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DOPO IL CASO LAVORATORI STAGIONALI ECCO IL SECONDO "BUCO" NEL JOBS ACT: PER 1/3 ( oltre 300 MILA PERSONE) DELLE LAVORATRICI E LAVORATORI DOMESTICI NON CI SARANNO LE TUTELE DELLA NASPI

A cura della Uil Servizio Politiche Territoriali

Con la Pubblicazione sulla "Gazzetta Ufficiale" degli ultimi Decreti Legislativi si conclude l'attuazione della Legge Delega del Jobs Act.

Ma all'orizzonte, nonostante i proclami del Governo che afferma di aver esteso le tutele con la nuova NASPI, all'orizzonte si profila il "secondo buco" del Jobs Act.

Infatti per 1/3 (300 mila persone su un totale di 898 mila), dei lavoratori e lavoratrici domestiche che lavorano meno di 24 ore settimanali non vi sarà, in caso di perdita di lavoro, il "paracadute sociale" rappresentato dalla NASPI a differenza di quanto avveniva in passato con l'ASPI.

Infatti l'INPS con la circolare 142 emanata alla fine di luglio  specifica che l'ulteriore requisito per aver diritto alla NASPI (30 giornate lavorate nell'ultimo anno), viene interpretato, per gli addetti del lavoro domestico,  con una attività lavorativa di 5 settimane di almeno 24 ore lavorative. Ergo se lavori 24 ore o di più hai diritto alla NASPI, altrimenti con una attività fino a 23 ore a prescindere dall'anzianità contributiva non hai diritto alla NASPI.

Paradossalmente se una lavoratrice o lavoratore domestico ha lavorato sempre a 20 ore settimanali  e perde il posto di lavoro non ha diritto a nulla.

Questo significa che,  lavoratrice/lavoratore domestico con 33 anni di età con un lavoro di 20 ore settimanali  negli ultimi 3 anni e  con uno stipendio di 680 euro al mese, secondo la UIL Servizio Politiche Territoriali con la "vecchia ASPI" avrebbe preso 483 euro mensili per 10 mesi (4.830 euro), più la copertura previdenziale per aver diritto alla pensione, più eventuali assegni al nucleo familiare.

Ora con la NASPI non ha diritto a nulla!

Oppure, una domestica con 55 anni di età che ha lavorato fino al 2013 per 28 ore settimanali e poi nel 2014 e 2015 ha ridotto il proprio orario a 20 ore con l'ASPI avrebbe percepito 457 euro mensili per 12 mesi (5.490 euro), più contribuzione previdenziale e assegni familiari, mentre con la nuova NASPI non percepisce nulla di tutto ciò.

Ma ancora più paradossale: prendiamo 2 lavoratrici a 20 ore settimanali, la prima nel commercio, la seconda nel lavoro domestico: la prima, in caso di perdita di posto di lavoro dopo 2 anni, percepirebbe  400 euro al mese per 12 mesi (4.800 euro), mentre l'altra che lavora a domicilio non percepisce nulla.

Un errore o una inutile cattiveria?

Si domanda Guglielmo Loy-Segretario Confederale UIL.

Questa la domanda che ci facciamo di fronte a questa penalizzante interpretazione che fa  l'INPS (immaginiamo con l'ok del Governo) sul diritto, o meno, per circa 300.000 lavoratrici (e lavoratori) impegnate  nel secondo pilastro del Welfare Italiano: le collaboratrici familiari e le badanti.

Perché negare a chi lavora a part time (come altri 3.2 milioni colleghi di altri settori) una prestazione cosi vitale come l'indennità di disoccupazione?

Come si può contraddire le affermazioni del Governo che hanno sempre enfatizzato l'allargamento a tutti i lavoratori  degli ammortizzatori?  Con questo siamo al secondo buco del Jobs Act: al primo è stata messa un toppetta, a questo? Speriamo in urgente "ravvedimento operoso"

In allegato le tabelle complete del caso.

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Venerdì, 25 Settembre 2015 11:16

Decreti Jobs Act definitivi

In allegato potete trovare gli ultimi quattro Decreti Legislativi emanati in attuazione della Legge 10 dicembre 2014 n° 183 (Jobs Act) e pubblicati in Gazzetta Ufficiale. I Decreti sono in vigore già dalla data 24 settembre 2015.

I decreti riguardano gli ammortizzatori sociali, l'attività ispettiva, le politiche attive e le semplificazioni.

 

 

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Entrano in vigore oggi, 24 settembre 2015, i quattro Decreti legislativi pubblicati sul Supplemento Ordinario n. 53 alla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23/09/2015 in attuazione della legge n. 183./2014.

Decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 "Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro".

Decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149 "Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell'attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale".

Decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150 "Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive".

Decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151 "Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità".

