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In allegato la sintesi del documento UIL presentata ieri in audizione alle Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato.

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Possiamo iniziare a intravedere uno spiraglio di ripresa nei dati che fotografano la cassa integrazione nei primi 3 mesi del 2015, oppure no?Dalla lettura dei dati Inps, le ore richieste dalle imprese nel I trimestre 2015 (oltre 170 milioni), sembrano essere più vicine a quelle del primo anno di crisi (129 milioni) che a quelle di un Paese in cui la sofferenza economico-occupazionale è ancora molto forte sia dalle imprese che dai lavoratori.

Noi crediamo che sia opportuno leggere i dati sentendo e ascoltando le sofferenze che quotidianamente vivono territori e lavoratori, quando lamentano l'assenza di risorse per la cassa integrazione in deroga, strumento fondamentale per il mantenimento dei posti di lavoro e per il necessario, quanto fondamentale, vivere dignitoso delle famiglie di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori.

Non si possono che considerare, quindi,  in maniera sottostimata le ore di cassa integrazione in deroga , mancando all'appello il dato del "reale" fabbisogno di questo ammortizzatore sociale che, mai come quest'anno, a causa di carenza di risorse determinata anche dalla necessità di utilizzare quelle disponibili per il 2015 per sanare periodi relativi al 2014, si è tradotto in un secco e brusco "stop" di richieste (poco più di 12 milioni di ore nel I trimestre 2015, con un calo dell'82% rispetto allo stesso periodo del 2014).

Roma, 20 aprile 2015

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Ci rivolgiamo al Parlamento per chiedere di cambiare il disegno di legge sulla scuola presentato dal Governo.

Rappresentiamo studenti, insegnanti, genitori, forze sociali e sindacali, associazioni interessate a una scuola buona. I vari governi che si sono succeduti dal 2011 a oggi, tuttavia, nonostante le proposte di confronto avanzate, non ci hanno mai dedicato uno
spazio di ascolto.

L'investimento di tre miliardi nella scuola pubblica può essere una positiva inversione di tendenza, se finalizzato a innalzare i livelli di istruzione e di competenza di tutto il Paese e a contrastare le gravi diseguaglianze socio-culturali e territoriali che condizionano gli esiti
scolastici.

Siamo convinti che senza la partecipazione attiva dei soggetti che rappresentiamo, nessuna riforma possa raggiungere questi obiettivi decisivi per lo sviluppo del Paese. La consultazione sui temi della "Buona Scuola", come dimostrato dagli stessi dati esposti dal MIUR, non ha
purtroppo coinvolto il Paese nell'auspicato dibattito capillare.

Pertanto, consideriamo indispensabile aprire un ampio confronto nel Paese per delineare una visione generale, il più possibile condivisa, sul nuovo ruolo della scuola nella società della conoscenza. A questo proposito riteniamo decisivo partire dal diritto di ogni persona all'apprendimento permanente come base per un progetto complessivo di cambiamento del sistema educativo italiano.


Pur rappresentando organizzazioni con punti di vista anche molto diversi, abbiamo individuato in cinque punti le proposte per cambiare il disegno di legge presentato dal governo: Diseguaglianze.

I risultati delle indagini internazionali dicono che la nostra scuola è penalizzata dall'essere tra le più diseguali d'Europa, con il rendimento degli studenti legato non tanto al merito individuale quanto al contesto territoriale e alle scelte dell'indirizzo e dello specifico istituto.

Il fatto che ci siano, di norma, basse differenze di rendimento all'interno della stessa scuola e alte differenze fra scuole diverse significa che il contesto socio-economico delle scuole stesse incide al momento più di quello delle famiglie sui risultati dei discenti.

Potenziare l'autonomia scolastica significa allora ridurre le diseguaglianze che frenano il diritto al successo formativo di ogni studente e la crescita di qualità dell'intero sistema.

