 2017 come prevede la legge''.

Inoltre i sindacati considerano ''non risolutiva'' "la settima salvaguardia degli esodati, così com'è definita, non e' risolutiva in quanto non copre tutta la platea stimata dall'Inps e l'attuazione dell'opzione donna e' limitata al 31 dicembre 2015".

"È grave sottrarre risorse al Fondo dei lavori usuranti che, invece, andrebbero utilizzati per dare una risposta ai lavoratori che svolgono mansioni particolarmente faticose. Ad oggi "non si dà una soluzione alle migliaia di dipendenti della scuola, quota 96, che continuano ad essere penalizzati dal più grossolano errore della legge Fornero, né al tema delle ricongiunzioni onerose".

In allegato la locandina e il pieghevole della giornata.

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DICHIARAZIONE dei Segretari Confederali di CGIL CISL UIL

Vera Lamonica, Maurizio Petriccioli e Domenico Proietti

Le rilevanti ingiustizie ed iniquità presenti nel sistema previdenziale non trovano risposta nella Legge di Stabilità.

È un grave errore non introdurre la flessibilità di accesso alla pensione. Così si continuano a penalizzare sia i lavoratori che i giovani i quali vedono ancora bloccato il turn over nel mercato del lavoro.

La proroga del blocco della perequazione fino al 2018 delle pensioni è sconcertante e non ripristina il diritto alla rivalutazione già previsto dalla recente sentenza della Corte Costituzionale.

L'estensione, pur parziale, della no tax area per i pensionati è positiva ma va attuata nel 2016 e non nel 2017 come prevede la legge.

La settima salvaguardia degli esodati, così come è definita, non è risolutiva in quanto non copre tutta la platea stimata dall'INPS e l'attuazione dell'opzione donna è limitata al 31 dicembre 2015.

È grave sottrarre risorse al Fondo dei lavori usuranti che, invece, andrebbero utilizzati per dare una risposta ai lavoratori che svolgono mansioni particolarmente faticose.

Non si dà una soluzione alle migliaia di dipendenti della scuola, Quota 96, che continuano ad essere penalizzati dal più grossolano errore della legge Fornero, né al tema delle ricongiunzioni onerose.

CGIl, CISL e UIL svilupperanno, a partire dai prossimi giorni, un'ampia mobilitazione unitaria in tutto il Paese, con iniziative nei luoghi di lavoro e sui territori e attraverso incontri con tutti i Gruppi parlamentari al fine di ottenere, nel corso dell'iter legislativo, soluzioni positive a questi problemi.

Roma, 27 ottobre 2015

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DICHIARAZIONE DEL SEGRETARIO CONFEDERALE DELLA UIL DOMENICO PROIETTI

Si continua a fare molta confusione sull'incidenza complessiva della spesa previdenziale rispetto al PIL. Si continua a incorrere nell'errore di non separare la spesa previdenziale da quella assistenziale.

La spesa pensionistica totale, infatti, è calcolata in oltre 247 miliardi di euro con un'incidenza sul PIL del 15,31%. Se tale spesa viene considerata al netto della GIAS, oltre 33 miliardi, l'incidenza sul PIL scende al 13,25%, percentuale che si riduce ulteriormente se si prende in esame la spesa previdenziale detraendo le aliquote Irpef e le addizionali regionali e comunali che gravano sulle pensioni per circa 43 miliardi di euro.

Si ottiene così che il rapporto tra spesa pensionistica pura e PIL è del 10,7%. Una percentuale sotto la media degli altri paesi europei. Questa analisi è confermata da importanti centri studi e da ultimo dal Rapporto "Il Bilancio del Sistema Previdenziale Italiano".

La reintroduzione della flessibilità in uscita, quindi, può essere fatta restando in linea con la media della spesa pensionistica  europea.