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Jobs act: prime riflessioni UIL sui decreti approvati dal governo l'11 giugno 2015

Guglielmo Loy – Segretario Confederale UIL

In attesa dei testi definitivi si può fare una prima considerazione

Di fondo rimane, sia  sugli aspetti legati agli ammortizzatori sociali che rispetto alle nuove tipologie contrattuali e, soprattutto, sul demansionamento una impostazione che sposta il baricentro degli interventi  verso l'azienda. In sostanza si ritiene che la crescita, economica ed occupazionale, passi, in gran parte,  dalla unilaterale decisione della stessa impresa.

In questo quadro va letto  il decreto di riordino della cassa integrazione che, pur con l'apprezzabile estensione (ancora parziale) alle piccole imprese (sotto i 15 dipendenti, ma con la soglia minima a 6) indebolisce il sistema di tutele del lavoratore.

Si riduce, infatti,  con il decreto proposto  la durata massima (24 mesi in 5 anni), si cancella la cassa straordinaria per cessazione e ciò  si aggiunge a due aspetti che sono già "realtà" : la fine della Cassa e della mobilita in deroga nel 2016 (peraltro già fortemente ridimensionata!), la fine della Indennità di mobilità dal 1 gennaio 2017. In particolare quest'ultima prestazione comporterà un ulteriore riduzione dei costi aziendali (0,30%) che si aggiungeranno agli "sconti" che il Governo prevede con la riduzione delle aliquote sulla Cig (circa 0,20%) per un totale di oltre 800 milioni di euro.

Risultato : meno prestazioni sociali, nonostante l'aumento della durata della naspi (per alcuni lavoratori).

Pur apprezzando  in parte l'intervento per risolvere la questione Naspi ai lavoratori stagionali del turismo, che sana parzialmente e temporaneamente  (vale solo per il 2015) una ingiustizia ed un errore che il Governo aveva fatto con il precedente decreto Naspi di Febbraio, non si capisce perché escludere da questo "rimedio"  altre decine di migliaia di lavoratori stagionali che operano in altri settori. Risultato : oltre 300.000 lavoratori stagionale, dal 2016, avranno meno tutele di prima della riforma Renzi.

Sul decreto Tipologie contrattuali l'impostazione, lo  spostare il baricentro decisionale verso l'impresa,  non cambia tanto che la flessibilità in entrata 8oltre quella in uscita) diventa sempre più svincolata e deregolamentata . infatti, al di la delle roboanti affermazioni sul superamento  della  precarietà  ,in sostanza ci troviamo con :

il contratto a termine sempre più facile  e senza condizionamento (motivazione),  stessa cosa per la somministrazione , evidente  incentivazione al ricorso dei  voucher  (buono lavoro).

In particolare colpisce come nei fatti le "collaborazioni"  non vengano immediatamente eliminate non solo per eventuali accordi sindacali, ma per la sostanziale riduzione dei "paletti" che definiscono la genuinità della stessa  collaborazione. Sara sempre più complicato dimostrare, da parte del lavoratore, la non genuinità della collaborazione stessa. La stessa sanatoria/stabilizzazione per le collaborazioni e per le partite Iva sarà, inevitabilmente, condizionata in positivo dalla certezza del  permanere dei forti incentivi (DECONTRIBUZIONE).

Gravissimo, invece, aver introdotto la  legalizzazione del  demansionamento, poiché non si limita l'eventuale utilizzo di questa possibilità laddove ci siano accordi per riorganizzare la forza lavoro nell'impresa (con le garanzie previste dal codice civile) ma si consentirà, tramite accordi Individuali, un demensionamento con effetti sulla categoria , l'inquadramento e la retribuzione.

Sulle Politiche attive la montagna ha partorito un topolino : l'origine di questo sta nel idea di  costruire  un nuovo (e necessario) sistema di incontro domanda e offerta senza alcun investimento per recuperare  il gap con altri paesi (spesa sul Pil il 10 % della Germania). Inoltre, la mancata definizione dei ruoli che dovranno svolgere  le Regioni e la nuova Agenzia Nazionale, rischia di non dare certezze dal  punto di di vista normativo, finanziario e strumentale  mettendo addirittura a rischio gli stipendi degli operatori dei Servizi per l'impiego.

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Con il Jobs act si è generato uno squilibrio nei rapporti di forza tra imprese e lavoratori a tutto vantaggio dei primi: speriamo di rimediare in sede di rinnovo dei contratti. Se con la contrattazione riusciremo a risolvere questi problemi, avremo meno contenziosi, altrimenti le cause aumenteranno. Con il demansionamento, ad esempio, se è vero che, nella prima fase, non ci saranno riduzioni di salario è altrettanto vero che, successivamente, potrebbe essere preclusa la possibilità di fare carriera a chi ha subito quel provvedimento.Di molte norme del Jobs act, quindi, non se ne sentiva proprio la necessità neanche per le imprese che, invece, soffrono per un eccesso di leggi e per quelle condizioni che generano squilibri nella competizione interna. Oltre 2 milioni e mezzo di lavoratori in nero, 60 miliardi di corruzione, 130 miliardi di evasione fiscale: queste sono tutte premesse per una concorrenza sleale che non fa bene alle tantissime imprese oneste e che su tali aspetti attendono provvedimenti concreti dal Governo. Peraltro, lo Stato è il peggior datore di lavoro perché non rinnova i contratti dei suoi dipendenti da oltre sei anni