L'organico dell'autonomia non deve essere destinato prioritariamente alla copertura delle supplenze, ma al rafforzamento delle strategie per combattere la dispersione scolastica e a promuovere il successo scolastico di tutti. Si deve sviluppare quel progetto di scuola che non è
la somma di mille progetti, ma corrisponde alla costruzione di curricoli che sappiano misurarsi con i nuovi modi di apprendere e di vivere dei giovani, facendo della scuola un laboratorio permanente di innovazione educativa, partecipazione ed educazione civica.

Per fare questo ci vogliono sperimentazione e costante ricerca, così che la scuola possa assumere anche un ruolo centrale nel sistema nazionale di formazione degli insegnanti.

E' altresì fondamentale garantire l'accesso al diritto allo studio, nel rispetto della Costituzione e come primo essenziale strumento di uguaglianza sostanziale, adottando una legge quadro nazionale che imponga dei livelli essenziali di prestazione e che sia soprattutto finanziata: qualsiasi intervento legislativo in materia di diritto allo studio che non preveda un grande investimento dello Stato sarebbe semplicemente inutile.

È poi necessario, in secondo luogo, potenziare gli strumenti di welfare studentesco attraverso un sistema di servizi, che garantiscano una piena inclusione degli studenti e delle studentesse non solo nella dimensione scolastica ma anche in quella di cittadini.


La strategia di innalzamento dei livelli di istruzione e competenza riguarda anche la popolazione adulta, come ci ricorda l'indagine Ocse-Piaac. Un significativo investimento di una quota di organico funzionale per lo sviluppo dell'Istruzione degli Adulti rappresenta un passo
decisivo per la costruzione del Sistema Integrato dell'Apprendimento Permanente (Legge 92/2012).

Governance. Occorre rafforzare l'autonomia nel senso pieno del DPR 275 e quindi come "garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale", strumento per porre al centro l'apprendimento degli studenti e "garantire loro il successo formativo".

A questi fini è nata l'autonomia scolastica, come strumento di democratizzazione della scuola: tramite il decentramento dei livelli decisionali e attivando una reale partecipazione delle componenti, la scuola deve diventare una comunità che si auto-governa, dove tutti sono
soggetti attivi del processo educativo e delle scelte chiave. In questo modo la scuola potrà rispondere alle nuove esigenze della società odierna, così multiforme e diseguale.

Invece l'eccessivo accentramento dei poteri nelle mani del preside-manager, previsto nel ddl, e la conseguente completa estromissione degli studenti, dei docenti, dei genitori e del personale ATA dai processi decisionali non rispondono affatto alle necessità di corresponsabilità e partecipazione che riteniamo essere imprescindibili per conseguire le finalità originarie dell'autonomia.

Vanno quindi riviste a fondo le prerogative previste per il dirigente scolastico, che nell'articolato del ddl ne vede enfatizzati poteri e ambiti di competenza, evidenziando una parallela compressione della dimensione collegiale della scuola: riaffermiamo il valore degli organi collegiali come cuore di una comunità educante che svolge anche la funzione di palestra di democrazia per gli studenti.


La scuola ha fondato le sue conquiste più importanti su un clima di cooperazione reso possibile proprio dalla impersonalità delle norme e dalla crescita di un sistema complesso a responsabilità diffusa. I poteri del dirigente scolastico non escono né umiliati né diminuiti dal
fatto che le sue responsabilità sono chiamate a coesistere con le prerogativa affidate agli altri soggetti della scuola: il dirigente dirige, ma non dei "sottomessi".

La responsabilità è certo necessaria ma non deve essere monocratica e unilaterale, perché la partecipazione attiva delle componenti si concretizza solo se queste hanno un effettivo potere decisionale. E' necessario perciò affinare gli strumenti di gestione dei processi educativi e formativi, che costituiscono in definitiva l'essenziale ragion d'essere del sistema scolastico, affinché sia perseguibile un
sostanziale esercizio delle distinte e sinergiche responsabilità nel processo di costruzione delle decisioni.