 

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Oggi, con la sua relazione, Tito Boeri si è proposto come ministro della povertà piuttosto che come Presidente della previdenza. Sono anni che chiediamo la separazione  dell'assistenza dalla previdenza, perché la prima dovrebbe essere a carico della fiscalità generale, mentre la seconda ce la stiamo pagando come lavoratori e imprese. Di questo non si è parlato, così come non si è parlato dell'evasione contributiva.

Se vogliamo applicare la flessibilità, riteniamo che chi oggi ha 55 anni e vuole andare via dal lavoro debba andar via con ciò che si è costruito sia per la parte retributiva sia per quella contributiva, altrimenti si ridurrebbe ulteriormente la sua pensione, già piuttosto bassa per il fatto stesso di essere uscito prima dal mondo del lavoro. Non possiamo pensare a ulteriori penalizzazioni.

E' chiaro che, salvo per qualche mestiere particolarmente usurante, noi non pensiamo affatto che si debba andare in pensione a 55 anni: oggi, questa richiesta proviene dagli imprenditori che vogliono applicare il turn over nella loro azienda: è una storia vecchia. Noi non abbiamo mai chiesto prepensionamenti, noi abbiamo sempre chiesto lavoro.

Roma, 8 luglio 2015

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I calcoli resi noti dall'INPS che esplicitano le modalità di ricalcolo dell'indicizzazione sulla base del D.L. 65 del 2015 evidenziano quanto l'intervento proposto dal Governo sia inadeguato rispetto a ciò che sarebbe spettato ai pensionati con una piena applicazione della sentenza n. 70 della Corte Costituzionale.

Il trattamento preso in esame dall'INPS è di 1.500 euro mensili nel 2011, per effetto del D.L. i titolari di un trattamento simile avranno come rimborso per le somme arretrate 796,27 euro ed un adeguamento del trattamento in essere di circa 6 euro mensili, mentre da gennaio 2016 tale adeguamento sarà di circa 16 euro, l'INPS ipotizza per il 2016 un'aliquota di indicizzazione pari allo 0,4%.

Praticamente, a fronte di 2.477 euro spettanti se si fosse pienamente recuperata l'indicizzazione per il biennio 2012 – 2013, verrà rimborsato solamente il 32%, percentuale che scende con il graduale aumento del trattamento. Un pensionato che percepiva nel 2011 un assegno di 2.200 euro lordi avrà, dunque, un rimborso di 489 euro, l'11% di quanto spetterebbe con un pieno recupero.

Le somme restituite sono irrisorie e insufficienti a salvaguardare il reale potere d'acquisto delle pensioni: la UIL e la UIL Pensionati chiedono al Parlamento di ripristinare il diritto alla rivalutazione sancito dalla Corte e di stabilire tempi e modalità di restituzione delle somme tolte dal blocco Fornero.

Roma, 27 giugno 2015

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Documento UIL presentato all'audizione dell' 8 giugno 2015 presso la Commissione XI Lavoro pubblico e privato Camera dei Deputati

La UIL ringrazia Codesta Commissione per l'invito a rappresentare le proprie osservazioni sul Decreto Legge n.65 del 2015.

Il decreto non ripristina il diritto alla perequazione delle pensioni

Dopo la sentenza della Corte il Governo avrebbe dovuto fare una cosa molto semplice: ripristinare il diritto alla rivalutazione delle pensioni e discutere e definire,

con i sindacati dei pensionati, le modalità e l'entità dei rimborsi per il passato. Il Governo, invece, ha scelto una strada completamente sbagliata.

Con questo D.L. si sta perdendo un'occasione per rimettere nel sistema previdenziale parte di quel denaro sottratto, oltre 80 miliardi di euro nel decennio 2012 – 2020. Il diritto alla perequazione, sul quale, ricordiamo, anche il Governo Letta è intervenuto con la Legge di Stabilità 2014 modificando in modo peggiorativo la normativa vigente prima degli interventi Fornero, sarà soggetto a riduzioni anche per il 2016 causando una ulteriore perdita del potere di acquisto per i pensionati con un conseguente calo dei consumi.