. E adesso sono preoccupati per la sentenza della Consulta perché sono in ballo 35 miliardi da restituire ai lavoratori del settore. Certo, non è tutta colpa di Renzi, che ha ereditato problemi da Monti, ma l'attuale Premier rischia di farne ereditare altri al prossimo Governo. Noi non vogliamo essere né gli oppositori né i paggetti dell'Esecutivo - che, tra l'altro, non è stato votato dagli italiani - noi vogliamo fare i sindacalisti e, dunque, vogliamo contrattare: se ce lo lasceranno fare, il Paese ne trarrà vantaggio.

Milano, 8 giugno 2015

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Giovedì, 16 Aprile 2015 10:52

Slide seminario sul Jobs Act

In allegato le slide presentate e commentate dalla Dott.ssa Maria Rosa Gheido, consulente del lavoro di Alessandria e relatrice al seminario sul Jobs Act che si tenuto alla UIL di Alessandria lo scorso 10 aprile.

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Venerdì 10 aprile, a partire dalle 9 nel Salone della sede UIL di Via Fiume 10 ad Alessandria, si terrà un seminario sul Jobs Act.

La relatrice sarà la Dott.ssa Maria Rosa Gheido, Consulente del lavoro.

Ad Intervenire saranno Teresa Cianciotta, Segretaria regionale UIL Piemonte e Aldo Gregori, Segretario territoriale UIL Alessandria.

Il seminario sarà il contesto ideale per analizzare e approfondire i contenuti del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, la nuova ASPI come ammortizzatore sociale e molto altro.

 

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Se l'occupazione stabile cresce, così come si legge sui quotidiani in questi giorni, parlando di 70 mila nuove assunzioni a tempo indeterminato, i primi a gioirne sono i lavoratori e il sindacato. Ma è bene, prima di esaltare dati parziali, sapere da dove si parte: nel 2014, mediamente, ogni mese, sono state avviate a tempo indeterminato 134.000 persone, quindi le nuove assunzioni (o trasformazioni?), sembrano essere in linea con il numero di attivazione precedenti al nuovo incentivo previsto dalla legge di stabilità.

Non ci avventureremo in giudizi affrettati sull'efficacia dell'esonero in termini di accrescimento della qualità e della quantità di occupazione stabile, fin quando non verranno diffusi i dati delle comunicazioni obbligatorie riferite ai primi mesi del 2015, a partire dal II Trimestre dell'anno in corso (momento della vigenza del combinato disposto esonero contributivo e nuovo sistema dei licenziamenti).

Al momento, sembra chiaro che 70 mila nuovi contratti standard sono ben lontani da ciò che ci si attendeva come effetto dell'esonero. L'obiettivo, per tutti, è, comunque, far crescere la buona occupazione per dare risposte ai milioni di disoccupati italiani.

Roma, 17 Marzo 2015

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Lunedì, 02 Marzo 2015 10:19

Jobs Act: decreto legge definitivo

In allegato il decreto contratto a tutele crescenti previsto dal Jobs Act.

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Venerdì, 20 Febbraio 2015 10:56

Loy sul Jobs Act: il teorema del Governo non regge

DICHIARAZIONE DI GUGLIELMO LOY, SEGRETARIO CONFEDERALE UILJobs ACT : il teorema del Governo non regge

A fronte di oltre 8.000.000 di avviamenti al lavoro fatti, ogni anno,  con contratti fragili, discontinui e precari  (cui si aggiungono lavoratori impiegati  con i voucher, finte partite Iva e  tirocini fasulli) ci si aspettava una vera rivoluzione.

Anche perché, quando si è intervenuti sulle regole per i licenziamenti (facili), il Governo ha spiegato che, contemporaneamente,  avrebbe messo mano anche sui sistemi di protezione sociale, allargandone quantitativamente e qualitativamente, la fruibilità; che si sarebbe costruito un potente sistema "innovativo" di politiche attive e, in più, si sarebbe stroncata la cattiva flessibilità (precarietà). Di tutto questo non c'è, purtroppo, nulla.

Gli ammortizzatori sono più o meno quelli di prima, di nuove politiche attive bisogna chiedere a "Chi l'ha visto " e, soprattutto, zero assoluto per l'eliminazione o il superamento di quelle tipologie che non danno stabilità o continuità di lavoro.

Il lavoro a termine, a tempo determinato e/o  in somministrazione, potrà durare sempre illimitatamente; nessuna novità anche sul  lavoro a chiamata; il lavoro accessorio (voucher)  sarà sempre più appetibile per le aziende senza aggiungere tutele per il lavoratore. E, infine, il capolavoro: la sbandierata abolizione  delle  collaborazioni  è rinviata a chissà quando e chissà come. Risultato zero.

Roma 19 febbraio 2015

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