Riteniamo dunque importante riformare gli organi collegiali in direzione radicalmente opposta ed incentrata su una maggiore partecipazione di studenti e famiglie, così da rendere la gestione della scuola sempre più collettiva, responsabilizzando tutte le componenti del tessuto
scolastico nell'elaborazione dell'offerta formativa, nella scrittura di progetti, nell'individuazione
di punti deboli e strategie collettive di miglioramento.

Sono improrogabili interventi per valorizzare il lavoro nella scuola nel rispetto della funzione contrattuale, indispensabile per raggiungere soluzioni efficaci e condivise.
Risorse economiche. La scuola italiana necessita urgentemente di un aumento dei finanziamenti pubblici, almeno fino a riallineare il nostro paese con la media europea. Sono inammissibili le dichiarazioni per cui lo Stato non può coprire le spese per l'istruzione. È tuttavia
possibile prevedere forme di finanziamento aggiuntivo, che in ogni caso non possono andare a finanziare singole istituzioni scolastiche: le diseguaglianze tra regioni e tra scuole della stessa regione sono altrimenti destinate ad aumentare, nonostante gli interventi perequativi che si possano prevedere.

Riteniamo indispensabile quindi che forme di finanziamento privato totalmente libere e dirette, come la cessione del 5 per mille, siano finalizzate a potenziare il sistema educativo pubblico migliorandone i livelli di qualità ed equità.
Il F.I.S. e il M.O.F., i canali con cui viene ordinariamente finanziata l'attività autonoma delle singole scuole, devono essere rinforzati e stabilizzati, così come peraltro annunciato nelle linee guida iniziali della "Buona Scuola".

La ripresa di una politica di investimenti nel sistema educativo pubblico deve inoltre essere accompagnata a un piano pluriennale che permetta all'Italia di raggiungere almeno la media europea.

Rapporto scuola e lavoro. Lo sviluppo del rapporto-scuola lavoro deve essere orientato ad arricchire il percorso educativo e potenziare le opportunità occupazionali di tutti i giovani, assicurando a ognuno effettive capacità di apprendimento lungo tutto il corso della vita.

Deve essere superato il pregiudizio, ancora molto radicato, dei percorsi per il lavoro destinati a chi è ritenuto poco adatto per gli studi. Tutti i percorsi scolastici devono essere aperti alla cultura del lavoro anche attraverso concrete esperienze di alternanza scuola-lavoro.
I periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro devono essere articolati secondo criteri di gradualità e progressività rispettosi dello sviluppo personale, culturale e professionale degli studenti in relazione alla loro età. Per questo ha grande rilievo la qualità della funzione tutoriale svolta dal docente tutor scolastico e dal tutor formativo.

I diritti delle studentesse e degli studenti in alternanza scuola lavoro devono essere garantiti per mezzo di uno Statuto che
impedisca la creazione di sacche di lavoro gratuito mascherate da opportunità formative.

La didattica laboratoriale deve essere sostenuta e diffusa in tutti i percorsi formativi.
A ogni giovane, a conclusione del percorso formativo, deve essere assicurata la certificazione di tutte le competenze acquisite e la possibilità di accedere all'università. Un'idea molto diversa si rintraccia nel DDL laddove si prevede la possibilità di svolgere l'alternanza nelle pause estive, affidando alle sole imprese la gestione del percorso formativo; così facendo si afferma un'idea che dequalifica l'idea di apprendistato prevedendo una remunerazione nulla o irrisoria per le ore di formazione.

L'utilizzo del contratto di apprendistato per l'acquisizione di titoli di studio deve essere esclusivamente finalizzato all'apprendimento e comunque successivo al conseguimento dell'obbligo di istruzione. La possibilità di acquisire un diploma di istruzione in apprendistato
deve essere reintrodotta per dare continuità e sviluppo al programma sperimentale per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda e come opportunità per i giovani NEET privi di diploma.

Deleghe al Governo. Riteniamo che le numerose deleghe al Governo previste nel ddl siano un errore perché vi sono previsti temi troppo importanti, cruciali per il miglioramento della scuola italiana, che non possono essere affrontati senza un serio dibattito parlamentare.
Crediamo inoltre che i criteri direttivi previsti siano insufficienti e spesso troppo vaghi, per determinare in quale direzione debbano andare queste importanti riforme; allo stesso tempo è inaccettabile la specifica previsione di non finanziare queste deleghe, perché temi come il diritto allo studio necessitano prioritariamente di un finanziamento da parte dello Stato.