In questi giorni, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, abbiamo ripetutamente ascoltato tante menzogne e mistificazioni. Si ha il coraggio di sostenere che i

provvedimenti Monti-Fornero sono a favore del futuro dei giovani. Niente di più falso: dal primo gennaio 2012 ad oggi la disoccupazione giovanile è passata dal

31,9% al 42,6%. Neanche un centesimo dei presunti 18 miliardi prelevati dalla mancata indicizzazione delle pensioni in essere sono stati destinati ai giovani né nel

presente né tantomeno nel loro futuro previdenziale. Quel provvedimento ha avuto un effetto recessivo con una diminuzione dei consumi e della domanda interna

contribuendo alla peggiore recessione dello stato unitario con un PIL negativo che penalizzerà proprio le giovani generazioni.

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Da quanto emerge dalle dichiarazioni del Governo dopo il Consiglio dei Ministri le decisioni assunte non rispondono a nessuna delle indicazioni contenute nella sentenza della Corte Costituzionale.Il Governo non ripristina, infatti, il diritto alla perequazione delle pensioni in essere che è il punto cardine della sentenza, rimandandolo a non meglio precisati futuri interventi, e non restituisce le somme sottratte in questi anni.

L'una tantum per le pensioni lorde fino a 3.200 euro rende una minima parte di  quanto sottratto ai pensionati in questi anni.

Il Governo sta perdendo l'occasione per ripristinare un diritto e di contribuire, attraverso la restituzione dei soldi ingiustamente tolti ai pensionati, alla ripresa dei consumi con sostegno alla domanda interna ed un diretto beneficio per l'attività produttive del Paese.

La Uil e la Uilp continueranno la mobilitazione e la lotta affinché siano attuate le indicazioni della sentenza della Corte ripristinando il diritto ed eliminando le ingiustizie.

Roma, 18 maggio 2015

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Il Segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, ha inaugurato la nuova sede della Uil di Pavia. Nel suo intervento ha affrontato i temi relativi alla scuola, alle pensioni e ai contratti.Possono votare la riforma della scuola, ma nella scuola quella riforma non sarà mai applicata.

Una riforma non condivisa, difficilmente si realizza. Noi siamo per fare cose legali e per non creare problemi alle famiglie, ma ancora una volta, con le sue dichiarazioni sul blocco degli scrutini, il Garante per lo sciopero dimostra di garantire solo il divieto di sciopero. Bisogna tenere conto di ciò che insegnanti, personale ATA, studenti e genitori hanno chiesto a gran voce con l'ultima manifestazione: una scuola pubblica, libera e democratica e questo disegno di legge non ha tali caratteristiche. Non siamo disponibili a fare un accordo comunque sia: vogliamo modifiche profonde al ddl.

C'è una sentenza della Corte costituzionale: bisogna applicarla. È una questione di legalità. C'è un problema di gradualità, di tetti? Discutiamone, ma prima bisogna acquisire la sentenza. Poi si convocano le parti e si decide come si possono evitare problemi al Paese.

Il Governo tedesco, a partire dal prossimo mese di luglio, darà un incremento del 2,5% ai pensionati dell'Est e del 2,1% a quelli dell'Ovest: se lo fanno loro, che sono i cultori del rigore, perché non dovremmo farlo anche noi?

Per fare recuperare potere d'acquisto ai lavoratori, bisogna fare i contratti a partire da quelli del pubblico impiego e, per questa via, cercare di recuperare anche i danni provocati dal Governo, inserendo regole che mitighino gli effetti negativi del Jobs Act. A quanto pare, anche questo provvedimento non sarebbe immune da vizi di incostituzionalità. Io faccio il sindacalista e, dunque, voglio contrattare sempre, sino all'ultimo momento: non vorrei, però, che anche noi fossimo costretti a fare ricorsi alla Consulta come ulteriore forma di lotta.

Pavia, 15 maggio 2015

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