L'idea che il Parlamento abdichi alla sua funzione legislativa in favore del Governo, delegando senza i necessari criteri direttivi e senza finanziamenti su materie che sono determinanti per una qualsiasi riforma scolastica, è per noi ingiusta e inammissibile.
Davvero oggi occorre cambiare la scuola, per cambiare l'Italia. Dunque riteniamo che, su un tema tanto cruciale per il futuro del nostro Paese, la discussione parlamentare non possa essere sottoposta a scadenze perentorie, ma anzi debba essere aperta all'ascolto e al
confronto con il mondo della scuola e la società civile. Studenti, docenti, famiglie e personale
hanno diritto a una "buona scuola", già dal prossimo anno scolastico.

Auspichiamo dunque che il Parlamento possa inserire nel proprio dibattito le questioni che abbiamo voluto segnalare come qualificanti, per la costruzione di una scuola che risponda ai dettati costituzionali e alle sfide del moderno contesto nazionale e comunitario.
Per consentire di portare a sistema interventi ambiziosi come quelli che noi, tutti insieme, portiamo all'attenzione, riteniamo necessario lo stralcio del tema delle assunzioni per garantire il regolare ed efficace avvio del prossimo anno scolastico e dare una risposta ai tantissimi
docenti precari che da anni tengono in piedi la nostra scuola.

Tempi adeguati all'ascolto e al confronto non sono un modo per rallentare o, peggio, per rinviare i primi interventi di rilancio della scuola pubblica. Sono, invece, la condizione per correggere gli errori contenuti nel testo di ingresso e creare il necessario clima di condivisone
per avviare nel minor tempo possibile i primi interventi di cambiamento.


Aderiscono:
Agenquadri
AIMC
ARCI
AUSER
CGD
CGIL
CIDI
CISL
CISL Scuola
Edaforum
FNISM
FLC CGIL
IRASE
IRSEF-IRFED
Legambiente
Legambiente Scuola e Formazione
Libera
Link - Coordinamento Universitario
MCE
Movimento Studenti di Azione Cattolica
Movimento di Impegno Educativo di Azione Cattolica
Proteo Fare Sapere
Rete della Conoscenza
Rete degli Studenti Medi
Rete29Aprile
UCIIM
UDU
Unione degli Studenti
UIL
UIL Scuola

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Anche quest'anno la UIL FPL eroga gratuitamente per i propri iscritti il servizio di assistenza fiscale con il ritiro della documentazione e la compilazione della dichiarazione dei redditi modello 730.

E' necessario presentarsi muniti della tessera sindacale e di tutta la documentazione in fotocopia.

Tutte le mattine, dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 12 gli iscritti UIL FPL potranno recarsi nell'ufficio di categoria in Via Fiume 10 ad Alessandria oppure il lunedì e il giovedì, dalle 14 alle 17, nella sede sindacale UIL FPL al primo piano dell'Ospedale Civile di Alessandria.

Gli appuntamenti si possono prenotare a partire dal 20 aprile telefonando ai seguenti numeri:

Segreteria territoriale, Adele Di Meo 0131 28 77 31

Rappresentante aziendale, Giuseppe Calabrese 0131 206707

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Giovedì, 16 Aprile 2015 11:02

Bonus bebè 2015

È stato pubblicato sulla  Gazzetta Ufficiale del 10 aprile scorso il dispositivo di legge per l'attivazione del bonus bebè, il  contributo economico mensile destinato ai genitori di figli nati o adottati dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2017.

Il bonus verrà erogato fino al compimento del terzo anno di vita (o di permanenza in famiglia) del bambino e a poterne usufruire saranno le famiglie o le madri single il cui ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) non sia superiore ai 25 mila euro annui.

In questo caso il contributo mensile sarà di 80 euro al mese per un totale 960 euro all'anno. Se, invece, l'ISEE scende al di sotto dei 7 mila euro annui, il bonus sarà 160 euro mensili  per un totale di 1.920 euro.

Data l'attuale situazione economica, il contributo è sicuramente apprezzabile ma è una goccia nel mare magnum delle spese che i neo genitori debbono affrontare e sicuramente  non in linea con quanto viene erogato alle famiglie nei paesi membri a noi più vicini, dove il bonus spettante ad ogni bebè è superiore – anche di molto – con la conseguenza tangibile di un rilevante  incremento  delle nascite.

Se anche in Italia vogliamo superare il gap di natalità, il Governo dovrà fare molto di più e, in particolare, dovrà attivare servizi per l'infanzia  a costi sostenibili per gli attuali redditi delle famiglie, programmare politiche di equilibrio vita-lavoro e di welfare che effettivamente sostengano i cittadini nelle loro esigenze di cura e assistenza, definire parametri accettabili di benessere organizzativo in tutti gli ambiti lavorativi. Siamo solo all'inizio di un percorso faticoso di ricostruzione del welfare nazionale. Ci auguriamo che da parte del Governo ci sia la necessaria sensibilità per individuare i "settori"  da cui attingere le risorse  e avere la concreta volontà  di farlo.

Roma, 14 aprile 2015

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Destinare risorse oltre che ai lavoratori dipendenti anche a pensionati e incapienti

Il cosiddetto "tesoretto" dovrebbe essere più cospicuo di quanto si è parlato: facendo i conti, saremmo a oltre 2,5 miliardi di euro.

Rispetto al precedente anno, infatti, è stato recuperato 1 miliardo in più dall'evasione fiscale, cifra che può essere aggiunta al miliardo e 600milioni di cui si discute in questi giorni.

Ci sono, dunque, le condizioni per ridurre le tasse oltre che ai lavoratori dipendenti anche ai pensionati e agli incapienti e, inoltre, ci sono le risorse per sbloccare i contratti dei lavoratori del pubblico impiego i cui stipendi sono fermi ormai da sei anni.

Il Governo non ha più alibi: se non procederà in tal senso, sarà evidente che tratta i pensionati e i dipendenti pubblici come cittadini di serie B.

Roma, 12 aprile 2015

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ADDIZIONALI REGIONALI IRPEF: NEL 2015 BUSTE PAGA PIU' LEGGERE 5,1 MILIONI DI CONTRIBUENTI

UN AUMENTO MEDIO DEL 7,5% TRA IL 2013 ED IL 2015 (3,2% NELL'ULTIMO ANNO), CON PUNTE DEL 48,1% NEL LAZIO, DEL 30,8% IN PIEMONTE DEL 16,7% IN LIGURIA

2 REGIONI (LAZIO E PIEMONTE), PER I REDDITI PIU' ALTI APPLICANO L'ALIQUOTA MASSIMA DEL 3,33%

IL GETTITO MEDIO PRO CAPITE PASSA DAI 362 EURO DEL 2013 AI 377 EURO DEL 2015 CON PUNTE DI 548 EURO MEDI NEL LAZIO, 442 EURO IN PIEMONTE E CAMPANIA

INVECE L'IRPEF COMUNALE AUMENTA IN 33 COMUNI SU 168 COMUNI, DI CUI 3 CITTA' CAPOLUOGO (BOLOGNA, FORLI', LIVORNO)

Mentre ancora ci sono da "ammortizzare" i tagli di trasferimenti apportati alle Regioni dalla Legge di Stabilità 2015, già si affacciano all'orizzonte con il Documento Economico e Finanziario (DEF), ulteriori tagli per il 2016.

Decisioni, queste, che hanno conseguenze dirette ed indirette sulle tasche dei cittadini, in primis coloro che vivono con redditi da lavoro dipendente  pensione, in quanto il rischio di nuove ondate di inasprimenti delle imposte locali è dietro l'angolo.

Infatti, anche per il 2015 per oltre 5,1 milioni di contribuenti ci sarà un aumento del prelievo dell'IRPEF sotto forma di addizionali Regionali IRPEF, che si aggiungono agli aumenti apportati lo scorso anno.

Infatti, da una nostra analisi, commenta Guglielmo Loy – Segretario Confederale UIL – al momento alcune Regioni hanno rimodulato in aumento le aliquote dell'IRPEF Regionale.

Si tratta del Piemonte, del Lazio, dell'Abruzzo, della Liguria che hanno rimodulato in alto le aliquote per alcuni scaglioni di reddito; l'Emilia Romagna le ha rimodulate in apparenza al rialzo, ma inserendo l'aliquota marginale porterà piccoli risparmi per i redditi fino a 40 mila euro, ma per i redditi al di sopra di tale scaglione iniziano gli aumenti; la Lombardia ha penalizzato dello 0,1% i redditi sopra i 75 mila euro; le altre Regioni al momento hanno confermato le aliquote degli anni precedenti..

Nello specifico, spiega Loy, in Piemonte, per i redditi sopra ai 28 mila euro si applicherà un'aliquota del 2,75% a fronte del 2,13% dello scorso anno; per i redditi sopra i 55 mila euro il 3,32% (lo scorso anno il 2,325%); sopra i 75 mila euro si pagherà il 3,3% (lo scorso anno il 2,33%).

Nel Lazio, al momento, gli aumenti delle aliquote al 3,33% (lo scorso anno il 2,33%), riguardano tutti i redditi sopra i 28 mila euro, a meno che la Giunta non presenti una proposta per esentare i redditi fino a 35 mila euro entro il 30 aprile.

In Liguria, per i redditi fino a 15 mila euro, si pagherà l'1,23% (come lo scorso anno); per i redditi fino a 28 mila euro si pagherà invece l'1,81% (lo scorso anno l'1,23%); per i redditi fino a 55 mila euro si pagherà il 2,31% (1,73% l'aliquota dello scorso anno); per i redditi fino a 75 mila euro si pagherà il 2,32% (1,73% lo scorso anno); oltre i 75 mila euro si pagherà il 2,33% (1,73% lo scorso anno).

In Abruzzo, anche per i redditi fino a 28 mila euro, si pagherà l'1,73%.

In "soldini", significa passare, commenta Loy, da un gettito medio delle Addizionali di 362 euro medi pro capite nel 2013, ai 389 euro del 2015 con un aumento del 7,5% (17 euro medi).

Ovviamente, spiega il Segretario della UIL, questa è la media, ma nelle Regioni dove aumentano le aliquote gli aumenti salgono nel Lazio al 48,1% in 2 anni (25,4% nell'ultimo anno); in Piemonte del 30,8% in 2 anni (15,2% nell'ultimo anno); in Liguria del 16,7% tra il 0213 ed il 2015 (11,4% nell'ultimo anno); in Abruzzo del 8,4% tra il 2013 ed il 2015; in Emilia Romagna dell'1%; in Lombardia dello 0,8%.

IL GETTITO MEDIO PRO CAPITE DEL 2015

Mediamente nel Lazio nel 2015, se non si apportano correttivi, l'IRPEF Regionale peserà per 687 euro medi a contribuente; in Piemonte 509 euro medi; in Campania 442 euro medi; in Molise 421 euro medi.

Sono tutte Regioni queste alle prese con l'extradeficit sanitario.

Di converso  nella Provincia Autonoma di Bolzano si pagheranno in media 180 euro; in Sardegna 262 euro; in Basilicata 269 euro; in Friuli Venezia Giulia 270 euro; in Veneto 289 euro.

CONCLUSIONI

Questi aumenti, purtroppo, commenta il Segretario della UIL, fanno il paio con quanto sta succedendo nei Comuni con l'IRPEF Comunale.

Infatti, secondo una prima rilevazione della UIL Servizio Politiche Territoriali, su 168 Comuni che hanno già deliberato l'IRPEF comunale, 33 di essi (il 20%), hanno aumentato l'aliquota, tra cui 3 Città capoluogo (Bologna, Forlì, Livorno).

In particolare Bologna passa dallo 0,7% allo 0,8%; Livorno da aliquote progressive che andavano seconda degli scaglioni di reddito dallo 0,4% allo 0,7%, da quest'anno tutti passano allo 0,8%; a Forlì dallo 0,49% si passa allo 0,6% per i redditi fino a 15 mila euro e allo 0,8% per i redditi superiori.

Aumenti, questi, che sono insopportabili conclude Loy,  per le buste paga di lavoratori dipendenti e pensionati.

E' pur vero che nella spesa pubblica degli enti territoriali ci sono margini di razionalizzazione, ma il Governo  centrale non può continuare nei tagli lineari, in quanto in questo modo si entra nella "pelle viva" dei cittadini. E lo stesso Governo non può certo girare la testa dall'altra parte quando la pressione fiscale a livello locale aumenta per effetto di minori trasferimenti.

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Cambia la sede UIL ad Acqui Terme. Da martedì prossimo, 14 aprile, l'ufficio UIL di Acqui Terme sarà trasferito dall'attuale sede di Via S. D'Acquisto 90, in via Baretta 12 - angolo Via Trucco (a 200 metri dalla vecchia sede).

Da martedì gli sportelli Caf e Ital saranno regolarmente operativi e a disposizione dei cittadini per erogare tutti i servizi, anche per la compilazione della dichiarazione dei redditi, già nella nuova sede.

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Roma, 7 aprile 2015 - Il Governo deve assolutamente scongiurare l'aumento della tassazione dell'Iva e delle accise nel 2016 previste nella norma di salvaguarda dell'ultima Legge di Stabilità. Le risorse per questa operazione possono essere utilmente recuperate tagliando gli sprechi della politica a livello centrale, regionale e comunale.

L'aumento della tassazione sull'Iva e sulle accise avrebbe ripercussioni devastanti sulla fragile ripresa economica in atto. Bisogna contestualmente intensificare la lotta all'evasione fiscale e destinare già da quest'anno le risorse recuperate a ridurre le tasse ai pensionati, agli incapienti ed ai lavoratori che sono stati esclusi dal bonus degli 80 euro.

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Martedì, 07 Aprile 2015 09:54

Loy: allarme ammortizzatori sociali

Occupazione.  Decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori, che lavorano stagionalmente in importanti settori produttivi ed economici, turismo e alimentare in primis, saranno le prime vittime delle innovazioni del governo in tema di lavoro e ammortizzatori sociali.

Queste persone, infatti, che operano da anni come "stagionali" riescono a integrare la loro retribuzione da lavoro con un sussidio (aspi e mini aspi, fino al 30 aprile) che consente loro di avere un decoroso reddito e, soprattutto, una decente pensione alla fine della loro carriera.

Ma dal 1° maggio, grazie alla nuova legge in vigore dal 7 marzo, il Jobs Act, la Naspi (nuova aspi) sarà calcolata in modo tale (la metà delle giornate lavorate) che ci sarà un danno grave sia per la parte economica che per i contributi utili alla pensione.

Nel 2014, sono state presentate oltre 1,5 milioni di domande di aspi e, quindi, il bacino di lavoratori potenzialmente colpito dalla "riforma" è molto ampio tenendo conto che la durata media dell'indennità è di circa 184 giornate.

Sono lavoratori, con fortissima presenza femminile, che svolgono attività funzionali a produrre una parte importante del PIL in aree all'avanguardia in termini di produzione della ricchezza nazionale.

Se a questo danno si aggiunge la progressiva diminuzione di altri strumenti di protezione sociale (come la cassa integrazione in deroga) emerge con chiarezza che siamo lontani dall'annunciata volontà del governo di allargare le tutele ai lavoratori e alle lavoratrici più deboli del paese. Anche per questo il governo deve riflettere sugli errori fatti e modificare in fretta una norma ingiusta e sbagliata.

Roma, 3 aprile 2015

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